Il Green public procurement: gli “appalti verdi”

Gurrieri Aldo 10/01/08
Scarica PDF Stampa
L’attenzione alle politiche di tutela ambientale, con riferimento alle attività di affidamento ed esecuzione degli appalti pubblici, è uno degli elementi innovativi introdotti, con il D. Lgs. 163/06 (c.d. Codice dei Contratti Pubblici), nella disciplina generale dei contratti pubblici e si pone, nel nostro ordinamento, come momento culminante di un percorso originato ed evolutosi nel contesto socio-giuridico comunitario.
La salvaguardia dell’ambiente, nell’ambito delle procedure di affidamento degli appalti pubblici, trova il primo riconoscimento come criterio ispiratore dell’agire delle pubbliche amministrazioni, in qualità di stazioni appaltanti, con l’art. 2 comma 2 del D. Lgs. 163/06.
L’art. 2 enuncia i principi generali volti a reggere la disciplina degli appalti pubblici.
In linea generale il comma 1 di detto articolo prevede, tra l’altro, che l’affidamento e l’esecuzione di opere, lavori, servizi e forniture pubbliche, devono garantire la qualità della prestazione e svolgersi nel rispetto del principio di economicità.
In particolare, il comma 2 precisa che l’applicazione del predetto principio di economicità può essere subordinata a criteri ispirati a esigenze di tutela dell’ambiente, oltre che ad esigenze sociali e di tutela della salute ed alla promozione dello sviluppo sostenibile. Viene così riconosciuta alla pubblica amministrazione la possibilità di prevedere, in seno alla procedura di gara, aspetti generali e parametri specifici connessi alla tutela dell’ambiente, correlatamente alla facoltà di apprezzare con un ampio margine di discrezionalità sia le modalità, secondo cui tendere alla realizzazione di un obiettivo ecologico, sia la misura, in cui rapportare le risorse disponibili al suddetto risultato.
Siffatte valutazioni vanno declinate, espressamente, nei criteri caratterizzanti il bando.
Va precisato, comunque, che il secondo comma del citato art. 2 non ha introdotto una vera e propria deroga al principio di economicità; la stazione appaltante resta vincolata a non trascurare l’aspetto dell’economicità, dovendo, nel prefissare i criteri da inserire nel bando, tendere a coordinare i due aspetti dell’appalto in modo che nessuno dei due venga sacrificato; laddove non sarà oggettivamente possibile attuare in modo pieno ed effettivo entrambe le esigenze (economicità, da un lato, e comportamento ecocompatibile, dall’altro), l’amministrazione appaltante avrà modo di non rinunciare all’aspetto ambientale, essendo legittimata a “piegare” l’economicità dell’affidamento alle esigenze tecniche, costruttive e funzionali dettate dall’opportunità di ispirare il proprio agire a canoni comportamentali improntati alla salvaguardia ambientale. La sopra esposta attività di valutazione e contemperamento implica l’esercizio di un potere di natura discrezionale. I limiti che l’art. 2 pone all’amministrazione, nell’esercizio di siffatto potere discrezionale, sono i seguenti:
a) esplicitamente: “entro i limiti in cui ciò sia espressamente consentito dallo stesso codice dei contratti pubblici e dalla normativa vigente”;
b) implicitamente: solo nella misura strettamente necessaria; il che è desumibile dalla stessa disposizione, secondo la quale è consentito alla stazione appaltante soltanto di “subordinare” il principio di economicità a criteri ambientali, ma non è prevista la possibilità, in capo alla stessa, di “non applicarlo” o di “derogarvi”.
 
I momenti della procedura di gara in cui l’elemento ambientale può essere assunto come elemento caratterizzante l’acquisizione sono vari, sia con riferimento alla fase dell’affidamento sia con riferimento alla fase dell’esecuzione del contratto.
