I termini per impugnare le sentenze penali del Giudice di Pace

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Nel tentativo di fornire una definitiva precisazione della dibattuta questione afferente i termini utili per il deposito e per la conseguente impugnativa delle sentenze emesse nel giudizio penale innanzi al Giudice di Pace, pare avere decisamente colto nel segno la decisione in commento, laddove precisa con massima serenità che il Giudice di Pace deve in ogni caso depositare le motivazioni della propria sentenza entro il termine di quindici giorni, qualora non provveda a dettarle direttamente a verbale di udienza, così come previsto dall’art. 32 del D.Lgs.n.274 del 2000, che riveste carattere pienamente derogatorio rispetto alla disciplina generale prevista dall’art.544 Cpp., con conseguente inapplicabilità di ogni altra diversa disposizione.

Per sapere tutto su questo argomento leggi “Le nuove impugnazioni penali dopo il D.LGS. 11/2018” scritto da Paolo Emilio De Simone e Roberta Della Fina.

Nello specifico, la Corte ha inteso anzitutto affrontare un ulteriore punto di doglianza sottoposto alla propria attenzione, puntualizzando ancora una volta – rimbalzando analoghe e radicate decisioni di legittimità[1] – che il termine per la redazione della sentenza di cui all’art.544 Cpp, alla scadenza del quale inizia a decorrere quello per proporre valida impugnazione ai sensi dell’art.585 Cpp., non è soggetto alla sospensione dei termini nel periodo feriale prevista dall’art.1 della legge n.742/69, per cui il termine suddetto deve sempre conteggiarsi per intero e senza sospensioni.

Chiarito tale preliminare passaggio, è parso assai agevole per la Corte rinvenire la disciplina concretamente applicabile alle decisioni emesse dal Giudice di Pace penale, racchiusa appunto nell’art.32, comma 4 del D.Lgs.n.274/2000 secondo cui: “La motivazione della sentenza è redatta dal Giudice in forma abbreviata e depositata nel termine di quindici giorni dalla lettura del dispositivo. Il Giudice può dettare la motivazione direttamente a verbale”.

Si tratta, a ben vedere, di una disposizione assolutamente tassativa che non ammette equipollenti, trattandosi di norma speciale apertamente derogatoria rispetto a quella generale del codice di rito, ed è proprio per tale stringente giustificazione che, come ampiamente dedotto nelle più disparate decisioni di legittimità, non è consentita al Giudice di Pace la possibilità di “autoassegnarsi” un termine differente e maggiore di quindici giorni (come invece espressamente previsto dall’art.544 Cpp.), non essendo tale facoltà consentita dal dettato dell’art.32 in parola, che riveste appunto carattere derogatorio rispetto all’art.544 Cpp.

La decisione in commento, inoltre, ha avuto il pregio di essersi spinta oltre, evidenziando in conseguenza a tutto ciò che, attesa l’indole schiettamente derogatoria della norma in parola, non si potrà fare applicazione dell’art.2 del medesimo D.Lgs. n.274/2000, laddove si prevede espressamente l’estensione delle norme del codice di rito nei procedimenti innanzi al Giudice di Pace, a meno che non sia stabilito diversamente.

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Il Giudice di Pace quindi, non può che conoscere due differenti termini per il deposito della propria decisione: quello contestuale alla lettura del dispositivo dettato a verbale di udienza, ovvero quello dei quindici giorni successivi alla lettura del dispositivo.

Una volta poste le basi del suesposto ragionamento, risulterà quindi di estrema facilità comprendere come la motivazione della sentenza del Giudice di Pace depositata oltre il quindicesimo giorno, dovrà ritenersi fuori termine e che, di riflesso, il termine per potere utilmente impugnare la predetta decisione sarà quello di trenta giorni, decorrenti dal momento in cui sia avvenuta la notifica dell’avviso di deposito alle parti private cui spetta il diritto di impugnazione, ai sensi degli articoli 548, comma 2, 585, comma 1, lett.b) e comma 2 Cpp, non essendo invece prevista a tal riguardo alcuna norma derogatoria nella specifica disciplina del giudizio dinanzi al Giudice di Pace, di cui al D.Lgs.n.274/2000.

Giova tenere bene a mente in definitiva, che i termini per il deposito della sentenza emessa dal Giudice di Pace penale sono quelli tassativamente indicati dal comma 4 dell’art.32 del D.Lgs.n.274 del 2000 e che i correlativi termini per proporre valida impugnazione – decorrenti dalla lettura della motivazione in udienza, ovvero dal deposito della stessa entro i quindici giorni successivi, oppure dalla notifica dell’avviso di deposito della sentenza, se emessa fuori termine – sono quelli tassativi di trenta giorni, come previsti dall’art.585, co.1 lett.b) Cpp.

L’impugnazione proposta nei quarantacinque giorni dal deposito della sentenza, ancorché emessa fuori termine, dovrà giocoforza ritenersi inammissibile.

La pronuncia appena commentata non si è lasciata quindi scalfire da quella parte contraria di giurisprudenza, seppure obsoleta e ormai sorpassata, che pretendeva anche per le sentenze emesse dal Giudice di Pace di fare valida applicazione dell’art.585, co.1, lettera c) Cpp., dove viene indicato il termine di quarantacinque giorni per proporre impugnazione nel caso di deposito delle motivazioni della sentenza entro il diverso termine indicato dal giudice, comunque non eccedente il novantesimo giorno, ai sensi dell’art.544, comma 3 Cpp. (cfr.Cass.pen.sez.I, 22 marzo 1995, Mancuso; sez.IV, 17 marzo 1992, Lentini).

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[1] Cass.pen.sez.V, 29 settembre 2015, n.46816; sez.IV, 5 marzo 2015, n.15753; sez.I, 21 ottobre 2004, Fadda; sez.I, 13 luglio 2001, Rella; SS.UU., 19 giugno 1996, Giacomini, v.in Dir.pen.proc.4/16.

Avv. Buzzoni Alessandro

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