Interventi strutturali: il condomino deve garantire l’accesso alla sua unità

Il condomino deve garantire l’accesso alla propria unità per interventi strutturali indispensabili alla sicurezza del caseggiato.

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Il condomino deve garantire l’accesso alla propria unità per interventi strutturali indispensabili alla sicurezza del caseggiato. Per un approfondimento in materia condominiale, consigliamo la “Guida pratica al condominio dalla A alla Z”, con oltre 230 quesiti e soluzioni.
riferimenti normativi: art.  843 c.c.;
precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza del 27/02/1995, n. 2274

Tribunale di Pordenone -sez. I civ.- sentenza n. 178 del 21-03-2025

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Indice

1. La vicenda: la necessità di interventi strutturali nel caseggiato


Attraverso ricorso ex art. 702 bis c.p.c., un condominio ha richiesto al Tribunale di ordinare ad un condomino, titolare di un locale commerciale al piano terra, di permettere l’accesso nel suo immobile per l’esecuzione di lavori ritenuti necessari per la stabilità e la sicurezza dell’edificio condominiale. Tale richiesta era conseguente ad una delibera assembleare provvisoriamente esecutiva, che ha disposto l’intervento, richiedendo l’accesso nel locale di proprietà del convenuto. Tuttavia, quest’ultimo si è opposto, negando l’accesso in più occasioni. La parte resistente ha cercato di invalidare la richiesta di accesso alla sua proprietà, sostenendo che non vi erano i presupposti per accedere alla sua proprietà. Durante il processo, a seguito del mutamento del rito e del deposito di memorie ex art. 183 co. 6 c.p.c., è stata formulata anche una richiesta di indennizzo o risarcimento dei danni derivanti dalla statuizione richiesta dalla parte attrice. Per un approfondimento in materia condominiale, consigliamo la “Guida pratica al condominio dalla A alla Z”, con oltre 230 quesiti e soluzioni.

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2. La questione


Quando è necessario eseguire lavori di consolidamento all’edificio riguardanti la sicurezza e la stabilità il condomino può rifiutarsi di consentire al condominio l’accesso nella sua unità immobiliare?

3. La soluzione: il condomino deve lasciare accesso alla sua unità


Il Tribunale ha dato ragione al condominio. Il giudicante ha messo in rilievo che, all’esito dell’espletata CTU, è stato conclusivamente accertato che i lavori deliberati consistevano nel “consolidamento delle fondazioni mediante la realizzazione di una platea in cemento armato e di cordoli perimetrali, ed inoltre il rinforzo delle pareti laterali per tutta la loro altezza e lunghezza”.
Come ha sottolineato il Tribunale, il CTU ha precisato che per le specifiche lavorazioni indicate nella relazione peritale depositata dal condominio, costituenti parte delle opere di consolidamento all’interno dell’edificio, è strettamente necessaria, per la loro realizzazione, l’occupazione di tutto il piano terra incluso il locale commerciale del convenuto.
In altre parole è emerso che le specifiche lavorazioni deliberate sono necessarie per la conservazione della cosa comune, anche nell’interesse dello stesso resistente.
Il Tribunale ha condannato il titolare del locale al piano terra a consentire l’ingresso dell’impresa appaltatrice nei locali di proprietà di parte convenuta per l’esecuzione degli interventi indicati nella CTU. Il decidente ha ritenuto inammissibile la domanda riconvenzionale di indennizzo e/o di risarcimento del danno formulata da parte resistente, in quanto avvenuta oltre i termini decadenziali di cui all’art 702 bis c.p.c.

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4. Le riflessioni conclusive


L’articolo 843 c.c. disciplina il diritto del proprietario di accedere al fondo altrui, sempre che venga riconosciuta la necessità dell’accesso per eseguire lavori quali la costruzione o la riparazione di un muro, o altre opere proprie o comuni. Questo diritto è accompagnato dall’obbligo di corrispondere un’indennità nel caso in cui l’accesso provochi un danno.
Tale diritto non è un autonomo diritto, ma piuttosto una facoltà intrinseca del diritto di proprietà, strettamente legata alla natura dell’immobile e alla sua gestione. Il legislatore ha scelto di attribuire una rilevanza normativa specifica a questa facoltà perché, nel momento del suo esercizio, incide inevitabilmente sulle sfere giuridiche di altri soggetti, come il proprietario del fondo interessato. Si noti che l’obbligo di consentire l’accesso ed il passaggio nella sua proprietà non trova la sua fonte in un diritto di servitù a favore del fondo confinante, integrando, invece, gli estremi di una “obligatio propter rem” che si risolve in una limitazione legale del diritto del titolare del fondo, funzionale al soddisfacimento di una utilità occasionale del vicino; in ambito condominiale, quindi, il singolo condomino deve consentire l’accesso e la momentanea occupazione degli spazi necessari al compimento delle operazioni di manutenzione e rifacimento di una parte comune tutte le volte in cui l’impedimento dell’accesso stesso renderebbe impossibile il compimento delle necessarie riparazioni.
In altre parole, gli accessi e il passaggio che, ai sensi dell’art. 843 c.c., il condomino deve consentire ai condomini per l’esecuzione delle opere necessarie alla riparazione o manutenzione delle parti comuni, dando luogo a un’obbligazione propter rem, non possono determinare la costituzione di una servitù (Cass. civ., Sez. II, 26/06/2017, n. 15843). In ogni caso in materia di rapporti di vicinato, la previsione speciale dell’art. 843 c.c. configura un’obbligazione propter rem, cui corrisponde l’obbligo per il vicino di versare un’adeguata indennità, da liquidare in via equitativa, quale conseguenza presunta della raggiunta prova del danno da occupazione temporanea dell’area in cui è avvenuto l’accesso, anche per il solo fatto della preclusione della potenziale facoltà di uso del fondo. L’occupazione del fondo in conseguenza dell’esercizio dell’accesso, anche per motivi di rilevanza condominiale, integra in sé un pregiudizio indennizzabile (Cass. civ., sez. II, 16/12/2024, n. 32707). Nel caso di specie la domanda riconvenzionale di indennizzo e/o di risarcimento del danno formulata da parte resistente è stata ritenuta inammissibile in quanto avvenuta oltre i termini decadenziali di cui all’art 702 bis c.p.c.

Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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