La banca deve valutare l’adeguatezza dell’operazione anche se il cliente insiste?

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L’informativa generica al cliente sulla rischiosità dell’investimento non basta ad assolvere l’obbligo di adeguata informativa.

Decisione: Sentenza n. 1376/2016 Cassazione Civile – Sezione I – Presidente: DI PALMA S.; Relatore: VALITUTTI A.

Classificazione: Civile, Finanza, Investimenti

Parole chiave: adeguatezza – banca – investimenti – operazioni finanziarie – responsabilità

 

Il caso.

Un cliente aveva richiesto alla sua banca l’acquisto di bond argentini per circa 130mila euro.

La banca aveva segnalato al cliente che l’operazione non era adeguata, ma a seguito della conferma scritta del cliente aveva eseguito l’ordine di acquisto dei titoli rischiosi del paese emergente.

Il risparmiatore, che aveva una propensione al rischio medio-bassa e aveva investito in tale operazione tutti i suoi risparmi, ha citato in giudizio la propria banca, ma i giudici di merito non avevano ravvisato profili di illegittimità nella condotta della banca.

La Cassazione, però, non la pensa così.

La decisione.

Sentenza n. 1376/2016 Cassazione Civile – Sezione I

Per la Corte di legittimità la banca non aveva effettuato una compiuta e adeguata informazione, ma si era limitata a informare il cliente in modo alquanto generico: «con riferimento alle informazioni acquisite (…) la banca segnala che la presente operazione non appare adeguata e per tale ragione non intende dare seguito all’ordine».

La Cassazione ha ritenuto questo tipo di informativa non in linea con l’obbligo di segnalare all’investitore la non adeguatezza dell’operazione che stava per compiere (cd. “suitability rule“).

Non era in linea, perché troppo generica e non dava indicazioni sulla natura del titolo, sull’emittente, sul rating e su altri aspetti rilevanti per la valutazione dell’operazione (ad es. il rischio Paese, il rischio di variazione dei tassi di interesse e l’impatto sulla quotazione dei titoli, ecc.), e quindi la sola enfasi sulla rischiosità perché il bond era emesso da un Paese emergente non era sufficiente.

Così si esprime la Cassazione in un passo della pronuncia: «E’ di chiara evidenza, pertanto, che l’obbligo di informazione (art 21 del d.igs. n. 58 del 1998 e art. 28 del Regolamento n. 11522 del 1998) e l’obbligo di segnalare la non adeguatezza dell’operazione e di indicare “le ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione” (art. 29 del Regolamento cit.), confluiscono nell’unitario obbligo di diligenza, di correttezza e di trasparenza dell’intermediario finanziario, sanciti dall’art. 21 del d.lgs. n. 58 del 1998. (…) in tema di servizi di investimento, la banca intermediaria, prima di effettuare operazioni, ha l’obbligo di fornire all’investitore un’informazione adeguata in concreto, tale cioè da soddisfare le specifiche esigenze del singolo rapporto, in relazione alle caratteristiche personali e alla situazione finanziaria del cliente, e, a fronte di un’operazione non adeguata, può darvi corso soltanto a seguito di un ordine impartito per iscritto dall’investitore in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute (cfr. Cass. 17340/2008; Cass. 22147/2010)».

Né è sempre rilevante che il bond sia emesso da un Paese emergente: la Corte evidenzia che ci sono titoli di Paesi emergenti che hanno un rating adeguato.

Nel caso di specie, però, erano anche più rischiosi in quanto emessi da un ente locale e non dallo Stato: il ricorrente lamentava di aver ricevuto «informazioni parziali ed incomplete circa la pericolosità dell’investimento in questione, non essendo stato informato né del rapporto rendimento/rischio relativo ai titolo in questione, né del rating assegnato all’emittente, e neppure del fatto che questi non fosse uno Stato estero, bensì un ente territoriale ad esso facente capo (Provincia di Buenos Aires), essendogli stato prospettato solo che la rischiosità dell’investimento sarebbe derivata dall’essere l’Argentina un “Paese emergente” (…) Di più, a fronte di una propensione al rischio “medio – bassa”, l’Istituto di credito resistente si sarebbe limitato a segnalare – nell’ordine di acquisto dei bonds argentini – che l’operazione non appariva adeguata e che, per tale ragione, non avrebbe voluto dare seguito all’ordine, ma di essere stato indotto a farlo in virtù della volontà ribadita per iscritto dal cliente, ai sensi dell’art. 29, comma 3, del regolamento CONSOB n. 11522 del 1998. Sotto tale ultimo profilo, la Corte territoriale non avrebbe, peraltro, tenuto conto dei fatto che l’esecuzione di detto ordine presupponeva comunque, ai sensi del medesimo comma 3 del citato art. 29, una compiuta ed adeguata informazione da parte della banca al cliente, in ordine alla non adeguatezza dell’operazione, dovendo, in mancanza, l’ intermediaria astenersi dall’effettuare l’investimento, come testualmente prescrive il comma 1 dello stesso articolo 29.

