Il diritto di opzione a fronte dell’interesse sociale

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    Indice

  1. Il diritto di opzione. Definizione e funzione
  2. La pubblicazione dell’offerta di opzione
  3. Esclusione del diritto di opzione
  4. Procedura
  5. Osservazioni conclusive

1. Il diritto di opzione. Definizione e funzione

Il diritto di opzione è il diritto dei soci attuali di essere preferiti rispetto ai terzi nella sottoscrizione dell’aumento reale del capitale sociale (art. 2441 c.c.).

L’opzione, in particolare, «offre la possibilità ai soci di conservare inalterata la partecipazione al capitale e al patrimonio sociale»[1] a tutela dei diritti tanto amministrativi (è mantenuta inalterata la posizione del socio attuale in relazione alla proporzione in cui esso, attraverso l’esercizio del diritto di voto in assemblea, partecipa alla formazione della volontà sociale) quanto patrimoniali (è mantenuta inalterata la posizione del socio attuale in relazione alla partecipazione agli utili).

A norma dell’art. 2441, comma 1, c.c. il diritto di opzione, attribuito a ciascun azionista in proporzione al numero di azioni già possedute, ha per oggetto non soltanto le azioni di nuova emissione, ma anche le obbligazioni convertibili in azioni dalla stessa società emesse[2].

2. La pubblicazione dell’offerta di opzione

L’art. 2441 organizza un assetto normativo a tutela e garanzia dell’effettivo esercizio del diritto in esame attraverso un obbligo – a carico degli amministratori – di pubblicazione dell’offerta di opzione. È un documento autonomo rispetto alla delibera[3] di aumento del capitale sociale a pagamento. In esso gli amministratori sono tenuti a indicare gli estremi della delibera di aumento, il numero delle azioni offerte in opzione (pari alla totalità dell’aumento del capitale ovvero inferiore se il diritto di opzione sia stato limitato), il termine, non inferiore a 14 giorni[4] dalla pubblicazione dell’offerta stessa entro cui i soci possono esercitare il diritto di opzione.

Recita infatti l’art. 2441, comma 2, c.c.:

L’offerta di opzione deve essere depositata presso l’ufficio del registro delle imprese e contestualmente resa nota mediante un avviso pubblicato sul sito internet della società, con modalità atte a garantire la sicurezza del sito medesimo, l’autenticità dei documenti e la certezza della data di pubblicazione, o, in mancanza, mediante deposito presso la sede della società. Per l’esercizio del diritto di opzione deve essere concesso un termine non inferiore a quattordici giorni dalla pubblicazione dell’offerta nel sito internet della società con le modalità sopra descritte, o, in mancanza, dall’iscrizione dell’offerta nel registro delle imprese.

Parte della Dottrina aveva in passato dibattuto sulla necessità imperativa della pubblicità legale del registro delle imprese. Sosteneva – in valore della norma prevista dall’art. 2481-bis, comma 2, c.c. in materia di diritto di sottoscrizione, ossia il diritto di opzione assicurato ai soci di una s.r.l.[5] – che la mera comunicazione ai soci dell’offerta fosse condizione senz’altro sufficiente a garantire un’esatta informazione circa l’esercizio del diritto di opzione[6].

Pare oggi superata la tesi della tecnica alternativa all’iscrizione nel registro delle imprese in forza della constatazione che la mancata pubblicazione dell’avviso nel registro delle imprese non assicura una corretta informazione del cessionario delle azioni che non risulti tuttavia ancora iscritto nel libro dei soci. L’iscrizione nel registro delle imprese tutela infatti l’effettivo titolare delle azioni il quale abbia, nelle more, acquistato le stesse dall’ex-socio alienante che abbia omesso di avvisare l’acquirente della possibilità di esercitare il diritto di opzione.

La pubblicità del registro delle imprese assicura, così, non soltanto che l’avviso sia effettivamente ricevuto dal reale titolare del diritto di opzione, ossia dal possessore della cartula (tenuto conto che a suo carico l’ordinamento fissa un onere di continua consultazione del registro), ma anche un interesse della società a un certo e sicuro collocamento sul mercato dell’aumento di capitale, oltre a una altrettanto certa e sicura elasticità nella circolazione delle azioni inter vivos.

