L’illusione della qualità ovvero la qualità impossibile

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Il concetto che è ala base della qualità è un processo continuo che partendo dalla pianificazione del miglioramento della qualità, porta avanti il piano, ne verifica i risultati e ricomincia da capo ( PDCA- Deming), in questo processo quello che ne definisce unità di intenti, direzione e ambiente sono i leaders, i quali devono passare dai problemi ai processi, misurando il sistema prima che il personale, osservando le cause per consigliare e dialogare.

Osservando tuttavia Gaziel e Warnet che per facilitare l’avvio e la realizzazione della qualità vi è la necessità del consenso su un certo numero di valori di tipo sociale, nei quali la persona è considerata soprattutto nel suo agire comunitario.

D’altronde uscendo dall’aspetto strettamente industriale non sempre le strategie circolari di miglioramento progressivo possono funzionare, nei servizi il turn over del personale crea dinamiche più turbolente del previsto , in questa e nel disordine si possono ricavare vantaggi e privilegi personali nonché riassorbire gli eventuali miglioramenti in pratiche più comode.

Michael Fullan osserva che ogni istituzione ha caratteristiche specifiche sicché la qualità non può essere conseguita per semplice imitazione, la quantità dei cambiamenti, il tempo e l’impatto strutturale possono creare frustrazioni paralizzanti e sensazioni di soffocamento, da qui ne deriva la necessità di concentrarsi su pochi disegni sufficienti a creare la massa critica per la normalizzazione, circostanza che rafforza il principio evidenziato da Cuttance per cui una strategia va bene in una situazione ma non in un’altra.

Nel cambiamento tuttavia si possono manifestare influenze dagli impatti inaspettati su parti non previste del sistema in quanto, come ci ricorda Fullan, è difficile seguire le conseguenze di un cambiamento per l’intero sistema, né il comportamento umano è riducibile in termini utilitaristici al solo profilo economico in senso lato, da quello finanziario al risparmio dell’energia vitale, in quanto vi è una personalità attiva che si riconosce nel processo conoscitivo ( von Bertalanffy).

La complessità tuttavia non si trova nei soli fenomeni, ma anche nella definizione delle entità da prendere in considerazione e il pericolo nasce anche da una ipersemplificazione, che impedisca il raffronto tra teorie e modelli necessari all’introduzione di nuovi “paradigmi” ( Kuhn).

Se, come osserva von Bertalanffy, “ Il principio unificante consiste nel trovare, a tutti i livelli, l’organizzazione” ( Teoria generale dei sistemi, 89, Mondadori 2012), base della qualità è la qualità stessa, il principio unificante è la qualità dei leadership che deve riflettersi attraverso i rapporti organizzativi intessuti al suo interno, sul resto del personale selezionandone e aumentandone la qualità necessaria si successivi processi, altrimenti il tutto si risolverà in vacui e paradossali progetti di miglioramento, in stime manipolate grazie al peccato di origine dell’inconsistenza, sostanzialmente in un bluff che nel mascherare il fallimento ne facilita l’autoreferenzialità.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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