Il commissariamento delle società d’ambito per la raccolta dei rifiuti in Sicilia

Redazione 30/04/09
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Uno degli argomenti che caratterizza il dibattito parlamentare attualmente in corso all’Assemblea Regionale Siciliana riguarda l’ipotesi di commissariamento delle società d’ambito deputate ope legis alla gestione del ciclo dei rifiuti in Sicilia. Alcuni parlamentari, in sede di istruttoria dei testi legislativi, si sono opposti a tale ipotesi, sostenendo che la Regione non può commissariare società per azioni la cui natura privatistica è regolata dalle norme del diritto comune e dai rispettivi statuti. In effetti tutti gli statuti delle società d’ambito siciliane disciplinano le modalità di estinzione delle stesse, ma com’è noto “la norma statutaria disciplinante l’ipotesi di scioglimento (art. 20) per sopravvenuta impossibilità dello scopo o in caso di estinzione o insufficienza del patrimonio al perseguimento delle finalità istituzionali appare una normale clausola (quasi di stile) generalmente ricorrente in tutti gli Statuti[1] e come tale non determinante per stabilire la natura giuridica dell’ente. Il problema, tuttavia c’è e si vede pure, ma in questa sede non appare utile ritornare sulla natura giuridica delle società d’ambito siciliane, per la quale abbiamo già fornito il nostro contributo[2]. Sembra invece più funzionale al dibattito, approfondire l’ipotesi del commissariamento partendo dal recente pronunciamento del Tribunale di Patti secondo cui “Deve ritenersi che l’ATO ME1 s.p.a., sebbene formalmente abbia veste privata, sia nella sostanza un ente pubblico e non possa quindi essere assoggettata a fallimento, ex art. 1, comma 1 L.F..[3]
 
