L’ermeneutica nella comunicazione ideologica. Diritto e ideologia

Scarica PDF Stampa

Ralph Merkle definisce il concetto di morte teorica dell’informazione come distruzione dell’informazione sull’identità personale archiviata nel cervello, tanto da considerare l’immortalità quale tentativo di conservare l’informazione, ma la ragione presenta a sua volta limiti tali, anche in matematica o fisica (Godel), che sono sorti dubbi sulla sua stessa capacità di ricavare la morale con la sola ragione (Seung).

Ogni soggetto è quindi un insieme di informazioni ricevute dall’ambiente e da lui rielaborate, informazioni trasmesse o attraverso codici numerici in cui vi è una condivisione di aspetti sintattici e semantici o in termini analogici nella quale vi è una comunicazione ambigua priva di codici condivisi e quindi soggetta a molteplici interpretazioni, la personalità oltre che biologica risulta pertanto definita dall’insieme di relazioni personali e cultura ambientale in cui è immessa, ma questa cultura viene a plasmare anche le organizzazioni sia nella leadership che nel suo insieme, essa si trasforma in quelli che sono definiti nell’organizzazione come valori basilari della coalizione dominante, da cui derivano le manifestazioni evidenti della cultura organizzativa, quali miti, linguaggio, simboli, riti, etc. (Tosi- Pilati ).

La cultura dominante è anche una ideologia e come tale non è né vera né falsa in assoluto ma lo è in rapporto al momento storico vissuto, le sue conseguenze possono essere considerate solo attraverso la ragione ma il rischio è che essa diventi a sua volta una ideologia acritica (Habermas), la leadership in una società quindi impone una propria ideologia sia alla dirigenza dell’organizzazione pubblica che ai mass media, questi a loro volta agiscono quale rinforzo sia sulla dirigenza che sulla base organizzativa, già di per sé plasmata dai vertici, nel momento in cui vi è dissonanza tra cultura propagandata dai mass media e dirigenza si crea la fratturazione organizzativa.

L’ideologia nel razionalizzare il sistema e accrescerne la pervasività, viene ad alterare le relazioni intersoggettive rendendo l’interlocutore destinatario passivo, non si ha più quello che Habermas definisce come un’agire comunicativo fondato sul reciproco riconoscimento, non solo i mass media quali catalizzatori ma anche il linguaggio, la tecnologia e la scienza diventano portatori dell’ideologia dominante, in questa dialettica tra ideologia e ragione Gadamer recupera l’importanza della tradizione quale elemento selezionato e indispensabile all’interpretazione, in quanto trasmette i pre-giudizi, elementi in realtà fondanti di un giudizio di cui è impossibile una loro totale eliminazione, venendo eliminato in tal modo l’essenza dell’essere pensante.

Il rifarsi alla tradizione non è un appiattirsi sulla consuetudine e su concezioni tradizionaliste, la ragione interviene ma anch’essa pur sempre si inserisce in una tradizione storica e questo avviene anche per la “ragione comunicativa” il cui rischio è la sua cristallizzazione su principi del tutto astratti, si che il progresso può avvenire solo su aspetti parziali, ma è solo attraverso il dialogo fra le parti che emergono a coscienza i pre-concetti di ciascuno ( Gadamer) .

La natura storica dell’ideologia fa sì che i contenuti ideologici non sono mai puri ma si intersecano con altri significati ideologici così che gli stessi significati e forme possono avere o meno una funzione ideologica in contesti diversi, la frammentazione culturale che ne consegue fa sì che l’ideologia si concentri su pochi elementi essenziali (Thompson) i quali vengono a riflettersi sui progetti di vita e il linguaggio che li sostiene, questo nel modificarsi crea nuove forme discorsive fino a dimenticare nel giro di pochi decenni il linguaggio originario.

Per Thompson nell’uso ideologico dei discorsi vanno indagati l’aspetto socio-storico, formale e infine la sensibilità ermeneutica dell’interpretazione si hanno quindi cancellazioni di attori e azioni, trasformando gli stessi come oggetti naturali e non prodotti dall’uomo (reificazione), come i discorsi e testi vengono sganciati dal contesto storico a cui riferirli, Crespi distingue fra potere e dominio e aggancia l’ideologia non al potere che per se stesso deve essere flessibile, pragmatico in quanto in grado di gestire la complessità, bensì al dominio nel quale vi è una progressiva incapacità di gestire il flusso di informazioni fra i vari livelli sociali, circostanza che conduce all’arbitrio e alla sua giustificazione mediante una ideologia monolitica, è pertanto la “ragione comunicativa” che permette di avvicinarsi ad una verità non assoluta e fissa ma mobile, mentre il discorso diventa ideologico nel momento in cui non è consapevole dei propri limiti (Crespi).