Pertanto, l’iscrizione nel registro delle imprese assicura:

– un’esatta e corretta informazione del socio effettivo;

interesse sociale alla più conveniente collocazione delle azioni sul mercato, e, così, a una massimizzazione dell’operazione di aumento oneroso del capitale sociale;

– efficienza, certezza e sicurezza del rapporto socio-società.

È così motivata l’illegittimità di una previsione statutaria che istituisca, in deroga all’art. 2441 c.c., misure alternative di comunicazione dell’avviso di opzione ai soci rispetto a quella legale del registro delle imprese.

Oltre alla pubblicazione dell’avviso relativo all’offerta di opzione nel registro delle imprese, è previsto che lo stesso sia pubblicato sul sito internet della società.

Infine, va segnalata l’eventualità che, in riferimento allo specifico aumento di capitale deliberato[7], tutti i soci rinuncino all’unanimità al termine fissato dall’art. 2441, comma 2, c.c.


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3. Esclusione del diritto di opzione

Quello dell’interesse della società in occasione dell’aumento a pagamento del capitale sociale è tema che viene in rilievo non soltanto in relazione alla pubblicità dell’offerta di opzione attraverso modalità idonee a consentire al socio attuale l’effettivo esercizio del diritto, ma anche in quanto elemento comune a tutte le cause di esclusione o limitazione del diritto di opzione.

L’art. 2441 c.c. si fa così norma che regola e controlla la relazione socio-società: l’uno interessato a sottoscrivere le azioni al valore nominale, o, in alternativa, a una determinazione del prezzo di emissione più alto possibile; l’altra, s’è visto, a massimizzare un intervento sul capitale sociale atto a incrementare il più possibile il patrimonio netto.

▪ Esclusione del diritto di opzione a causa della natura del conferimento.

È innanzitutto escluso il diritto di opzione quando le azioni devono essere liberate attraverso conferimenti in natura. L’interesse sociale consiste nella volontà della società di procurarsi da terzi determinati beni a titolo di conferimento (art. 2441, comma 4, c.c.).

L’interesse della società (a procurarsi quel bene) viene così valutato come prevalente rispetto a quello del singolo socio alla sottoscrizione dell’aumento.

Va inoltre notato come, se a venire in rilievo e un conferimento in natura, il diritto di opzione è escluso ex lege («non spetta» recita l’art. 2441, comma 4, c.c.): il socio che conferisce in natura non esercita il diritto di opzione; infatti, se il diritto di opzione viene escluso soltanto su una parte dell’aumento (limitazione), «la parte di aumento da offrire in opzione ai soci [va] offerta a tutti i soci»[8], ossia anche al socio che conferisce in natura.

La norma tra l’altro non distingue tra conferimento fatto dal socio ovvero dal terzo.

È onere degli amministratori metter in rilievo, attraverso un’apposita relazione illustrativa, la relativa proposta di aumento del capitale sociale, sì che a tutti gli azionisti sia effettivamente concessa una valutazione consapevole sull’opportunità dell’operazione straordinaria.

Inoltre, la relazione giurata di stima – fatta dall’esperto nominato dal tribunale – del conferimento in natura va redatta prima della delibera assembleare di aumento del capitale e conservata presso la sede della società fino al momento in cui l’assemblea non abbia deliberato.

Se la società ha azioni quotate in un mercato regolamentato, tanto la relazione illustrativa degli amministratori quanto la relazione di stima giurata vanno, almeno 21 giorni prima dell’assemblea, pubblicate sul sito internet della società (artt. 158 TUF e 70 reg. emittenti).

È, in quest’ipotesi come in quella di esclusione o limitazione del diritto di opzione per interesse sociale prevalente, obbligatoria l’emissione delle nuove azioni con sovrapprezzo, ossia per somma superiore al loro valore nominale (art. 2441, comma 6, c.c.).

