Il reato di tortura e il reato di istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura

Marco Vitali 18/02/22
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Indice:

  1. La legge n. 110 del 2017
  2. Il delitto di tortura dell’articolo 613 bis c.p.
    2.1 Le fattispecie aggravate
  1. Il delitto di istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura dell’articolo 613 ter c.p.

1. La legge n. 110 del 2017

Attraverso la legge numero 110 del 2017 è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico il reato di tortura allo scopo di colmare un vulnus creatosi dopo l’approvazione della Convenzione di New York nell’anno 1984 e ratificata dal nostro Paese nel novembre del 1988 con legge numero 489, denominata “Ratifica ed esecuzione della Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, firmata a New York il 10 dicembre 1984”, senza tuttavia prevedere il recepimento della fattispecie delittuosa della tortura all’interno dell’ordinamento penale italiano[1]. L’impulso determinante all’approvazione di una legge sul reato di tortura è derivato dalla condanna inflitta il 7 aprile 2015 allo Stato italiano da parte della IV sezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel caso Cestaro contro Italia – ricorso numero 6884/11 – per i fatti avvenuti durante le manifestazioni contro il G8 di Genova nel 2001[2].

Prima dell’entrata in vigore della legge in analisi il delitto di tortura è stato oggetto di repressione penale come crimine di guerra così come disciplinato dall’articolo 185 bis del Codice Penale Militare di Guerra, tuttavia con margini di applicabilità estremamente ristretti[3].

Per questi motivi, attraverso la legge numero 110 del 2017 sono state aggiunte all’interno del Codice Penale due nuove fattispecie criminose: il delitto di tortura, disciplinato dall’articolo 613 bis del Codice Penale, e il delitto di istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura, disciplinato dall’articolo 613 ter del Codice Penale[4]. I due delitti sono stati inseriti tra i Delitti contro la persona (Titolo XII) e, più precisamente, tra i Delitti contro la libertà individuale (Capo III) nella sezione riguardante i Delitti contro la libertà morale (Sezione III), anche se – come evidenziato da gran parte della dottrina – più idonea sarebbe stata la collocazione tra i Delitti contro la vita e l’incolumità individuale[5].

Ad ogni modo, buona parte della dottrina ha aspramente criticato i due delitti inseriti con la legge de qua segnalando che: “[I] due delitti, introdotti dalla legge del 14/7/2017, n. 110, dopo un tortuoso iter parlamentare, iniziato nel 2014 e conclusosi col solito e peggiore prodotto di sciatteria legislativa, stracarico di elementi costitutivi asistematici, che rendono non agevole, per non dire impossibile l’individuazione del precetto (e la memorizzazione della fattispecie), con perdita di tassatività, di dubbia costituzionalità”[6].

Invero, resta doveroso precisare che la legge in questione ha anche modificato – con i suoi articoli dal 2 al 4 – norme preesistenti[7]. Infatti, essa ha: introdotto all’articolo 191 del Codice di Procedura Penale, denominato “prove illegittimamente acquisite”, un nuovo comma due bis, il quale dispone l’inutilizzabilità delle dichiarazioni o delle informazioni tratte da un episodio di tortura salvo che contro persone accusate di tale delitto all’unico fine di provarne la responsabilità penale; modificato l’articolo 19 del Testo Unico sull’Immigrazione inserendovi il comma uno bis, il quale dispone l’inammissibilità del respingimento, dell’espulsione e dell’estradizione di una persona se esistono motivi di ritenere che essa possa essere sottoposta a torture nello Stato di destinazione; l’esclusione di immunità agli stranieri sottoposti a procedimento penale ovvero condannati per il reato di tortura in altro Stato o da un Tribunale Internazionale e la loro estradizione[8].

2. Il delitto di tortura dell’articolo 613 bis C.P.

Il delitto di tortura risulta essere disciplinato dall’articolo 613 bis del Codice Penale, il quale dispone che:

Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.

Se i fatti di cui al primo comma sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni.

Il comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.

Se dai fatti di cui al primo comma deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate; se ne deriva una lesione personale grave sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà.

Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo”.

Il comma primo dell’articolo de quo identifica gli elementi caratterizzanti il delitto in questione e prevede la pena della reclusione, per il reo di tale delitto, compresa tra un minimo edittale di quattro anni di reclusione ad un massimo di dieci anni di reclusione[9].

Il reato di tortura dell’articolo 613 bis del Codice Penale risulta essere un reato comune, in quanto può essere commesso da “chiunque”, infatti: in primis la nuova fattispecie non richiede che l’agente possegga la qualifica di pubblico ufficiale – elevata a circostanza aggravante – potendo anche essere un soggetto privato ed in secundis la nuova fattispecie prevede – oltre all’ipotesi in cui l’agente riveste la qualifica derivatagli dalla custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza rispetto alla vittima – le ipotesi di “persona privata della libertà personale [da altri soggetti]” o “in condizioni di minorata difesa”, le quali condizioni non richiedono la presenza di particolari relazioni tra agente e vittima[10].

