Il subentro del curatore nel contratto preliminare di compravendita immobiliare e il potere del Giudice delegato di ordinare la cancellazione delle ipoteche

Redazione 10/04/19
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di Massimiliano Bina*

* Avvocato

Sommario

1. Posizione del problema

2. Il potere del Giudice delegato ordinare la cancellazione delle ipoteche

3. Gli atti di liquidazione del curatore come tipi di vendite forzate

4. Il subentro del curatore nel contratto preliminare di compravendita immobiliare come atto di liquidazione di un bene del patrimonio fallimentare

1. Posizione del problema

Ricorre spesso, nella prassi, il problema di sapere se il Giudice Delegato ha il potere di ordinare la cancellazione delle ipoteche gravanti sull’immobile oggetto di un contratto preliminare di compravendita nel quale il curatore fallimentare, debitamente autorizzato dagli organi della procedura, abbia deciso di subentrare. L’ipotesi che un bene immobile promesso in vendita dalla società in bonis risulti gravato da ipoteca è molto più frequente rispetto a quella in cui il bene immobile sia libero da vincoli pregiudizievoli; ed il riconoscimento di un siffatto potere in capo al Giudice Delegato appare spesso determinante per dare piena attuazione ai principi che sovrintendono le norme sui «fallimenti immobiliari» e gli art. 72 ss. l. f. In altre parole, l’esclusione del potere del Giudice Delegato di ordinare la cancellazione delle ipoteche, nell’ipotesi di subentro del curatore nel preliminare di compravendita, non consentirebbe una tutela effettiva e reale del promissario acquirente – riconosciuta anche dalle Cass., SS.UU. 16 settembre 2015, n. 18131[1] – e sarebbe di ostacolo alla applicazione delle norme sui rapporti pendenti, atteso che il curatore non potrebbe vendere il bene come libero.

Le tesi gravitano intorno a due poli, così sintetizzabili. Da un lato, si afferma che il subentro del curatore nel contratto preliminare di compravendita costituisce una modalità di liquidazione del bene che si attua indipendentemente dalla volontà del debitore: tale modalità di liquidazione è un tipo di vendita forzata, con la conseguenza che il Giudice delegato ha il potere di ordinare la cancellazione delle ipoteche[2]. Dall’altro, si sostiene che il trasferimento di proprietà in esecuzione delle obbligazioni contenute in un contratto preliminare non avrebbe finalità liquidatoria, bensì quella di dare attuazione al programma negoziale vincolante per le parti contraenti ed al quale la curatela è sottomessa (o per scelta, o perché costretta, allorquando si dice che la volontà di sciogliere il contratto preliminare non è opponibile al promissario acquirente: il subentro nel contratto preliminare, in questa prospettiva, non può mai essere qualificato come un atto di liquidazione di un cespite compreso nella massa fallimentare[3].

1 La sentenza, pubblicata in Foro it., 2015, I, 3488 con nota di FABIANI ed in Fallimento, 2015, 1284 con nota di BALESTRA Trascrizione della domanda e potere del Curatore fallimentare: luci (e qualche ombra) nella decisione delle Sezioni Unite, ha fissato il principio secondo cui la scelta del curatore di sciogliersi dal contratto preliminare di compravendita non è opponibile al promissario acquirente che ha trascritto la domanda giudiziale ante sentenza dichiarativa di fallimento ed ha ottenuto la sentenza ex art. 2932 c.c. dopo la dichiaraizone di fallimento.

2 Cass. 8.2.2017, n.3310, in Dir. Fall., 2017, 3-4, 889; Trib. Verona 16.4.2014, in Fallimento, 2014, 7, 825; Trib.Varese, decreto, 16.11.2017 (RG n. 2732/2017), inedita

3 Trib. Milano 21.9.2017, in https://plusplus24diritto.ilsole24ore.com. Tarzia Gio., La sorte dell’ipoteca sull’immobile venduto dal curatore per subentro nel preliminare stipulato dal fallito, in Dir fall. 2017, p.890 ss.

2. Il potere del Giudice delegato ordinare la cancellazione delle ipoteche

Per addivenire alla soluzione del problema occorre chiarire, in via preliminare, quale sia la fonte del potere del Giudice Delegato di ordinare la cancellazione delle ipoteche. Qualora il programma di liquidazione, proposto dal curatore ed approvato dal Comitato dei Creditori[4], optasse per una vendita forzata di diritto comune (exart. 107, 2° comma, l. f.), il bene venduto secondo le regole del codice di procedura civile verrebbe trasferito all’aggiudicatario ai sensi dell’art. 586 c.p.c. e il decreto di trasferimento conterrebbe l’ordine di cancellazione delle ipoteche. In questa ipotesi, il Giudice Delegato è il Giudice dell’esecuzione del patrimonio fallimentare e l’ordine di cancellazione delle ipoteche trova la propria fonte nelle norme sull’esecuzione forzata individuale.

