Il licenziamento per scarso rendimento: rassegna giurisprudenziale

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Sommario: 1. Nozioni generali. – 2.  Casistica giurisprudenziale.

 

1. Nozioni generali
 

Argomento di particolare interesse (anche e soprattutto a livello giurisprudenziale), in materia di licenziamento individuale, è quello concernente il c.d. licenziamento per scarso rendimento.

Per scarso rendimento si intende una violazione del dovere di diligenza del lavoratore che può configurare un’ipotesi di giustificato motivo soggettivo di licenziamento.

Perché ciò accada, però, il datore di lavoro deve provare non solo il mancato raggiungimento del risultato atteso, ma anche che la causa di esso derivi da negligente inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore nella sua normale prestazione (1).

Secondo la giurisprudenza (2), ricorre il giustificato motivo oggettivo quando lo scarso rendimento prescinde dalla colpevolezza del lavoratore; in questo caso vi sono ragioni d’impresa che giustificano la perdita d’interesse da parte del datore di lavoro , in quanto l’impedimento incide sul regolare funzionamento dell’organizzazione produttiva e del lavoro. 

E’ il caso del mutamento dell’organizzazione aziendale (3) qualora ne derivi una sopravvenuta “inidoneità professionale” del lavoratore, intesa come incapacità di adeguamento della sua professionalità al nuovo assetto aziendale e, pertanto, alle nuove necessità funzionali che ne derivano (4).

Il datore di lavoro che vorrà procedere al licenziamento per scarso rendimento dovrà ponderare adeguatamente tale eventualità, in relazione agli oneri che secondo la giurisprudenza di legittimità gravano su di esso in ordine alla prova dello scarso rendimento del dipendente.

In tal caso, comunque, sarà opportuno preventivamente sollecitare il lavoratore al puntuale adempimento dei propri compiti, in quanto è spesso considerato illegittimo il licenziamento intimato senza il preventivo invito al dipendente a migliorare il suo rendimento (cfr. Cass. n. 6747/2003).

 

 

2. Casistica giurisprudenziale

Il datore di lavoro è legittimato a licenziare un proprio dipendente per scarso rendimento qualora sulla base della valutazione complessiva dell’attività lavorativa svolta dal lavoratore venga provata una violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente, così come pure è legittimo il licenziamento per scarso rendimento nel caso in cui il lavoratore manifesti un atteggiamento negligente protratto nel tempo e non modificato a seguito dei richiami dei suoi superiori. Cass. civ., 1 dicembre 2010, n. 24361 

 

Il datore di lavoro può dimostrare l’inadempimento del dipendente anche mediante la comparazione tra i risultati produttivi dello stesso dipendente con il rendimento medio dei suoi colleghi. In tale prospettiva, affinché si configuri l’inadempimento per scarso rendimento, è necessario che tra i risultati del lavoratore e quelli degli altri vi sia una “enorme sproporzione”, cioè uno scarto molto significativo, che dimostri in modo oggettivo ed inequivocabile la mancanza di diligenza. Dunque per scarso rendimento si deve intendere la “evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente ed a lui imputabile in conseguenza dell’enorme sproporzione fra gli obbiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento, avuto riguardo al confronto dei risultanti dati globali riferiti ad una media di attività tra i vari dipendenti ed indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione” .

Quindi la negligenza può essere provata anche attraverso presunzioni – poiché, come detto, dalla (enorme) sproporzione dei risultati si presume l’inadempimento del lavoratore. Cass. 1 dicembre 2010, n. 24361, in Dir. prat. lav., 2011, 22, 1320; Cass. 22 gennaio 2009, n. 1632, in Dir. prat. lav., 2009, 23, 1384; Cass. 22 febbraio 2006, n. 3876, in Mass. Giur. It., 2006.

 

In relazione al cosiddetto scarso rendimento, il datore di lavoro che intenda farlo valere quale giustificato motivo soggettivo di licenziamento, ai sensi dell’articolo 3 legge 604/66, non può limitarsi a provare il mancato raggiungimento del risultato atteso ed eventualmente la sua oggettiva esigibilità, ma è onerato dalla dimostrazione di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore, quale fatto complesso alla cui valutazione deve concorrere anche l’apprezzamento degli aspetti concreti. A parere della Corte, principi non meno rigorosi devono presiedere alla valutazione dello scarso rendimento, qualora si intenda attribuire ad esso rilevanza ai fini di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Può essere riconosciuta tale rilevanza solo ove cagioni la perdita totale dell’interesse del datore di lavoro alla prestazione, all’esito di un’indagine condotta alla stregua di tutte le circostanze della fattispecie concreta, compreso il comportamento del datore di lavoro, per accertare se il medesimo, obbligato non solo al pagamento della retribuzione ma anche a predisporre i mezzi per l’esplicazione dell’attività lavorativa, si sia o meno attivato per prevenire o rimuovere situazioni ostative allo svolgimento della prestazione lavorativa. Cass. civ., 3 maggio 2003, n. 6747 

 

Il rendimento lavorativo inferiore al minimo contrattuale, o d’uso, non integra ex se l’inesatto adempimento che, a norma dell’articolo 1218 c.c., si presume, fino a prova contraria, imputabile a colpa del debitore, dato che, nonostante la previsione di minimi quantitativi, il lavoratore è obbligato a un facere e non ad un risultato, e l’inadeguatezza della prestazione resa può essere imputabile alla stessa organizzazione dell’impresa o comunque a fattori non dipendenti dal lavoratore.

Ai fini del licenziamento il datore non può limitarsi a provare il mancato raggiungimento del risultato atteso ed eventualmente la sua oggettiva esigibilità, ma è onerato dalla dimostrazione di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore, quale fatto complesso alla cui valutazione deve concorrere anche l’apprezzamento degli aspetti concreti. Cass. civ., sez. lav., 5 marzo 2003, n. 3250

 

 

In relazione al cosiddetto scarso rendimento, il datore di lavoro che intende farlo valere quale giustificato motivo soggettivo di licenziamento, ai sensi dell’art. 3, legge n. 604/66, non può limitarsi a provare il mancato raggiungimento del risultato atteso (ed eventualmente la sua oggettiva esigibilità). Il datore di lavoro è bensì onerato della dimostrazione di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore, valutando gli aspetti concreti del fatto addebitato nonché il grado di diligenza richiesto dalla prestazione e quello usato dal lavoratore. Cass. 19 agosto 2000, n. 11001, in Orient. giur. lav., 2000, 752; Cass. 10 novembre 2000, n. 14605, in Orient. giur. lav., 2000, 1070. 

 

Per poter essere ricondotto a un’ipotesi di giustificato motivo soggettivo di licenziamento, lo scarso rendimento, in quanto forma di inadempimento agli obblighi contrattuali, deve essere valutato non solo sulla base del mancato raggiungimento del risultato atteso e oggettivamente esigibile, ma anche e soprattutto alla luce del comportamento negligente del lavoratore che lo abbia determinato Cass. 24 maggio 1999, n. 5048, pres. Buccarelli, est. Mercurio, in D&L, 1999, 921 

 

Al licenziamento per scarso rendimento, riconducibile in via generale alla categoria del licenziamento disciplinare, si applica la disciplina procedimentale stabilita per le sanzioni disciplinari dall’art. 7 SL. Pret. Milano, 14 aprile 1999, in D&L, 1999, 681 

 

Nel caso di licenziamento per scarso rendimento il datore di lavoro deve dimostrare non solo il mancato raggiungimento degli obiettivi e l’esigibilità della prestazione attesa, ma anche la concreta e immotivata negligenza del lavoratore nell’adempimento dell’obbligazione lavorativa, con la conseguenza che, in assenza della prova della negligenza, si presume che l’inadeguatezza della prestazione fornita dipenda da fattori socio-ambientali oppure dall’incidenza dell’organizzazione dell’impresa e, comunque, da fattori non dipendenti dalla volontà del lavoratore. Pret. Voghera, 26 febbraio 1999, in D&L, 1999, 680

 

Costituisce giustificato motivo soggettivo di licenziamento lo scarso rendimento nel caso in cui il datore di lavoro provi che il lavoratore ha lasciato inadempiuta in modo notevole la prestazione normalmente esigibile con riferimento alla media dei lavoratori e laddove il medesimo lavoratore non raggiunga la prova che tale inadempimento sia dipendente da cause a lui non imputabili. Trib. Torino, 3 maggio 1995, pres. Pernisari, est. Rossi, in D&L, 1995, nota AMATO, Scarso rendimento e onere della prova

Manuela Rinaldi   
Avvocato foro Avezzano Aq – Dottoranda in Diritto dell’Economia e dell’Impresa Università La Sapienza, Roma, Proff. Maresca – Santoro Passarelli; Tutor di Diritto del Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. A. Maresca; Docente in corsi di Alta Formazione Professionale e Master e in corsi per aziende; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano, Aq

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(1) Cass. 9 settembre 2003, n. 13194, in Mass. Giur. It., 2003; Cass. 3 maggio 2003, n. 6747, in Mass. Giur. Lav., 2004, 6, 99; Cass. 23 febbraio 1996, n. 1421, in Mass. Giur. It., 1996.

(2) Cfr. Cass. n. 8720/2009; Cass. n. 3250/2003; Cass. n. 13194/2003.

(3) Ad esempio, in seguito all’introduzione di innovazioni tecnologiche.

(4)  Cfr. Cass. n. 10356/2002.

Rinaldi Manuela

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