Il ricorso all’accertamento parametrico, in regime naturale od opzionale di contabilità ordinaria, è ammissibile solo quando tale contabilità sia dichiarata “inattendibile”, secondo i criteri stabiliti dal D.P.R. 16 settembre 1996. n. 570

sentenza 16/03/06
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(Fatto  ,
Ø       Il 26.02.2002. la ditta F.lli A. s.n.c. in liquidazione, esercente l’attività di installazione di impianti idraulico –sanitari, costituita da :
  • A.F. socio a150% e rappresentante legale della società; 
  • A.P. socio al 50%,
ricorreva, unitamente ai predetti soci ,avverso gli avvisi di accertamento ( uno alla società e due ai rispettivi soci) notificati il 4.12.2001 dall’ Agenzia delle Entrate per l’anno 1996 effettuati, ai sensi del comma 181 dell.art.3 della L. n.549/1995, utilizzando i parametri stabiliti dal D.P.C.M. 26.01.1996, che determinavano :
  • maggiori ricavi rispetto a quelli dichiarati per £.54.770.000;
  • un reddito d’impresa da imputare ai soci. ai fini della tassazione IRPEF, di £. 83.179.000 (£.28.409.000 dichiarato più £.54.770.000);
  • un maggiore volume d’affari ai fini I.V.A. di £.54.770.000.
Gli avvisi di accertamento ponevano in evidenza che la società, benché ritualmente convocata nelle persone dei soci, non si era presentata al previsto contraddittorio per la definizione dell’accertamento con adesione di cui al D.Lgs 218/1997.
Conseguentemente venivano contestate le maggiori imposte e le sanzioni per infedeli dichiarazioni.
I ricorrenti contestavano la validità dell’accertamento in base ai parametri, obiettando la mancata produzione di prove da parte dell’Ufficio e chiedevano l’annullamento dell’accertamento ed , in via subordinata, non dovute le sanzioni.
Dimostravano con certificati medici di parte che il socio A.F. era affetto da malattie invalidanti.  
 
Ø       La C.T.P.di Bari il25.02.2003, accoglieva i ricorsi , compensando le spese di giudizio.
Motivava la decisione rammentando che l’art.3 della L549/1995 (legge finanziaria 1996) ,stabiliva che " fino all’approvazione degli studi di settore, gli accertamenti potevano essere effettuati, con riferimento alle altre categorie reddituali, utilizzando i parametri di cui al comma 184 del predetto articolo ai fini della determinazione presuntiva dei ricavi, dei compensi e del volume d’affari" .
Rammentava altresì che con l’istituto dei parametri per i periodi d’imposta 1995/1996/1997 l’accertamento poteva essere definito con l’adesione del contribuente ex art.2 bis del D.L. 30.09.1994 n.564, convertito in L. 30.11.1994 n.656
Rammentava infine che la circolare del 20.10.1999 n.203/E aveva chiarito che " nel procedimento di controllo assumeva rilevanza la fase del contraddittorio con il contribuente ed il risultato dell’ applicazione dei parametri non poteva prescindere dal considerare le peculiarità dell’attività in concreto svolta ".
Evidenziava che i parametri elaborati sulla base di stime e calcoli statistico matematici, obbligavano l’Ufficio ad una attenta valutazione dell’incidenza dei fatti sulla capacità produttiva dei ricavi o compensi che doveva essere menzionata esplicitamente nell’atto di definizione e nella motivazione dell’avviso di accertamento eventualmente notificato ( cfr. circ. 117/Edel 13.05.1996 ).
Fatte tali premesse sottolineava che l’avviso di accertamento opposto era basato esclusivamente sul calcolo matematico dei parametri e 1’Ufficio, affermando che il contraddittorio non si era instaurato per assenza del contribuente, non dava alcuna indicazione di elementi di prova che permettevano una corretta determinazione del reddito dei soggetti sottoposti a rettifica.
Sottolineava che con i ricorsi, era stata documentata anche la difficoltà di svolgere attività lavorativa nella società da parte del socio A. F. invalido al 46%.
 