Avverso tale formulazione omnicomprensiva, derivata dalle molteplici discussioni e conseguenti modifiche parlamentari, si è scagliata non solo buona parte della dottrina ma anche parte del mondo parlamentare, tra i quali il Senatore Luigi Manconi, primo firmatario del disegno di legge originario[11]. Tuttavia, altra parte della dottrina, difendendo la scelta di ampliare la sfera di applicazione del reato in modo tale da ricomprendervi anche la “tortura privata”, ha evidenziato come tale scelta risulti essere maggiormente conforme a svariati strumenti internazionali quali: la Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, il Patto sui diritti civili e politici, le Convenzioni di Ginevra, lo Statuto della Corte Penale Internazionale e le relative giurisprudenze[12]. Tuttavia, il medesimo orientamento dottrinale ha anche rilevato che “la nozione di tortura accolta dal nostro legislatore non coincide con la nozione accolta nei contesti normativi e giurisprudenziali o quasi giurisprudenziali appena menzionati anzitutto negli elementi soggettivi del reato. Infatti, tale nozione, incidendo direttamente sul soggetto passivo del reato, finisce col toccare anche la sfera soggettiva attiva, riducendo così notevolmente la sua applicabilità. Alcuni dei rapporti fra torturatore e vittima considerati nella definizione del reato comune sono infatti tipici del reato proprio della Convenzione contro la tortura di Stato […] mentre altri […] pur compatibili con il reato comune, comportano una limitazione delle circostanze in cui atti che cagionino acute sofferenze siano qualificabili come tortura. Dunque, così come introdotto nel nostro ordinamento, esso non può neppure considerarsi un reato veramente comune”[13]. Addirittura, il riferimento alla varietà di rapporti tra agente e vittima rappresenta da un lato una scelta incoerente rispetto alla voluntas legis di introdurre il reato comune di tortura e da un altro lato una scelta contrastante con i diritti fondamentali inviolabili i quali “sono garantiti a chiunque, in qualsiasi circostanza, contro chiunque altro”[14].

Indi per cui, in base a quanto rilevato dalla dottrina, il legislatore avrebbe fatto meglio ad introdurre nel Codice Penale non solo il reato comune di tortura ma anche il reato proprio di tortura come atto posto in essere dal pubblico ufficiale commesso a danno di chiunque[15].

Per quanto riguarda l’elemento oggettivo la condotta consiste, trattandosi di un reato a forma vincolata: in primo luogo in una pluralità di violenze o minacce o di crudeltà ed in secondo luogo anche in un’unica condotta crudele purché consistente in più atti contestuali, sempre che si concretizzi il trattamento inumano e degradante per la dignità della persona umana[16].

Trattasi di reato di evento il quale consiste nel cagionare acute sofferenze fisiche e/o un verificabile trauma psichico[17]. Con riferimento al “verificabile trauma psichico”, la Corte di Cassazione, allo scopo di fare chiarezza, con sentenza numero 47079 datata 8 luglio 2019, ha evidenziato che:

In tema di tortura, il trauma psichico verificabile, previsto dall’art. 613-bis c. p. non deve necessariamente tradursi in una sindrome duratura da trauma psichico strutturato (PTSD) e può consistere anche in una condizione critica temporanea che risulti, per le sue caratteristiche, non integrabile nel pregresso sistema psichico della vittima, sì da minacciarne la coesione mentale e di tale condizione la norma richiede l’oggettiva riscontrabilità, che non esige necessariamente l’accertamento peritale, né l’inquadramento in categorie nosografiche predefinite, potendo assumere rilievo anche gli elementi sintomatici ricavabili dalle dichiarazioni della vittima, dal suo comportamento successivo alla condotta dell’agente e dalle concrete modalità di quest’ultima[18].

L’oggetto giuridico è l’incolumità fisica o psichica del soggetto passivo titolare del bene, di conseguenza esso può essere un qualsiasi soggetto purché privato della libertà, affidato alla custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza dell’agente o in condizioni di minorata difesa[19].

L’offesa consiste nella lesione del bene giuridico dell’incolumità. Trattasi quindi di reato di danno che si perfeziona nel momento e nel luogo in cui si verificano le acute sofferenze e/o il verificabile trauma psichico nella vittima[20].

Per quanto riguarda la mens rea trattasi di un reato a dolo generico richiedendosi la coscienza e la volontà di cagionare le acute sofferenze fisiche e/o il verificabile trauma psichico nonché la consapevolezza delle condizioni in cui versa il soggetto passivo[21].

