Il nuovo procedimento per il risarcimento dei danni da lesioni a seguito di incidente stradale: i dubbi degli operatori

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L’emerito Presidente della Repubblica con la Gazzetta Ufficiale n. 64 del 17 marzo 2006 ha promulgato la legge 21 febbraio 2006 n. 102 recante disposizioni in materia di conseguenze derivanti da incidenti stradali.
Tale normativa è entrata in vigore il 1° aprile (data sintomatica) ultimo scorso.
Come spesso avviene alle normative emanate in scorcio di legislatura, le disposizioni in commento, che avrebbero dovuto inserirsi nel più vasto programma di riforma della procedura civile (legge 14 maggio 2005 n. 80) ed in particolare nel riordino della materia come previsto dal D.Lgs. 209/2005, relativo al così detto Codice delle Assicurazioni private, sembrano presentare parecchi spunti per dubbi e perplessità.
Nella congerie di disposizioni di natura penale, amministrativa, civile, sostanziale e procedurale, spicca per la sua peculiarità l’art. 3 della citata legge 102/2006 che rappresenta, nella scarna esposizione di due righe, una riforma di portata Kopernichiana per il povero operatore del settore dell’infortunistica stradale.
Infatti il dato letterale della norma recita:
“Alle cause relative al risarcimento dei danni per morte o lesioni, conseguenti ad incidenti stradali, si applicano le norme processuali di cui al libro II, titolo IV, capo I del codice di procedura civile”.
Con tale tacitiana disposizione viene quindi imposto a chiunque voglia proporre un’azione risarcitoria per danni alla persona di seguire il rito scandito in tema di controversie individuali di lavoro, previsto appunto dal libro secondo, titolo quarto, capo primo del codice di rito.
In assenza di qualsivoglia norma applicativa o transitoria, l’interprete si è quindi trovato di fronte alla inopinata sorpresa di cercare di risolvere, con l’apporto programmatico ed evolutivo dei Fori, i problemi scaturiti e non risolti dalla riforma.
Appare opportuno, senza alcuna nota partigiana o polemica, rilevare che i procedimenti celebrati avanti gli Uffici del Giudice di Pace, con tutte le eventuali distonie soggettive, avevano una durata accettabile (intorno all’anno), per cui appare decisamente curiosa la scelta del legislatore di imporre un rito speciale per procedimenti che, almeno avanti alle Corti onorarie, raggiungevano risultati costanti ed apprezzabili.
Tornando al commento dell’articolo, non essendo prevista, come si ripete, alcuna norma transitoria, si deve supporre che dal 1° aprile 2006 si applichi il rito del lavoro per tutte le cause aventi ad oggetto il risarcimento di danni fisici provocati da incidenti stradali.
E’ altresì da notare la scelta legislativa di regolare la materia inerente agli “incidenti stradali” e non alle cause relative alla circolazione dei veicoli. La scelta operata non può apparire casuale, a fronte della differente opzione applicata dall’art. 139 del D.Lgs. 209/2005 (Codice delle Assicurazioni private). Sembrerebbe pertanto che il presupposto fattuale per l’applicazione della norma processuale sia appunto il luogo, ossia la “strada”, sul quale deve verificarsi l’evento dannoso, a prescindere dal nesso eziologico con la circolazione dei veicoli a motore. 
Un altro problema sorto all’indomani della promulgazione della norma è quello della competenza per materia delle cause relative ad incidenti stradali con danno alla persona.
Come è infatti noto le controversie individuali di lavoro si propongono avanti al Tribunale competente per territorio (già Pretore del Lavoro) quale Giudice competente funzionalmente.
Sulla scorta quindi della chiara previsione di cui all’art. 413 c.p.c., c’è chi ha sostenuto che la norma di cui alla legge 102/2006 avrebbe annullato la competenza dei Giudici di Pace in relazione alle cause di risarcimento del danno alla persona prodotto da circolazione stradale, a prescindere dal valore della causa.
Sembra potersi rettamente replicare che la dizione letterale dell’art. 413 c.p.c. richiama espressamente le controversie elencate all’art. 409 c.p.c. , elencazione non richiamata dall’art. 3 della legge in commento. Invero, il richiamo del legislatore alle controversie generali di lavoro sembrerebbe intendere una scelta di rito operata per la subjecta materia, senza spostare la competenza ripartita per valore in materia di infortunistica stradale, come già operato in sede di scelta di rito in materia locatizia (ex art. 447 bis c.p.c.).
Pertanto, per le controversie relative ad incidenti stradali con danno alla persona per un valore inferiore ad € 15.493,71 resterà competente il Giudice di Pace, il quale applicherà in detta materia il rito del lavoro.
In buona sostanza, quindi, la domanda si propone con la forma del ricorso al Giudice competente, Giudice di Pace o Tribunale, a seconda del valore della lesione.
La domanda introduttiva deve contenere quanto indicato all’art. 414 c.p.c., ossia il giudice, i dati del ricorrente e del convenuto, la determinazione della domanda (il petitum), l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si fonda la domanda ed i mezzi di prova ed i documenti offerti in comunicazione. In relazione a tale ultimo elemento, si osserva che la parte che non deduca nel primo atto (ossia il ricorso introduttivo) le proprie istanze istruttorie, decade da tale facoltà, salvo quanto previsto dall’art. 421 c.p.c., ossia il potere – facoltà del giudicante di disporre, anche d’ufficio, mezzi di prova.
