Il diritto nella complessità del Sé

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Secondo la “psicologia dei sé” (Hal Stone e Sidra Levi Stone) la personalità è un insieme dinamico di sub-personalità in competizione fra loro alla ricerca sia di attenzione che di soddisfare i bisogni.

I Sé sono raccolti in due grandi gruppi:

  1. I Sé Primari, costituiti dagli atteggiamenti e comportamenti con i quali si è identificato il soggetto, i quali costituiscono una eredità collettiva di valori, idee e modelli di azione che generano il prototipo di persona che socialmente meglio verrà accolta, approvata e protetta dal gruppo di appartenenza, garantendone la migliore sopravvivenza, questi sono variabili nel tempo e possono consistere in miscele e quantità differenti a seconda dell’ambiente in cui il soggetto agisce.

  2. I Sé Rinnegati, costituiscono la polarità opposta alla precedente categoria, sono le sub-personalità giudicate negativamente nei vari ambiti sociali.

L’interloquire fra i Sé Primari costituisce l’Ego operativo della psiche, colui che decide cosa e come fare, ne risulta che la personalità è un insieme di Sé in dialogo fra loro.

Questa Teoria si pone in un rapporto consequenziale con il concetto di personalità quale processo in continuo divenire (Teoria del costruttivismo-Kelly), ma anche con la “Teoria sistemica” (Watzlawick) nella quale componente fondamentale delle relazioni umane è la comunicazione inter e intra personale, nonché con la “Psicologia Umanistica” dello sviluppo del potenziale umano.

In questa visione della personalità umana i diritti ne diventano elementi costitutivi, ancor più se precedentemente riconosciuti dalla società, il negarli si trasforma in una menomazione della personalità del soggetto e della sua capacità creativa, in una amputazione dolorosa dell’Io che si risolve nella compressione esterna delle possibilità.

Il comportamento può considerarsi quale funzione dell’individuo con l’ambiente, in cui le conseguenze attraverso un processo di feedback si riflettono sia sull’ambiente che sugli elementi costitutivi dell’individuo, quali ereditarietà, conoscenze, atteggiamenti, valori, capacità, bisogni e personalità (Tosi-Pilati).

Vi è tuttavia nell’uomo una necessità insita di creazione, quella che Goethe definisce “legge dell’accrescimento” la quale governa lo spirito in cui vi è un divenire organico di materia e spirito quale metamorfosi della natura, vi è quindi la necessità di un esercizio di libertà quale effetto morale in una conciliazione tra razionalità e sensibilità che superi la sempre incombente scissione tra sensibilità e ragione, circostanza che conduce al distacco tra cittadini e potere quale riflesso del distacco dell’individuo dall’insieme in un frammento del tutto, in cui solo agendo sulla struttura antropologica dell’individuo si potrà sperare di superare tale scissione (Schiller).

La genialità frammentaria che deriva dalla concentrazione sull’individualità origina un caos di sistemi concettuali che nella sua infinità disorienta l’individuo, vi è quindi la necessità della ricerca di una riserva di senso identificata da Schlegel nella nascita di una “nuova mitologia”.

L’eliminazione dell’opposizione tra apparenza e verità se dischiude per Novalis l’infinità dei significati che emergono dalla relazione dell’individuo con le cose, può d’altronde disperdere l’individuo stesso nei rapporti sociali nei quali l’attività creativa si frammenta in una condizione di possibilità delle rappresentazioni sociali, tanto da fare evidenziare ad Holderlin le dissonanze e le contraddizioni inseparabili nell’individuo nel momento in cui vi è il distacco nella società tra sentimento e ragione.

L’intuizione, che viene relegata da Kant all’ idea estetica, deve pertanto essere recuperata alla logica quale spunto iniziale, elemento necessario alla razionalità, quello che Schelling definisce immediatamente il principio assoluto e unitario del reale, sintesi di libertà e necessità, di attività consapevole e spontaneità irriflessa che media e supera il solo sapere o il solo agire.

L’estetica è la necessità per l’individuo del libero atto produttivo e formativo, che nel superare l’accidentalità naturale manifesti la sensibilità all’idea libera e infinita rispetto alla fittizia veridicità dell’esperienza ripetitiva quotidiana, vi è quindi per Hegel una intuizione che esplica la sua razionalità attraverso la storia, se questo tuttavia porta Hegel ad affermare la superiorità della ragione nella presente età borghese, che si manifesta nella riflessione filosofica, non può negarsi né porre in secondo piano l’impulso iniziale della ricerca propria dell’estetica.

In questa prospettiva l’irrigidimento della verità in un sistema concettuale, religioso od economico che sia, impedisce che l’uomo possa esprimersi in quello che Nietzsche definisce l’impulso “dionisiaco”, spetta pertanto al diritto sostenere le possibilità creative, l’impulso immaginifico, nel momento in cui il sistema normativo quale espressione dell’elité e del sentire sociale diventa elemento non di regolazione della sostenibilità ma struttura esclusivamente di controllo, viene a soffocare la crescita sociale derivante dall’incontro tra i due impulsi definiti da Nietzsche “apollineo” e “dionisiaco”, i quali proprio sul terreno dell’estetica trovano una difficile conciliabilità che si trasforma in potenza dell’azione creativa.

La normazione è quindi l’ambiente (milieu), dall’estetica positivista francese individuata quale causa primitiva per la creazione (Taine), questo tuttavia non può eliminare la forza creatrice come motore per la modifica dell’ambiente stesso per cui viene ad acquisire un significato ed una portata morale in un rapporto empatico con il tutto (Guyau), tanto da fare ritenere a Lipps che la stessa esperienza non sia che una trasposizione del sé nel mondo esterno.

La capacità creativa non può essere spiegata in termini puramente causalistici ma rispecchia una dimensione ulteriore, che rimette in contatto l’umanità presente con l’originario archetipo (Jung) nel quale si instaura una relazione tra tutte le sue componenti (Herbart).

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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