Il perfezionamento dei contratti stipulati dalle PP.AA.

sentenza 17/06/10
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Per il perfezionamento dei contratti stipulati dalle amministrazioni pubbliche è necessaria una manifestazione documentale della volontà negoziale da parte dell’organo rappresentativo abilitato a concludere, in nome e per conto dell’ente pubblico, negozi giuridici, mentre devono ritenersi, a tal fine, inidonee le deliberazioni adottate da organi collegiali deliberativi, attesane la caratteristica di atti interni, di natura meramente preparatoria della successiva manifestazione esterna della volontà negoziale, di talchè un contratto non potrà dirsi legittimamente perfezionato ove la volontà di addivenire alla sua stipula non sia, nei confronti della controparte, esternata, in nome e per conto dell’ente pubblico, da quell’unico organo autorizzato a rappresentarlo.

Ed allora, può dirsi che la normativa speciale dettata in tema di contratti della p.a. prevale sulla diversa disciplina dei rapporti tra privati, quale, ad esempio, quella dettata in tema di conferimento di incarichi professionali, in tema di stipula di locazioni e contratti agrari ultranovennali, in tema di rinnovo tacito del contratto di locazione.

In materia di contratti stipulati dalla pubblica amministrazione deve ritenersi necessaria la stipulazione in forma scritta a pena di nullità e, pertanto, deve escludersi che si possa ipotizzare la possibilità di una conclusione tacita per facta concludentia, posto che altrimenti si perverrebbe all’effetto di eludere il requisito della forma scritta.

N. 03507/2010 REG.DEC.

N. 08302/2005 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 8302 del 2005, proposto da:
Scotto D’Apollonia Cornelia, rappresentato e difeso dall’avv. ***************, con domicilio eletto presso ***************** in Roma, via Marianna Dionigi, 57;

contro

Comune di Monte di Procida, rappresentato e difeso dagli avv. ************, ***************, con domicilio eletto presso ************* in Roma, largo Messico 7; Ministero Per i **** e Le Attivita’ Culturali, rappresentato e difeso dall’Avvocatura, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Sovrintendenza Regionale Bb Aa;

nei confronti di

Ge. Ca. Costruzioni di ******************;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE V n. 09122/2005, resa tra le parti, concernente APPROVAZIONE PROGETTO E AFFIDAMENTO LAVORI PER REALIZZAZ. VILLA COMUNALE.

 

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attivita’ Culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 maggio 2010 il Cons. **************** e uditi per le parti gli avvocati ******** per delega dell’avv.to ******** e *********, per delega degli avv.ti ****** e ********, e l’avv.to dello Stato Valente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

Con la sentenza gravata il primo giudice ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla odierna appellante avverso gli atti amministrativi relativi alla realizzazione, nel Comune di Monte di Procida, di una villa comunale in località *******.

Nel dettaglio, la ricorrente, sull’assunto della sua qualità di colono di un fondo in agro del Comune di Monte di Procida, area destinata all’esercizio di attività agricola o con questa connessa e tutelata dal regime vincolistico del Parco dei Campi flegrei, ha impugnato i provvedimenti con cui l’amministrazione comunale, incidendo sulla asserita posizione di colono, si apprestava a realizzare un’opera pubblica in assunto contrasto con gli strumenti urbanistici e di tutela ambientali vigenti.

Il primo giudice, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha ritenuto insussistente, e comunque non provato, il rapporto di colonia, così concludendo per il difetto di legittimazione della ricorrente e per l’inammissibilità del ricorso.

Propone gravame l’appellante ritenendo l’erroneità della sentenza impugnata di cui chiede l’annullamento.

All’udienza del 4 maggio 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso va respinto.

Come osservato, il primo giudice ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di legittimazione della ricorrente, desunta dalla ritenuta mancanza di un rapporto di colonia.

