Il Certificato successorio europeo

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Il Certificato successorio europeo (Cse) è stato istituito a livello comunitario con il Regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo ed è entrato in vigore il 17 agosto 2015.

In Italia ha trovato concreta applicazione in virtù dell’art. 32 della L. 30 ottobre 2014, n. 161 (Disposizioni in materia di certificato successorio europeo).

Il Cse, nato con lo scopo di armonizzare le regole delle successioni transfrontaliere, data la disomogeneità di norme che regolano la competenza, le leggi applicabili e la varietà delle autorità coinvolte, è destinato a essere utilizzato dagli eredi, dai legatari che vantano diritti sulla successione e dagli esecutori testamentari o amministratori dell’eredità che, in un altro Stato membro, hanno necessità di far valere la loro qualità o di esercitare, rispettivamente, i loro diritti di eredi o legatari e/o i loro poteri come esecutori testamentari o amministratori dell’eredità.

Nello specifico può essere adoperato, per dimostrare uno o più dei seguenti elementi (Articolo 63 Regolamento (UE) n. 650/2012):

a) la qualità e/o i diritti di ciascun erede ovvero di ciascun legatario menzionato nel certificato e le rispettive quote ereditarie;

b) l’attribuzione di uno o più beni determinati che fanno parte dell’eredità agli eredi ovvero ai legatari menzionati nel certificato;

c) i poteri della persona indicata nel certificato di dare esecuzione al testamento o di amministrare l’eredità.

Il certificato è rilasciato nello Stato membro i cui organi giurisdizionali sono competenti in base ad una serie di presupposti stabiliti dal regolamento stesso che di seguito si esamineranno.

Di norma sull’intera successione la competenza a decidere spetta agli organi giurisdizionali dello Stato membro in cui il defunto aveva la residenza abituale al momento della morte.

Altresì, una persona può scegliere, come legge che vada a regolare la sua intera successione, quella dello Stato di cui ha la cittadinanza al momento della scelta o al momento della morte. Se una persona ha più di una cittadinanza può allora optare per la legge di uno qualsiasi degli Stati di cui ha la cittadinanza al momento della scelta o al momento della morte.

Tale scelta dovrà, però, essere effettuata in modo espresso a mezzo di dichiarazione resa nella forma di una disposizione a causa di morte o risultare dalle clausole di tale disposizione (art. 22 Regolamento (UE) n. 650/2012 rubricato “Scelta di legge”).

In questo secondo caso gli organi giurisdizionali dello Stato membro diventano competenti a decidere sulla successione:

a) da un lato, se l’organo giurisdizionale preventivamente adito ha dichiarato la propria incompetenza nella stessa causa, avendo ritenuto che gli organi giurisdizionali dello Stato membro della legge scelta siano più adatti a decidere sulla successione tenuto conto delle circostanze pratiche di quest’ultima, quali la residenza abituale delle parti e il luogo in cui sono situati i beni, e dall’altro, se sempre l’organo de quo ha dichiarato la propria incompetenza poiché le parti del procedimento hanno convenuto di attribuire la competenza a un organo giurisdizionale dello Stato membro della legge scelta;

b) se le parti del procedimento hanno convenuto di conferire la competenza a un organo giurisdizionale o agli organi giurisdizionali di tale Stato membro;

c) se le parti del procedimento hanno espressamente accettato la competenza dell’organo giurisdizionale adito.

Nel caso in cui, al momento della morte, il defunto non fosse residente abitualmente in uno Stato membro, gli organi giurisdizionali di uno Stato membro nel quale si trovassero beni ereditari sarebbero comunque competenti a decidere sull’intera successione, nella misura in cui:

a) il defunto possedesse la cittadinanza di quello Stato membro al momento della morte; o, in mancanza,

b) la precedente residenza abituale del defunto fosse stabilita in quello Stato membro, purché nel momento in cui l’organo giurisdizionale venisse adito non fosse trascorso un periodo superiore a cinque anni dal cambiamento di tale residenza abituale.

Se tali criteri risultassero insufficienti allora a quel punto sarebbero competenti a decidere gli organi giurisdizionali dello Stato membro in cui si dovessero trovare i beni ereditari.

Infine, come ultimo criterio residuale, qualora nessun organo giurisdizionale di uno Stato membro risultasse competente in forza delle altre disposizioni del regolamento stesso, in casi eccezionali, gli organi giurisdizionali di uno Stato membro potrebbero decidere sulla successione nel caso in cui un procedimento non potesse ragionevolmente essere intentato o svolto o dovesse rilevarsi impossibile in uno Stato terzo con il quale la causa abbia uno stretto collegamento.

La causa dovrebbe presentare, comunque, un collegamento sufficiente con lo Stato membro dell’organo giurisdizionale adito.

Una volta individuato l’organo giurisdizionale competente in base ai criteri sopracitati, lo stesso organo adito – accertati gli elementi da attestare – rilascia il certificato il quale produce i suoi effetti in tutti gli Stati membri senza la necessità di ricorrere ad alcun procedimento.

Pertanto una volta rilasciato, si presume che il certificato dimostri con esattezza gli elementi accertati in base alla legge applicabile alla successione o a ogni altra legge applicabile a elementi specifici.

Si presume inoltre, che la persona indicata nel certificato come erede, legatario, esecutore testamentario o amministratore dell’eredità possieda la qualità indicata nel certificato e/o sia titolare dei diritti o dei poteri enunciati nel certificato, senza nessun’altra condizione e/o restrizione ulteriore rispetto a quelle menzionate nel certificato stesso.

Inoltre, chiunque agendo sulla base delle informazioni attestate nel certificato, esegua pagamenti o consegni beni a una persona indicata nello stesso come legittimata a riceverli, è considerato aver agito con una persona legittimata a ricevere tali pagamenti o beni, a meno che sia al corrente che il contenuto del certificato non corrisponda al vero o che il fatto di non saperlo derivi da colpa grave.

Se, poi, una persona menzionata nel certificato come legittimata a disporre di beni ereditari dovesse disporne a favore di un’altra persona, si considera che quest’ultima, ove agisca sulla base delle informazioni attestate nel certificato, abbia acquistato da una persona avente il potere di disporre di tali beni, a meno che la stessa sappia che il contenuto del certificato non dovesse corrispondere al vero o che il fatto di non saperlo derivi da negligenza grave.(cfr. art. 69 Regolamento (UE) n. 650/2012).

Appare utile segnalare, infine, quanto disposto nello specifico per il nostro paese dall’art. 32 della L. 30 ottobre 2014, n. 161 (Disposizioni in materia di certificato successorio europeo).

In base a tale legge è stato individuato il notaio quale organo competente a rilasciare il Cse.

Avverso le decisioni di quest’ultimo è ammesso reclamo davanti al tribunale, in composizione collegiale, del luogo in cui è residente il notaio che ha adottato la decisione impugnata. Si applicano in questo caso le disposizioni di cui all’articolo 739 del codice di procedura civile.

Con l’esclusione però dei territori in cui vige il sistema del libro fondiario. Infatti, in questi territori continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al titolo II del regio decreto 28 marzo 1929, n. 499, in materia di rilascio del certificato di eredità e di legato.

Frangipane Umberto

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