Il reato di inquinamento ambientale tutela il bene “ambiente”

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Con la sentenza n. 32498 del 5 settembre 2022, la Corte di Cassazione si è pronunciata – tra le altre – sul delitto di inquinamento ambientale previsto all’art. 542-bis c.p., ribadendo principi già invalsi nella giurisprudenza di legittimità.

     Indice

  1. Il caso
  2. I motivi del ricorso. La violazione di legge di cui all’art. 452-bis c.p.
  3. Gli elementi costituivi del reato di inquinamento ambientale
  4. Il reato di inquinamento ambientale secondo la Cassazione. La tutela del bene ambiente.

Il caso

Il caso muove dalla conferma, avutasi con l’ordinanza del Tribunale di omissis, sezione per il riesame, del decreto con il quale il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di omissis aveva disposto il sequestro preventivo di un terreno adibito all’estrazione di materiali inerti, ubicato in omissis, in relazione alla contravvenzione di abusiva coltivazione di cava e al delitto di inquinamento ambientale, come previsti e disciplinati dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, comma 1, lettera a) e c), e dall’articolo 452-bis c.p., di cui risultava indagato omissis.

Avverso la predetta ordinanza, quest’ultimo ha proposto ricorso per cassazione, articolando quattro motivi di doglianza conformemente al disposto dell’articolo 173 disp. att. c.p.p..

2. I motivi del ricorso. La violazione di legge di cui all’art. 452-bis c.p.

In breve, nel ricorso si censurano, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e): violazione di legge in relazione a quanto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera a), b) e c), e vizio di motivazione per carenza in punto di ritenuta sussistenza del fumus delle indicate contravvenzioni urbanistiche; violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’articolo 452-undecies c.p., e vizio di motivazione per carenza in punto di omessa valutazione della documentazione a discarico; violazione di legge e di vizio di motivazione in punto di omessa valutazione della richiesta di annullamento del sequestro dei beni strumentali alla coltivazione della cava.

Per quello che qui interessa, poi, si lamenta altresì la violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’articolo 452-bis c.p., e il vizio di motivazione per travisamento della prova in punto di ritenuta configurabilità del delitto di inquinamento ambientale.

Si rileva, difatti, che sarebbe stata erroneamente affermata la sussistenza del fumus di tale delitto a fronte di un’attività estrattiva, di durata temporale limitata, consistita in un mero scorticamento dello strato superficiale tufaceo, improduttivo sia di immissioni di gas nocivi valevoli a compromettere significativamente la qualità dell’aria, sia di sversamenti sul suolo o di infiltrazioni nel sottosuolo di sostanze inquinanti, causative del deterioramento dei corpi recettori o dell’inquinamento della falda acquifera.


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3. Gli elementi costituivi del reato di inquinamento ambientale

L’art. 542-bis c.p. prevede, al comma 1, che “è punito (…) chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili: 1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; 2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna”.

Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, il delitto si presenta come reato comune, potendo essere commesso da chiunque.

La condotta è a forma libera, e consiste nel provocare una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili delle acque e dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo, oppure di un ecosistema, della biodiversità anche agraria, della flora o della fauna.

L’evento è di danno, configurandosi nella compromissione o nel deterioramento dell’ambiente.

L’elemento soggettivo è il dolo generico, ossia la consapevolezza e la volontà di porre in essere la condotta sopra descritta.

La consumazione del delitto, infine, si verifica nel momento e nel luogo in cui la compromissione o il deterioramento assumono una dimensione significativa e misurabile.

4. Il reato di inquinamento ambientale secondo la Cassazione. La tutela del bene ambiente

La Cassazione ritiene infondata l’ultima doglianza sopra esposta, richiamando l’orientamento consolidato formatosi in materia di reato di inquinamento ambientale ex art. 452-bis c.p..

Nello specifico, in merito alla natura del delitto de quo, si afferma come esso sia un ” reato di danno, che non tutela la salute pubblica, ma l’ambiente in quanto tale e presuppone l’accertamento di un concreto pregiudizio a questo arrecato, secondo i limiti di rilevanza determinati dalla nuova fattispecie incriminatrice, che non richiedono la prova della contaminazione del sito nel senso indicato dal Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articoli 240 e segg.”.

Ed ancora, si aggiunge che ai fini della configurazione del delitto di cui all’art. 452-bis c.p., “le condotte di “deterioramento” o “compromissione” del bene non richiedono l’espletamento di specifici accertamenti tecnici””, in quanto “la “compromissione” e il “deterioramento” di cui al delitto di inquinamento ambientale consistono in un’alterazione, significativa e misurabile, della originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema, caratterizzata, nel caso della “compromissione”, da una condizione di squilibrio funzionale, incidente sui processi naturali correlati alla specificità della matrice o dell’ecosistema medesimi e, nel caso del “deterioramento”, da una condizione di squilibrio “strutturale”, connesso al decadimento dello stato o della qualità degli stessi“.

Tanto premesso, la Cassazione rileva che correttamente i giudici della cautela hanno affermato la sussistenza del fumus del delitto in esame, dato che – nel caso sottoposto alla loro attenzione – era stato accertato che omissis aveva proceduto allo scorticamento dello strato tufaceo del fondo omissis – quest’ultimo esteso ad un’area di circa 1.000,00 mq. e profondo non meno di 4/5 m. – così comportando un evidente deterioramento del bene ambiente, come tutelato dalla legge penale, visto il decadimento delle sue caratteristiche qualitative.

Senza considerare, poi, che il provvedimento attiene alla fase cautelare, ove “per la sussistenza del “fumus” del delitto di inquinamento ambientale di cui all’articolo 452-bis c.p., ai fini dell’emissione di un provvedimento di sequestro preventivo, è richiesta un’alta probabilità di cagionare una compromissione o un deterioramento, significativi e misurabili, dei beni tutelati”.

Per tali ragioni, dunque, il motivo di doglianza sollevato è ritenuto infondato.

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Sentenza collegata

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Avv. Ylenia Montana

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