Se la società d’ambito, formalmente di diritto privato, è sostanzialmente un ente pubblico il ragionamento sull’ipotesi del commissariamento non è affatto infondata. Occorre però approfondire meglio l’argomento, ritornando alla genesi tipologica della società d’ambito. Ciò servirà ad individuare il soggetto che può commissariare ed in forza di quale normativa vigente e presente nel nostro ordinamento.
L’attribuzione della titolarità delle risorse per la gestione dei rifiuti è avvenuta in applicazione di quanto stabilito dal Commissario delegato per l’Emergenza rifiuti nella Regione Sicilia che, in merito, ha previsto come obbligatoria la gestione dei rifiuti in Ambito Territoriale Ottimale (A.T.O.) a mente dell’art. 233 del D.lgs n. 22/97, secondo le modalità ivi pure stabilite (Ordinanza n. 488 dell’11/06/2002 e n. 1069 del 28/11/2002). Per la giurisprudenza amministrativa, “Nella rinnovata prospettiva comunitaria in materia di gestione dei servizi pubblici facenti capo agli enti locali, la nuova normativa predilige – in luogo delle gestione diretta del servizio – una gestione ottimale per ambiti territoriali omogenei per il tramite di società d’ambito: la cui istituzione, coinvolgendo direttamente gli Enti Locali interessati, non può ritenersi lesiva della rispettiva sfera di autonomia. In conformità ai principi comunitari di adeguatezza ed efficienza dell’organizzazione del servizio di che trattasi (unitamente alla nuova rilevanza del principio della concorrenza nel settore della erogazione dei servizi pubblici) la nuova normativa si propone il superamento del modello della gestione frammentaria per singoli ambiti comunali, prevedendo forme anche obbligatorie di cooperazione tra gli enti locali”.[4]
La responsabilità della gestione, quindi, con gli atti in esame, è stata affidata alla società d’ambito, che è organismo avente propria personalità giuridica, costituito per effetto obbligatorio di norme di legge e provvedimenti commissariali adottati in regime di emergenza di protezione civile, tra Enti pubblici locali territoriali ed è deputato alla cura di predominanti interessi pubblici. Le richiamate disposizioni realizzano un vero e proprio trasferimento di funzioni con relativo mutamento nella titolarità del potere, che dal Comune “trasla”, in via amministrativa, in capo all’Ente pubblico appositamente costituito. “Pertanto, tra Comune ed ATO si deve quindi considerare il rapporto come una vera e propria successione tra Enti, sia pure permanendo in capo all’originario titolare della funzione una ridotta potestà (avente soprattutto natura partecipativa all’esercizio del potere da parte del nuovo titolare”.[5] A riprova di ciò si consideri che il Comune non ha la possibilità giuridica di “riacquisire” il servizio, sottraendosi alla società d’ambito e gestendo in proprio. Con riguardo, infatti all’art. 120 della Costituzione, sempre la giurisprudenza amministrativa ha affermato che “il principio di leale collaborazione tra gli enti è stato enucleato dalla Corte costituzionale con riferimento allo svolgimento dei diversi rapporti di rango costituzionale tra Stato e regioni, pur tuttavia la relativa applicazione non può condurre a situazioni di stallo decisionale che possano compromettere gli interessi pubblici oggetto delle decisioni da assumere, ed il rispetto di detto principio non può legittimare comportamenti che tendono a paralizzare la costituzione degli A.t.o. (…).[6] Il Comune, quindi, non ha più funzioni impositive, non ha poteri di regolamentazione autonoma dello stesso, disponendo per il proprio territorio una eventuale organizzazione difforme da quella dell’ambito; tutte le funzioni residuali che gli permangono per effetto dell’art. 23 del Dlgs. n. 22/97, il Comune li esercita obbligatoriamente <<nella>> società d’ambito, come socio nell’Assemblea. La società d’ambito, quindi, è una modalità di gestione di un servizio attribuito in forma associativa e collettiva in capo a tutti gli Enti dell’ambito ottimale, con modalità avente natura e carattere obbligatorio, per via dell’avvenuto commissariamento emergenziale della Regione e degli Enti locali regionali in materia di rifiuti. A riprova di tale argomentazione, si osserva che sono state infatti trasferite alla società d’ambito anche le risorse e le funzioni amministrative dell’Ente, nonché (soprattutto) la titolarità dei poteri coattivi di imposizione e riscossione della tariffa; ed infine si è previsto espressamente che alla data di attivazione del servizio da parte della società d’ambito, le funzioni comunali in ordine al servizio vengono a cessare. Tale società è costituita per legge e non in base ad un patto societario, opera come strumento per il perseguimento di specifiche finalità stabilite nell’ambito di politiche ministeriali ed inoltre ad essa sono affidati obbligatoriamente determinati compiti previsti dalla legge. 
Da tale quadro argomentativo emerge un organismo dotato di personalità giuridica, di autonomia amministrativa ed organizzativa, ma ancorato nel sistema degli enti territoriali. E non potrebbe non essere così se si considera che i soci sono obbligatoriamente rappresentati dai Comuni appartenenti all’ambito territoriale ottimale e dalla Provincia Regionale di riferimento. Conducente è, a tal fine, il parere espresso dal Consiglio di Giustizia Amministrativa che sull’argomento si è così espresso: “Il fatto che l’ATO ME 4 sia formalmente una società di diritto privato non può, anzitutto, avere rilevanza, trattandosi di soggetto a capitale pubblico – costituito tra i comuni territorialmente competenti e la provincia regionale di Messina per la gestione integrata dei rifiuti in ambito territoriale ottimale – che in quanto <<amministrazione aggiudicatrice>> è tenuta comunque ad applicare la normativa, di derivazione comunitaria, in tema di appalti pubblici di servizi”.[7] Che la società d’ambito sia riconducibile al sistema degli enti locali lo si evince anche da un altro pronunciamento della giustizia amministrativa, secondo cui “Se da un lato è indiscutibile il riconoscimento di un’autonoma soggettività all’A.T.O. (indipendentemente dalla possibilità di qualificarlo – prima del Dlgs. 152/06 – come ente dotato di personalità, essendo i due concetti distinti anche nel diritto pubblico), dall’altro è altrettanto non dubitabile che lo stesso esprime compiti istituzionalmente di competenza degli enti locali, al cui sistema dunque – in assenza di contrarie previsioni – va ricondotto”.[8]
Se, quindi, la società d’ambito appartiene a pieno titolo al sistema degli enti territoriali, bisogna individuare quali sono i casi in cui si può incorrere nell’ipotesi di commissariamento e, soprattutto, chi può, o deve, commissariare. I casi in cui è possibile procedere al commissariamento degli organi di un ente locale sono descritti, in modo dettagliato, dall’art. 141 del T.U.E.L.. Ma dalla lettura delle varie ipotesi espressamente elencate emerge chiaramente un sistema normativo costruito per i tradizionali enti locali che rimangono comuni e province. E’ impensabile che per l’ipotesi di impossibilità di funzionamento delle società d’ambito possa farsi ricorso al citato modello di commissariamento. Più percorribile sembra invece l’ipotesi generale prevista dall’art. 19, comma IV, del R.D. n. 383/34 che prevede l’invio di appositi Commissari, a cura del Prefetto, presso l’Amministrazione degli enti locali territoriali quando, per qualsiasi ragione, si verifica l’impossibilità di funzionamento di questi. L’art. 19 del R.D. n. 383 del 1934 è infatti da ritenere tuttora vigente e compatibile con il nuovo assetto determinato dalla riforma del Titolo V della Costituzione.[9]
Orbene, nel caso di accertata impossibilità di funzionamento delle società d’ambito può, quindi, farsi ricorso all’ipotesi di commissariamento a cura del Prefetto competente per territorio. Questo eviterebbe un intervento del legislatore regionale, che inevitabilmente, sarebbe costretto a commissariare indistintamente tutte le società d’ambito siciliane, comprese quelle virtuose. In disparte, le valutazioni in ordine alla costituzionalità di un simile intervento legislativo volto a commissariare tutte le società d’ambito. Ciò, in considerazione del fatto che “gli enti locali non possono farsi rientrare nel concetto di enti pubblici regionali o vigilati dalla Regione, trattandosi di enti autonomi che nella legislazione regionale vengono generalmente indicati come  <<enti locali territoriali>>[10] e che nel rispetto necessario del principio autonomistico “le autonome determinazioni della Regione devono favorire la piena realizzazione dell’autonomia degli enti locali”.[11] La Corte Costituzionale infatti, con specifico riferimento ad una regione ad autonomia speciale dotata di potestà legislativa primaria in tema di enti locali, ha affermato che una disposizione come quella di cui all’art. 5 della Costituzione certamente impegna la Repubblica “e anche quindi le regioni ad autonomia speciale, a riconoscere e a promuovere le autonomie”, ed ha aggiunto che “le leggi regionali possono bensì regolare” l’autonomia degli enti locali, “ma non mai comprimere fino a negarla”.[12] Analogamente, si è ritenuto doveroso il “coinvolgimento degli enti locali infraregionali alle determinazioni regionali di ordinamento”, in considerazione “dell’originaria posizione di autonomia ad essi riconosciuta”.[13]
 