Ø       L’ Ufficio il 24.5.2005 proponeva appello.
Nel rammentare che nella costituzione in primo giudizio, aveva esposto i motivi che lo avevano indotto a disattendere i dati contabili dichiarati, in applicazione della specifica normativa e la ratio che sottendeva l’applicazione dei parametri, così come stabiliti dal D.P.C.M. del 1996 , nonché il regime dei "coefficienti presuntivi di reddito" di cui agli arti. II e 12 del D.L. n. 69/89, quale antecedente storico degli attuali parametri, evidenziava l’illegittimità della sentenza e la manifesta violazione dell’art. 3, comma 181, della legge n. 549/95 e dell’art. 39, D.P .R. n. 600/73, e chiedeva di dichiarare la nullità della sentenza impugnata e la legittimità degli gli avvisi di accertamento dell’Ufficio, nonché la condanna degli appellati al pagamento delle spese di giudizio di entrambi i gradi
Lamentava che la C.T.P., si era limitata a sottolineare il mero ricorso da parte dell’Ufficio al calcolo matematico dei parametri, non biasimando l’inadempienza della parte ai fini dell’instaurazione del contraddittorio.
Quanto alla legittimità del metodo di accertamento, sottolineava che la rettifica in via induttiva – sintetica della dichiarazione presentata dagli appellati, ai sensi dell’ art. 3, comma 181 -della Legge 549/95 e del D.P.C.M. de1 1996, non era in alcun modo subordinata alla preventiva determinazione analitica del reddito complessivo e per la stessa era esclusa l’applicabilità delle prescrizioni di cui al comma 4 dell’art. 38 ed all’ art. 39 del D.P .R. 29973, n. 600.
Sottolineava che la Cassazione, Sez. Tributaria, con sentenza n. 2891 del 27.2.2002, aveva riconosciuto la legittimità degli accertamenti parametrici e la possibilità per l’A.F. di utilizzare strumenti presuntivi legittimati dalla prassi e valutati già in sede preventiva a livello generale e che a favore dell’ A:F. si determinava una situazione probatoria che involgeva anche i valori ottenuti sulla base di "presunzione relative ”, contro le quale era ammessa la prova contraria, da valutarsi in sede giudiziale.
Lamentava che i primi giudici, nonostante questa giurisprudenza, avevano recepito le "infondate " tesi dei ricorrenti ed in particolare che il socio A.F. era impossibilitato di prestare la propria attività essendo invalido .
Contestava che tale invalidità impediva a questi di impegnarsi nell’ azienda, anche in considerazione che l’apporto dei titolari non si estrinsecava solo nelle prestazioni di lavoro manuale, ma anche e specialmente nell’amministrazione( contrattazione con i committenti, direzione del personale dipendente, impostazione delle opere, ecc.) .
Al riguardo contestava la produzione di due certificati rilasciati da medici di base, di cui uno l’11.9.2001, quindi successivo all’anno in contestazione, attestanti varie patologie, ma non la gravità delle stesse, ne il grado d’inva1idità. Metteva anche in dubbio che l’A. F. sarebbe stato costretto a letto per gran parte della giornata e sottolineava che dalle dichiarazioni dei redditi relative agli anni dal 1989 al 2002 risultavano fra gli oneri deducibili, sporadiche spese mediche e tickets, peraltro di scarsa entità, che escludevano l’esistenza di patologie di una certa rilevanza.
Ad ulteriore sostegno della legittimità dell’accertamento, richiamava la decisione della C.T.P. di Bari sez, 21 n. 472 del 24.9.2002, che, statuiva la legittimità della determinazione parametrica, in presenza di contabilità solo formalmente regolare:
Concludeva con le seguenti considerazioni:
ü       l’accertamento induttivo – presuntivo fondato sui parametri (art. 3, Legge 549/95 e D.P .C.M. 29/1 1996) costituiva una presunzione legale relativa (e non semplice); .
ü       per effetto del richiamo all’art. 39, comma I, lett. d), D.P.R. 29/9/1973, n. 600, contenuto nell’art. 3 della Legge 549/95, esso costituiva un accertamento analitico, e il maggior ricavo risultante dall’ applicazione dei parametri costituiva una presunzione grave, precisa e concordante a favore dell’ Amministrazione. Di conseguenza, l’accertamento conteneva in se, ex lege, la motivazione, il che comportava, allo stesso tempo, l’inversione dell’onere della prova;
ü       il contribuente poteva dimostrare all’Ufficio (in sede di definizione con adesione) e al Giudice (in sede contenziosa),con qualsiasi documento ed argomentazione l’infondatezza del reddito accertato: nel caso di specie,non era stato dimostrato, neppure in sede contenziosa, il non aver prodotto il maggior reddito ed il maggior volume di affari accertati
 
