Immissioni rumorose tra fondi, anche non contigui (Tribunale di Genova 23 aprile 2011 – Giud,Vinelli)

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In assenza di disciplina specifica e considerato che non può essere considerata “disciplina specifica”, con conseguente applicabilità ex art. 6 ter l. n..13 del 27/2/2009 dei parametri in essa previsti, il DPMC 14 novembre 1997 (determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore), al fine della valutazione della normale tollerabilità, come norma integrativa dell’art. 6 ter lg.cit. e derogativa dell’art.844 c.c., ed in assenza di altri regolamenti che disciplinino immissioni acustiche quali quelle oggetto di causa, ne consegue che deve trovare applicazione, al caso di specie, il tradizionale criterio comparativo di elaborazione giurisprudenziale, il quale criterio comparativo assume come punto di riferimento il rumore di fondo della zona[ vale a dire quel complesso di suoni di origine varia e non identificabile, continui e caratteristici della zona sui quali si innestano di volta in volta rumori più intensi] ed essendo tale criterio notevolmente più restrittivo rispetto ai criteri dettati dalla legislazione pubblicistica ed, in particolare, dalla legge quadro e dal DPCM del 1997, ne consegue che il rispetto dei secondi non importa per ciò solo la valutazione delle immissioni in termini di tollerabilità mentre ,certamente, se neppure i parametri pubblicistici vengono rispettati, a maggior ragione le immissioni dovranno essere giudicate intollerabili.(Massima redazionale)

 

NOTA

La sentenza in oggetto tratta il tema delle immissioni acustiche da locali pubblici,adibiti a esercizio di bar, enoteche, ristoranti e simili.

Il Tribunale di Genova dopo ampia disamina della legislazione e della giurisprudenza; confrontando i vari criteri proposti quali il criterio comparativo e il c.d. criterio regolamentare conclude come in massima.

Tutte le CTU espletate, effettuate in periodi diversi dell’anno e del giorno, hanno dato il medesimo risultato, ovvero il superamento dei limiti previsti dalla disciplina pubblicistica ed in particolare dalla legge quadro 447/95.

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

il Tribunale di Genova

sezione III civile

 

in composizione monocratica, in persona della Dott.ssa ***************** ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa promossa da XX e altri -attori

contro YY s.n.c., in persona delle amministratrici – convenuta –

CONCLUSIONI DELLE PARTI

per parte attrice: Piaccia all’ill.mo Tribunale di Genova, contrariis reiectis, previi i migliori accertamenti e declaratorie e previa conferma dell’ordinanza del 28-29.07.2004, previa eventuale ammissione di tutti i mezzi di prova orali e c.t.u. dedotti dagli attori e remissione della causa sul ruolo istruttorio, ritenuto quanto esposto dagli attori nel corso dei giudizi cautelari e di merito:

  1. accertare e dichiarare l’intollerabilità e/o la nocività alla salute degli attori dei rumori, suoni, vibrazioni e fumi causati e/o provenienti dall’interno e dall’esterno dell’esercizio della società convenuta e/o della ditta LL ********** e/o qualsiasi altro comportamento posto in essere dalla società convenuta e/o dalla ditta LL ********** in violazione dei diritti degli attori e conseguentemente inibire definitivamente alla YY s.n.c. in persona del suo legale rappresentante pro tempore ed alla Ditta LL ***********, in persona del suo titolare …………….. dal proseguire l’attività all’interno del medesimo locale ed in ogni subordine dal proseguire l’attività oltre le ore 23.00, disponendone a tal fine la chiusura anticipata ed altresì ordinare alla convenuta e/o alla Ditta LL AnnaMaria di procedere alla totale in sonorizzazione dell’esercizio per cui è causa ovvero di porre in essere ogni attività volta all’eliminazione e/o riduzione del rumore di cui è causa e comunque ogni attività volta all’eliminazione dei fumi e delle immissioni di odori a danno degli attori.

  2. Accertare e dichiarare tenuta e quindi condannare la società convenuta in persona del suo legale rappresentante pro tempore al risarcimento di tutti i danni patrimoniali, morali, esistenziali patiti e patiendi dai singoli attori nella misura che risulterà in corso di causa e/o in via equitativa.

