Inadempimento dell’operatore turistico: culpa in eligendo, normativa nazionale ed internazionale e danno da vacanza rovinata: recenti orientamenti

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L’inadempimento
Nella piu’ parte dei casi l’operatore professionale turistico reo di un disservizio al viaggiatore, sara’ chiamabile a responsabilita’ giusta l’art. 93 del d.lgs 6 settembre 2005 n. 206 (cd. Codice del Consumo), che prevede che:
 “In caso di mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni assunte con la vendita del pacchetto turistico, l’organizzatore e il venditore sono tenuti al risarcimento del danno, secondo le rispettive responsabilità, se non provano che il mancato o inesatto adempimento e’ stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a loro non imputabile. L’organizzatore o il venditore che si avvale di altri prestatori di servizi e’ comunque tenuto a risarcire il danno sofferto dal consumatore, salvo il diritto di rivalersi nei loro confronti.”
 
Si tratta, piu’ da vicino, dell’inesatto adempimento del contratto di trasporto che, a mente dell’art. 1678 c.c., ha causa nel trasferimento, verso corrispettivo, di persone o cose da un luogo all’altro. Si tratta, in particolare, di una figura di locatio operis dalla quale deriva un’obbligazione, c.d. di risultato, di far conseguire all’avente diritto il particolare risultato promesso, ovvero di trasferire e non semplicemente di prestare le energie per il trasferimento.
E’ sulla base di ciò che la Cass. 24 aprile 2008 n. 10651 ha espressamente asserito che:
 “Il tour operator assume un’obbligazione di risultato con la stipulazione del contratto di viaggio o soggiorno tutto compreso e di tale risultato è tenuto a rispondere”.
 In caso di inadempimento, quindi, recita l’art. 1681 c.c.:
 “Salva la responsabilità per il ritardo e per l’inadempimento nell’esecuzione del trasporto, il vettore risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio . . . se non prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”.
Dello stesso tenore l’art. 942 c. nav.:
“Il vettore risponde del danno per il ritardo per l’inadempimento nell’esecuzione del trasporto, nonché per i sinistri che colpiscono la persona del passeggero, dall’inizio delle operazioni di imbarco al compimento di quelle di sbarco, a meno che provi che egli o i suoi dipendenti e preposti hanno preso tutte le misure necessarie e possibili, secondo la normale diligenza, per evitare il danno”.
Sul piano internazionale, la disciplina della responsabilità e dell’entità del risarcimento dei danni, nel trasporto aereo, è affidata alla Convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale approvata con decisione del Consiglio della U.E. 5 aprile 2001, nota come Convenzione di Montreal.
Quest’ultima, per quanto qui rileva, all’art. 19, sotto la rubrica «Ritardo», stabilisce che:
Il vettore è responsabile del danno derivante da ritardo nel trasporto aereo di passeggeri, bagagli o merci. Tuttavia il vettore non è responsabile per i danni da ritardo se dimostri che egli stesso e i propri dipendenti e incaricati hanno adottato tutte le misure necessarie e possibili, secondo la normale diligenza, per evitare il danno oppure che era loro impossibile adottarle”. Con riguardo al quantum, poi, la stessa Convenzione, al successivo art. 22, limita la responsabilità del vettore entro l’importo di 4.150 diritti speciali di prelievo per passeggero. Il DPS è un’unità di calcolo fondata su un paniere di monete che corrisponde, più o meno a € 0,41.
Occorre poi dire, per quanto riguarda la disciplina comunitaria, che essa, per un verso, richiama la Convenzione di Montreal (art. 3 regolamento (CE) del Consiglio 9 ottobre 1997, n. 2027) e, per altro verso, la integra.
In particolare, per cio’ che concerne i disservizi aerei, il Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 11 febbraio 2004, n. 261, istitutivo di regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato, applicabile anche ai passeggeri i cui voli rientrano in un servizio "tutto compreso", all’art. 6 prevede che:
 “Qualora si possa ragionevolmente prevedere che il volo sarà ritardato, rispetto all’orario di partenza previsto: … b) di tre o più ore per tutte le tratte aeree intracomunitarie superiori a 1500 km e per tutte le altre tratte aeree comprese tra 1500 e 3500 km … il vettore aereo operativo presta ai passeggeri: i) l’assistenza prevista nell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), e nell’articolo 9, paragrafo 2; ii) quando l’orario di partenza che si può ragionevolmente prevedere è rinviato di almeno un giorno rispetto all’orario di partenza precedentemente previsto, l’assistenza di cui all’articolo 9, paragrafo 1, lettere b) e c) … In ogni caso l’assistenza è fornita entro i termini stabiliti dal presente articolo in funzione di ogni fascia di distanza.”
Inoltre, l’art. 9 prevede:
1. Quando è fatto riferimento al presente articolo, il passeggero ha diritto a titolo gratuito:
a) a pasti e bevande in congrua relazione alla durata dell’attesa;
. . .
2. Inoltre, il passeggero ha diritto ad effettuare a titolo gratuito due chiamate telefoniche o messaggi via telex, fax o posta elettronica.
In sostanza, il detto art. 9 prevede una specifica assistenza da prestarsi dal vettore gratuitamente ai passeggeri: pasti e bevande; sistemazione in albergo; trasporto tra aeroporto e albergo; due telefonate o messaggi via telex, fax o posta elettronica. L’osservanza del trattamento che precede è stata di recente rafforzata con il d.lgs. 27 gennaio 2006, n.69, in vigore dal 21 marzo 2006, recante disposizioni sanzionatorie per la violazione del Regolamento (CE) n. 261/2004.
Tornando al discorso generale, puo’ affermarsi che l’art. 93, comma 2 Cod. Consumo nello stabilire che organizzatore e/o intermediario devono rispondere per i danni da inadempimento codifica una norma di principio, di carattere inderogabile dalle parti. 
Ancor più che l’art. 93 comma 2 citato soccorre per la materia che ci occupa l’art. 12 legge 1084/1977, attuativa nel nostro paese, come anche dopo si dirà della Convenzione di Bruxelles. Trattasi, quindi, di una vera e propria responsabilità oggettiva in cui il comportamento dell’ausiliario che ha sostituito l’organizzatore nell’adempimento è valutato secondo gli stessi criteri applicabili in caso di adempimento diretto dell’obbligazione da parte del debitore. Da osservare che tale sistema normativo costruisce un favor in capo al turista, sicché ogni pregiudizio che egli abbia a subire, riferibile secondo i principi dell’inadempimento imputabile al debitore postula il suo risarcimento, ex artt. 1218 in comb. disp. con l’art. 1228 c.c..
Non si dimentichi infatti che l’art. 1228 c., in quanto ascrive al debitore fatti illeciti realizzati dai suoi ausiliari ed arrecati al creditore, rappresenta un’eccezione al sistema della responsabilità contrattuale, ciò in adesione al principio secondo cui nelle prestazioni di impresa (quale è quella turistica, facente parte della “grande distribuzione”), la tendenza è quella di tutelare fino alle estreme conseguenze il creditore-consumatore, che, nel caso dei contratti turistici “tutto compreso” si trova a dover prendere atto dei collaboratori scelti dal tour operator (vettore aereo, albergatore etc.), non avendo alcuna voce in capitolo nella scelta dei medesimi. La giurisprudenza prevalente ha affermato che per il contratto di viaggio la responsabilità dell’organizzatore è configurabile per il sol fatto della collaborazione degli altri soggetti (Pretura Torino 5.2.90, Tribunale Napoli 23.07.1984, Cass. 6.1.1982 n. 7, 28.05.77 n. 2202).
Alla disposizione citata, come detto, fa eco l’art. 93, comma 2, del Codice del consumo che stabilisce la risarcibilità del danno in capo al turista ….. “comunque dall’organizzatore…..che usufruisce dell’opera di altri prestatori di servizi.” Da evidenziare che il vocabolo comunque indica da un lato il carattere inderogabile della disposizione e dall’altro l’oggettività della responsabilità del tour operator.
 
