Il singolo condomino non è legittimato a presentare querela per un reato commesso da un soggetto estraneo al condominio ai danni delle parti comuni

riferimenti normativi: art.  633 c.p.

precedenti giurisprudenziali: Cass. pen., Sez. V, Sentenza n. 6197 del 26/11/2010

La vicenda

Il conflitto nasceva tra un condomino ed il titolare di un’attività commerciale che invadeva spazi condominiali con tavolini e sedie.

Il singolo condomino querelava il commerciante ritenendolo colpevole del reato previsto dall’articolo 633 c.p. (Invasione di terreni o edifici) secondo cui chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa con la reclusione fino a due anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032 (Le pene si applicano congiuntamente, e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso da più di cinque persone, di cui una almeno palesemente armata, ovvero da più di dieci persone, anche senza armi). Il Tribunale dichiarava non doversi procedere nei confronti del titolare dell’attività commerciale in relazione al reato di cui all’art. 633 c.p., per difetto di querela. Il condomino ricorreva in cassazione, ritenendosi legittimato a presentare querela in relazione all’art. 633 c.p., sebbene si trattasse dell’invasione (con tavolini e sedie) da parte dell’esercizio commerciale di spazi condominiali, rispetto ai quali il ricorrente però vantava – quale condomino – una posizione giuridicamente rilevante.

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La questione

Il singolo condomino è legittimato a presentare querela per un reato commesso in danno di parti comuni dell’edificio condominiale?

La soluzione

Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione del condomino a proporre querela in relazione al reato sopra detto.

Secondo la Cassazione infatti non è valida la querela proposta dal singolo condomino per un reato che sia commesso in danno di parti comuni dell’edificio, in quanto il condominio è strumento di gestione collegiale degli interessi comuni dei condomini e la presentazione della querela deve essere decisa dall’assemblea; di conseguenza la presentazione di una valida querela, da parte di un condominio, in relazione ad un reato commesso in danno del patrimonio comune dello stesso, presuppone uno specifico incarico conferito all’amministratore dall’assemblea condominiale.

Le riflessioni conclusive

La giurisprudenza meno recente aveva sempre affermato che il singolo condomino ha il diritto a presentare la querela per chiedere la punizione della violazione di domicilio, nonostante si trattasse di parti comuni dell’edificio (Cass. civ., Sez. V, 25/02/1978, n. 7279; Cass. civ., Sez. II, 25/02/1974, n. 7470).

Successivamente una decisione più recente ha ribaltato l’orientamento precedente osservando che: a) il condominio degli edifici è uno strumento di gestione collegiale degli interessi comuni dei condomini, b) l’espressione della volontà di presentare querela per un fatto lesivo di uno di questi interessi comuni non può che passare attraverso tale strumento di gestione collegiale, c) la presentazione di una valida querela da parte di un condominio in relazione ad un reato commesso in danno del patrimonio comune dello stesso presuppone uno specifico incarico conferito all’amministratore dall’assemblea condominiale (si veda, Cass. pen., Sez. V, 26/11/2010, n. 6197). In altre parole si è affermato che il condomino non è legittimato a presentare querela per un reato commesso in danno di parti comuni dell’edificio. Così è stata annullata la condanna alla pena di mesi due di reclusione per il reato di violazione di domicilio commesso da un estraneo che si era introdotto clandestinamente nel sottoscala di un caseggiato, ove veniva sorpreso da un condomino che poi lo aveva inutilmente querelato. Secondo questa tesi quando la vittima del reato è il condominio di un edificio, allora la persona offesa è costituita dalla totalità dei componenti nella sua espressione istituzionale, rappresentata dall’assemblea, con la conseguenza che il singolo condomino non è legittimato a presentare la querela con riferimento alla propria quota millesimale delle parti comuni dell’edificio, in presenza di un giudizio che (lo si ritenga vertente sull’effettività dell’offesa o sull’opportunità dell’esercizio dell’azione penale) non è suscettibile di applicazione frazionata rispetto all’oggetto del reato.

Secondo una recentissima sentenza della Cassazione penale però non vi è alcun ostacolo alla tutela del singolo condomino in sede penale rispetto al reato di violazione di domicilio quando un estraneo (il malintenzionato) si introduce, contro la volontà del soggetto che dispone del diritto (il singolo condomino), in un caseggiato, occupando l’androne condominiale e le scale. Per questa opinione quindi il singolo condomino è certamente titolare del diritto e come tale ha una legittimazione, quanto meno concorrente con quella dell’amministratore, o eventualmente surrogatoria, a presentare la querela (Cass. pen., Sez. III 26/11/2019, n. 49392). Del resto, un diverso orientamento, espresso nell’ambito civile, ha precisato che configurandosi il condominio come un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l’esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale l’amministratore, non priva i singoli condomini della facoltà di agire a difesa dei diritti esclusivi e comuni inerenti all’edificio condominiale (Cass. civ., Sez. III, 16/05/2011, n. 10717). Considerato poi che l’art. 1117-quater c.c., in tema di tutela delle destinazioni d’uso, non solo non esclude, ma addirittura contempla il potere d’iniziativa dei singoli condomini, si potrebbe concludere che il singolo condomino sia legittimato ad agire ed a resistere a tutela dei beni comuni, affiancandosi all’amministratore. In ogni caso merita di essere ricordato che un’altra recente decisione di merito (Trib. Pordenone 6 marzo 2019) ha precisato che il condominio non è un soggetto giuridico dotato di una personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, ma uno strumento di gestione collegiale degli interessi comuni dei condomini attraverso il quale deve esprimersi la volontà di sporgere querela; ne consegue che la presentazione di quest’ultima, in relazione ad un reato commesso in danno al patrimonio condominiale, presuppone uno specifico incarico conferito all’amministratore dall’assemblea dei condomini. Per tale sentenza però non si può escludere che il singolo condomino sia legittimato a sporgere querela nei confronti dell’autore del reato commesso contro il condominio (nel caso di specie, si trattava di appropriazione indebita a carico dell’amministratore).

Rimane fermo però che quand’anche l’amministratore sporgesse una querela (e non una semplice denuncia), in assenza della necessaria autorizzazione del condominio, la stessa non varrebbe pertanto ad integrare la condizione di procedibilità occorrente in relazione al reato procedibile a querela.

La querela infatti non rientra tra gli atti di gestione dei beni o di conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio e, poiché costituisce un presupposto della validità dell’azione penale e non un mezzo di cautela processuale o sostanziale e il relativo diritto compete in via strettamente personale alla persona offesa dal reato, deve escludersi che – in assenza dello speciale mandato – tale diritto possa essere esercitato da un soggetto diverso dal suo titolare. Nel caso che la vittima del reato sia un soggetto collettivo quale è il condominio di un edificio, la presentazione della querela riguarda necessariamente la totalità dei componenti nella sua espressione istituzionale, rappresentata dall’assemblea.

Laddove è prevista la procedibilità a querela della persona offesa, si lascia infatti a quest’ultima una valutazione di particolare impegno e complessità.

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Sentenza collegata

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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