Tale condotta dell’istituto di credito, oltre ad integrare una palese violazione delle succitate disposizioni del Regolamento CONSOB, si porrebbe, peraltro, in contrasto anche con il generale dovere di diligenza, correttezza e trasparenza, che l’art. 21 del d.lgs. n. 58 del 1998 impone a tutti i soggetti abilitati al compimento dei servizi di investimento, derivandone, dunque, una palese responsabilità della banca nei confronti dell’odierno ricorrente, per il pregiudizio da lui sofferto».

La Cassazione ha ritenuto fondate le censure e ha quindi accolto alcuni motivi di ricorso del risparmiatore, ha cassato la sentenza di appello impugnata rinviando alla Corte di Appello in nuova composizione per procedere a un nuovo esame della controversia facendo applicazione dei seguenti principi di diritto: «la pluralità degli obblighi, previsti dagli artt. 21 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, comma 1, lettere a) e b), 28, comma 2 e 29 del Regolamento CONSOB 1 luglio 1998, n. 11522, facenti capo ai soggetti abilitati a compiere operazioni finanziarie (obbligo di diligenza, correttezza e trasparenza, obbligo di informazione, obbligo di evidenziare l’inadeguatezza dell’operazione che si va a compiere) convergono verso un fine unitario, consistente nel segnalare all’investitore, in relazione alla sua accertata propensione al rischio, la non adeguatezza delle operazioni di investimento che si accinge a compiere (cd. suitability rule); per il perseguimento di tale finalità, la segnalazione di inadeguatezza dell’operazione, che l’intermediario deve effettuare nei confronti dell’investitore, in forza del combinato disposto :degli artt. 28 e 29 del Regolamento CONSOB n. 11522, deve; contenere specifiche indicazioni concernenti: 1) la natura e le caratteristiche peculiari del titolo, con particolare riferimento alla rischiosità del prodotto finanziario offerto; 2) la precisa individuazione del suo emittente (precisandosi, in particolare, se si tratta di uno Stato, di un ente locale, o di una società privata), non essendo sufficiente la mera indicazione che si tratta di un “Paese emergente”; 3) il rating nel periodo di esecuzione dell’operazione ed il connesso rapporto rendimento/rischio; 4) eventuali situazioni di grey market, ovverosia di carenza di informazioni circa le caratteristiche concrete del titolo; 5) l’avvertimento circa il pericolo di un imminente default dell’emittente; è configurabile la responsabilità dell’intermediario finanziario che abbia dato corso ad un ordine, ancorché vincolante, ricevuto da un cliente non professionale, concernente un investimento particolarmente rischioso, dal momento che la professionalità del primo, su cui il secondo abbia ragionevolmente fatto affidamento in considerazione dello speciale rapporto contrattuale tra essi intercorrente, gli impone di valutare comunque l’adeguatezza di quell’operazione rispetto ai parametri di gestione concordati, con facoltà di recedere dall’incarico, per giusta causa, ai sensi degli artt. 1722, comma 1, n. 3, 1727, comma 1, cod. civ. e 24, comma 1, lett. d) del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (nel testo applicabile ratione temporis), qualora non ravvisi tale adeguatezza».

Osservazioni.

Nella decisione del caso specifico, la Corte pare aver considerato anche il contesto e le caratteristiche del cliente, che aveva una propensione al rischio medio-bassa e aveva investito nell’operazione la totalità dei risparmi.

In materia di investimenti finanziari, l’operatore professionale deve valutare l’adeguatezza dell’operazione rispetto ai parametri di gestione concordati, con facoltà di recedere dall’incarico per giusta causa qualora non ne ravvisi l’adeguatezza.

Nel valutare l’adeguatezza dell’operazione, l’operatore deve anche prendere in considerazione la propensione al rischio del cliente, le sue prevedibili necessità finanziarie, i suoi flussi finanziari attesi, l’arco temporale degli investimenti, gli obiettivi di investimento, e la diversificazione del suo portafoglio nelle varie classi di assets e, all’interno di ciascuna classe, dei singoli investimenti.


Disposizioni rilevanti.

DECRETO LEGISLATIVO 24 febbraio 1998, n. 58

Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria

Vigente al: 4-3-2016

CAPO II – SVOLGIMENTO DEI SERVIZI E DELLE ATTIVITA’

Art. 21 – Criteri generali

1. Nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono:

a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati;

b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati;

c) utilizzare comunicazioni pubblicitarie e promozionali corrette, chiare e non fuorvianti;

d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi e delle attività.