2.1 Le fattispecie aggravate

I commi successivi prevedono una serie di fattispecie aggravate. Infatti, il comma secondo dell’articolo 613 bis del Codice Penale – c.d. tortura di Stato – prevede un aumento di pena – compresa tra un minimo di cinque ed un massimo di dodici anni di reclusione – nel momento in cui i fatti del primo comma vengano commessi da un pubblico ufficiale o da una persona incaricata di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri riguardanti la funzione o al servizio, salvo nel caso in cui – come disposto dal comma terzo – tali sofferenze derivino dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative[22].

A tal proposito, parte minoritaria della dottrina ha riscontrando ambiguità nel comma oggetto di analisi e ha proposto una diversa lettura giungendo a qualificarlo come fattispecie autonoma di reato e non come aggravante[23], tuttavia attraverso la lettura dei lavori parlamentari sembrerebbero non esserci particolari dubbi circa l’intenzione del legislatore di prevedere una mera aggravante alla fattispecie[24].

Il comma quarto dell’articolo 613 bis del Codice Penale prevede un triplice aumento di pena. Infatti, se dai fatti del primo comma: deriva una lesione personale la pena è aumentata; deriva una lesione personale grave la pena è aumentata di un terzo; deriva una lesione personale gravissima la pena è aumentata della metà[25]

Il comma quinto dell’articolo 613 bis del Codice Penale prevede un duplice aumento di pena. Infatti, se dai fatti del primo comma: deriva la morte della vittima come conseguenza non voluta il reo verrà punito con la pena della reclusione di trent’anni; deriva la morte della vittima come conseguenza voluta il reo verrà punito con la pena dell’ergastolo[26].

3. Il delitto di istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura dell’articolo 613 ter C.P.

Oltre all’articolo 613 bis del Codice Penale la legge numero 110 del 2017 ha introdotto nel Codice Penale anche l’articolo 613 ter, il quale, denominato “istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura”, prevede che:

Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l’istigazione non è accolta ovvero se l’istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”.

In questo caso il soggetto attivo risulta essere il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, indi per cui trattasi di reato proprio[27].

Per quanto riguarda l’elemento oggettivo del reato in questione la condotta consiste nell’istigazione, ossia nel ricorso a particolari argomenti per fare sorgere o rafforzare, in altro pubblico ufficiale o altro incaricato di pubblico servizio, la volontà di commettere il reato di tortura, purché: l’attività istigatrice sia posta in essere da agenti pubblici nell’esercizio delle loro funzioni; in modo idoneo ai suddetti fini; non verso privati cittadini; sussistano gli elementi negativi del non accoglimento dell’istigazione o, in caso di accoglimento, della non commissione del delitto di tortura, in quanto se l’istigazione è accolta – e di conseguenza viene commessa la tortura – l’istigatore e l’istigato risponderanno di concorso ex articolo 110 del Codice Penale[28].

Circa il trattamento sanzionatorio il delitto dell’articolo 613 ter del Codice Penale è punito con la reclusione da un minimo edittale di sei mesi ad un massimo edittale di tre anni.

La norma oggetto di analisi è stata criticata aspramente sia dalla dottrina, la quale l’ha definita come “specchietto per le allodole”[29], sia dai sindacati di polizia. Invero, essa ha presentato due principali problematiche: in primis la norma non contempla l’ipotesi in cui il soggetto istigato sia un privato ed in secundis la norma non prevede la clausola di riserva espressa in favore dell’articolo 414 del Codice Penale, disciplinante l’istigazione a delinquere, il quale al comma quarto rimanda all’articolo 302 del Codice Penale, denominato “istigazione a commettere alcuno dei delitti preveduti dai capi primo[30] e secondo[31]”, per le ipotesi di istigazione o apologia per delitti di terrorismo o crimini contro l’umanità[32].

 


Note:

[1] Cfr., F. Costantini, La codificazione del reato di tortura nell’ordinamento penale italiano, in Diritto e diritti dal 1996, 12 maggio 2020, p. 1.

[2] Cfr., AA.VV., Legge Orlando (disciplina penale). Il nuovo reato di tortura. Aggiornamento Redazionale, in Diritto penale. Parte speciale. Volume II, tomo primo. I delitti contro la persona, a cura di G. Fiandaca ed E. Musco, Bologna, Zanichelli editore, luglio 2017, p. 13.

[3] Cfr., F. Costantini, La codificazione del reato di tortura nell’ordinamento penale italiano, in Diritto e diritti dal 1996, cit., p. 1.

[4] Cfr., A. Marchesi, Delitto di tortura e obblighi internazionali di punizione, in Rivista di Diritto Internazionale, 1 marzo 2018, p. 137 – 138.

[5] Cfr., F. Mantovani, Diritto Penale. Parte speciale I. Delitti contro la persona, Milano, Wolters Kluver, 2019 p. 405.

[6] Così, F. Mantovani, Diritto Penale. Parte speciale I. Delitti contro la persona, cit., p. 405.

[7] Cfr., AA.VV., Legge Orlando (disciplina penale). Il nuovo reato di tortura. Aggiornamento Redazionale, in Diritto penale. Parte speciale. Volume II, tomo primo. I delitti contro la persona, a cura di G. Fiandaca ed E. Musco, Bologna, Zanichelli editore, luglio 2017, p. 15.

[8] Cfr., F. Mantovani, Diritto Penale. Parte speciale I. Delitti contro la persona, cit., p. 409.

[9] Cfr., AA.VV., Legge Orlando (disciplina penale). Il nuovo reato di tortura. Aggiornamento Redazionale, in Diritto penale. Parte speciale. Volume II, tomo primo. I delitti contro la persona, a cura di G. Fiandaca ed E. Musco, cit., p. 14.

[10] Così, F. Mantovani, Diritto Penale. Parte speciale I. Delitti contro la persona, cit., p. 405 – 406.

[11] Si veda, F. Lattanzi, La nozione di tortura nel Codice Penale italiano a confronto con le norme internazionali in materia, in Rivista di diritto internazionale, 1 marzo 2018, p. 165.

[12] Cfr., F. Lattanzi, La nozione di tortura nel Codice Penale italiano a confronto con le norme internazionali in materia, in Rivista di diritto internazionale, cit., 165.

[13] Così, F. Lattanzi, La nozione di tortura nel Codice Penale italiano a confronto con le norme internazionali in materia, in Rivista di diritto internazionale, cit., 165 – 166.

[14] Così, F. Lattanzi, La nozione di tortura nel Codice Penale italiano a confronto con le norme internazionali in materia, in Rivista di diritto internazionale, cit., 166.

[15] Cfr., F. Lattanzi, La nozione di tortura nel Codice Penale italiano a confronto con le norme internazionali in materia, in Rivista di diritto internazionale, cit., 168.

[16] Cfr., F. Mantovani, Diritto Penale. Parte speciale I. Delitti contro la persona, cit., p. 406.

[17] Cfr., F. Mantovani, Diritto Penale. Parte speciale I. Delitti contro la persona, cit., p. 407.

[18] Così, Cass. Pen., sez. V, 8 luglio 2019, n. 47049.

[19] Cfr., AA.VV., Legge Orlando (disciplina penale). Il nuovo reato di tortura. Aggiornamento Redazionale, in Diritto penale. Parte speciale. Volume II, tomo primo. I delitti contro la persona, a cura di G. Fiandaca ed E. Musco, cit., p. 14.

[20] Cfr., F. Mantovani, Diritto Penale. Parte speciale I. Delitti contro la persona, cit., p. 407.

[21] Cfr., F. Mantovani, Diritto Penale. Parte speciale I. Delitti contro la persona, cit., p. 407.

[22] Cfr., F. Mantovani, Diritto Penale. Parte speciale I. Delitti contro la persona, cit., p. 408.

[23] Si veda, S. Amato e M. Passione, Il reato di tortura. Un’ombra ben presto sarai: come il nuovo reato di tortura rischia il binario morto, in Diritto penale contemporaneo, 15 gennaio 2019, p 12 e ss.

[24] Cfr., F. Costantini, La codificazione del reato di tortura nell’ordinamento penale italiano, in Diritto e diritti dal 1996, cit., p. 8.

[25] Cfr., AA.VV., Legge Orlando (disciplina penale). Il nuovo reato di tortura. Aggiornamento Redazionale, in Diritto penale. Parte speciale. Volume II, tomo primo. I delitti contro la persona, a cura di G. Fiandaca ed E. Musco, cit., p. 15.

[26] Cfr., F. Mantovani, Diritto Penale. Parte speciale I. Delitti contro la persona, cit., p. 409 – 410.

[27] Cfr., F. Mantovani, Diritto Penale. Parte speciale I. Delitti contro la persona, cit., p. 409.

[28] Cfr., F. Mantovani, Diritto Penale. Parte speciale I. Delitti contro la persona, cit., p. 409.

[29] Si veda, F. Lattanzi, La nozione di tortura nel Codice Penale italiano a confronto con le norme internazionali in materia, in Rivista di diritto internazionale, cit., 168.

[30] Delitti contro la personalità internazionale dello Stato.

[31] Delitti contro la personalità interna dello Stato.

[32] Cfr., F. Costantini, La codificazione del reato di tortura nell’ordinamento penale italiano, in Diritto e diritti dal 1996, cit., p. 8.

Marco Vitali

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