▪ Esclusione del diritto di opzione in vista di un interesse sociale prevalente.

Può esser escluso o limitato il diritto di opzione quando «l’interesse della società lo esige» (art. 2441, comma 5, c.c.).

Sussiste:

– un elemento sostanziale: un interesse attuale, concreto, ossia una determinata ragione che faccia valere come effettivamente preferibile un’esclusione o una limitazione del diritto di opzione;

– un elemento formale: una corretta informazione dei soci.

Quello che viene in rilievo è uno specifico e concreto interesse della società all’esclusione o limitazione del diritto di opzione. Occorre, in fase di aumento a pagamento del capitale sociale, metter in luce l’eventuale (assoluta) necessità o, almeno[9], che la ragione sottostante all’intervento della società sul diritto del socio in esame sia dall’assemblea valutata come «preferibile» in tanto in quanto «ragionevole e più conveniente»[10] in vista dell’ingresso di nuovi soci.

Sulla ragionevolezza, anziché l’assoluta necessità, dell’esclusione del diritto di opzione così argomentava la Cassazione:

Affinché, ai sensi dell’art. 2441 c.c., sia consentito sacrificare il diritto di opzione attribuito al socio, non è necessario che tale sacrificio costituisca l’unico inderogabile mezzo per realizzare l’interesse della società, ma è sufficiente che […] nella scelta del modo di realizzare l’aumento del capitale la […] soluzione appaia preferibile e ragionevolmente più conveniente[11].

Anche in Dottrina si è infine ritenuta più vicina alla fisionomia del diritto societario la teoria della preferenza (o della ragionevole convenienza) anziché quella della necessità[12].

Dall’interesse preferibile della società origina a carico degli amministratori un obbligo di motivazione dell’esclusione dell’opzione: non è sufficiente un qualunque interesse economico, o, comunque, un interesse soltanto astratto, ma – sottolinea la Dottrina[13] – risulta necessario un interesse sociale attuale e qualificato.

Pare che la delibera assembleare che non giustifichi specificamente l’esclusione del diritto di opzione sia soltanto annullabile[14]. Oggi, inoltre, il notaio rogante è tenuto a rifiutare di chiedere l’iscrizione della delibera in oggetto nel registro delle imprese.

La proposta va, attraverso un’apposita relazione, illustrata dagli amministratori. Dalla relazione risultano le ragioni che hanno in concreto spinto la società a aumentare il capitale sociale con esclusione o limitazione del diritto di opzione. È stato ritenuto necessario che gli amministratori «spieghino concretamente quale sia l’interesse sociale sussistente»[15].

L’elemento formale dell’informazione societaria si fa allora controllo ulteriore a garanzia dell’autentica attualità dell’interesse sociale contro quello del socio così costretto a sacrificare il suo diritto.

È, in quest’ipotesi come in quella di esclusione del diritto di opzione a causa della natura del conferimento, obbligatoria l’emissione delle nuove azioni con sovrapprezzo, ossia per somma superiore al loro valore nominale (art. 2441, comma 6, c.c.).

▪ Esclusione del diritto di opzione per clausola statutaria.

Può esser escluso dallo statuto di una società avente azioni quotate in un mercato regolamentato il diritto di opzione entro il 10% del capitale sociale[16]. Ciò a condizione che il prezzo di emissione sia almeno pari al prezzo di mercato delle azioni; quest’ultima situazione sia confermata in un’apposita relazione da un revisore legale o da una società di revisione.

▪ Esclusione del diritto di opzione per aumenti di capitale riservati a dipendenti.

Può esser escluso, infine, il diritto di opzione dall’assemblea straordinaria quando le azioni vanno offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società o a dipendenti della controllante o controllata (art. 2441, ultimo comma, c.c.).

4. Procedura

L’esclusione (o limitazione) del diritto di opzione è così assicurata in forza di un iter valutativo dell’interesse sociale atto a garantire un’esauriente e corretta informazione dei soci.