Ø       Gli appellati in data 4.7.2005 si costituivano in giudizio ed evidenziavano che l’appello, così come formulato, era infondato, per la qual cosa ne chiedevano il rigetto,
Al riguardo evidenziavano che i primi giudici avevano preso in esame, a sostegno della motivazione di accoglimento, i contenuti delle Circolari n. 203/E del 20/10/1999 e 7/E del 13/5/1996,
Sottolineavano che ai sensi dell’art. 3, comma 181, lett. b), il ricorso all’ accertamento parametrico, in regime naturale od opzionale di contabilità ordinaria, era ammesso solo quando tale contabilità fosse dichiarata "inattendibile", , secondo i criteri stabiliti dal D.P.R. 16 settembre 1996. n. 570 e la specificità delle ipotesi d’inattendibilità elencate il tale decreto, faceva ritenere obbligatorio nell’avviso di accertamento parametrico il  riferimento a tali criteri ed a tale circostanza: in difetto , l’accertamento risultava arbitrario e, quindi, illegittimo.
Contestavano che la mancata partecipazione del contribuente al contraddittorio potesse costituire elemento qualificante della legittimità della determinazione induttiva del reddito
In merito al richiamo della pronuncia della Cassazione n. 2891 del 2002, che avrebbe riconosciuto agli accertamenti parametrici il  valore di una "presunzione relativa", evidenziavano che la C.T.P. avevano riconosciuto dimostrata l’illegittimità e l’infondatezza della pretesa fiscale, sulla base delle prove contrarie offerte dai ricorrenti-
Rammentavano che innanzi alla C.T.P. l’Ufficio aveva fatto ricorso ad argomenti assolutamente generici e poco conferenti al caso specifico: infatti nessuna contestazione aveva sollevata contro le prove offerte dalla società ricorrente e contro le diminuite capacità lavorative di uno dei soci, dovute a fatti patologici.
Al riguardo sottolineavano che l’invalidità riconosciuta al socio A.F. stava a significare che, in relazione alla patologia certificata in sede competente, la capacità lavorativa dello stesso si era ridotta del 46%, e se correlata all’attività dalla società, faceva comprendere come, in realtà, a svolgere l’attività prevalente all’interno della stessa fosse solo l’altro socio A. P. ragion per cui, "il valore della variabile relativa alle quote spettanti ai soci con occupazione prevalente, rideterminato sulla base delle indicazioni contenute nel ‘art. 3 del DPCM 27/3/1997 era pari a zero e non già a £. 36.000.000…".
Ricordavano altre incongruenze già evidenziate avanti ai primi giudici e dall’Ufficio, non contestate quali:
o        Il reale valore dei beni strumentali, pari a L 13.997.572 e non a L 34.568.000, come rideterminato dall’Ufficio.
o        Il confronto dimostrativo fatto con gli studi di settore. dove i valori dichiarati dalla società e dai ricorrenti erano risultai essere assolutamente congrui.
Contestavano che la menzionata sentenza della sez. XXI della C.T.P.di Bari n. 472,la cui massima farebbe propendere per la legittimità di una applicazione generalizzata dei coefficienti parametrici, in realtà confermava l’orientamento costante delle C.T. le quali chiarivano che tali coefficienti ,da soli, non giustificavano il maggior reddito accertato e ritenevano non sufficientemente motivata o provata la rettifica fondata solo su tali parametri, senza alcun effettivo od ulteriore riscontro sulla peculiare situazione del contribuente in relazione alle concrete caratteristiche e condizioni di esercizio dell’ attività svolta.
A tal proposito riportavano le decisione dalla C.T.P.di Torino, sez. XIX n. 46 del 19.6.2001 e della C.T.P. di Catania, sez. IV, n. 147 del 29.1. 2003, e ricordavano che ai fini di una valida applicazione degli strumenti presuntivi di accertamento( parametri o studi di settore,)   doveva essere evitata proprio un’automatica applicazione delle risultanze matematiche, in quanto in tal caso la rettifica amministrativa si sostanziava in una semplice sostituzione del ricavo presunto al ricavo dichiarato dal contribuente.
Rammentavano infine che alla luce dei principi di cui agli artt. 3, 23 e 53 della Costituzione, soltanto una esatta valutazione delle peculiarità dell’attività concretamente svolta dal soggetto passivo ed una adeguata personalizzazione degli elementi indizianti permettevano di escludere prelievi fiscali iniqui.
 
