Il consiglio di stato non ha dubbi: l’A.T.E.R.P. (azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica) di roma e’ un organismo di diritto pubblico e come tale soggetto al codice dei contratti

Lazzini Sonia 30/10/08
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Si può affermare la non sottoposizione dell’A.T.E.R.P. alle regole dell’evidenza pubblica, mercè la sua qualificazione come Ente Pubblico Economico?
 
il pertinente quadro normativo (ed, in particolare, la L.R. 3 settembre 2002, n. 30, recante ‘Ordinamento degli Enti regionali operanti in materia di edilizia residenziale pubblica’) palesano che l’Azienda appellate sia certamente ascrivibile fra i soggetti tenuti in via ordinaria (e non soltanto in base a libere determinazioni in tal senso) all’applicazione delle normativa comunitaria e nazionale in tema di evidenza pubblica._Tale ascrizione rappresenta la necessaria conseguenza della qualificazione dell’Azienda quale organismo di diritto pubblico ai sensi della pertinente normativa comunitaria e nazionale (ci si riferisce, in particolare – ratione temporis -: all’art. 1, primo comma, lettera b) della direttiva 92/50/CEE, nonché all’art. 2, comma 1, lettera b) del d.lgs. 157 del 1995)._ Al riguardo si osserva che, anche a prescindere dall’ascrivibilità dell’Azienda appellante al novero degli enti pubblici economici, ciò non esclude in alcun modo la sua concomitante ascrivibilità al novero degli organismi di diritto pubblico_ la devoluzione della controversia in questione al plesso T.A.R. / Consiglio di Stato non discende (come, pure, ritenuto dell’appellante) dall’adesione all’approccio ermeneutico secondo cui l’art. 6, l. 205, cit. postulerebbe la giurisdizione del G.A. anche le controversie in cui il ricorso all’evidenza pubblica discenda da una libera scelta dell’Amministrazione aggiudicatrice, ma discende (come si è già in precedenza osservato) dal riconosciuto carattere di organismo di diritto pubblico certamente ascrivibile in capo all’appellante A.T.E.R.P..
 
merita di essere segnalato il seguente passaggio tratto dalla decisione numero 4326 del 10 settembre 2008 , inviata per la pubblicazione in data 18 settembre 2008,emessa dal Consiglio di Stato
 
< Come è noto, infatti, la qualificazione di un soggetto come organismo di diritto pubblico postula la concorrente sussistenza di tre elementi:
 
il possesso della personalità giuridica;
 
la circostanza che il soggetto di cui trattasi sia istituito per soddisfare specifiche finalità di interesse generale, non aventi carattere industriale o commerciale, nonché
 
la circostanza che l’attività del soggetto in questione sia finanziata in modo maggioritario da un Ente pubblico, ovvero che la relativa gestione sia da esso controllata, ovvero che gli organi di amministrazione, di direzione o di vigilanza siano costituiti, almeno per la metà, da componenti da esso designati.
    E’ altresì noto che, con più specifico riguardo al requisito sub b), la giurisprudenza abbia chiarito che l’interprete ne debba indagare la sussistenza conferendo rilievo preminente non già al carattere (industriale o commerciale) dell’attività gestionale posta in essere dall’organismo di cui si discute, bensì avendo riguardo al carattere dell’interesse (rectius: delle esigenze) al cui perseguimento detta attività è teleologicamente ed istituzionalmente rivolta (sul punto: Corte di Giustizia delle CE, sent. 10 novembre 1998, in causa C-360/96 Gemeente Arnhem e a. vs. B.F.I. Holding B.V.).
 
    Conseguentemente, è ben possibile che un determinato organismo persegua un interesse non industriale (ad es.: un fine di interesse generale per la collettività dei consumatori o degli utenti) utilizzando strumenti operativi lato sensu privatistici, e che nondimeno l’organismo stesso sia qualificabile come o.d.p. ai sensi del diritto comunitario e della relativa normativa nazionale di recepimento (sul punto – ex plurimis – Cons. Stato, Sez. VI, sent. 28 ottobre 1998, n. 1478; id., Sez. V, sent. 7 giugno 1999, n. 295).
 
    Riconducendo i principi testé richiamati alle peculiarità del caso di specie, il Collegio ritiene che l’Azienda appellante sia certamente da ascrivere al novero degli organismi di diritto pubblico, sussistendo in capo ad essa tutti i tre richiamati requisiti.>
 
Ma vi è di più
 
    Riconducendo i principi testé richiamati alle peculiarità del caso di specie, il Collegio ritiene che l’Azienda appellante sia certamente da ascrivere al novero degli organismi di diritto pubblico, sussistendo in capo ad essa tutti i tre richiamati requisiti.
 
    Quanto al requisito sub a), è indubbio il possesso in capo all’A.T.E.R.P. del requisito della personalità giuridica, deponendo in tal senso l’espresso disposto del comma 3 dell’art. 1, L.R. 30 del 2002.
 
    Per quanto concerne, poi, il requisito sub b), è del pari evidente che le Aziende territoriali per l’edilizia residenziale pubblica di cui alla L.R. 30 del 2002, cit., siano istituzionalmente rivolte al soddisfacimento di specifiche finalità di interesse generale, non aventi carattere industriale o commerciale (non rilevando al riguardo l’eventuale svolgimento delle relative funzioni attraverso attività di carattere lato sensu privatistico).
 