Sul danno da vacanza rovinata in particolare
Circa la natura del danno da vacanza rovinata si possono individuare varie tesi succedutesi nel tempo.
Una prima tesi lo riconduce nell’alveo dell’art. 2043 c.c. qualificandolo come danno patrimoniale: si afferma che tale danno, identificandosi nella mancata soddisfazione delle aspettative ricreative sorte a seguito della stipulazione del contratto di viaggio, costituisce l’inadempimento di una prestazione che, in quanto dedotta nel contratto, è suscettibile di valutazione patrimoniale. Gli avversari a tale tesi, che propendono chiaramente per una responsabilità contrattuale, sostengono che da un lato il benessere che ci si aspetta dalla vacanza non può configurarsi come prestazione dedotta nel contratto e alla quale è tenuto il venditore della vacanza: questi infatti si obbliga soltanto alla puntuale esecuzione degli obblighi specificamente previsti nel contratto di viaggio; ragionando diversamente si arriverebbe all’assurda conclusione – sostengono i citati avversatori alla tesi della responsabilità aquiliana – che al viaggiatore basterebbe allegare il fatto che “non si sia divertito”, per rendere configurabile un inadempimento della controparte e onerarla così della prova relativa alla non imputabilità. Dall’altro lato, non si può sostenere che la lesione di bene suscettibile di valutazione economica dia origine necessariamente ad un danno patrimoniale; ragionando così la figura del danno non patrimoniale scomparirebbe, posto che qualunque danno, nel momento in cui viene risarcito, deve essere valutato in termini economici; il danno patrimoniale va invece identificato con il danno che lede direttamente la sfera del patrimonio del soggetto, causandone o una diminuzione (danno emergente) o un mancato aumento (lucro cessante).
Un’altra tesi avanzata sul tema è quella che inquadra il danno da vacanza rovinata nel più ampio genus del danno non patrimoniale.
Più precisamente, tale danno rientrerebbe nella previsione dell’art. 2059 c.c. il cui limite non opererebbe in quanto il bene “vacanza” è tutelato all’art. 2 Cost. nella ampia interpretazione che oggi esso riceve; la vacanza sarebbe quindi una di quelle attività nella quale si svolge la personalità dell’individuo. In favore di detta tesi depongono le conclusioni simili alle quali è giunta la giurisprudenza della Cassazione in materia di lavoro: si è detto infatti che il diritto alle ferie non deve più considerarsi come semplice corrispettivo del lavoro, ma va ricondotto sotto la protezione dell’art. 2 Cost., in quanto permette di svolgere attività ricreative, di coltivare rapporti familiari ed amicali ecc.; è quindi necessario per lo svolgersi della personalità dell’individuo, e ciò anche alla luce di S.U. Corte di Cassazione, sent. n. 26972/08, che:
a)             in primo luogo pur negando l’autonomia concettuale del cd. danno esistenziale, ne ha riconnesso la sostanza all’art. 2 Cost.;
b)             in secondo e piu’ importante luogo, ha dato crisma di giuridicità al danno non patrimoniale da contratto:L’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. consente ora di affermare che anche nella materia della responsabilità contrattuale è dato il risarcimento dei danni non patrimoniali ……Se l’inadempimento dell’obbligazione determina, oltre alla violazione degli obblighi di rilevanza economica assunti con il contratto, anche la lesione di un diritto inviolabile della persona del creditore, la tutela risarcitoria del danno non patrimoniale potrà essere versata nell’azione di responsabilità contrattuale, senza ricorrere all’espediente del cumulo di azioni. Che interessi di natura non patrimoniale possano assumere rilevanza nell’ambito delle obbligazioni contrattuali, è confermato dalla previsione dell’art. 1174 c.c, secondo cui la prestazione che forma oggetto dell’obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere ad un interesse, anche non patrimoniale, del creditore. ……L’art. 1218 c.c., nella parte in cui dispone che il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, non può quindi essere riferito al solo danno patrimoniale, ma deve ritenersi comprensivo del danno non patrimoniale, qualora l’inadempimento abbia determinato lesione di diritti inviolabili della persona.”.
 
Con il precedente in esame, Cass. 26972/2008, ha trovato quindi definitiva consacrazione il detto danno non patrimoniale da contratto, da tempo auspicato dalla dottrina nazionale ed internazionale, di cui sono espressione i cc.dd. principi UNIDROIT dei contratti commerciali internazionali 2004, che all’art. 7.4.2. expressis verbis codifica, al comma 2, il cd. danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale.
Questa la norma Unidroit
(1) Il creditore ha diritto al risarcimento integrale del danno subito
in conseguenza dell’inadempimento. Il danno comprende sia ogni perdita sofferta che ogni mancato guadagno, tenuto conto dei vantaggi economici che il creditore ha ottenuto evitando spese e danni.
(2) Il danno può essere di natura non patrimoniale e comprende, per esempio, la sofferenza fisica e morale.         
In questa prospettiva, alcuni Giudici di merito hanno quindi riconosciuto la natura di danno non patrimoniale al danno derivante dal minore godimento della vacanza o dal particolare disagio sofferto, a causa della mancata o inesatta esecuzione della prestazione, inerente al pacchetto turistico.
Trattasi cioè di un’ipotesi di danno non patrimoniale da inadempimento, eccezionalmente risarcibile alla luce del diritto comunitario, come interpretato dalla Corte di Giustizia (così: Tribunale di Roma, sent. 26.11.2003).
Tuttavia, al danno per "minore godimento della vacanza" e "per i disagi sopportati dal turista" può essere conferita piena valenza patrimoniale ed effettiva risarcibilità, anche in assenza di ipotesi di reato, proprio in ossequio alla prevista liquidabilità di "qualunque pregiudizio" derivante dall’ inadempimento dell’operatore turistico (Cfr. Tribunale civile di Monza Sezione IV, sentenza n. 1617/03 del 19.05.2003, giudice unico dott. Piero Calabrò).
In altre parole non è necessario forzare il limite dell’art. 2059 c.c. poiché il requisito della previsione legislativa del danno non patrimoniale è pienamente soddisfatto dalla normativa di settore.
Ci si riferisce in particolare a due corpus normativi.
Il primo è costituito dalla Convenzione di Bruxelles relativa ai contratti di viaggio in ambito internazionale, ratificata in Italia e quindi ivi pienamente operante; la quale, all’art. 13 prevede che l’organizzatore di viaggi risponde di qualunque pregiudizio causato al viaggiatore a motivo dell’inadempimento totale o parziale dei suoi obblighi. Tale norma è espressamente considerata applicabile nel nostro ordinamento dall’art. 95, comma 3, d. lgs 206/2005 per il quale:
In assenza di specifica pattuizione, il risarcimento del danno e’ ammesso nei limiti previsti dall’articolo 13 della convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio (C.C.V.), firmata a Bruxelles il 23 aprile 1970, resa esecutiva dalla legge 29 dicembre 1977, n. 1084, e dagli articoli dal 1783 al 1786 del codice civile.”
Il secondo è costituito dalla direttiva 90/314/CEE, attuata in Italia con la legge 11/1995, relativa alla vendita di pacchetti “tutto compreso” nel territorio dello Stato.
Nel 2002 con sentenza n. 168 la Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha ritenuto che:
 “l’art. 5 della direttiva del Consiglio 13 giugno 1990, 90/314/CEE, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso», deve essere interpretato nel senso che il consumatore ha diritto al risarcimento del danno morale derivante dall’inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio «tutto compreso”. 
In applicazione di tale orientamento il Tribunale Roma, sez. IX 26-11-2003, ha ritenuto che il viaggiatore che non abbia potuto godere – anche solo parzialmente – della vacanza, rovinata per inadempimento del Tour Operator, ha diritto al risarcimento oltre che delle spese sostenute per l’acquisto del pacchetto, anche del danno non patrimoniale da vacanza rovinata, figura di danno non patrimoniale eccezionalmente risarcibile.
Inoltre, merita ancora una segnalazione la precedentemente richiamata sentenza n. 26972/08 delle sez. unite della Cassazione, nella parte in cui ha statuito:
Il pregiudizio di tipo esistenziale è risarcibile solo entro il limite segnato dalla ingiustizia costituzionalmente qualificata dell’evento di danno. Se non si riscontra lesione di diritti inviolabili della persona non è data tutela risarcitoria. ……Il superamento dei limiti alla tutela risarcitoria dei danni non patrimoniali, che permangono, nei limiti suesposti, anche dopo la rilettura conforme a Costituzione dell’art. 2059 c.c., può derivare da una norma comunitaria che preveda il risarcimento del danno non patrimoniale senza porre limiti, in ragione della prevalenza del diritto comunitario sul diritto interno.”
A rirprova, si rammenta ancora una volta la citata legislazione comunitaria e normativa internazionale a favore del viaggiatore, la cui portata sovranazionale ed il cui primato sul diritto interno è indiscussa presso gli operatori (Corte Cost. n. 170/1984; Cass., sez. un., n. 1512/1998; Cass. n. 4466/2005).
 
 
Avvocato in Napoli

Vanacore Giorgio

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