Indennizzo diretto del terzo trasportato e caso fortuito

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Un’esame critico della sentenza 4147/2019 della corte di cassazione.

Premessa

Come noto la sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 4147/2019 ha affermato il principio dell’inapplicabilità della procedura di indennizzo diretto del terzo trasportato, prevista dall’art. 141 del Codice delle Assicurazioni, nel caso di totale assenza di responsabilità nella causazione del sinistro, da parte del vettore.

La sentenza motiva il dictum nei termini che seguono.

Secondo gli Ermellini il termine “caso fortuito” contenuto nell’art. 141 e che esclude la legittimazione della compagnia del vettore, deve intendersi anche come atto umano e, rientrandovi, pertanto, anche la condotta del conducente del veicolo antagonista, da sola idonea a cagionare l’evento.

Secondo la suprema Corte, ragionando a contrario, ci troveremmo di fronte ad una responsabilità oggettiva in capo all’assicuratore del vettore, non prevista ne voluta dal legislatore.

La pronuncia non convince per molteplici ragioni, e, aggiungiamo, difetta di copertura costituzionale in quanto, interpretando l’art. 141 secondo i dettami della III Sezione, si violerebbero gli artt. 3 e 111 della Costituzione.

Una premessa è d’obbligo: l’art. 141 è norma strumentale al sistema del cd. Indennizzo diretto, e non incide sulla legittimazione, tant’è che il sistema è facoltativo.

In altre parole, l’art. 141 è uno strumento applicativo della disciplina dell’indennizzo diretto, in cui l’assicuratore del vettore si sostituisce nella pratica risarcitoria a quello del responsabile, rimandando alla stanza di compensazione la regolazione dei rapporti tra consorelle.

La responsabilità del fatto illecito e la legittimazione restano ancorate alle norme comuni.

Questa premessa è necessaria per sottoporre a critica la preoccupazione espresso nella pronuncia in esame, ove si lamenta il rischio di individuazione di una responsabilità oggettiva; così non è, in quanto le norme in esame non incidono sulla legittimazione e sulla responsabilità, ma consentono al danneggiato terzo trasportato (che certamente andrà risarcito) di utilizzare lo strumento rapido dell’indennizzo diretto, rivolgendo la richiesta risarcitoria alla compagnia del vettore, e rimettendo il rapporto tra le assicurazioni ad un secondo momento.

Il nodo da sciogliere è se il legislatore, nell’articolo in esame, ci dice che, in ipotesi di caso fortuito non si applica l’indennizzo diretto (come ha inteso la III sezione) o che non si risarcisce il danno?

L’inciso, salvo caso fortuito, quindi, si riferisce alla legittimazione oppure alla risarcibilità?

La Suprema Corte svolge il suo ragionamento dando per scontata la prima ipotesi; la tesi, però, non convince.

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La norma

Il primo comma dell’art. 141 recita:

“Salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro entro il massimale minimo di legge, fermo restando quanto previsto all’articolo 140, a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, fermo il diritto al risarcimento dell’eventuale maggior danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile, se il veicolo di quest’ultimo è coperto per un massimale superiore a quello minimo.”

LA QUESTIONE “Caso fortuito”

Innanzitutto la pronuncia in esame non convince laddove identifica il caso fortuito con la condotta umana del terzo, da intendersi il conducente del veicolo antagonista. Il conducente del veicolo antagonista, infatti, non è un “terzo” nella vicenda infortunistica, ma ne è protagonista indispensabile.

Ma vi è di più. Se è vero che il caso fortuito può, a differenza della forza maggiore, identificarsi con l’incrocio tra un accadimento naturale e una condotta umana, è vero anche che “fortuito” è sinonimo di imprevedibile.

Secondo il vocabolario della Treccani, infatti, fortuito è ciò “Che avviene per caso, senza intervento della volontà o senza ragione apparente: incontro fortuitoaccostamento fortuito di paroleper una fortuita coincidenza.”

Come può essere considerate “fortuita” la condotta umana dei conducenti coinvolti nel sinistro?

In una vicenda di infortunistica stradale, la condotta dei conducenti è immaginabile e prevista anche dalle norme che definiscono le responsabilità, identificando le fattispecie astratte come nel codice della strada.

E’ quindi prevedibile, per esempio, che qualcuno non si arresti allo stop, non conceda la precedenza a destra, manchi di rispettare la distanza di sicurezza dal veicolo che precede ecc. ecc.