Ø       In sede di udienza il 3.2.2006 su richiesta di questo giudice relatore le parti depositavano :
ü       L’ Ufficio la nota n. 1712 del 4.4.2003 della C.T.P. relativa alla dichiarata costituzione nel primo giudizio ;
ü       L’ appellato il certificato della Commissione Medica per l’ accertamento dell’invalidità di .X.  del 23.5.1989 attestante il riconoscimento dell’invalidità con riduzione della capacità lavorativa al 46% rilasciati all’ A.F.
Inoltre l’Ufficio depositava due sentenze di questa Commissione Regionale con le quali è stato statuito “che l’ accertamento dei redditi fondato sull’applicazione dei parametri previsti dal D.P.C.M. 29.1.1966 è caratterizzato dall’ inversione dell’ onere della prova , in quanto si basa su presunzioni connesse alle caratteristiche dell’attività svolta dal contribuente che possono, , ope legis , essere poste a base dell’ accertamento senza che gli uffici debbano fornire altra dimostrazione ( C.T.R. Bari n. 31/1/2005 del 18.5.2005 ) e che “ è legittima l’applicazione dei parametri presuntivi di reddito previsti dalla L.549/1955 da parte dell’ Ufficio nel caso in cui lo stesso ha notificato al contribuente un avviso di accertamento con adesione per prendere atto dei dati quantitativi rivenienti dall’ applicazione dei predetti parametri senza che quest’ultimo abbia aderito al contraddittorio ( C.T.R. Bari n. 14/10/2005 del 18.3.2005 ), nonché la sentenza della Corte Costituzionale n. 105 del 26.3.- 1.4.2003 che ancora una volta riconosce la costituzionalità dell’ accertamento basato sui parametri.
 
Motivazioni
 
Questa C.T.R. preliminarmente rileva che ,contrariamente a quanto asserito in sede di appello dall’ Ufficio, questo non risulta costituito nella prima sede processuale.
Infatti , così come si evince dalla nota n. 1712 del 4.4.2003 della C.T.P , la sua costituzione è avvenuta il 2.4.2003 , dopo che il giudizio era stato definito il 25.2.2003 con sentenza depositata il 27.3.2003 per cui la C.T.P. ha restituito il relativo atto di costituzione ,che in tal modo risulta inesistente ed allo stesso non può farsi alcun riferimento in questa fase processuale di appello.
Premesso quanto sopra qualsiasi domanda e/o eccezione in quanto non proposta nel primo grado, ( art 57 D.Lg 546/92) non può essere oggetto di esame in questa sede ,salvo che non censura le motivazioni che sorreggono la sentenza .
 
Per quanto riguarda la ridotta capacità lavorativa al 46% dell’A.F.la Commissione rileva che la stessa è stata accertata da una struttura pubblica istituita a tale scopo , per cui ogni considerazione in merito è fuori luogo, tranne se non si vuole mettere in forse tale riconoscimento; il che esula dalle competenze di questa Commissione .
Ad ogni buon fine rammenta che il riconoscimento di una invalidità dà diritto ad usufruire dal SS.NN. per la patologia invalidante delle prestazioni mediche e farmaceutiche senza alcun pagamento di tichet , per cui ogni comparazione con le spese mediche e farmaceutiche dedotte in sede di denuncia dei redditi è anch’essa fuori luogo.
La ridotta capacità lavorativa consequenzialmente incide sulla capacità reddituale del contribuente in quanto gli impedisce   di impegnarsi nell’ azienda a tempo pieno .
In un’ azienda esercente l’attività di installazione di impianti idraulico –sanitari di modeste dimensioni, l’apporto dei titolari non può limitarsi alle sola amministrazione ( contrattazione con i committenti, impostazione delle opere, ecc.), ma deve necessariamente e prevalentemente estendersi anche al lavoro manuale; il che come ha dichiarato in sede d’ udienza il legale degli appellati ,ha comportato la messa in liquidazione della stessa ,
 
Per quanto concerne l’art.3 comma 181 della L549/1995 e i parametri stabiliti dal D.P.C.M. 26.01.1996,la Commissione prende atto della loro Costituzionalità.
 
