Intralcio alla giustizia (art. 377 c.p.)

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Il delitto di intralcio alla giustizia (art. 377 c.p.) è disciplinato nel libro II del codice penale – dei delitti in particolare – titolo III – dei delitti contro l’amministrazione della giustizia – capo I – dei delitti contro l’attività giudiziaria. Si tratta di un reato procedibile d’ufficio la cui competenza è del Tribunale monocratico. Non è consentita la custodia cautelare in carcere, né tantomeno altre misure cautelari personali. Arresto e fermo non sono consentiti. La norma de qua è volta a tutelare il corretto andamento della macchina giudiziaria garantendo l’autenticità delle acquisizioni probatorie. 

Si tratta di una fattispecie delittuosa procedibile d’ufficio e di competenza del Tribunale monocratico. Non è consentito né l’arresto né il fermo. Allo stesso modo non è applicabile la custodia cautelate in carcere né tantomeno l’applicazione di altre misure cautelari personali.     

Indice

  1. Intralcio alla giustizia (art. 377 c.p.)
  2. Una questione ampiamente dibattuta

 

1. Intralcio alla giustizia (art. 377 c.p.)

Testualmente la norma in scrutinio recita: “Chiunque offre o promette denaro o altra utilità alla persona chiamata a rendere dichiarazioni davanti all’autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale ovvero alla persona richiesta di rilasciare dichiarazioni al difensore nel corso dell’attività investigativa, o alla persona chiamata a svolgere attività di perito, consulente tecnico o interprete, per indurla a commettere i reati previsti dagli articoli 371bis, 371ter, 372 e 373, soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alle pene stabilite negli articoli medesimi ridotte dalla metà ai due terzi.

La stessa disposizione si applica qualora l’offerta o la promessa sia accettata, ma la falsità non sia commessa.

Chiunque usa violenza o minaccia ai fini indicati al primo comma, soggiace, qualora il fine non sia conseguito, alle pene stabilite in ordine ai reati di cui al medesimo primo comma, diminuite in misura non eccedente un terzo.

Le pene previste ai commi primo e terzo sono aumentate se concorrono le condizioni di cui all’articolo 339.

La condanna importa l’interdizione dai pubblici uffici [28]”.

La norma in scrutinio disciplina una particolare forma di istigazione (art. 115 c.p.) a rilasciare dichiarazioni mendaci “…davanti all’autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale ovvero alla persona richiesta di rilasciare dichiarazioni al difensore nel corso dell’attività investigativa, o alla persona chiamata a svolgere attività di perito, consulente tecnico o interprete…”

Leggi sul punto: https://www.diritto.it/accordo-per-commettere-un-reato-istigazione-art-115-c-p/

Nell’originaria formulazione l’art. 377 c.p. perseguiva solamente le condotte compiute attraverso l’offerta o la promessa di denaro o altra utilità, al punto che la rubrica riportava il nomen juris di  “subornazione”.

Con la legge 16 marzo 2006, n. 146  – Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall’Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001 -, oltre a cambiare il nome della rubrica, sono stati aggiunti due, ulteriori, commi (III e IV) che perseguono anche comportamenti violenti o minacciosi posti in essere al fine di ottenere, dagli stessi soggetti in precedenza allettati, il compimento dei reati di false informazioni al pubblico ministero o al procuratore della Corte penale internazionale ( art. 371 bis cod. pen. ), false dichiarazioni al difensore ( art. 371 ter cod. pen. ), falsa testimonianza ( art. 372 cod. pen. ), falsa perizia o interpretazione ( art. 373 cod. pen. ). Infine, il co. 8 dell’art. 10, della L. n. 237/2012 – Norme per l’adeguamento alle disposizioni dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale – ha aggiunto il riferimento alla Corte penale Internazionale.

La norma descrive un delitto comune che in merito all’attività subornatrice richiede, quali modalità di manifestazione esteriore della condotta, l’offerta e/o la promessa e, come oggetto di queste, il denaro e/o altra utilità. La fattispecie delittuosa si manifesta, pertanto,  come reato di pericolo e a forma vincolata. Così sul punto la Cassazione: “Il delitto di subornazione è  un reato di pericolo il cui evento, di natura formale, si verifica con la semplice offerta o promessa, finalizzate alla falsità giudiziale. La norma suddetta, sanzionando penalmente la sola istigazione alla falsità giudiziale eleva ad illecito penale il semplice attentato all’amministrazione della giustizia; non è, quindi, ravvisabile un’ipotesi del tentativo” (Cass. S.U. n. 22348/2002 e, in senso conforme, Cass. n. 34667/2016).