Nel dettaglio -rimarcato che, come ammesso dalla stessa ricorrente, la proprietà del suolo inciso dai provvedimenti impugnati è dell’Amministrazione comunale, che peraltro ha prodotto titolo idoneo a dimostrarlo- il primo giudice ha escluso che la ricorrente possa considerarsi titolare di un rapporto contrattuale di colonia osservando:

• che manca nel caso di specie un contratto scritto, invece necessario in applicazione del principio di solennità delle forme e di necessità quindi, quanto ai rapporti contrattuali con l’amministrazione pubblica, dell’impiego della forma scritta ad substantiam, non soddisfatta dalla adozione di una sola deliberazione di giunta, da intendersi quale mero atto interno;

• che non assume rilievo in senso contrario nè la riforma operata dalla legge 203 del 1982, laddove consente di ritenere validi ed efficaci i contratti di affitto di fondi rustici anche se non stipulati in forma scritta o trascritti, né l’art.. 6 del D. Lgs. 18 maggio 2001 n. 228, non avendo le stesse comportato una sanatoria generalizzata di tutti i rapporti in corso con la pubblica amministrazione e non potendo quindi determinare effetti costitutivi di pretese ove il rapporto in essere si sia svolto di fatto e contra legem;

• che non può riconoscersi rilievo al fatto del pagamento effettuato dalla ricorrente in favore del Comune di una somma per l’occupazione del fondo, ben potendo lo stesso essere giustificato come dovuto a titolo risarcitorio, per l’occupazione indebita del fondo.

Ritiene il Collegio di condividere il percorso motivazionale sviluppato dal primo giudice..

Invero, come ripetutamente sostenuto dalla Corte di Cassazione, per il perfezionamento dei contratti stipulati dalle amministrazioni pubbliche è necessaria una manifestazione documentale della volontà negoziale da parte dell’organo rappresentativo abilitato a concludere, in nome e per conto dell’ente pubblico, negozi giuridici, mentre devono ritenersi, all’uopo, inidonee le deliberazioni adottate da organi collegiali deliberativi, attesane la caratteristica di atti interni, di natura meramente preparatoria della successiva manifestazione esterna della volontà negoziale, di talchè un contratto non potrà dirsi legittimamente perfezionato ove la volontà di addivenire alla sua stipula non sia, nei confronti della controparte, esternata, in nome e per conto dell’ente pubblico, da quell’unico organo autorizzato a rappresentarlo.

Ne consegue che la normativa speciale dettata in tema di contratti della p.a. prevale sulla diversa disciplina dei rapporti tra privati, quale, ad esempio, quella dettata in tema di conferimento di incarichi professionali, in tema di stipula di locazioni e contratti agrari ultranovennali, in tema di rinnovo tacito del contratto di locazione (inconfigurabile, se il locatore sia un ente pubblico, nonostante il comportamento asseritamene concludente si sia, come nella specie, protratto per anni) (Cass. 26 giugno 2008, n. 17550; 8 gennaio 2005, n. 258).

Sicché, in materia di contratti stipulati dalla pubblica amministrazione deve ritenersi necessaria la stipulazione in forma scritta a pena di nullità e, pertanto, deve escludersi che si possa ipotizzare la possibilità di una conclusione tacita per facta concludentia, posto che altrimenti si perverrebbe all’effetto di eludere il requisito della forma scritta.

Consegue che, pur dopo l’entrata in vigore della L. 3 maggio 1982, n. 203, che ha deformalizzato i contratti di affitto a coltivatore diretto, anche se ultranovennali, rendendoli a forma libera, non può ritenersi concluso un contratto di affitto agrario con la p.a. in forza di un comportamento concludente, anche protrattosi per anni (Cass. 26 giugno 2008, n. 17550; 12 febbraio 2020, n. 1970; 15 dicembre 2000, n. 15862)

A ciò si aggiunga, con specifico riferimento al caso di specie, che:

non è mai stata determinata la reale superficie da cedere;

alla data del 20.04.2005 il fondo non risultava in alcun modo coltivato.

Alla stregua delle esposte ragioni va quindi respinto il gravame.

Sussistono giustificate ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2010 con l’intervento dei Signori:

**************, Presidente FF

***************, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere

****************, ***********, Estensore

********************, Consigliere

 

 

L’ESTENSORE       IL PRESIDENTE

 

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/06/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione

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