In merito al mancato contraddittorio , pur non condividendo tale comportamento, rileva la non indispensabilità dello stesso , in quanto i giudici possono valutare tutti gli elementi forniti dal contribuente nel corso del giudizio, confrontarli con quelli forniti dall’ Ufficio e pervenire ad un risultato il più possibile vicino all’effettiva capacità reddituale del contribuente ( Cass. n. 26402 del 5.12.2005 ).
Ritiene pertanto che l’ Ufficio per contrastare la dichiarazione del contribuente doveva provare la maggiore pretesa , non potendo utilizzare i parametri come sola prova sostanziale della pretesa (C.T.P. Lecce sez. VII n. 229 del 20.9.2002)e non trincerando nel mancato contraddittorio
 
.Evidenzia che il maggiore ricavo accertato con riferimento ai parametri previsti dal DPCM, senza l’esposizione del procedimento logico eseguito e senza i passaggi per arrivare alla sua determinazione, priva il contribuente ed il giudice di valutare la correttezza e quindi , sotto questo profilo l’accertamento è anche carente di motivazione (C.T.R. Lazio sez. I n. 23 del 17.3.2005 )  
Inoltre, a differenza dei vecchio sistema dei “ criteri presuntivi” di cui al D.l. n. 69 /1989 , i parametri prevedono un sistema basato su presunzioni semplici, con la conseguenza della non vincolabilità dello strumento, la cui efficacia imperativa può essere contrastata attraverso la prova contraria ( C.T.R, Emilia Romagna sez. I n. 17 del 11.6.2004 ) .
Tanto è stato anche statuito dalla Cassazione con la sentenza n.2891 del 2002 richiamata dall’appellante che nel riconoscere agli accertamenti parametrici il valore di una "presunzione relativa", ammette ipso fatto la prova contraria da valutarsi in sede giudiziale: ciò che hanno fatto i primi giudici nel riconoscere come dimostrata l’illegittimità e l’infondatezza della pretesa fiscale, sulla base delle prove contrarie offerte dai ricorrenti-
Quindi nessuna manifesta violazione dell’ art 3 comma 181 della legge 549/ 95 e art 39, D.P.R. 600/73 o “ pilatesco comportamento.
 
Vero che l’ Ufficio, oltre alla citazione della sentenza n. 472/21/02 della C.T.P. di Bari non depositata ed il cui contenuto è stato peraltro diversamente interpretato dagli appellanti , ha depositato due sentenze di due diverse sezioni della C.T.R. di Bari , che affermano il contrario , ma è pur vero che altre sezioni della stessa *****( si veda fra tutte la sentenza n. 80/3/2005 )hanno ritenuto insufficiente la sola applicazione degli strumenti presuntivi , per legittimare la rettifica della dichiarazione , trattandosi di presunzione semplice , priva dei requisiti di gravità, precisione e concordanza e che un’ attenta lettura della sentenza n. 31/1/2005 del 18.5.2005 evidenzia che quei giudici, pur censurando la sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’illegittimità dell’ avviso di accertamento per via della sua “ acritica” applicazione dei parametri , si sono fatti carico di svolgere un esame dei documenti forniti dal ricorrente, concludendo per la riderminazione a favore di questi del valore di alcuni beni.
Hanno affermato, quindi , la necessità di valutare tutti gli elementi forniti dal contribuente , tanto nella cosiddetta fase “precotenziosa” quanto nel corso del giudizio, onde pervenire ad un risultato il più possibile vicino all’ effettiva capacità reddituale del contribuente .
 
Anche i giudici che hanno emesso la sentenza oggetto dell’ appello in questione , cosi come hanno sottolineato gli appellanti hanno esaminato a sostegno della motivazione di accoglimento, i documenti forniti dal ricorrente ( si ripete l’ Ufficio non si era costituito ) ed contenuti delle Circolari n. 203/E del 20/10/1999 e 7/E del 13/5/1996 ed hanno ritenuto il ricorso all’ accertamento parametrico, in regime naturale od opzionale di contabilità ordinaria, ammissibile solo quando tale contabilità fosse dichiarata "inattendibile", secondo i criteri stabiliti dal D.P.R. 16 settembre 1996. n. 570 .
Orbene su tale contabilità nessuna contestazione risulta effettuata in merito , per cui nel silenzio la si deve ritenere attendibile e veritiera e l’accertamento parametrico dell’Ufficio arbitrario ed illegittimo ( C.T.R. Lazio sez. XV n. 19 del 1.4.2004 che si aggiunge a quelle della C:T:P: di Torino e della C.T.P. di Catania citate dagli appellati )
 
Non risulta neanche contestato il calcolo parametrico o la simulazione operata dagli appellati in merito all’effettivo valore dei beni strumentali, cosi come rinvenibili dal registro dei beni ammortizzabili .
P.Q.M.
La C.T.***** sezione , nella pubblica udienza del 3.2..2006 rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza della C.T.P. di Bari n.91/03/2003. Spese compensate. 
Bari 3.2..2006  
      Il relatore                                         Il presidente
( dr. *************** )                ( *********************)

sentenza

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