L’applicazione della legge fallimentare agli enti sportivi

Redazione 12/04/16
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Parliamo di applicabilità della legge fallimentare (Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 e ss.mm.ii., aggiornata con le modifiche apportate dal D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2015 n. 132 e con le ultime modifiche apportate dal D.Lgs. 16 novembre 2015 n. 180, entrato in vigore il 16 novembre 2015), nei confronti di:

– associazioni sportivo dilettantistiche,

– società sportive dilettantistiche a responsabilità limitata,

– società sportive in genere costituite sottoforma di s.r.l. o s.p.a.

Indipendentemente dal fatto che si faccia riferimento ad enti o società sportive o ad enti, ditte o società ordinarie, è opportuno precisare che non tutte possono essere dichiarate fallite. La procedura fallimentare nei confronti di un imprenditore, nel rispetto della legge fallimentare, può essere aperta, solo se sussistono presupposti e requisiti precisi: oggettivi, soggettivi e dimensionali, riassumibili in cinque punti:

PRESUPPOSTO SOGGETTIVO: Secondo la legge fallimentare, il presupposto soggettivo stabilisce che a fallire possono essere le imprese private (sia ditte individuali, sia società di capitali o di persone consorzi e cooperative), che esercitano un’attività commerciale. Non possono fallire gli enti pubblici, le imprese non commerciali, i piccoli imprenditori, gli imprenditori agricoli, i liberi professionisti.

PRESUPPOSTO OGGETTIVO: Per la dichiarazione del fallimento, è necessaria la prova dello stato di insolvenza. Inoltre, per la dichiarazione di fallimento, è necessario accertare ulteriori 3 requisiti dimensionali, individuabili nello stato patrimoniale e nel conto economico della ditta.

PRESUPPOSTO DIMENSIONALE PATRIMONIALE INVESTIMENTI: L’imprenditore per non fallire, ha l’onere di provare di aver avuto, nei tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento, un attivo patrimoniale annuo non superiore a trecentomila euro.

PRESUPPOSTO DIMENSIONALE ECONOMICO RICAVI LORDI: L’imprenditore per non fallire, deve aver realizzato, nei tre anni di esercizio precedenti la data di presentazione dell’istanza di fallimento,  ricavi lordi non superiori a duecentomila euro.

PRESUPPOSTO DIMENSIONALE PATRIMONIALE DEBITI: L’imprenditore per non fallire, deve avere debiti (anche non scaduti) per un ammontare non superiore a cinquecentomila euro, alla data della richiesta di fallimento.

Solo la dimostrazione congiunta dei 3 presupposti dimensionali sopra elencati, permette all’imprenditore di non essere assoggettato alle disposizioni sul fallimento. Sulla base dei suddetti limiti, analizziamo l’applicabilità della legge nei confronti degli enti sportivi. Partiamo dal presupposto che le associazioni sportive dilettantistiche pur essendo enti di diritto, sono anche enti morali e pertanto enti non commerciali, ipoteticamente non soggetti alla legge fallimentare. Infatti, trattasi di:

  • enti senza scopo di lucro;
  • enti che non hanno personalità giuridica (nella stragrande maggioranza dei casi);
  • enti che non sono iscritti alla Camera di Commercio e che non hanno l’onere di depositare i bilanci, né devono rispettare particolari adempimenti civilistico-fiscali.

Nonostante tutto ciò, la dottrina e la giurisprudenza prevalente, stanno estendendo il concetto di fallibilità anche alle A.S.D., ma solo al verificarsi di particolari condizioni. Innanzitutto l’eventuale dichiarazione di fallimento, deve essere riconducibile ad una contestata attività commerciale esercitata, che ha generato ricavi di vendita non coerenti rispetto agli altri ricavi istituzionali. Se ad esempio l’A.S.D. ha la partita IVA e svolge attività commerciale, seppur marginale, può fallire. Se invece l’A.S.D. non è in possesso di partita IVA, pur non potendo fallire per principio, potrebbe essere comunque dichiarata fallita, se svolge rilevanti volumi di attività commerciale. Ma per una A.S.D., cosa si intende per svolgimento di un’attività commerciale ? L’esempio utilizzato può apparire banale ma invece è concreto. Si pensi ad una A.S.D. con o senza partita IVA, che oltre ad avere 50 associati che praticano il tennis, venda al pubblico e/o ai suoi associati, all’interno degli spazi ove viene svolta l’attività sportiva, materiale sportivo (racchette, palline, magliette etc.), per un volume di ricavi considerevole e che comunque supera abbondantemente i ricavi derivanti dalle quote di associazione dei praticanti aderenti … E’ il classico caso in cui si utilizza fraudolentemente un ente non commerciale, per fare commercio al fine di usufruire dei benefici e dei vantaggi fiscali derivanti della legge 398 / 91 … Ancorché siano numerose le pronunce che limitano la procedura di fallimento solo all’associazione, senza estenderla agli amministratori ed agli associati, è comunque possibile che in caso di dichiarazione di fallimento, gli effetti devastanti della procedura, possano essere estesi anche al / ai legale/i rappresentante/i. Nonostante la dottrina e la giurisprudenza prevalente, le associazioni non riconosciute infatti, pur in assenza di autonomia patrimoniale perfetta e sebbene il patrimonio dell’associazione, sia distinto da quello dei singoli associati e degli amministratori, questi ultimi potrebbero comunque essere destinatari degli effetti dell’estensione del fallimento. Infine, in termini di applicabilità della legge fallimentare, nessuna altra sostanziale differenza, diversifica le altre imprese sportive, costituite sottoforma di S.S.D.R.L., S.R.L. o S.P.A., dalle comuni ed ordinarie società commerciali, industriali etc.

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