La vendita forzata di diritto comune, tuttavia, non è il solo modello procedimentale utilizzabile per la liquidazione dei beni acquisiti alla massa fallimentare. L’art.107, 1° comma, l. f. dispone che nel programma di liquidazione è possibile prevedere che il bene possa essere liquidato attraverso una procedura competitiva destinata a concludersi con un atto negoziale. In questi casi, ai sensi dell’art. 108, 2° comma, l. f., una volta eseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo, il Giudice Delegato ordina, con decreto, la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione[5].

La norma della legge fallimentare, quindi, sembrerebbe avere lo scopo di consentire il trasferimento di un bene purgato da iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli tutte le volte in cui la liquidazione del bene avvenga attraverso forme diverse rispetto a quelle del codice di rito e il trasferimento sia conseguenza di un atto negoziale, non di un decreto di trasferimento. Ratio che troverebbe conferma nell’analoga previsione dell’art. 13, comma 3°, l. n. 3/2012 – per il piano del consumatore e l’accordo di ristrutturazione del sovraindebitato – e dell’art. 14 novies, comma 3°, l. n. 3/2012 – per la procedura di liquidazione del sovraindebitato[6]

4 Per completezza, si rileva che il Giudice Delegato può autorizzare la vendita dei beni anche prima dell’approvazione del programma di liquidazione, ai sensi dell’art. 104 ter, comma 7°, l.fall., qualora ciò possa comportare un pregiudizio per i creditori.

5 In dottrina, v. M. Montanaro, in Commentario alla legge fallimentare Cavallini, sub art. 108, p. 1083.

6 Cfr. Crivelli, Cancellazione delle formalità ex art. 108 e “atti negoziali” del curatore, in Fallimento, 2018 p. 1459.

3. Gli atti di liquidazione del curatore come tipi di vendite forzate

Il potere del Giudice Delegato di ordinare la cancellazione delle ipoteche, e delle trascrizioni pregiudizievoli, è strettamente connesso con la natura di vendita forzata dell’atto di liquidazione[7]: se l’atto di liquidazione del curatore può essere inquadrato come una vendita forzata, allora il Giudice Delegato può ordinare la cancellazione delle ipoteche.

Sul punto, si è detto che gli atti del curatore sono sempre delle vendite coattive in quanto prevedono un iter autorizzativo[8]; o avvengono invito domino[9]; o, infine, si ritiene siano delle vendite coattive per il semplice fatto che si realizzano nel contesto della procedura concorsuale[10].

Al riguardo, assume carattere dirimente il rilievo che l’atto negoziale è posto in essere da un organo che non è proprietario del bene oggetto del trasferimento e che tale organo nemmeno agisce in forza di un potere conferito da chi ha il diritto di disporre del bene: il curatore è il soggetto che, in forza di una disposizione di legge, ha il potere di liquidare il patrimonio fallimentare; l’atto di trasferimento della proprietà, pertanto, prescinde dalla volontà del titolare del diritto[11]. Ne consegue che, qualunque sia la forma dell’atto di trasferimento, gli atti di liquidazione posti in essere dal curatore costituiscono degli atti traslativi della proprietà, dovendosi dare rilevanza alla natura del potere esercitato, non alle forme del suo esercizio. Argomento che viene utilizzato dalla giurisprudenza per riconoscere natura di vendita forzata alla transazione traslativa di diritti[12] e, nel precedente sistema, in cui non era consentita la vendita a trattativa privata dei beni appartenenti alla massa fallimentare, per ammettere il trasferimento di proprietà del bene, oggetto della controversia che le parti intendono comporre, senza ricorrere ad una vendita all’incanto[13].

7 Tarzia Gio., La sorte dell’ipoteca sull’immobile venduto dal curatore per subentro nel preliminare stipulato dal fallito, in Dir fall. 2017, p.898 ss. ritiene, invece, che l’art. 108, 2° comma, l. f. trovi applicazione delle sole ipotesi di vendite competitive. V., altresì, Trib. Milano 21.9.2017, cit.

8 Zanichelli, Liquidazione dell’attivo e garanzie dell’aggiudicatario, in Fall., 2003, 877. Cass. 23.09.2003, n. 14103, in Giust. civ., 2004, I, 78, in materia di vendite mobiliari, ove si è valorizzata la rilevanza, ai fini del trasferimento della proprietà, del pagamento del prezzo, non del consenso.

9 P. Liccardo, G. Federico, Commento sub art. 108 l. f. , in Commentario Jorio-Fabiani, 2007, II, 618.

10 Cass. 16.05.2018, n. 11957.

11 Questa la ragione per la quale le vendite poste in essere dai Commissari nell’amministrazione straordinaria sono delle vendite forzate. Contra, F. D’Aquino, R. Fontana, in AA.VV., La legge fallimentare. Commentario teorico-pratico, Ferro (a cura di), Padova, 2007, 835.