La nozione di “caso fortuito” emerge, in primis dall’art. 45 del cp e, quindi, dagli artt. 2051 e 2052 del codice civile.

L’art’ 45 del Codice penale recita:

Non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore.

La norma, come noto, scrimina la condotta penalmente rilevante quando vi sia un evento, fortuito e inatteso, che si intromette nella catena causale o incide sulla condotta psicologica del reo.

Quindi, la dottrina ha inteso l’istituto sia nell’ottica del nesso di causa che dell’elemento psicologico.

Orbene, entrambi gli aspetti sono meritevoli di esame anche nel nostro caso, e confermano la critica alla pronuncia della Suprema Corte.

Il riferimento di “caso fortuito” contenuto nell’art. 141 è, in pratica, un richiamo all’art. 45 del codice penale, e determina lìinapplicabilità della procedura in caso di evento che interrompe la catena causale o incide sull’elemento psicologico.

La condotta che incide nella componente psicologica, non può che essere sinonimo di condotta dolosa. Il conducente del veicolo antagonista che, volontariamente, butta fuori strada il vettore, cagionando danni al trasportato.

In tal caso non si applica l’indennizzo diretto, ma non si applica la RCA in generale.

Può essere questo il riferimento al caso fortuito dell’art. 141?

Riteniamo di si.

Nella seconda accezione, invece, che fa riferimento al nesso di causa, non può che essere intesa nel senso di evento estraneo alla vicenda infortunistica, che determina le lesioni del trasportato.

Ad esempio, l’animale selvatico che attraversa la strada o il dissesto stradale che provocano, o il malore del conducente, che contribuiscono a provocare, il sinistro.

Anche in questi termini, non si applica l’indennizzo diretto, ma il trasportato potrà rivolgersi all’assicuratore del responsabile.

Dunque, pare evidente, che il legislatore, nel disciplinare l’art. 141, facesse riferimento al caso fortuito di cui all’art. 45 del codice penale, che quindi la sussistenza o meno della responsabilità esclusiva in capo ad uno dei conducenti sia irrilevante e che quello che è importate è o la condotta psicologica del responsabile o l’evento estraneo alla vicenda infortunistica che interrompe la catena causale.

L’art. 2051 del codice civile è rubricato “danno cagionato da cose in custodia” erecita

Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.

L’art. 2052, che esonera il proprietario di un animale dai danni provocati dallo stesso a terzi in caso di caso fortuito.

Siamo di fronte a due ipotesi di “caso fortuito” inteso come evento estraneo alla vicenda disciplinata dalla norma, come riteniamo intendesse il legislatore nel caso dell’art. 141 del Codice delle Assicurazioni.

A sostengo della interpretazione oggi proposta, la circostanza che la norma prosegui con la specificazione che il danno è risarcito dall’impresa del vettore “..a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti coinvolti nel sinistro….”.

Dunque, la norma esclude la possibilità di accertare nel giudizio la responsabilità del sinistro, che invece, secondo la ricostruzione della Suprema Corte è presupposto necessario e preliminare per valutare la legittimazione.

La contraddizione sarebbe evidente: se si esclude dal thema decidendum l’accertamento della responsabilità, come lo si può far rientrare per decidere sulla legittimazione ai fini del caso fortuito?

I limiti all’esercizio dell’eccezione posti dalla sentenza n. 4147/2019

Va detto, altresì, che la suprema Corte, nella sentenza in commento, pone dei precisi limiti all’esercizio dell’eccezione da parte dell’assicuratore.

Innanzitutto l’onere di allegazione: l’assicuratore che intende eccepire il caso fortuito deve allegare la circostanza che lo determina. Quindi deve prospettare una dinamica incidentale che dimostri la responsabilità esclusiva del conducente il veicolo antagonista.

Si presume, quindi, che a fronte di allegazioni fattuali dell’attore/trasportato, tese unicamente a provare il trasporto e il sinistro, nonché il nesso tra lesioni subite e i detti, sia onere dell’assicuratore convenuto precisare dettagliatamente la dinamica incidentale, attribuendo la responsabilità esclusiva al conducente del veicolo antagonsita.

Poi vi è l’onere della prova, che spetterà sempre all’assicuratore, il quale dovrà provare i fatti, e quindi la condotta del conducente antagonista da sola idonea a generare il sinistro.