Già nella fase preliminare alla predisposizione dell’appalto è necessario considerare, sulla base di attenta analisi ed ai fini di una coerente pianificazione:
-quali sono i prodotti, i servizi o i lavori più adeguati, tra quelli confacenti alle esigenze della amministrazione, sulla base dell’impatto ambientale;
-su quali esigenze ambientali, in particolare, si vuole concentrare l’attenzione;
-quali strumenti si possono usare nello svolgimento della procedura per agire in coerenza con gli obiettivi ecocompatibili predeterminati; 
-l’attuale stato della tecnica e l’attuale conformazione del mercato, nel settore di interesse, in modo da non escludere nessuna delle opzioni ambientali disponibili, perseguendo così la massima  efficacia.
Una volta definita la volontà di procedere in direzione “ecologica”, dovranno essere effettuate coerenti ed adeguate scelte procedurali.
Il primo momento è quello in cui si procede alla definizione dell’oggetto dell’appalto.
In questa fase l’amministrazione aggiudicatrice deve:
    identificare con precisione le proprie esigenze, sia quelle concerneti l’approvvigonamento sia quelle inerenti alla salvaguardia ambientale, e individuare così un tipo di prodotto/servizio/lavoro che:
   a) presenti caratteristiche intrinseche di ecocompatibilità;
   b) garantisca prestazioni ecocompatibili;
    esprimere siffatte esigenze in modo appropriato sia per quanto riguarda la denominazione della procedura sia dal punto di vista contenutistico;
    scegliere un titolo, nel quale sintetizzare la denominazione della procedura, che seguirà tutto l’iter procedurale individuandolo immediatamente e definendolo chiaramente. E’ importante che nel titolo venga espresso chiaramente l’intento di tenere un comportamento attento alla compatibilità ambientale; ciò non solo al fine di interessare i potenziali fornitori, ma anche al fine di comunicare la propria politica “ambientalista” all’esterno, coerentemente con la funzione sociale svolta dalla pubblica amministrazione nell’esercizio della propria azione amministrativa.
Un momento successivo è quello in cui vanno determinate le specifiche tecniche.
E’ questa la fase in cui vengono definiti i requisiti sui quali verrà basata la valutazione qualitativa delle offerte e che costituiranno i criteri minimi di conformità dell’oggetto delle offerte. In particolare quindi è importante: a) definire specifiche tecniche chiare e precise,utilizzando i fattori ambientali ove possibile; b) tenere sempre ben presente, al fine di non oltrepassarlo, quel confine che separa una configurazione rispettosa del principio di imparzialità da quella che rischia, di fatto, di impedire a taluni operatori l’accesso alla gara.
Per orientarsi nel definire le specifiche tecniche si possono usare vari accorgimenti:
• per reperire esempi di caratteristiche ambientali cui fare riferimento, può essere senz’altro utile consultare le banche dati relative alle c.d. ecoetichette. A livello comunitario sono state create svariate “ecoetichette”, i cui criteri portanti sono basati su studi che analizzano l’impatto ambientale di un prodotto o servizio attraverso il suo intero ciclo di vita e su informazioni di tipo scientifico. La funzione svolta da questi “marchi ecologici” consiste nel divulgare, secondo precise norme, informazioni affidabili circa le credenziali ambientali di un prodotto o servizio, allo scopo di aiutare i consumatori o altre aziende a scegliere prodotti o servizi più “verdi” e fornire informazioni utili sui costi intrinseci di un prodotto: dal momento dell’estrazione delle materie prime nella fase di preproduzione, poi durante la produzione e la distribuzione, fino allo smaltimento finale. Esistono tre diversi tipi di ecoetichette: 1) “pubbliche multicriterio” (le più comuni; rispondono a parametri elevati in termini di trasparenza e rigore scientifico); 2) “pubbliche con un solo criterio” (si riferiscono ad un solo fattore ambientale); 3) “dichiarazioni ambientali di prodotto” (che riportano autodichiarazioni di ecocompatibilità da parte di produttori, importatori o distributori, senza l’intervento di un organismo indipendente di certificazione, come invece avviene per le etichette di cui ai punti 1 e 2).