Il comportamento operato dal soggetto che vuole indurre altri a rendere una dichiarazione mendace agli attori processuali di cui sopra integra la fattispecie delittuosa de qua, e di conseguenza una risposta repressiva del legislatore, qualora vi sia un provvedimento dell’ autorità giudiziaria che abbia ammesso l’escussione del soggetto indotto. In atri termini, la norma  non opera se in giudice non abbia disposto la prova testimoniale, quindi non prima. Così sul punto ha statuito una recente sentenza della Corte di Cassazione: “  Il delitto di intralcio alla giustizia, per la cui configurabilità è richiesta la priorità dell’assunzione della qualifica di testimone rispetto alla messa in atto della condotta illecita, ricorre anche nell’ipotesi in cui tale condotta sia posta in essere nei confronti di colui che abbia già reso la propria deposizione in quanto la qualità di teste cessa nel momento in cui il processo esaurisce definitivamente il suo corso e non nel momento in cui ha termine la deposizione, ben potendo il teste già sentito essere ulteriormente escusso nella stessa fase ovvero in quella successiva del procedimento ”  (Cass. n. 45002/2018).

Il delitto de quo può determinarsi anche in relazione a pressioni e minacce subite da chi abbia reso delle deposizioni incriminanti durante la fase delle indagini preliminari, con la finalità di indurre la stessa persona escussa alla ritrattazione, delle dichiarazioni accusatorie, in vista dell’assunzione, nel dibattimento della veste di testimone. Sul punto si segnala il seguente arresto giurisprudenziale: “E’ configurabile il delitto di intralcio alla giustizia anche con riferimento alle pressioni e alle minacce esercitate su colui che abbia reso dichiarazioni accusatorie nella fase delle indagini preliminari al fine di indurlo alla ritrattazione in vista dell’acquisizione, da parte sua, della qualità di testimone nel celebrando dibattimento. (fattispecie relativa a condotta intimidatrice posta in essere da un ispettore della Polizia di Stato nei confronti di persona informata sui fatti al fine di indurla a ritrattare le accuse di estorsione mosse nei confronti di appartenenti ad un’associazione camorristica). (Cass. n. 50008/2015 che conferma Cass. n. 6297/2009).

Sulla ritrattazione leggi anche: https://www.diritto.it/ritrattazione-art-376-c-p/

2. Una questione ampiamente dibattuta

Una tematica peculiare, rimessa alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione e dalle stesse risolta, riguarda l’applicazione della norma de qua nel caso in cui la persona subornata sia il consulente tecnico del pubblico ministero che non sia ancora stato citato come testimone e quindi non ancora escusso.

Nella loro pronuncia le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno enunciato il principio di diritto che segue:  ” l’ offerta o la promessa di denaro o di altra utilità al consulente tecnico del pubblico ministero finalizzata ad influire sul contenuto della consulenza integra il delitto di intralcio alla giustizia di cui all’art. 377 c.p. in relazione alle ipotesi di cui agli artt. 371 bis e 372 cod. pen. , secondo la fase procedimentale o processuale in cui viene posta in essere, la condotta di chi offre o nel promette denaro o altra utilità al consulente tecnico del pubblico ministero al fine di influire sul contenuto della consulenza, anche quando l’incarico a questi affidato implica la formulazione di giudizi di natura tecnico – scientifica.” (Cass. Sez. Un. n. 51824/2014).

Il contrasto interpretativo composto dalle Sezioni Unite afferiva alla riconducibilità del comportamento al delitto di intralcio alla giustizia (art. 377 cod. pen.) piuttosto che alla fattispecie delittuosa di istigazione alla corruzione ( art. 322 cod. pen.). 

Infine, giunti alle conclusioni,  si segnala uno spunto processuale penalistico sulla fattispecie delittuosa in commento, inerente alla legittimazione ad opporsi alla richiesta di archiviazione da parte di chi abbia presentato denuncia – querela per il delitto di intralcio alla giustizia (art. 377 c.p.). Così sul punto ha statuito la Corte di Cassazione: “trattandosi di fattispecie criminosa lesiva dell’interesse della collettività, al corretto funzionamento della giustizia, relativamente al quale, l’interesse del privato che, da un esito processuale sfavorevolmente condizionato dalla commissione dei predetti reati, possa ricevere pregiudizio, assume rilievo solo di riflesso e mediato, tale da non consentire l’attribuzione  della qualità di persona offesa” (Cass. n. 38566/2016).

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