  3. Con vittoria di spese e onorari oltre i.v.a. e c.p.a.

per parte convenuta: Piaccia al Tribunale Ill.mo, disattesa ogni diversa e contraria istanza, previa revoca del provvedimento cautelare e rinnovazione dell’indagine peritale e previa altresì ammissione della prova per testimoni dedotta in memoria ex art. 184 c.p.c. 23.12.2006 e memoria di replica ex art. 184 23.01.2006 con i testi ivi indicati anche in controprova nella denegata ipotesi di ammissione delle prove ex adverso dedotte: 1) Assolvere la conchiudente società da ogni avversaria domanda; 2) In accoglimento della domanda riconvenzionale che si propone dichiarare tenuti e condannare gli attori, in solido o come meglio ritenuto, al risarcimento dei danni tutti in favore della convenuta società, danni da liquidarsi nell’ammontare che risulterà dal corso del giudizio e/o, ove del caso, in via equitativa. Vinte le spese.

MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO

Con atto di citazione regolarmente notificato gli attori indicati in epigrafe, titolari di immobili siti nelle immediate vicinanze di un locale adibito a bar enoteca e ritrovo notturno denominato “YY”… convenivano in giudizio la società YY s.n.c., titolare della gestione del locale, assumendo la presenza di immissioni acustiche, di odori e di fumi eccedenti la normale tollerabilità e chiedevano pertanto in via principale l’inibizione dell’attività ivi esercitata e, in via subordinata, la riduzione dell’orario di apertura e l’adozione delle opere necessarie ad effettuare la totale insonorizzazione del locale e/o ogni opera necessaria all’eliminazione di dette immissioni,oltre al risarcimento dei danni.

Rilevavano in particolare come la presenza di immissioni acustiche intollerabili fosse già stata accertata all’esito del procedimento cautelare ex art. 700 cpc, con ordinanza resa in data 28.07.2004 e confermata in sede di reclamo.

Parte convenuta contestava le risultanze della ctu resa nella fase cautelare ed evidenziava come, tra gli attori, solo alcuni fossero titolari di immobili limitrofi all’esercizio in contestazione e vi risiedessero stabilmente, mentre i restanti nove invero occupassero gli stessi solo saltuariamente o risiedessero altrove.

Avanzava quindi domanda riconvenzionale volta ad ottenere il ristoro dei danni patrimoniali subiti a seguito della chiusura anticipata del locale ordinata all’esito della fase cautelare con l’ordinanza sopra citata.

In corso di causa, all’esito dell’espletamento di due CTU che, per quanto si dirà, accertavano comunque la presenza di immissioni acustiche intollerabili, parte convenuta all’udienza del 27.3.2008 dava atto dell’avvenuto affitto di azienda con contratto registrato in data 19.2.2008 a LL **********, che vi esercitava non più attività di enoteca bar ma di ristorante, onde riteneva cessata la materia del contendere.

Veniva quindi espletata nuova CTU volta a descrivere la nuova attività esercitata ed a rilevare il persistere o meno delle immissioni acustiche intollerabili.

Va premesso in primo luogo come non sussista alcun problema di legittimazione attiva, per effetto dell’affitto di azienda sopra esercitato, dovendo trovare applicazione il disposto dell’art. 111 c. 4 cpc.

Passando ai profili di merito, va evidenziato quanto segue.

a) in ordine alle immissioni di fumi o odori

La CTU resa nella fase di reclamo, con considerazioni logiche e condivisibili, ha escluso che dalla cucina del locale oggetto di causa derivino fumi, odori, esalazioni eccedenti la normale tollerabilità; il ctu, sentito a chiarimenti all’udienza del 06.04.2005 ha precisato inoltre che le prove all’interno del locale sono state fatte utilizzando al massimo le potenzialità dei macchinari esistenti in cucina indicati nella CTU depositata.

Si ritiene che tali conclusioni siano sostanzialmente valide anche per l’attività attualmente esercitata presso il locale oggetto di causa (che, per quanto si dirà, non ha subito radicali mutamenti). Nella cucina di detto locale, secondo quanto è risultato dalla CTU Ing. ******** depositata in data 31.10.2008, è stata installata una cappa industriale per l’aspirazione dei fumi durante la cottura degli alimenti, elemento questo che, a prescindere dalla tipologia dei cibi preparati, non può che avere migliorato ulteriormente la situazione con riferimento alla sussistenza di immissioni di fumi e odori ed esalazioni.

b) sulle immissioni acustiche.

Prima di passare agli elementi rilevanti nel caso in esame ed all’analisi delle risultanze della CTU espletata in corso di causa, è opportuna una rapida disamina dell’istituto delle immissioni acustiche, alla luce degli sviluppi giurisprudenziali e normativi verificatisi nel tempo.