Vi è, poi, l’onere di chiamare in causa il conducente e il proprietario del veicolo antagonista, onde poterne accertare la responsabilità; appare, infatti, piuttosto complicato accertare la responsabilità senza la presenza in giudizio del responsabile.

A tutto ciò consegue l’onere di sollevare l’eccezione tempestivamente, e quindi nei termini di cui all’art. 183 cpc, anche per poter consentire al Giudice di disporre la chiamata in causa.

La rilevanza della condotta stragiudiziale.

Cosa accade se la compagnia del vettore, all’esito della fase stragiudiziale, e quindi acquisiti gli elementi tesi a ricostruire la dinamica (cai, dichiarazioni testimoniali, rapporto di autorità), tratta il sinistro sottoponendo a visita il danneggiato e inviando l’offerta (o dichiarando la non volontà di risarcire senza motivare in termini di carenza di legittimazione)?

A prescindere dalla correttezza e lealtà, che verrebbe meno se poi, in sede di giudizio, si sollevasse l’eccezione, si può ritenere rinunciato il diritto a sollevare l’eccezione?

La risposta può essere affermativa, in quanto electa una via non datur recursus ad alteram. Infatti l’assicuratore dispone nella fase stragiudiziale di tutti gli elementi per valutare la sua legittimazione, e se, esaminati gli stessi ammette a risarcimento il trasportato, non può certo avvalersi nel giudizio dell’eccezione in esame.

Spunti di incostituzionalità

L’interpretazione dell’art. 141 proposto dalla sentenza in esame è tacciabile di incostituzionalità per violazione degli artt. 3 e 111 della Costituzione.

Quanto all’articolo 3, e al principio di uguaglianza, vi è una evidente discrasia tra le opzioni disponibili al conducente o al proprietario e quelle del trasportato.

Il proprietario che ha subito il danno alle cose e il conducente che ha subito lesioni, infatti, senza porsi il problema della responsabilità e del grado della stessa, può invocare il proprio assicuratore o scegliere la procedura tradizionale. Questi comincerà un giudizio ben consapevole di quali saranno i suoi contraddittori.

Il trasportato, invece, che dovrebbe essere il soggetto tutelato dalla norma, deve porsi il problema della responsabilità, effettuare indagini in tal senso (testimoni, rapporto autorità ecc.) prima di comprendere quale procedura adottare e decidere chi convenire in giudizio.

La violazione dei precetti costituzionali è ancor più evidente in relazione ai principi del giusto processo, ex. art. 111 della Costituzione.

E’ facile immaginare, infatti, che accadrà quanto segue.

Il trasportato, facendo affidamento sulla interpretazione logica e letterale dell’art. 141 converrà in giudizio l’assicuratore del vettore; questi si costituirà e eccepirà l’inoperatività della norma alla luce della pronuncia della Suprema Corte. A questo punto il thema decidendum della causa si estenderà alla responsabilità del sinistro, con il coinvolgimento nel giudizio di tutti i proprietari e conducenti e dell’assicuratore del responsabile.

Un processo che si era immaginato snello e semplice, quale quello del trasportato, sarà gravato dalla presenza di almeno altri tre soggetti (i due proprietari/conducenti, che possono arrivare a quattro se soggetti diversi e l’assicuratore del responsabile); ovviamente in caso di sinistro multiplo, i soggetti interessati saranno ulteriormente moltiplicati, a ciò conseguirà una serie di ulteriori domande riconvenzionali, istanze istruttorie, probabili eccezioni ecc.

Il tutto per accertare un fatto processuale, la responsabilità nella causazione del sinistro, che servirà solo per identificare la legittimazione e avrà portata preliminare rispetto al vero thema del processo del trasportato, la stima dei danni subiti e il nesso di causa tra gli stessi e il trasporto; il tutto alla faccia del processo che, per essere giusto, deve essere breve.

Conclusioni

La pronuncia della Corte di Cassazione n. 4147/2019 ha ingenerato confusione in un istituto, quello dell’indennizzo del terzo trasportato, che fino ad oggi non aveva sollevato alcuna particolare criticità.

Si auspica un intervento del legislatore (molto difficile) o della stessa Suprema Corte, magari con pronunce in contrasto che possano stimolare una decisione a Sezioni Unite, il tutto nell’interesse di danneggiati e assicuratori.

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