12 Trib. Messina 11.04.2018, in Fall.2018, 1456.

13 Cass. 14.10.2008, n. 25136; Cass. 10.05.2017, n. 11464; Cass. 23.12.2016, n. 26954.

4. l subentro del curatore nel contratto preliminare di compravendita immobiliare come atto di liquidazione di un bene del patrimonio fallimentare

Abbiamo tutti gli elementi per risolvere la nostra questione: il Giudice Delegato può ordinare la cancellazione allorquando si ritenga che il subentro del curatore nel contratto preliminare, e il successivo atto di trasferimento della proprietà, costituiscano delle modalità di liquidazione del patrimonio fallimentare[14]. La scelta del curatore di dare esecuzione al contratto preliminare non è ontologicamente diversa da qualunque altra attività di liquidazione dei beni acquisiti al patrimonio attivo del fallimento, atteso che il curatore (pubblico ufficiale a ciò deputato), al pari di qualsivoglia altro organo esecutivo, si sostituisce al debitore e in forza di un potere diverso da quello del proprietario del bene, trasferisce a terzi la titolarità del diritto sul bene promesso in vendita.

In senso contrario, si è detto che le vendite fallimentari sarebbero solo quelle previste dagli artt. 105 ss. l. f. e quelle che hanno i requisiti formali previsti da quelle norme[15], ma la collocazione tipografica della norma all’interno della legge fallimentare non pare possa risultare un argomento dirimente. Nel contempo, deve essere dimostrata, e non assunta a priori, la tesi che gli atti di liquidazione del patrimonio fallimentare siano solo quelli aventi determinati requisiti previsti dalla legge.

Sotto altro aspetto, l’argomento secondo cui il curatore che subentra nel contratto preliminare è tenuto ad adempiere a tutti gli obblighi contrattuali ivi previsti[16], compreso quello della cancellazione delle ipoteche, avrebbe conseguenze poco razionali. Il trasferimento di proprietà, in questa prospettiva avverrebbe secondo il regime delle vendite ordinarie: con le garanzie per vizi della cosa e con i requisiti previsti a pena di nullità dall’articolo 40, 2° comma, della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (che esclude solo i trasferimenti coattivi derivanti da procedure concorsuali), la cui violazione costituirebbe una fonte di eventuale responsabilità le cui conseguenze andrebbero allocate in prededuzione. Un curatore avveduto e prudente, di conseguenza, potrebbe essere portato ad escludere l’opzione economicamente più conveniente (che preveda il subentro nel preliminare, rispetto alla vendita forzata che porterebbe a ricavare un prezzo minore), ma che si presenta più stabile, senza alcun rischio di impugnazione e che lo esponga a responsabilità.

Non convince, infine, il rilievo che la qualificazione come «vendita fallimentare» del trasferimento conseguente al subentro nel preliminare si pone in contrasto con l’argomento fondante la tesi della opponibilità della sentenza ex art. 2932 cod. civ. ottenuta da un promissario acquirente in accoglimento di una domanda trascritta prima del fallimento[17]. La tesi si fonda su una equiparazione tra questa fattispecie e quella del subentro del curatore nel preliminare come frutto di una sua scelta tra le diverse modalità di liquidazione del bene, ma tale equiparazione non convince: l’effetto di sottrazione del bene dalla massa fallimentare con efficacia retroattiva è proprio della sola sentenza di accoglimento exart. 2932 c.c. ed in ragione di tanto, correttamente, non deve conseguire alcun ordine di cancellazione delle ipoteche. Nel caso di subentro del curatore nel preliminare, invece, il bene resta acquisito alla massa fallimentare e il trasferimento di proprietà non avverrebbe con effetto retroattivo (come nell’ipotesi della sentenza), ma costituirebbe un vero e proprio atto di liquidazione.

Tra le due opzioni, in ultima analisi, quella che attribuisce il potere al Giudice di Delegato di ordinare al cancellazione delle ipoteche è quella che sembra essere più in linea con lo spirito della legge. Se la ratio delle norme sul contratto preliminare pendente è quella di dare tutela al promissario acquirente, impedire al Giudice Delegato di provvedere alla cancellazione delle ipoteche significherebbe, sul piano pratico, escludere l’applicabilità della normativa predetta nel caso più frequente, cioè quello del contratto preliminare avente ad oggetto un immobile ipotecato.

14 Cass.8 .02.2017, n. 3310, cit.

15 Trib. Milano 21.9.2017, cit.

16 Trib. Milano 21.9.2017, cit.

17 Tarzia Gio., cit., 898, ss.

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