Il difficile compito di essere giovani

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Dagli anni ’50 ad oggi la società italiana ha attraversato diverse “turbolenze”: economico-strutturali e culturali. Mutamenti che hanno inciso notevolmente sulla famiglia tradizionale agevolando il passaggio da una famiglia orizzontale (dove vi era una netta distinzione fra adulti e bambini) ad una famiglia verticale (nella quale vi è l’incontro fra più generazioni e un fortissimo legame protettivo e affettivo). Tale situazione, diffusa in tutta la Comunità Europea, ha scatenato insicurezza e disorientamento nei giovani sino ad arrivare ad un disagio d’identità/ esistenziale .

Ritornando alla società italiana questa è stata teatro di grandi tensioni: incertezza prima di tutto, conflitti, crisi, declino. L’adolescenza e la gioventù, in questo clima, vengono inquadrate come fasi cariche di negatività e rischi. Le rappresentazioni sociali relative ai giovani rimandano spesso a problematiche serie: lo scarso grado di apprendimento, disinteresse della vita sociale, le dipendenze e i comportamenti a rischio, il declino delle nascite. Si rileva, quindi, gli aspetti salienti dell’evoluzione e di trasformazione nelle nuove generazioni, che producono, o riflettono, altre prospettive ed aspettative ma, nel contempo, anche nuove forme di disagi, rischi ed senso di incertezza.

Diversi sono i motivi che hanno influenzato le nostre abitudini di vita e comportamenti ma, tra questi, l’ economia è quella che ha senz’altro giocato il ruolo più importante. Infatti, sebbene sia difficile rinunciare ai confort materni e assumersi le proprie responsabilità, non è certo una sorpresa che, con i tempi di crisi che corrono, i giovani prediligano la vita in famiglia alla vita indipendente. Volendo essere pratici ed analizzare si comprende che:

  • l’affitto di un monolocale si aggira sulle 500 € mensili(incluso e/o escluso il condominio);

  • bollette varie da pagare;

  • mezzi di trasporto;

  • vitto;

  • vestiario,

sono spese enormi rispetto a stipendi (da fortunati) di 1.000 /1.100 euro al mese.

Dal riscontro oggettivo non sono tanto da redarguire i giovani quando, davanti al costo della vita, prediligono rimanere in famiglia e contribuire ad essa (tutto sommato costa meno!) e magari cercare di risparmiare per poter affrontare l’acquisto, con eventuale impegno di mutuo, per evitare di sperperare quello “stipendio” esiguo.

L’ingresso nel mondo del lavoro è sempre più difficile, in particolare per i ragazzi compresi tra i 25 e i 34 anni con un basso livello di studi. Il tasso di disoccupazione per questa categoria è salito nel 2009 al 19,2%, mentre è inferiore per chi ha un diploma o una laurea, rispettivamente il 9,1% e il 5,9% (studio dell’Eurostat).

Quindi non c’è da meravigliarsi se, in Italia, moltissimi giovani laureati, una volta terminati gli studi, invece di riuscire a realizzare, dopo tanti sacrifici – ricordiamo che tanti lavorano e studiano -, i propri progetti di vita, si ritrovano ad ingrossare le file dei disoccupati, continuando a vivere in casa con i genitori. Accanto ad una percentuale di giovani “parcheggiati” all’università, esistono anche tanti ragazzi che riescono a terminare gli studi nei tempi previsti e che vorrebbero, una volta ottenuta la preziosa pergamena, cominciare a “vivere”, non dovendo essere più “figli di famiglia”. La situazione non è per niente rosea: se sono fortunati riescono ad inserirsi in uno stage, quasi sempre non retribuito. Lo stage infatti, inizialmente doveva essere un periodo di tirocinio e di addestramento in vista di lavoro stabile, è ormai prassi, nella Comunità Europea, di una pedaggio obbligatorio fra la fine degli studi e l’avvio nel mondo del lavoro; il dramma è che questa “qualificazione specializzante” si prolunga spesso per alcuni mesi e, la cosa negativa, si trasforma in un vero e proprio sfruttamento da parte delle aziende, dal momento che l’assunzione, o anche solo un contratto a progetto è un miraggio che pochi fortunati stagisti. Nella frequenza di tale stage all’estero avviene anche il riscontro delle differenze fra il nostro ed altri paesi, lo stage non è inserito di prassi nel corso di studi universitari, così gli studenti italiani devono confrontarsi con i colleghi europei dopo il conseguimento della laurea, ad una età superiore rispetto alla media.

Se tutto va bene e trovano il coraggio di lasciare l’Italia, in vista di un lavoro che possa garantire una vita tranquilla, tanti giovani valutano tra Europa o Stati Uniti. La realtà dei fatti è che pochi si soffermano a riflettere, salvo poi lamentarsi quando i notiziari televisivi enfatizzano sulla “fuga dei cervelli” dall’Italia o sul Nobel vinto da italiani all’estero.

 

Mariagabriella Corbi

 Dottoressa in Scienze dell’educazione

Consulente dell’educazione familiare

Mediatrice Familiare

 

www.noproblemforyou.it

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Corbi Mariagabriella

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