Le immissioni rumorose tra fondi (non necessariamente contigui)sono consentite solo laddove non superino la normale tollerabilità, come sancito dall’art. 844 c. 1 c.c.

Il legislatore del 1942 (diversamente, per quanto si dirà, del legislatore del 2009 intervenuto in materia con una disposizione decisamente innovativa) ha rimesso al giudice il compito di valutare, di volta in volta, i conflitti tra proprietà immobiliari, affidandogli cioè il compito di valutare la normale tollerabilità e riconoscendogli quindi un potere altamente discrezionale.

L’evoluzione giurisprudenziale in materia, nella ricerca di trovare comunque un criterio oggettivo,è approdata alla fine degli anni ’70 nell’enucleazione del c.d. criterio comparativo, secondo il quale per valutare il limite di tollerabilità delle immissioni sonore occorre tener conto della rumorosità di fondo della zona, in relazione alla reattività dell’uomo medio e considera intollerabili le immissioni che eccedono di tre decibel la rumorosità di fondo (Cass. 6.1.1978 n. 38).

Tale criterio, tutt’ora condivisibile, è un criterio oggettivo e relativo:oggettivo in quanto consente di valutare la rumorosità sulla base del parametro oggettivo dell’uomo medio, prescindendo dalle specificità delle singole persone interessate dalle immissioni (Cass. cit.) e relativo in quanto tiene conto della particolare situazione ambientale e cioè delle condizioni naturali e sociali dei luoghi, delle abitudini della popolazione, del contesto produttivo nel quale si svolge l’attività in conflitto e degli interessi in conflitto (Cass. 11118/97, Cass. 10735/01; Cass. 1151/2003).

Il criterio comparativo assume appunto come punto di riferimento il rumore di fondo della zona, vale a dire quel complesso di suoni di origine varia e non identificabile, continui e caratteristici della zona sui quali si innestano di volta in volta rumori più intensi.

Il rumore di fondo è (o silenzio relativo)è costituito dal complesso dei rumori di origine varia, spesso non esattamente identificabili e caratteristici di una certa zona, senza l’apporto della fonte rumorosa che si assume inquinante, ovvero quel livello acustico che insiste per lo meno per il 95% del tempo di osservazione, in conformità alla definizione data dalla raccomandazione ISO R 1996 del 1971.

Come correttamente indicato in dottrina, esso in pratica è “il livello minimo più frequente definito come il livello della distribuzione cumulativa superato per il 95% del tempo (L95)”.

La giurisprudenza di merito, in casi analoghi a quello ora sub iudice, si è orientata nel senso di ritenere violato il limite della normale tollerabilità delle immissioni acustiche allorché sul luogo che subisce le immissioni si riscontri un incremento dell’intensità del livello medio del rumore di fondo di oltre 3 decibel.

Tale criterio è notevolmente più restrittivo di quello introdotto dalla legge quadro sull’inquinamento acustico (legge 26.10.195 n. 447 e dal relativo decreto attuativo D.P.C.M. 14.11.97) che prevede invece un criterio misto di valutazione del rumore, che devono essere entrambi rispettati, accanto all’indicazione di limiti assoluti si accettabilità (art. 6/1) vengono fissati i limiti della differenza tra il rumore ambientale ed il rumore residuo.

Nonostante anche il decreto citato assuma il valore di 3 db (per il solo periodo notturno, essendo invece il limite di accettabilità del periodo diurno di 5 db), il criterio giurisprudenziale e quello legislativo differiscono notevolmente in quanto il primo assume come riferimento il “rumore residuo” (comprensivo peraltro anche del rumore del traffico) e la seconda il “rumore di fondo”.

Ne consegue che il rumore di fondo è generalmente minore del rumore residuo (potendo al più essere uguale nella misura un cui il rumore residuo abbia ampiezza costante durante tutto il tempo della misura) ed il relativo criterio giurisprudenziale è pertanto più restrittivo della legge quadro per quanto riguarda la valutazione differenziale del rumore.

Tale rilievo ha indotto la giurisprudenza a ritenere ininfluenti i parametri dettati dalle leggi citate, evidenziando il diverso ambito applicativo delle leggi citate e dell’art. 844 cc.

