L’equo compenso rappresenta uno strumento di tutela economica per i professionisti, garantendo una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del lavoro svolto. Introdotto dal legislatore per contrastare il fenomeno dei contratti capestro, l’equo compenso mira a proteggere il libero professionista, spesso in una posizione di debolezza contrattuale rispetto al committente. La disciplina si è evoluta negli anni, acquisendo sempre maggiore rilevanza giuridica e sociale.
Indice
1. Fondamenti normativi
Il concetto di equo compenso ha trovato la sua prima definizione con la Legge n. 172/2017, che introdusse il principio secondo cui il compenso pattuito tra il professionista e il cliente debba essere proporzionato alla prestazione resa, evitando squilibri contrattuali. Successivamente, il Decreto Legge n. 148/2017 ha esteso la portata della disciplina, applicandola anche ai rapporti con grandi committenti, come banche, assicurazioni e pubbliche amministrazioni.
Con la Legge n. 49/2023, il legislatore ha ulteriormente rafforzato la tutela del professionista, definendo criteri chiari per l’equo compenso e ampliando il perimetro dei soggetti coinvolti.
2. Cosa si intende per equo compenso
L’equo compenso è un corrispettivo adeguato alla qualità e quantità del lavoro svolto, valutato in base a parametri oggettivi, come:
- La complessità dell’attività professionale;
- Il tempo impiegato;
- La responsabilità assunta dal professionista;
- Il rispetto dei parametri tariffari previsti per la specifica categoria professionale.
L’obiettivo è prevenire clausole vessatorie nei contratti tra professionisti e clienti economicamente più forti.
3. Ambito di applicazione
La disciplina sull’equo compenso si applica a diverse categorie di professionisti, tra cui:
- Professionisti ordinistici: avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti, medici e altre professioni regolamentate da un ordine o collegio.
- Professionisti non ordinistici: categorie che, pur non essendo organizzate in ordini professionali, svolgono attività intellettuali o tecniche riconosciute.
- Freelance: lavoratori autonomi che operano in ambiti non regolamentati, come il settore digitale o creativo.
4. Rapporti contrattuali
Il principio di equo compenso si applica principalmente ai rapporti tra professionisti e:
- Pubblica Amministrazione;
- Grandi imprese;
- Banche e assicurazioni.
Non riguarda, invece, i contratti stipulati con piccoli clienti o consumatori privati.
5. Clausole vessatorie
La normativa identifica come vessatorie tutte quelle clausole che:
- Prevedono compensi sproporzionatamente bassi rispetto alla prestazione;
- Attribuiscono al committente la possibilità di modificare unilateralmente il contratto;
- Escludono la responsabilità del committente per inadempimenti;
- Impongono al professionista obblighi accessori non giustificati dalla natura del contratto.
Le clausole vessatorie sono considerate nulle ai sensi dell’art. 13 della Legge n. 49/2023, senza invalidare l’intero contratto.
6. Controversie sull’equo compenso
In caso di controversie, il professionista può rivolgersi al giudice per chiedere la revisione del compenso. Il tribunale può:
- Dichiarare nulle le clausole vessatorie;
- Riconoscere al professionista un compenso adeguato alla prestazione svolta.
La giurisdizione competente varia a seconda del valore della controversia, ma generalmente è il giudice civile ad essere incaricato della risoluzione.
7. Obiettivi della normativa
La disciplina sull’equo compenso risponde a due esigenze principali:
- Tutela economica: garantire ai professionisti un reddito adeguato, riducendo il rischio di sfruttamento economico da parte di clienti con maggiore potere contrattuale.
- Valorizzazione della professionalità: riconoscere il giusto valore al lavoro svolto, promuovendo la qualità delle prestazioni professionali.
8. Criticità
Nonostante i progressi normativi, l’equo compenso presenta alcune criticità:
- Difficoltà di applicazione: in alcuni settori è complesso definire parametri oggettivi per stabilire un compenso equo.
- Mancanza di sanzioni efficaci: la normativa non sempre garantisce strumenti dissuasivi per scoraggiare clausole vessatorie.
- Disparità di trattamento: i freelance e i professionisti non ordinistici spesso restano esclusi dalla piena applicazione della disciplina.
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