1-bis. Nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e dei servizi accessori, le Sim, le imprese di investimento extracomunitarie, le Sgr, le società di gestione armonizzate, gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 107 del testo unico bancario, le banche italiane e quelle extracomunitarie:

a) adottano ogni misura ragionevole per identificare i conflitti di interesse che potrebbero insorgere con il cliente o fra clienti, e li gestiscono, anche adottando idonee misure organizzative, in modo da evitare che incidano negativamente sugli interessi dei clienti;

b) informano chiaramente i clienti, prima di agire per loro conto, della natura generale e/o delle fonti dei conflitti di interesse quando le misure adottate ai sensi della lettera a) non sono sufficienti per assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato;

c) svolgono una gestione indipendente, sana e prudente e adottano misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati.

2. Nello svolgimento dei servizi le imprese di investimento, le banche e le società di gestione del risparmio possono, previo consenso scritto, agire in nome proprio e per conto del cliente.

Art. 22 – Separazione patrimoniale

1. Nella prestazione dei servizi di investimento e accessori gli strumenti finanziari e le somme di denaro dei singoli clienti, a qualunque titolo detenuti dall’impresa di investimento, dalla SGR, dalla società di gestione UE o dagli intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 107 del T.U. bancario, nonché gli strumenti finanziari dei singoli clienti a qualsiasi titolo detenuti dalla banca, costituiscono patrimonio distinto a tutti gli effetti da quello dell’intermediario e da quello degli altri clienti. Su tale patrimonio non sono ammesse azioni dei creditori dell’intermediario o nell’interesse degli stessi, nè quelle dei creditori dell’eventuale depositario o sub-depositario o nell’interesse degli stessi. Le azioni dei creditori dei singoli clienti sono ammesse nei limiti del patrimonio di proprietà di questi ultimi.

2. Per i conti relativi a strumenti finanziari e a somme di denaro depositati presso terzi non operano le compensazioni legale e giudiziale e non può essere pattuita la compensazione convenzionale rispetto ai crediti vantati dal depositario o dal sub-depositario nei confronti dell’intermediario o del depositario.

3. Salvo consenso scritto dei clienti, l’impresa di investimento, la SGR, la società di gestione UE, l’intermediario finanziario iscritto nell’elenco previsto dall’articolo 107 del T.U. bancario e la banca non possono utilizzare, nell’interesse proprio o di terzi, gli strumenti finanziari di pertinenza dei clienti, da essi detenuti a qualsiasi titolo. L’impresa di investimento, l’intermediario finanziario iscritto nell’elenco previsto dall’articolo 107 del T.U. bancario, la SGR e la società di gestione UE non possono utilizzare, nell’interesse proprio o di terzi, le disponibilità liquide degli investitori, da esse detenute a qualsiasi titolo.

Art. 23 – Contratti

1. I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, escluso il servizio di cui all’articolo 1, comma 5, lettera f), e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La CONSOB, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni . . . o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo.

2. E’ nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico. In tal casi nulla è dovuto.

3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la nullità può essere fatta valere solo dal cliente.

4. Le disposizioni del titolo VI, capo I, del T.U. bancario non si applicano ai servizi e attività di investimento . . . , al collocamento di prodotti finanziari nonché alle operazioni e ai servizi che siano componenti di prodotti finanziari assoggettati alla disciplina dell’articolo 25-bis ovvero della parte IV, titolo II, capo I. In ogni caso, alle operazioni di credito al consumo si applicano le pertinenti disposizioni del titolo VI del T.U. bancario.

5. Nell’ambito della prestazione dei servizi e attività di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi individuati ai sensi dell’articolo 18, comma 5, lettera a), non si applica l’articolo 1933 del codice civile.

6. Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta.

Art. 24 – Gestione di portafogli

1. Al servizio di gestione di portafogli si applicano le seguenti regole:

a) il cliente può impartire istruzioni vincolanti in ordine alle operazioni da compiere;

b) il cliente può recedere in ogni momento dal contratto, fermo restando il diritto di recesso dell’impresa di investimento, della società di gestione del risparmio o della banca ai sensi dell’articolo 1727 del codice civile;

c) la rappresentanza per l’esercizio dei diritti di voto inerenti agli strumenti finanziari in gestione può essere conferita all’impresa di investimento, alla banca o alla società di gestione del risparmio con procura da rilasciarsi per iscritto e per singola assemblea nel rispetto dei limiti e con le modalità stabiliti con regolamento dal Ministro dell’economia e delle finanze, sentite la Banca d’Italia e la Consob.

2. Sono nulli i patti contrari alle disposizioni del presente articolo; la nullità può essere fatta valere solo dal cliente.

(…)

Graziotto Fulvio

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