Dai rilievi sopra esposti discende da un lato che le immissioni acustiche che rispettino i limiti del DPCM 1997 e pertanto accettabili possano nondimeno essere considerate intollerabili alla stregua del criterio giurisprudenziale citato e, dall’altro, che immissioni non conformi al decreto citato siano, a maggior ragione, intollerabili.

In questo panorama legislativo e giurisprudenziale va fatto cenno infine alla recente disposizione dettata dall’art. 6 ter della legge 13 del 27.2.2009 (normale tollerabilità delle immissioni acustiche) che ha prescritto che nell’accertare la normale tollerabilità delle immissioni e delle emissioni acustiche, ai sensi dell’art. 844 del codice civile, sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso”.

La norma presenta profili interpretativi incerti e alcuni dubbi di legittimità costituzionale in quanto: a) introduce il concetto di emissione accanto a quello, tradizionale di immissione; b) fa salve le disposizioni di “regolamento” vigenti accanto ad una fonte primaria quale quella dell’art.844 cc c) considera la “priorità di un determinato uso” quale criterio non più facoltativo (come per l’art. 844 cc) ma obbligatorio d)preclude la valutazione della singolarità e della peculiarità dei casi di specie per le sole immissioni acustiche (peraltro potenzialmente lesive per la salute), introducendo un limite legislativo, necessariamente generale ed astratto ed inidoneo quindi a considerare adeguatamente la diversità e peculiarità delle situazioni concrete.

La disposizione in oggetto ha quale fine la soppressione, in determinati ambiti, del criterio giurisprudenziale comparativo, enucleato proprio grazie alla struttura flessibile dell’art. 844 c.c. in favore di un criterio definito in dottrina “regolamentare”, poiché prescritto dal legislatore (per lo più) con fonte secondaria.

Il legislatore tuttavia non si è spinto sino al punto di attrarre nell’ambito del criterio c.d. regolamentare tutte le immissioni acustiche, ma, per quanto si dirà, si ritiene ne abbia limitato l’utilizzo ai soli casi in cui vi sia una disciplina di “specifiche sorgenti” sonore.

Rientrano in detto ambito certamente alcuni decreti che, in ottemperanza alle previsioni dell’art 11 LQ: 447/1995, hanno disciplinato “specifiche sorgenti” sonore, quali, a titolo esemplificativo:

D.M. 11.12.1996 (applicazione del criterio differenziale per gli impianti a ciclo produttivo continuo);

DM 31.10.97 (“metodologia di misura del rumore aeroportuale”);

DPCM 5.12.97 ( “determinazione dei requisiti acustici passivi degli edifici);

DPR11.12.97 (regolamento recante norme per la riduzione dell’inquinamento acustico prodotto dagli aeromobili civili”);

DPR 8.11.98 (inquinamento acustico derivante da traffico ferroviario);

DPCM 16.4.99 (regolamento recante norme per la determinazione dei requisiti acustici delle sorgenti sonore nei luoghi di intrattenimento danzante e di pubblico spettacolo e nei pubblici esercizi);

DPR 2.4.2001 n. 304 (emissioni sonore da attività motoristiche).

E’opportuno precisare che non esiste una “specifica disciplina” che regoli le immissioni acustiche oggetto di causa:non è in particolare applicabile il DM 16.4.99 citato che è destinato a regolamentare unicamente le immissioni provenienti da impianti di diffusione musicale.

Al di fuori pertanto dell’esistenza di “specifiche discipline” deve trovare applicazione nuovamente il criterio sopra evidenziato di elaborazione giurisprudenziale.

Per completezza espositiva va infatti precisato che non può essere considerata “disciplina specifica”, con conseguente applicabilità ex art. 6 ter lg cit. dei parametri in essa previsti, il DPMC 14 novembre 1997 (determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore).

Il DPCM 14.11.97 contiene infatti una disciplina generale e concerne i limiti delle zone e degli ambienti abitativi con riferimento a generiche sorgenti, riservando invece ad altri decreti (quali appunto quelli sopra citati) la disciplina di “specifiche sorgenti” (infrastrutture stradali, ferroviarie, marittime ed aeroportuali per le quali, ex art. 4 c. 2 DPCM cit. non si applica il limite differenziale del primo comma).

