Il ricorso per l’equo indennizzo è un processo di cognizione ordinario: sì al danno da ritardo ex L.89/01

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È indennizzabile il ritardo nel decidere i cc.dd. <<giudizi Pinto>>: i ricorsi per l’equo indennizzo ex L.89/01 non possono superare la durata complessiva di due anni (per i due gradi di giudizio), altrimenti l’interessato può richiedere la refusione dell’ulteriore danno da ritardo ai sensi della suddetta legge.

La sentenza n. 1, emessa dalla sez. VI-2 della Cassazione civile il 06/11/12 e depositata lo scorso 02 gennaio, ha ribadito, richiamando un suo recentissimo orientamento (Cass. nn. 17686 e 5924/12), l’applicabilità della Legge Pinto (L.89/01) anche ai ritardi nel decidere i ricorsi per l’equo indennizzo da essa regolati .

Il caso. I ricorrenti presentavano istanza per la refusione dell’equo indennizzo per l’irragionevole durata del ricorso ex L.89/01, iniziato nel settembre 2005 e conclusosi col deposito della sentenza della Cassazione nel marzo 2010. La Corte di Appello adita lo dichiarava inammissibile, <<ritenendo non esperibile il rimedio >> disciplinato da questa legge, poiché, secondo il G.I., la sua proponibilità non è prevista dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed il danno da ritardo era <<compensabile dal giudice del procedimento>>. La S.C., invece, ha avuto un’opinione antitetica, sancendo che deve essere rimborsato anche il danno da ritardo per la definizione dei cc.dd. <<giudizi Pinto>> : non possono superare la durata complessiva di due anni, proprio perché la loro ratio è fondata sulla rapidità di definizione per deflazionare il numero di cause affrontate dai tribunali di ogni ordine e grado e, dunque, per evitare l’incremento dei costi della giustizia e di quelli sociali.

La Legge Pinto è applicabile anche ai ritardi per il riconoscimento dell’equa riparazione. Da ciò discende che essi devono essere conclusi velocemente. Inoltre il ricorso per l’equo indennizzo è un processo di cognizione ordinaria, soggetto all’onere di celere risoluzione entro i termini prestabiliti dalle tabelle ministeriali. Nella fattispecie il giudizio innanzi alla Corte d’Appello e l’eventuale reclamo, anche presso la Cassazione (recentemente su questa rivista si è dato atto che l’interessato può esperire anche il giudizio di ottemperanza ex art. 114 L.44/12 : codice del processo amministrativo), non possono superare la durata complessiva di due anni, ampiamente oltrepassata nel nostro caso.

Nulla vieta, perciò, di annoverare anche questo procedimento tra quelli tutelati dalla L. 89/01, poiché è palese la violazione del diritto fondamentale alla ragionevole durata del processo con conseguente <<patema d’animo>> per il cittadino che si è visto negato i suoi diritti alla giustizia e soprattutto alla rapida decisione delle sue vertenze.

In breve il <<giudizio Pinto>> è un processo come gli altri e come tale è soggetto alle medesime tutele: nulla osta, perciò, che essa sia applicata anche ai procedimenti introdotti con la stessa.

L’equo indennizzo è una procedura autonoma. È, perciò, inaccettabile la tesi della CDA che considera questo ricorso come <<una fase necessaria di un unico procedimento destinato a concludersi innanzi alla Europea>>, qualora non sia prevista o l’interessato non ottenga un’adeguata tutela di questo diritto universale dall’ordinamento interno del suo stato di appartenenza, <<atteso che il procedimento interno rappresenta una forma adeguata ed efficace >>, purchè sia definito in tempi ragionevoli.

Criteri di calcolo del danno da ritardo del riconoscimento dell’equa riparazione. Sono gli stessi previsti per gli altri analoghi ricorsi. Alla durata complessiva devono essere sottratti quella predefinita dal ministero per la tipologia di cause in esame e gli indugi riconducibili al ricorrente. Nel nostro caso è stato sottratto anche un ulteriore periodo di 11 mesi, pari al tempo intercorso tra il deposito della sentenza che negava l’equo indennizzo e la proposizione del gravame presso la Cassazione, per l’inerzia degli attori. La legge riconosce un risarcimento pari ad €.750,00 per ogni anno di ritardo, perciò è stata loro attribuita la somma di €.1.187,50 (pari ad un anno e sette mesi), oltre interessi di legge e spese per l’intero giudizio.

Dott.ssa Milizia Giulia

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