Il ricorso introduttivo viene depositato presso la cancelleria del Giudice competente, il quale, entro cinque giorni dal deposito, deve fissare con decreto la prima udienza, computando tra il giorno di presentazione del ricorso e quella dell’udienza un termine non superiore a sessanta giorni. Ovviamente, come ben sanno tutti i giuslaburisti, tali termini sono solo ordinatori. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione di udienza, è notificato a parte convenuta a cura del ricorrente; tra la data della notificazione e quella dell’udienza debbono intercorrere almeno trenta giorni.
Il resistente potrà costituirsi nei modi e nei termini di cui all’art. 416 c.p.c., con memoria da depositarsi in cancelleria almeno dieci giorni prima della fissata udienza.
E’ appena il caso di rammentare che il processo celebrato con rito del lavoro è caratterizzato dall’oralità della trattazione, per cui, di norma, non sono previste memorie e note conclusive scritte, ma la causa viene decisa a seguito di discussione orale con lettura del dispositivo in udienza.
Condizione di procedibilità per ogni controversia individuale del lavoro è l’espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all’art. 410 c.p.c. Questo incombente, nell’imbarazzante silenzio del legislatore, non pare potersi imporre anche ai procedimenti di risarcimento dei danni alla persona conseguenti ad incidente stradale. Come è noto le domande di risarcimento da sinistro sono soggette a particolari condizioni di procedibilità e/o proponibilità espressamente previste dalla legge 990/69 ed ora dal D. Lgs. 209/2005. In ogni caso, allo stato, non esiste alcun ente od ufficio equipollente alla Direzione provinciale del lavoro che potrebbe svolgere il tentativo di conciliazione obbligatorio al fine della proposizione della domanda giudiziale. Sembra quindi potersi affermare con certezza l’inapplicabilità del disposto di cui all’art. 410 c.p.c. alla materia in questione.
Per completezza espositiva si può accennare altresì all’inapplicabilità al procedimento relativo al risarcimento dei danni da incidente stradale dell’esonero dal pagamento contributo unificato. Infatti la dizione letterale dell’art. 10 D.P:R. 115/2002, con richiamo all’art. 12 del D.P.R. 642/72, esenta dalla corresponsione del contributo unicamente le controversie individuali di lavoro, ossia che abbiano quale oggetto un rapporto di lavoro fra le parti, non certo le cause che utilizzino solo il rito speciale di cui agli artt. 409 e ss. c.p.c.  La stessa riflessione relativa al merito della domanda e non al rito che il procedimento debba seguire sembra dipanare l’eventuale dubbio circa la sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale dal 1° agosto al 15 settembre. L’esclusione dalla sospensione dei termini è limitata infatti alle controversie aventi per oggetto un rapporto individuale di lavoro, per cui per i procedimenti civili di cui alla legge 102/2006 i termini processuali saranno sospesi durante il periodo feriale.
Come si è ricordato, l’applicazione della procedura di cui al rito del lavoro è limitata alle domande relative “al risarcimento dei danni per morte o lesioni, conseguenti ad incidenti stradali”. Solo il danno per lesione alla persona pertanto seguirà il rito speciale, mentre sembra che le cause relativa al risarcimento dei danni materiali debba seguire il procedimento ordinario. Tale distinzione, apparentemente immotivata, non mancherà di creare perplessità nella pratica in quanto è ben difficile immaginare una lesione da sinistro stradale che non abbia provocato, nel contempo, anche danni ai veicoli coinvolti.
Non è dato allo stato comprendere la ratio di questo doppio binario di giudizio a fronte del medesimo presupposto fattuale. In astratto il danneggiato, per il medesimo incidente,. dovrebbe presentare ricorso per il risarcimento per le lesioni subite e convenire in giudizio con citazione il danneggiate e la sua Compagnia di assicurazione per responsabilità civile per ottenere il ristoro dei danni alla propria vettura. Lascia sinceramente perplessi questa scelta che rischierebbe di raddoppiare il contenzioso, con l’evidente pericolo, in astratto, di contrasto fra giudicati. Di contro, nel caso in cui nel medesimo atto vengano proposte le due domande risarcitorie per danni fisici e materiali, dovrebbe in astratto applicarsi il III comma dell’art. 40 c.p.c., per il quale le cause proposte, o successivamente riunite, debbono essere decise con rito ordinario, salva l’applicazione del solo rito speciale quando una di tali cause rientri fra quelle indicate negli artt. 409 e 442 c.p.c. Ne conseguirebbe pertanto che nel caso di proposizione di unica domanda riguardante il risarcimento dei danni, materiali e fisici, dovrebbe applicarsi il rito ordinario, con effettivo svilimento della portata della riforma dal punto di visto prettamente pratico. Pertanto il rito ordinario, in caso di domande cumulative, verrebbe a prevalere, orientando l’attore a formalizzare la propria domanda con normale atto di citazione al fine di convenire a giudizio i convenuti.
Miglior giudice di questa riforma sarà il tempo, che metterà alla prova la perspicacia ed il buon senso degli operatori di diritto.
 
Avv. Marco C.A. Boretti
Giudice di Pace in Torino

Boretti Marco Carlo A.

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