L’opinione contraria, di quanti ravvisano anche nel decreto citato una disciplina specifica, integrativa quindi dell’art. 6 ter e derogativa dell’art. 844 cc non è condivisibile atteso che tale interpretazione:

– contrasta con la lettera dell’art. 6 ter (che richiede che le norme regolamentari disciplinino”sorgenti specifiche” di immissioni);

– contrasta con l’intenzione del legislatore che non ha voluto introdurre una disciplina generalizzata e differenziata per le immissioni acustiche (come dimostrano i lavori preparatori che, esemplificando un’ipotesi di specifica sorgente, fanno riferimento alla vicenda dell’autodromo di Monza, precisando come nel caso di specie la salvezza dello stesso discenda dall’applicazione di un decreto ad esso specificamente dedicato );

– come efficacemente rilevato in dottrina “la disciplina applicativa, nelle sole ipotesi dei rumori, sarebbe contenuta in una deroga ad una regola generale contenuta in un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri complessivamente emanato in attuazione della legge quadro sull’inquinamento acustico, senza che l’art. 844 venga ad essere modificato”.

Se quindi, per le ragioni sopra evidenziate, il DPCM in esame non può essere considerato, al fine della valutazione della normale tollerabilità, come norma integrativa dell’art. 6 ter, ed in assenza di altri regolamenti che disciplinino immissioni quali quelle oggetto di causa, ne consegue che deve trovare applicazione, al caso di specie, il tradizionale criterio comparativo di elaborazione giurisprudenziale sopra ricordato.

Si è già più volte precisato come detto criterio sia notevolmente più restrittivo rispetto ai criteri dettati dalla legislazione pubblicistica ed, in particolare, dalla legge quadro e dal DPCM del 1997: ne consegue che il rispetto dei secondi non importa per ciò solo la valutazione delle immissioni in termini di tollerabilità mentre certamente se neppure i parametri pubblicistici vengono rispettati, a maggior ragione le immissioni dovranno essere giudicate intollerabili.

Nel caso di specie, prima di valutare le risultanze e le misurazioni del CTU, sono opportune alcune precisazioni.

In primo luogo va evidenziato come l’attività originariamente esercitata, ovvero enoteca- bar destinata alla somministrazione di bevande, è stata oggetto di cessione: in particolare con contratto registrato il 19.2.08 la ******à convenuta. ha locato l’azienda esercitata nei locali di vico San Giorgio 28 a LL AnnaMaria. Parte convenuta sostiene quindi che sia mutata radicalmente il tipo di attività esercitata (non più enoteca ma ristorante) con conseguente cessazione della materia del contendere non essendovi più immissioni acustiche intollerabili.

Va premesso come le immissioni precedentemente rilevate dal CTU nelle relazioni espletate nel giudizio cautelare ed in quella depositata in data fossero prevalentemente tutte di origine antropica e provenienti cioè dal vocio e dal rumore prodotto dai clienti all’interno del locale o che consumavano le bevande fuori dal locale o sostavano davanti alla soglia per parlare o fumare.

La presenza di tali soggetti era evidentemente connessa al locale enoteca ivi presente, atteso che trattatasi di clienti del locale che, in assenza del locale stesso,non avrebbero avuto ragione per sostare sotto le abitazioni degli attori.

Tale conclusione, ovvero quella che ritiene sussista un nesso causale tra le immissioni sonore dei clienti e l’attività esercitata, con conseguente responsabilità civile penale ed amministrativa del gestore della seconda per i primi, è condivisa anche dalla giurisprudenza amministrativa (TAR Puglia 15.4.2009 n. 871) e penale (Cass. 45484 del 24.11.2004).

Secondo parte attrice la sostanziale modifica della tipologia di attività esercitata ha comportato la cessazione di tali rumori, atteso in particolare che gli avventori del locale non sostano più davanti ad esso ma entrano subito nello stesso per consumare i pasti.

Il rilievo non è condivisibile.

L’attività svolta nei locali oggetto di causa non è sostanzialmente mutata, nel senso che all’attività di enoteca è stata affiancata quella di ristorante, atteso che la sala adiacente al locale principale è stata dotata di tavolini per la somministrazione di pasti. La sala principale, come accertato dal CTU nel sopralluogo effettuato in data 25.7.2008, “ha mantenuto le sue caratteristiche che lo rendono atto alla vendita al banco di bevande. Nella cucina è stata installata una cappa industriale per l’aspirazione di fumi durante la cottura degli alimenti. Nel locale continua ad essere assente un impianto di condizionamento aria, la qual cosa obbliga l’esercizio a lavorare con le porte aperte, in particolare durante la stagione calda, e comunque obbliga i fumatori a spostarsi all’esterno ed a sostare sulla soglia del locale. Al momento del sopralluogo, all’esterno del locale ed in adiacenza all’ingresso erano posizionati un tavolino e sedie per i clienti”.