Massimo Greco


[1] Tar Lazio, sez. III°, sent. n. 11749/2007.
[2] Si consenta il rinvio a:Massimo Greco, “La natura giuridica dell’A.T.O. rifiuti in Sicilia”, in MondoLegale.it, Rivista giuridica elettronica, pubblicata su Internet all’indirizzo http://mondolegale.it, 13/11/2007 e in AmbienteDiritto.it – Rivista giuridica registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006, 11/11/2007; sull’Organo d’informazione dell’Unione Regionale delle Province Siciliane il 15/01/2008; in Diritto & Diritti – Rivista giuridica elettronica, pubblicata su Internet all’indirizzo https://WWW.diritto.it., ISSN 1127-8579, 30/10/2008; in Borsa Rifiuti Garwer – Rivista telematica, pubblicata su Internet all’indirizzo www.borsarifiuti.com, 30/10/2008; e su Aedil Web – Rivista telematica, pubblicata su Internet all’indirizzo www.aedilweb.it, 03/11/2008. Citazione bibliografica di Chiara Scardaci in “ATO e TU ambientale: l’affidamento della gestione integrata dei rifiuti nella forma della società mista – nota a TAR Sicilia, n. 2511/2007”, inserto Rifiuti – Ambiente & Sviluppo – n. 8/2008; su Registro giuridico – jurispedia® enciclopedia giuridica pubblicata su Internet all’indirizzo www.registrogiuridico.com, 17/11/2008.
Massimo Greco “I Comuni in soccorso dell’ATO rifiuti”, in Diritto & Diritti – Rivista giuridica elettronica, pubblicata su internet all’indirizzo https://WWW.diritto.it., ISSN 1127-8579, 17/07/2008.
Massimo Greco “Gli ATO in Sicilia possono fallire?”, in Diritto & Diritti – Rivista giuridica elettronica, pubblicata su internet all’indirizzo https://WWW.diritto.it., ISSN 1127-8579, 06/11/2008; su Registro giuridico – jurispedia® enciclopedia giuridica pubblicata su Internet all’indirizzo www.registrogiuridico.com, 3/12/2008.
Massimo Greco “Gli ATO alle Province: una soluzione per due problemi”, in Diritto & Diritti – Rivista giuridica elettronica, pubblicata su internet all’indirizzo https://WWW.diritto.it., ISSN 1127-8579, 13/11/2008; sull’Organo d’informazione dell’Unione Regionale delle Province Siciliane n. 17 del 20/11/2008.
Massimo Greco “Il reclutamento delle risorse umane nelle società pubbliche”, in Diritto & Diritti – Rivista giuridica elettronica, pubblicata su internet all’indirizzo https://WWW.diritto.it., ISSN 1127-8579, 26/03/2009; su “Professione Acqua” rivista online pubblicata su internet all’indirizzo http://www.professioneacqua.it/default.asp, 28/03/2009.
[3] Tribunale di Patti, Decreto del 06/03/2009.
[4] Tar Palermo, sez. I°, sent. 10/05/2006, n. 1061.
[5] Tar Catania, sez. I°, sent. n. 1993/2006.
[6] Tar Catania, sez. I°, sent. n. 1974/2003.
[7] Cons. Giust. Amm. Parere n. 533/07 dell’11/12/2007.
[8] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 4/06/2007 n. 2948.
[9] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 9/10/2007 n. 5309.
[10] Tar Palermo, sez. I, 29/01/1996, n. 28.
[11] Corte Cost., sent. n. 238 del 26/06/2007.
[12] Corte Cost. sent. n. 83 del 1997.
[13] Corte Cost. sent. n. 229 del 2001.

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