    Sotto tale profilo, mette appena conto rilevare che la norma regionale istitutiva delle Aziende in questione (la menzionata L.R. 30 del 2002), nel rinviare espressamente alle competenza già svolte dagli I.A.C.P. (ivi, art. 3, comma 1) ascrive in capo agli A.T.E.R.P. una serie di compiti afferenti alla cura di interessi di ordine evidentemente sociale ed – in quanto tali – certamente riconducibili alla previsione di cui al richiamato punto b).
 
    Al riguardo, basti osservare che l’espresso rinvio alla L.R. 6 agosto 1999, n. 12 (recante ‘disciplina delle funzioni amministrative regionali e locali in materia di edilizia residenziale pubblica’), con particolare riguardo all’art. 2 (in tema di principi afferenti la materia de qua), trasferisce in capo alle neoistituite Aziende – inter alia – il compito:
 
– di garantire la finalità dell’edilizia residenziale pubblica destinata all’assistenza abitativa per i nuclei familiari in condizioni disagiate, agevolando il normale svolgimento del mercato delle locazioni (comma 1, lettera a) dell’art. 2, L.R. 12 del 1999, cit.);
 
– di favorire lo studio delle situazioni di degrado urbanistico-edilizio al fine di attuare interventi mirati di recupero edilizio (ivi, comma 1, lettera b));
 
– di garantire trasparenza sia nelle assegnazioni che nella gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica destinata all’assistenza abitativa (ivi, comma 1, lettera f)).
 
    Per quanto concerne, infine, il terzo dei requisiti richiesti per individuare un organismo di diritto pubblico, si osserva che nel caso degli A.T.E.R.P. è indubbiamente sussistente un controllo gestionale da parte degli Enti pubblici di riferimento>
 
SI LEGGA ANCHE
 
Sulla definizione di organismo di diritto pubblico
 
l art.3, comma 26, D. lgs n. 163/2006), accanto al dato giuridico-formale del possesso della personalità giuridica (anche in forma societaria) ribadisce il duplice requisito della funzionalizzazione dell’attività in vista del perseguimento di finalità di interesse collettivo (istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale) e dell’assoggettamento, in senso lato, a controlli pubblici (attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico)
 
 
Merita di essere segnalato il pensiero espresso dal Tar Campania, Napoli, con la sentenza numero 884 del 2 febbraio 2007 :
 
< Quanto al primo aspetto, deve innanzi tutto essere rammentato che la stessa pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione, sia pure in relazione alla disciplina degli appalti di pubblico servizio – dopo aver precisato che la società consortile non possa classificarsi tra le amministrazioni dello Stato e tra gli enti pubblici territoriali; che non possa considerarsi neppure come ente pubblico non economico, per difetto di attribuzione dei compiti pubblici e, in particolare, per la mancanza di norme speciali, che la riguardino: ovverosia, per l’assenza dei riferimenti di diritto positivo, in conformità con il principio di legalità che informa la materia – conclude nel senso che la società consortile non può ricomprendersi neppure tra gli organismi di diritto pubblico, i quali costituiscono l’unica figura soggettiva in cui potrebbe inserirsi, stante la tipicità degli enti specificamente menzionati dall’art. 2 comma 1 cit.
 
Alla società difetta, invero, il primo e il più importante dei caratteri, che deve possedere l’organismo di diritto pubblico: vale a dire il fine pubblico, come viene definito dall’art. 1, lett. b) comma 2, primo alinea, della Direttiva 92-50 CEE, che fa riferimento ad un organismo "istituito per soddisfare bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale".
 
 Trattasi di conclusioni che mantengono la loro piena validità anche con riferimento al settore degli appalti di lavori pubblici in relazione ai quali la normativa di riferimento considera ente pubblico qualsiasi organismo, dotato di personalità giuridica, istituito per soddisfare specificatamente bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale e la cui attività goda in misura maggioritaria di finanziamenti pubblici ovvero la cui gestione è sottoposta al controllo dei soggetti parimenti pubblici>
 
Di conseguenza, qualora un soggetto privato decidesse comunque di applicare la normativa sull’evidenza pubblica, il competente giudice è comunque quello ordinario e non quello amministrativo in quanto:
 
< In disparte la questione della integralità del rinvio a siffatto schema (ciò che peraltro refluisce sulla stessa ammissibilità e fondatezza delle censure di cui al ricorso), va comunque osservato che, se pure il C.A.A.N. si fosse autolimitato scegliendo spontaneamente di applicare la normativa dell’ "evidenza pubblica", ciò non basterebbe a rendere applicabile le previsioni di giurisdizione amministrativa esclusiva di cui al d. lgs. n. 80/98 ed alla l. 205/2000, giacché esso si riferisce ai "soggetti comunque tenuti alla applicazione delle norme comunitarie o della normativa nazionale o regionale", e non ai soggetti che applichino quelle norme pur senza esservi tenuti.>
 
A cura di Sonia Lazzini
  • qui la sentenza

Lazzini Sonia

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