Sia durante i sopralluoghi effettuati prima dell’affitto dell’azienda che dopo, il ctu ha sempre rilevato la presenza di avventori anche all’esterno del locale.

D’altra parte, la sostanziale continuità tra l’attività esercitata dalla società locatrice e la conduttrice emerge anche dal sopralluogo del 25.7.08 ove il CTU, in accordo con il CTP di parte convenuta che non ha formulato alcun rilievo in merito, ha dato atto che l’attività è caratterizzata dalla presenza del ristorante ma continua la somministrazione di bevande all’interno ed all’esterno dove è presente un tavolino con sedie.

Tutte le CTU espletate, effettuate in periodi diversi dell’anno e del giorno, hanno dato il medesimo risultato, ovvero il superamento dei limiti previsti dalla disciplina pubblicistica ed in particolare dalla legge quadro 447/95.

In particolare:

  • la CTU resa nella fase cautelare e depositata in data 21.4.2004 ha accertato il superamento dei limiti differenziali della legge quadro, soprattutto nelle ore notturne, indicando come dette immissioni siano per lo più di origine antropica e prodotte direttamente dagli avventori del locale;

  • la CTU resa nella fase di merito e depositata in data 21.2.2008 (che ha effettuato le misurazioni in tutti gli immobili degli attori) ha confermato che le immissioni conseguenti allo svolgimento dell’attività del convenuto ed in particolare connesse alla permanenza di avventori sulla soglia e di fronte al locale eccedono i limiti differenziali della legge quadro e quindi, a maggior ragione, il limite utilizzato nel criterio comparativo di elaborazione giurisprudenziale e questo sia nell’abitazione dei Sigg.ri XX, prossima ai locali, che nelle abitazioni più distanti dallo stesso (v. pag. 14 CTU cit.);

  • la CTU depositata in data 31.10.2008 e successiva all’affitto di azienda sopra menzionato, ha accertato nuovamente che i valori differenziali dei livelli equivalenti superano sempre sia il valore di 5 db ammesso dalla legge quadro durante il periodo diurno che il valore di 3 db ammesso durante il periodo notturno (ovvero dopo le 22).

Parte convenuta critica le risultanze delle CTU sulla base di alcuni rilievi riassunti nella comparsa conclusionale.

Nessuno di tali rilievi è tuttavia condivisibile.

In primo luogo parte convenuta evidenzia come il CTU nominato non risulti nell’elenco dei tecnici competenti in acustica ambientale della Regione Liguria.

Il rilievo non è condivisibile. La legge 447/95 indica che la figura del tecnico competente deve essere in possesso del diploma di scuola media superiore a indirizzo tecnico, del diploma universitario ad indirizzo scientifico ovvero del diploma di laurea ad indirizzo scientifico. La legge demanda alle Regioni la formazione di una specifico albo secondo i contenuti dell’atto di indirizzo e coordinamento contenuto nel DPCM 31.3.98. Detto atto fa riferimento, quale titolo per l’inserimento negli albi regionali, al comprovato svolgimento di almeno una tra diverse attività, una delle quali riguarda “misure in ambiente esterno ed abitativo unitamente a valutazioni sulla conformità dei valori riscontrati ai limiti di legge ed eventuali progetti di bonifica”.

Il CTU nominato, sebbene non iscritto nell’albo, possiede tutti i requisiti per detta iscrizione, essendo laureato in ingegneria industriale, avendo sostenuto in particolare l’esame di fisica tecnica, ed avendo svolto l’attività sopra indicata.

In particolare ha svolto per il Tribunale di Genova 26 consulenze in campo acustico. Si ritiene pertanto che la mancata iscrizione negli albi regionali (determinata probabilmente dal fatto che il CTU non svolge attività di progettazione acustica) sia del tutto ininfluente.

In merito al secondo rilievo, relativo al mutamento di attività esercitata, è sufficiente richiamare i rilievi sopra svolti.

Infine al punto III della comparsa conclusionale si censura la CTU in quanto avrebbe effettuato i rilievi fonometrici in due giorni diversi, ovvero uno giovedì 21.8.2008 ad esercizio chiuso per riposo settimanale e l’altro venerdì 22.8.2008 ad esercizio aperto, ritenendo le prime rappresentative del rumore residuo e le seconde del rumore ambientale e quindi sulla base di dati non omogenei.

In proposito va ribadito e precisato quanto sopra indicato, ovvero che il criterio differenziale considera il confronto tra il rumore ambientale misurato in presenza di disturbo ed il rumore residuo misurato in sua assenza.

“Il livello di riferimento è determinato dal Leq- livello equivalente o livello energetico medio) rilevato in un arco di tempo ritenuto significativo per la descrizione del rumore residuo (il rumore residuo è quello presente in assenza di disturbo). Il valore da confrontare è invece quello del rumore ambientale, rappresentato dal Leq misurato in un arco di tempo ritenuto anch’esso significativo per la descrizione del disturbo” (CTU depositata in data 31.10.2008 pagg 3-4).

Correttamente pertanto il CTU ha misurato il rumore residuo in assenza della fonte disturbante,quando cioè l’esercizio era chiuso nella giornata di giovedì, confrontando detto dato con i valori del giorno seguente, ad esercizio aperto.

I rilievi del difensore di parte attrice potrebbero essere condivisibili solo laddove il rumore residuo presente nelle due giornate fosse sensibilmente differente. Nel caso di specie tuttavia come specificato a pag. 4 della CTU in contestazione il CTU ha verificato l’assenza in entrambi i giorni, ed in particolare nella giornata di venerdì, di rumori estranei o anomali, onde ha espressamente concluso per la equivalenza del rumore residuo presente in periodi corrispondenti delle due giornate.

Tale conclusione non è inficiata dall’aumento del traffico di veicoli (auto e moto) nella giornata di apertura del locale, sia perché detto aumento è definito dallo stesso CTU “leggero”, sia perché anche detti transiti sono casualmente riconducibili all’attività oggetto di causa (atteso che trattasi, come accertato dal CTU, di persone che transitano e sostano per brevi periodi nanti il locale per verificare la presenza di amici).

Inoltre come più volte ribadito da tutte le ctu espletate, le immissioni sono prodotte sia da rumori provenienti dall’interno, atteso che durante la stagione estiva le porte vengono lasciate aperte, attesa la mancanza di un meccanismo di condizionamento, sia dalla presenza di avventori all’esterno, agevolata dalla presenza di tavolini e sedie nella parte esterna e, comunque, dall’assenza di una “sala fumatori” che costringe quindi questi ultimi a recarsi fuori dal locale per fumare.

A tale rilievo va aggiunto quello secondo cui tutte le misure effettuate in occasione delle precedenti CTU avevano considerato confronti nella stessa giornata portando alle stesse conclusioni: in definitiva la terza CTU ha ribadito una risposta intuibile, ovvero che non essendo sostanzialmente variata l’attività svolta nel locale, non è nemmeno variato il rumore generato dall’attività stessa.

Parte convenuta rileva inoltre (il rilievo è contenuto in comparsa di risposta e non è più stato reiterato in sede di comparsa conclusionale) come, tra gli attori, solo i coniugi XX abitino effettivamente in un appartamento sito in prossimità al locale oggetto di causa, mentre gli altri o abitano in immobili più distanti, o risiedono altrove, o vi trascorrano solo limitati periodi o, infine, non possono neppure abitarlo perché in corso di ristrutturazione.

In proposito sono opportuni alcuni rilievi, così riassumibili:

  • in linea generale la normativa sulle immissioni acustiche è, in primo luogo, stante la collocazione ed il tenore letterale, un rimedio a tutela del diritto di proprietà che, nel tempo, è stato poi utilizzato anche a tutela del diritto alla salute. ****** comunque la sua primaria formulazione e finalità, è certamente esperibile dal proprietario, a prescindere che abiti o meno stabilmente nell’immobile pregiudicato dalle immissioni, atteso peraltro che la presenza di immissioni potenzialmente intollerabili può comportare anche una diminuzione del valore commerciale dell’immobile stesso;

  • nel caso di specie in ogni caso va rilevato come la residenza è elemento diverso dalla dimora abituale, non essendo assolutamente infrequente che la prima e la seconda non siano coincidenti;

  • la presenza di immissioni intollerabili va censurata a prescindere dal numero di giorni durante il quale l’immobile viene utilizzato attesa peraltro la potenziale lesività delle immissioni acustiche intollerabili per la salute, che non può subire limitazioni neppure se temporalmente circoscritte.

  • la CTU depositata in data 21.2.2008 ha accertato che le immissioni acustiche superavano la normale tollerabilità con riferimento a tutti gli appartamenti degli attori (pag. 14 ctu citata).