 

La verità ermeneutica

 

Nietzsche , nell’affrontare lo specchio del linguaggio, svela gli innumerevoli sensi che vengono attribuiti al “mondo” dai viventi attraverso i concetti che riducono l’infinita varietà delle cose nelle regole del linguaggio, il quale per tale via diventa un riflesso delle cose stesse, circostanza che ci induce a rinchiuderci nel sistema in cui entriamo.

Non possiamo tuttavia negare l’esistenza dei fatti i quali restano comunque distinti dalle interpretazioni (realismo), sono peraltro i fatti a filtrare le interpretazioni e a legittimarle nel tempo, come osserva Eco è il Mondo che ci costringe a ristrutturare le regole del linguaggio, questo comunque non esaurisce la profondità dell’esistenza rispetto al fatto, la falsità che ne può derivare non è occasionata dall’errore ma dalla volontà di occultare la parzialità dell’interpretazione, ossia di negarne la riduttività (Crespi) secondo una visione fenomenologico – ermeneutico, da queste posizioni emerge il riconoscimento della natura interpretativa e non solo comunicativa del linguaggio, l’inevitabilità di tale interpretazione e il dubbio della possibilità di una verità certa che si fondi sulla coscienza del sé.

L’inestricabile tessitura fra la realtà circostante, il sé e gli altri, a cui si aggiungono i messaggi mediali, fa sì che si renda impossibile l’emergere della “nuda realtà” (Vattino), vi è sempre una mediazione simbolica, contingente, che rende provvisoria la rappresentazione della realtà stessa, quella che Heidegger  definisce una disseminazione di “sensi locali”, circostanza che induce ad articolare la realtà su più interpretazioni, in questo i mass media creano ma anche moltiplicano le realtà, liberano l’essere ma lo frantumano, rendono possibile la necessità di ciascuno di ricrearsi, di superare la propria riduzione ad ingranaggio, per disperderlo tuttavia in successive mille interpretazioni, in cui la tecnologia da sapere liberatorio diventa sapere assoluto che pretende un potere assoluto.

La verità da elemento metafisico assoluto si trasforma in una complessità di

rapporti nella quale vi è un’approssimazione, vi è quindi la necessità di distinguere tra una verità tecnica misurabile (oggettiva) sui fatti e gli eventi, ed una più aleatoria fondata sulla sensibilità e l’esperienza del perché umano della causalità degli stessi eventi, una verità ermeneutica dai vari fondali in cui sorge il problema del momento iniziale che viene a porsi come pre-comprensione dell’aspetto tecnico (Montesperelli).

La verità è pertanto qualcosa a cui si deve tendere ma di cui non si è mai del tutto certi, sebbene il linguaggio soffra di una propria costitutiva limitatezza esso è tuttavia quello su cui noi possiamo fondarci nell’interpretazione dei fatti e nella lettura dell’opera, l’ideologia attraverso la cultura viene ad incidere sulla lettura che il linguaggio fornisce dei fatti, si ha quindi la formazione del diritto che plasma la comunità riproducendola nel tempo, ma al contempo ne è il prodotto che salti utopistici per la fibrillazione che il sistema subisce nel corso degli eventi impongono, in questo l’ermeneutica non può prescindere dalla sua funzione di arbitrare le diverse interpretazioni (Ricoeur).

 

 

Bibliografia

  • P. Montesperelli, Comunicare e interpretare, Egea, 2014;
  • A. L. Tosi – M- Pilati, Comportamento organizzativo, Egea, 2008;
  • S. Seung , Connettoma, Codice ed., 2013.
  • G. Vattino,  Oltre l’interpretazione. Il significato dell’ermeneutica per la filosofia, Laterza, 1994;
  • U. Eco, I limiti dell’interpretazione, Bompiani, 1990;
  • F. Crespi, Sociologia del linguaggio, Laterza, 2005;
  • P. Ricoeur – A.J. Greimes, Tra semiotica ed ermeneutica, Meltemi, 2000;
  • F. W. Nietzsche, Verità e menzogna, Rizzoli, 2009;
  • M. Heidegger, Sull’essenza della verità, Armando ed., 1999.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento