Italia bacchettata dalla Cedu per violazione del diritto di visita ai figli

Redazione 30/06/16
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L’art. 8 della CEDU pone degli obblighi positivi in capo agli Stati, tra cui  tutte le misure necessarie ad assicurare i diritti dei cittadini

Il 23 giugno scorso, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha emesso una significativa sentenza che condanna l’Italia per violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, come sancito dall’articolo 8 della Convenzione.

L’Affaire Strumia contro Italia

Il caso , noto come affaire Strumia contro Italia, è scaturito dalle lagnanze di un uomo che, a causa della persistente opposizione dell’ex moglie,  non era riuscito a ripristinare per ben otto anni il rapporto con sua figlia, sebbene avesse visto riconosciuto in sede giudiziaria il diritto di vedere la piccola.

Il diritto di visita non ha avuto effettiva realizzazione, senza che le autorità nazionali abbiano fatto qualcosa per garantire l’uomo e i suoi rapporti con la figlia. Nemmeno l’intervento degli assistenti sociali  è stato adeguato.

Secondo quanto prevede invece l’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, ciò è tra gli obblighi positivi degli Stati, cosi come tutte le misure preparatorie indispensabili ad assicurare i diritti dei cittadini.

Il parere della Cedu sul caso

I tribunali italiani si sono limitati a porre in essere misure stereotipate ed automatiche, scrive la Corte di Strasburgo, concorrendo così a compromettere in maniera definitiva il legame familiare, sul quale il tempo trascorso senza mantenere i contatti cagiona conseguenze irrimediabili.

Peraltro, i giudici europei attribuiscono all’Italia responsabilità totale e valutano il comportamento delle autorità statali non giustificabile dal fatto che, nel caso specifico, il problema fosse stato causato dalla condotta ostile dell’ex-coniuge.

Il nostro Paese si ritrova quindi a dover rispondere della violazione della Convenzione.

Redazione

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