In conclusione, per i rilievi che precedono, si ritiene che le immissioni acustiche superino la normale tollerabilità, soprattutto nel periodo notturno (dalle 22,00 in avanti), alla luce delle misurazioni svolte dal CTU e considerata l’ubicazione del locale, in una zona residenziale destinata a soddisfare esigenze di tipo abitativo.

Ne consegue che è fondata la domanda volta all’inibizione di dette immissioni e, correlativamente, non può essere accolta la domanda risarcitoria avanzata da parte convenuta.

In ordine alla tipologia dei rimedi da adottare va evidenziato come l’art. 844 c. 2 imponga al giudice di contemperare le ragioni della produzione (intesa in senso ampio come comprensiva anche delle attività commerciali) con le ragioni della proprietà.

Tale contemperamento si ritiene vada compiuto non solo al fine di valutare la tollerabilità o meno delle immissioni ma anche per scegliere, tra più soluzioni astrattamente praticabili, quella che meglio realizza un equo contemperamento degli interessi.

Nel caso di specie la soluzione di chiudere il locale, appare eccessivamente onerosa per i convenuti, onde vanno disposti rimedi meno penalizzanti,- peraltro chiesti in via subordinata dagli stessi attori, parimenti sattisfattivi al fine di ridurre le immissioni acustiche nella soglia della normale tollerabilità.

Le immissioni intollerabili si sono verificate soprattutto in orario notturno: la tipologia del locale ed il rumore residuo inducono invece a ritenere che il superamento dei limiti in orario diurno, quale accertata nelle ctu espletate, sia occasionale.

La presenza delle immissioni acustiche è determinata per lo più sia dai rumori provenienti dall’interno del locale, privo di meccanismo di in sonorizzazione e meccanismo di condizionamento e costretto pertanto, specie nella stagione estiva, a lavorare con la porta aperta, sia ai rumori degli avventori che sostano all’esterno per fumare o consumare bevande.

Si ritiene pertanto opportuno, al fine di inibire le immissioni oggetto di causa,

– ordinare la predisposizione all’interno del locale di pannelli fonoassorbenti da applicare su tutta la superficie delle pareti, del soffitto e del pavimento e la sostituzione delle vetrate con altre a doppia camera;

– ordinare la predisposizione di un adeguato impianto di condizionamento (evidentemente strutturato e posizionato in modo da non costituire a propria volta fonte di immissioni intollerabili);

– predisporre all’interno del locale una sala adibita ai fumatori;

– eliminare le sedie e i tavolini posti all’esterno;

-anticipare la chiusura del locale alle ore 23.00.

Detti rimedi vanno ordinati a parte convenuta: gli effetti della sentenza tuttavia si estenderanno anche nei confronti di LL **********, ex art. 111 cpc.

 

…………………………………..omissis………………………………..

 

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza:

in accoglimento della domanda avanzata da parte attrice, dichiara tenuto e condanna parte convenuta alla cessazione delle immissioni acustiche intollerabili;

conseguentemente, in accoglimento della domanda avanzata in via subordinata da parte attrice, dichiara tenuta e condanna parte convenuta a:

– ordinare la predisposizione all’interno del locale di pannelli fonoassorbenti da applicare su tutta la superficie delle pareti, del soffitto e del pavimento e la sostituzione delle vetrate con altre a doppia camera;

– predisporre un adeguato impianto di condizionamento all’interno del locale;

– predisporre all’interno del locale una sala adibita ai fumatori;

– eliminare le sedie e i tavolini posti all’esterno;

-anticipare la chiusura del locale alle ore 23.00.

respinge le ulteriori domande avanzate da parte attrice perché non provate.

Respinge perché infondata la domanda riconvenzionale avanzata da parte convenuta;

condanna parte convenuta al pagamento delle spese di lite in favore di parte attrice, nella misura di € 3.904,00 per diritti, € 7.000,00 per diritti, € 296,00 per esborsi oltre spese generali iva e accessori di legge.

Pone in via definitiva a carico di parte convenuta le spese per il compenso al CTU. Ing. ********, già liquidate in corso di causa.

Pone in via definitiva a carico di parte attrice le spese per il compenso al CTU ing. **********, già liquidato in corso di causa.

Genova, lì 23.04.2010 Il Giudice

Dott.ssa *****************

 

Avv. Viceconte Massimo

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