Al riguardo si segnala che la Commissione delle Comunità europee ha sviluppato un database, contenente informazioni ambientali su un centinaio di gruppi di prodotti e servizi contraddistinti da marchi ecologici del tipo sopra descritto, tramite il quale vengono fornite informazioni di base per acquirenti pubblici e privati, anche riguardo alle ecoetichette disponibili per determinati prodotti. Questo database può essere consultato sul sito: http://europa.eu.int/comm/environment/green_purchasing.
• adottare un approccio , basato su presupposti e valutazioni di tipo tecnico e scientifico, volto a stimare i costi ambientali del ciclo di vita del prodotto; ciò al fine di evitare che l’eventuale impatto ambientale venga “rinviato” da un ciclo di vita all’altro; in altre parole si deve porre attenzione a che un prodotto che si presenti al momento dell’acquisto e per il primo periodo di vita con un basso impatto ambientale, non sia atto a diventare poi “inquinante” con l’inizio del processo di obsolescenza o “antieconomico” al momento dello smaltimento.
• utilizzare specifiche di varie tipologie, in combinazione tra esse o in alternativa, che siano:
a) strutturali e/o b)funzionali, cioè basate sulle prestazioni, quali: utilizzo di materie prime coltivate/estratte/prodotte/ricavate secondo processi rispettosi dell’ambiente; metodi di produzione sostenibili (se pertinenti riguardo al servizio o prodotto finale); efficienza a livello energetico, ai fini del contenimento dei consumi; utilizzo di fonti energetiche rinnovabili; riciclabilità dei materiali; implicazioni relative alle attività di smaltimento.
Con riferimento al punto in questione, si evidenzia l’opportunità di specificare nel bando (invece di operare un semplice e generico rinvio) il principio dell’equivalenza di cui all’art. 68 del D.Lgs 163/06, chiarendo che la possibilità di fornire prodotti equivalenti può essere dimostrata anche mediante certificazioni attestanti le qualità di marchio ecologico.
Al fine dell’individuazione dei requisiti di capacità tecnica per la partecipazione, si evidenzia che è ammessa anche la possibilità di includere i criteri ambientali per dimostrare la capacità tecnica di esecuzione dell’appalto in capo agli operatori economici. Infatti l’art. 42 comma 1 lett f) del Codice dei Contratti pubblici prevede espressamente che la capacità tecnica per gli appalti di servizi (…<<unicamente nei casi appropriati>>…la cui individuazione è rimessa al regolamento di attuazione previsto dall’art. 5 dello stesso codice) può essere dimostrata indicando le misure di gestione ambientale che l’operatore potrà applicare durante l’esecuzione dell’appalto. Detta norma va letta in combinato disposto con l’art. 44-D. Lgs. 163/06, che disciplina la surrogabilità della dimostrazione di siffatti requisiti mediante la produzione di certificati rilasciati da organismi indipendenti volti proprio ad attestare, in generale, il rispetto di determinate norme in materia di garanzia della qualità e quindi, in particolare, anche il rispetto di norme tecniche ed organizzative di gestione ambientale da parte degli operatori economici.
In materia di certificazioni ambientali va tenuto presente che esistono sia certificazioni corrispondenti a standard nazionali sia certificazioni corrispondenti a standard riconosciuti a livello internazionale. Esempi di certificazione di livello internazionale sono costituiti dai sistemi EMAS e ISO 14001. EMAS (Eco-Management and Audit Scheme), strumento creato dalla Comunità Europea ed al quale possono aderire volontariamente organizzazioni di vario tipo e natura (aziende private, enti pubblici, ecc.) per valutare e migliorare le proprie prestazioni ambientali e fornire al pubblico e ad altri soggetti interessati informazioni sulla propria gestione ambientale, è stato di recente aggiornato mediante una seconda versione (EMAS II) pubblicata con il Regolamento 196/2006, che è venuto a modificare il precedente Regolamento 761/2001.