L’iter in esame si articola in sei fasi, in estrema sintesi:

– stesura di una relazione illustrativa dell’organo amministrativo in cui siano giustificate, s’è visto, le ragioni che hanno spinto all’esclusione del diritto di opzione (ragioni che hanno reso preferibile sacrificare in tutto o in parte il diritto del socio attuale);

– l’organo amministrativo comunica la relazione al collegio sindacale (o al consiglio di sorveglianza), nonché al soggetto incaricato del controllo contabile almeno 30 giorni prima della convocazione dell’assemblea;

– entro 15 giorni dalla comunicazione della relazione degli amministratori il collegio sindacale fornisce un parere sul prezzo di emissione;

– la documentazione viene depositata presso la sede sociale;

– l’assemblea approva la proposta di aumento reale del capitale sociale con esclusione del diritto di opzione;

– emissione delle nuove azioni con sovrapprezzo.

5. Osservazioni conclusive

È chiara allora la finalità del diritto di opzione: mantenere inalterata la proporzione in cui ciascun socio partecipa al capitale e al patrimonio sociale. Altrettanto chiara è la ratio dell’esclusione o limitazione dello stesso: favorire l’ingresso di nuovi soci: l’aumento reale del capitale sociale origina l’emissione di nuove azioni a pagamento, le quali vengono sottoscritte da quei soci attuali a cui l’ordinamento riconosce il diritto di opzione ovvero da terzi, che diventano così soci.

In ciò l’art. 2441 c.c. si fa norma regolatrice del corretto rapporto che intercorre fra socio e società in almeno 2 occasioni:

– nel comma 2, in cui fissa la tecnica della pubblicazione dell’avviso di opzione nel registro delle imprese a tutela non soltanto del socio attualmente titolare delle azioni, ma anche dell’interesse sociale alla più conveniente collocazione delle azioni sul mercato;

– nel comma 5, in cui fissa a giustificazione dell’esclusione o limitazione del diritto di opzione un concreto interesse della società a un risultato anche soltanto preferibile rispetto a quello del socio.

Un’ultima osservazione. L’enunciato dell’art. 2441 si fa regola viva in valore dell’intervento attivo e costruttivo del notaio: eletto dall’autonomia negoziale a un’organizzazione-sistematizzazione delle tante soluzioni alternative, la legge riserva al notaio il controllo sull’osservanza delle norme che regolano la relazione socio-società e dalle quali va tratto, allora, un titolo atto a valutare l’effettiva rilevanza dell’interesse sociale come valore sotteso all’intero Diritto societario.

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Note

[1] E. Ginevra, Sottoscrizione e aumento del capitale sociale nelle s.p.a., Giuffrè, Milano 2001, cit., p. 162.

[2] In tema rinvio a E. Civerra, Le operazioni straordinarie. Aspetti civilistici, contabili e procedurali, IPSOA, Milano 2008, pp. 59 e ss.

[3] Sia essa assembleare o consiliare (aumento delegato). Per una disciplina della delibera del consiglio di amministrazione di aumento oneroso del capitale sociale rinvio a G. F. Campobasso, Diritto delle società, UTET, Milano 2019, pp. 503-4.

[4] Art. 44, comma 4, lett. a), D.L. 16 luglio 2020, n. 76 convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[5] Recita l’art. 2481-bis, comma 2, c.c.: «La decisione di aumento di capitale prevede l’eventuale soprapprezzo e […] i termini entro i quali può essere esercitato il diritto di sottoscrizione. Tali termini non possono essere inferiori a trenta giorni dal momento in cui viene comunicato ai soci che l’aumento di capitale può essere sottoscritto. La decisione può anche consentire, disciplinandone le modalità, che la parte dell’aumento di capitale non sottoscritta da uno o più soci sia sottoscritta dagli altri soci o da terzi». L’offerta di sottoscrizione non è pubblicata nel registro delle imprese, ma comunicata ai soci. La comunicazione può esser effettuata attraverso invio di avviso al domicilio del socio, o direttamente ai soci in assemblea.

[6] Questa tecnica alternativa all’iscrizione nel registro delle imprese avrebbe comunque dovuto esser espressamente prevista nello statuto. Così C. A. Busi, S.p.a.-s.r.l. operazioni sul capitale, EGEA, Milano 2004, p. 257.

[7] Com. not. Triveneto, Orientamento H.G.1/2004, TERMINE PER L’ESERCIZIO DELL’OPZIONE SUGLI AUMENTI DI CAPITALE «Il termine non inferiore a 30 giorni dalla pubblicazione dell’offerta per l’esercizio del diritto di opzione in caso di aumento di capitale, termine previsto dall’art. 2441, comma 2, c.c., non può essere ridotto per disposizione statutaria o con deliberazione assembleare adottata a maggioranza. È tuttavia ammesso che tutti i soci della società rinuncino a tale termine di legge in riferimento allo specifico aumento di capitale deliberato».

[8] L. Genghini, P. Simonetti, Le società di capitali e le cooperative, Wolters Kluwer, Milano 2022, cit., p. 907.

[9] È senz’altro più corretta un’interpretazione dell’interesse sociale legata alla formula della preferibilità – anziché a quella della necessità – sottostante a un’esclusione del diritto di opzione rispetto all’aumento del capitale sociale senza esclusione, formula, oltretutto, rafforzata dalla teoria della sovranità dell’assemblea in funzione dell’interesse della società attuale: rinvio, in tema, a E. Civerra, Le operazioni straordinarie, pp. 71-74 in cui si fa leva sull’astratta intenzione del legislatore resa attraverso la littera «esige» dall’art. 2441, comma 5, c.c.

[10] F. Chiappetta, Finanziamento della società per azioni e interesse sociale, in Riv. soc., 2006, cit., p. 675.

[11] Cass. 28 giugno 1980, n. 4089, in Giur. it., I, 786.

[12] G. F. Campobasso, Diritto delle società, p. 511, ma anche E. Civerra, Le operazioni straordinarie, p. 73.

[13] Per tutti: E. Civerra, Le operazioni straordinarie, pp. 71 e ss.

[14] Cass. 23 marzo 1993, n. 3458, in Giur. comm., 1994, II, 372 e Cass., 7 novembre 2008, n. 26842, in Società, 2009, 26; Cass., 20 gennaio 2011, n. 1361. Così anche G. F. Campobasso, Diritto delle società, p. 511, nota 50.

[15] Trib. Saluzzo 10 aprile 2001, in Giur. comm., 2001, II, 623.

[16] Consiglio Notarile di Milano, massima n. 90, AUMENTO DI CAPITALE CON ESCLUSIONE DELL’OPZIONE NEI LIMITI DEL DIECI PER CENTO NELLE SOCIETÀ QUOTATE: QUORUM ASSEMBLEARI E MODIFICA STATUTARIA (ART. 2441, 4° COMMA, SECONDO PERIODO, COD. CIV.) «La deliberazione dell’assemblea straordinaria di società con azioni quotate in mercati regolamentati che inserisce nello statuto la clausola che prevede l’esclusione del diritto di opzione nei limiti e alle condizioni previste all’art. 2441, comma 4, secondo periodo, c.c., è validamente assunta – […] – con i quorum previsti agli artt. 2368 e 2369 c.c., applicabili altresì alla deliberazione di aumento del capitale assunta in conformità alla clausola statutaria predetta.

In attuazione del principio secondo cui il disposto dell’art. 2436 c.c. non impedisce l’assunzione di deliberazioni fondate su modificazioni statutarie regolarmente approvate in assemblea ma non ancora iscritte nel registro delle imprese, è consentito che, nella medesima assemblea straordinaria, sia deliberato l’inserimento in statuto della clausola sopra menzionata e sia quindi approvato l’aumento di capitale disciplinato dalla clausola stessa, alle condizioni e nei limiti di cui al ripetuto art. 2441, comma 4, secondo periodo, c.c.; l’efficacia della deliberazione di aumento di capitale resterà tuttavia subordinata all’iscrizione nel registro delle imprese sia della clausola che la consente, sia dell’aumento di capitale».

Samuele Ricobelli

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