La sigla ISO 14000 identifica una serie di standard internazionali relativi alla gestione ambientale delle organizzazioni. La sigla «ISO 14001» (che non è una certificazione di prodotto) identifica uno di questi standard, che fissa i requisiti di un «sistema di gestione ambientale» di una qualsiasi organizzazione. Detta certificazione ISO 14001 non attesta una specifica prestazione ambientale, né attesta un impatto particolarmente basso, ma piuttosto viene a dimostrare che l’organizzazione certificata ha un sistema di gestione adeguato a tenere sotto controllo gli impatti ambientali delle proprie attività, ricercandone sistematicamente il miglioramento in modo coerente, efficace e soprattutto sostenibile.
Se la stazione appaltante decide di chiedere una certificazione corrispondente ad uno standard nazionale, deve al contempo prevedere anche l’ammissibilità di certificazioni equivalenti, al fine di non rischiare l’inosservanza del principio di non discriminazione. Analogamente, non è opportuno porre come requisito il possesso, da parte delle imprese, di una specifica ecoetichetta oppure la conformità ad una certa ecoetichetta, senza contemperare una tale prescrizione con la regola dell’equivalenza.
I criteri di aggiudicazione. Ricercare il miglior rapporto qualità/prezzo non significa necessariamente optare per l’offerta più economica, bensì, più esattamente, implica l’opportunità di concludere l’affare migliore secondo i parametri prestabiliti; ebbene, la protezione dell’ambiente può essere uno di questi parametri e può, quindi, fungere da fattore rilevante, in misura pari agli altri, per l’aggiudicazione dell’appalto.
Di conseguenza, nelle fattispecie del tipo in esame, verrà adottato preferibilmente il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; a tal riguardo sarà opportuno:
a) prevedere tra gli elementi di valutazione uno o più criteri ambientali specifici e pertinenti, sia come riferimento per confrontare tra loro le offerte “verdi” (nel caso in cui, in base alle specifiche tecniche, l’appalto sia stato già qualificato come “verde”), sia come modo per introdurre un elemento ambientale, nel caso in cui le specifiche tecniche definiscano l’appalto in modo generico; b) attribuire a detto/i elemento/i un peso adeguato alla rilevanza che l’amministrazione vuole attribuire alla propria scelta “ambientalista”.
Una notevole attenzione alla tematica del “green procurement” è stata dimostrata dal legislatore nazionale anche con la Legge Finanziaria 2007, il cui art. 1, ai commi 1126-1128, ha previsto l’adozione, in seno all’ordinamento nazionale italiano, di un Piano d’Azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione. Detta previsione ha dimostrato una nuova consapevolezza in capo ai pubblici poteri nazionali: 1) che il rispetto dell’ambiente rappresenta un’esigenza insopprimibile dal punto di vista sociale, oltre che un’opportunità di sviluppo delle imprese e stimolo per l’innovazione; 2) che gli acquisti ecocompatibili costituiscono un fattore di forte influenza, ai fini della razionalizzazione degli acquisti pubblici.
Siffatta consapevolezza si è manifestata in concreto nelle scelte programmatiche e procedurali operate dalla Con.S.I.P. S.p.A., la quale, con riferimento alle varie iniziative del “Programma per la Razionalizzazione degli Acquisti nella P.A.”, ha provveduto all’inserimento di una serie di attività e condizioni volte a ridurre l’impatto ambientale dei beni e servizi utilizzati dalla pubblica amministrazione durante l’intero ciclo di vita. Ciò ha portato all’attuazione sia di iniziative caratterizzate da caratteristiche ecologiche di impatto contenuto (per es.: carta riciclata, autoveicoli con alimentazione a GPL e metano e con filtri antiparticolato, ecc…) sia di iniziative interamente ecologiche (per es.: carburanti ecologici, derrate alimentari derivanti da agricoltura biologica, ecc…).
 
 
Dott. Aldo Gurrieri

Gurrieri Aldo

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento