I reati commessi nelle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento e reati commessi nella procedura di composizione della crisi: profili sostanziali e procedurali

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Premessa

Come è noto, è stato pubblicato il 14 febbraio del 2019 sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, il decreto legislativo, 12 gennaio del 2019, n. 14 intitolato “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155” che entrerà in vigore il 15 agosto del 2020 (ad eccezione degli articoli 27, comma 1, 350, 356, 357, 359, 363, 364, 366, 375, 377, 378, 379, 385, 386, 387 e 388 che sono entrate in vigore il 16 marzo 2019 secondo quanto stabilito dall’articolo 389 di questo stesso testo normativo).

Ciò posto, ai fini della presente disamina, scopo del presente scritto è quello di esaminare gli illeciti penali previsti dal capo IV, titolo IX della parte prima, vale a dire i reati commessi nelle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento e reati commessi nella procedura di composizione della crisi.

Difatti, pur prendendosi atto che il “Titolo IX, dedicato alle disposizioni penali, lascia sostanzialmente inalterata la disciplina penale contenuta nella vigente legge fallimentare (e nella legge n. 3/2012 sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento), apportando modifiche solo terminologiche” (Servizio studi della Camera dei Deputati, Riforma delle procedure di insolvenza, 25 marzo del 2019, in www.camera.it), ad avviso di chi scrive, è opportuno analizzare la normativa in questione che entrerà in vigore, come appena esposto, a breve.

In particolare, verranno analizzati questi illeciti penali partendo dalla disamina di quale bene giuridico si vuole tutelare con la loro repressione per poi esaminare, prima la natura del reato, e poi i loro elementi costitutivi (cioè quello oggettivo e quello soggettivo) nonché le eventuali cause di non punibilità rilevabili in questi casi ma senza trascurare al contempo anche i risvolti processuali che conseguono dall’applicazione delle norme incriminatrici che le prevedono.

Sanzioni per il debitore e per i componenti dell’organismo di composizione della crisi

Prefazione – Bene giuridico protetto – Natura del reato – Elemento oggettivo – Elemento soggettivo – Causa di non punibilità – Consumazione e tentativo – Diritto intertemporale – Cenni procedurali

Prefazione

Iniziando la disamina di questi illeciti penali, rileva per prima il reato intitolato “Sanzioni per il debitore e per i componenti dell’organismo di composizione della crisi” che è previsto dall’art. 344 del decreto legislativo, 12 gennaio del 2019, n. 14 e che a sua volta stabilisce quanto segue: “1. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, e’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro il debitore che: a) al fine di ottenere l’accesso alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento di cui alle sezioni II e III del capo II del titolo IV aumenta o diminuisce il passivo ovvero sottrae o dissimula una parte rilevante dell’attivo ovvero dolosamente simula attivita’ inesistenti; b) al fine di ottenere l’accesso alle procedure di cui alle sezioni II e III del capo II del titolo IV e di quelle di cui al capo IX del titolo V, produce documentazione contraffatta o alterata, ovvero sottrae, occulta o distrugge, in tutto o in parte, la documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la propria documentazione contabile; c) nel corso delle procedure di cui alle sezioni II e III del capo II, effettua pagamenti in violazione del piano di ristrutturazione dei debiti o del concordato minore omologati; d) dopo il deposito del piano di ristrutturazione dei debiti o della proposta di concordato minore, e per tutta la durata della procedura, aggrava la sua posizione debitoria; e) intenzionalmente non rispetta i contenuti del piano di ristrutturazione dei debiti o del concordato minore. 2. Le pene previste dal comma 1 si applicano al debitore incapiente che, con la domanda di esdebitazione di cui all’articolo 283, produce documentazione contraffatta o alterata o sottrae, occulta o distrugge, in tutto o in parte, la documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la propria documentazione contabile ovvero omette, dopo il decreto di esdebitazione, la dichiarazione di cui al comma 7 del medesimo articolo 283, quando dovuta o in essa attesta falsamente fatti rilevanti. 3. Il componente dell’organismo di composizione della crisi che nella relazione di cui agli articoli 68, 76, 268 e 283 rende false attestazioni in ordine alla veridicita’ dei dati contenuti nella proposta di cui agli articoli 67 e 75, nella domanda di apertura della liquidazione controllata o nella domanda di esdebitazione di cui all’articolo 283, e’ punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro. 4. Le pene di cui al comma 2, si applicano al componente dell’organismo di composizione della crisi che cagiona danno ai creditori omettendo o rifiutando senza giustificato motivo un atto del suo ufficio”.

E’ evidente, da una prima lettura di questo precetto normativo, che questa norma giuridica prevede non uno ma diverse fattispecie penali.

Si rende quindi necessario analizzare tali ipotesi di reato una per una secondo le modalità indicate in precedenza.0

Bene giuridico protetto

L’interesse protetto da questa norma incriminatrice pare essere evidente.

Si vuole garantire che le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento avvengano correttamente e quindi nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente (che, come detto più volte prima, sarà a breve il decreto legislativo n. 14 del 2019).

Natura del reato

Va prima di tutto rilevato come questo reato sia di natura sussidiaria atteso che esso è configurabile salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato.

Oltre a ciò, va fatto presente che gli illeciti penali previsti da questa norma incriminatrice sono reati propri in quanto possono essere commessi solo dal debitore (in riferimento alle ipotesi di cui ai commi 1 e 2) e dal componente dell’organismo di composizione della crisi (per le ipotesi di cui ai commi 3 e 4).

I reati in questione, inoltre, ad eccezione di quello di cui al comma quarto, sono tutti di pericolo essendo sufficiente che vi sia il pericolo che le procedure summenzionate non vengano esperite nel rispetto della legge.

Il reato, infine, è istantaneo in quanto si consuma nel momento in cui viene posta in essere una delle condotte che verranno esaminate da qui a poco.

Elemento oggettivo

Per quanto attiene la condotta materiale, iniziando la disamina da quanto previsto dal primo comma, è sanzionata la condotta di chi “a) al fine di ottenere l’accesso alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento di cui alle sezioni II e III del capo II del titolo IV aumenta o diminuisce il passivo ovvero sottrae o dissimula una parte rilevante dell’attivo ovvero dolosamente simula attivita’ inesistenti; b) al fine di ottenere l’accesso alle procedure di cui alle sezioni II e III del capo II del titolo IV e di quelle di cui al capo IX del titolo V, produce documentazione contraffatta o alterata, ovvero sottrae, occulta o distrugge, in tutto o in parte, la documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la propria documentazione contabile; c) nel corso delle procedure di cui alle sezioni II e III del capo II, effettua pagamenti in violazione del piano di ristrutturazione dei debiti o del concordato minore omologati; d) dopo il deposito del piano di ristrutturazione dei debiti o della proposta di concordato minore, e per tutta la durata della procedura, aggrava la sua posizione debitoria; e) intenzionalmente non rispetta i contenuti del piano di ristrutturazione dei debiti o del concordato minore”.

In particolare, la prima tra quelle previste consiste nell’aumentare o diminuire il passivo ovvero sottrarre o dissimulare una parte rilevante dell’attivo ovvero dolosamente simulare attivita’ inesistenti al fine di ottenere l’accesso alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento di cui alle sezioni II e III del capo II del titolo IV; vale a dire quelle procedure regolate dalle seguenti norme giuridiche previste dal d.lgs. n. 14 del 2019: art. 67 (“1. Il consumatore sovraindebitato, con l’ausilio dell’OCC, puo’ proporre ai creditori un piano di ristrutturazione dei debiti che indichi in modo specifico tempi e modalita’ per superare la crisi da sovraindebitamento. La proposta ha contenuto libero e puo’ prevedere il soddisfacimento, anche parziale, dei crediti in qualsiasi forma. 2. La domanda e’ corredata dell’elenco: a) di tutti i creditori, con l’indicazione delle somme dovute e delle cause di prelazione; b) della consistenza e della composizione del patrimonio; c) degli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni; d) delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni; e) degli stipendi, delle pensioni, dei salari e di tutte le altre entrate del debitore e del suo nucleo familiare, con l’indicazione di quanto occorre al mantenimento della sua famiglia. 3. La proposta puo’ prevedere anche la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno, salvo quanto previsto dal comma 4. 4. E’ possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano essere soddisfatti non integralmente, allorche’ ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti oggetto della causa di prelazione, come attestato dall’OCC. 5. E’ possibile prevedere anche il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo garantito da ipoteca iscritta sull’abitazione principale del debitore se lo stesso, alla data del deposito della domanda, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data. 6. Il procedimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione monocratica”); art. 68 (“1. La domanda deve essere presentata al giudice tramite un OCC costituito nel circondario del tribunale competente ai sensi dell’articolo 27, comma 2. Se nel circondario del tribunale competente non vi e’ un OCC, i compiti e le funzioni allo stesso attribuiti sono svolti da un professionista o da una societa’ tra professionisti in possesso dei requisiti di cui all’articolo 358 nominati dal presidente del tribunale competente o da un giudice da lui delegato. Non e’ necessaria l’assistenza di un difensore. 2. Alla domanda, deve essere allegata una relazione dell’OCC, che deve contenere: a) l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni; b) l’esposizione delle ragioni dell’incapacita’ del debitore di adempiere le obbligazioni assunte; c) la valutazione sulla completezza ed attendibilita’ della documentazione depositata a corredo della domanda; d) l’indicazione presunta dei costi della procedura. 3. L’OCC, nella sua relazione, deve indicare anche se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore, valutato in relazione al suo reddito disponibile, dedotto l’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita. A tal fine si ritiene idonea una quantificazione non inferiore all’ammontare dell’assegno sociale moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2013, n. 159. 4. L’OCC, entro sette giorni dall’avvenuto conferimento dell’incarico da parte del debitore, ne da’ notizia all’agente della riscossione e agli uffici fiscali, anche degli enti locali, competenti sulla base dell’ultimo domicilio fiscale dell’istante, i quali entro quindici giorni debbono comunicare il debito tributario accertato e gli eventuali accertamenti pendenti. 5. Il deposito della domanda sospende, ai soli effetti del concorso, il corso degli interessi convenzionali o legali fino alla chiusura della procedura, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, da pegno o privilegio, salvo quanto previsto dagli articoli 2749,2788 e 2855, commi secondo e terzo, del  codice civile”); art. 69 (“1. Il consumatore non puo’ accedere alla procedura disciplinata in questa sezione se e’ gia’ stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda o ha gia’ beneficiato dell’esdebitazione per due volte, ovvero ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode. 2. Il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento o che ha violato i principi di cui all’articolo 124-bis del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, non puo’ presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, anche se dissenziente, ne’ far valere cause di inammissibilita’ che non derivino da comportamenti dolosi del debitore”); art. 70 (“1. Il giudice, se la proposta e il piano sono ammissibili, dispone con decreto che siano pubblicati in apposita area del sito web del tribunale o del Ministero della giustizia e che ne sia data comunicazione entro trenta giorni, a cura dell’OCC, a tutti i creditori. 2. Ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, il creditore deve comunicare all’OCC un indirizzo di posta elettronica certificata. In mancanza, le successive comunicazioni sono effettuate mediante deposito in cancelleria. 3. Nei venti giorni successivi alla comunicazione ogni creditore puo’ presentare osservazioni, inviandole all’indirizzo di posta elettronica certificata dell’OCC, indicato nella comunicazione. 4. Con il decreto di cui al comma 1, il giudice, su istanza del debitore, puo’ disporre la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata che potrebbero pregiudicare la fattibilita’ del piano. Il giudice, su istanza del debitore, puo’ altresi’ disporre il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del consumatore nonche’ le altre misure idonee a conservare l’integrita’ del patrimonio fino alla conclusione del procedimento. 5. Le misure protettive sono revocabili su istanza dei creditori, o anche d’ufficio, in caso di atti in frode. Il giudice, salvo che l’istanza di revoca non sia palesemente inammissibile o manifestamente infondata, sente le parti, anche mediante scambio di memorie scritte e provvede con decreto. 6. Entro i dieci giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 3, l’OCC, sentito il debitore, riferisce al giudice e propone le modifiche al piano che ritiene necessarie. 7. Il giudice, verificata l’ammissibilita’ giuridica e la fattibilita’ economica del piano, risolta ogni contestazione, omologa il piano con sentenza e ne dispone, ove necessario, la trascrizione a cura dell’OCC. Con la stessa sentenza dichiara chiusa la procedura. 8. La sentenza di omologa e’ comunicata ai creditori ed e’ pubblicata entro quarantotto ore a norma del comma 1. La sentenza e’ impugnabile ai sensi dell’articolo 51. 9. Quando uno dei creditori o qualunque altro interessato, con le osservazioni di cui al comma 3, contesta la convenienza della proposta, il giudice omologa il piano se ritiene che comunque il credito dell’opponente possa essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria. 10. In caso di diniego dell’omologazione, il giudice provvede con decreto motivato e dichiara l’inefficacia delle misure protettive accordate. Su istanza del debitore, verificata la sussistenza dei presupposti di legge, dichiara aperta la procedura liquidatoria ai sensi degli articoli 268 e seguenti. 11. Nei casi di frode l’istanza di cui al comma 10, secondo periodo, puo’ essere presentata anche da un creditore o dal pubblico ministero. 12. Contro il decreto di cui al comma 10, e’ ammesso reclamo ai sensi dell’articolo 50”); art. 71 (“1. L’OCC vigila sull’esatto adempimento del piano, risolve le eventuali difficolta’ e le sottopone al giudice, se necessario. Il debitore e’ tenuto a compiere ogni atto necessario a dare esecuzione al piano omologato. Ogni sei mesi, l’OCC riferisce al giudice per iscritto sullo stato dell’esecuzione. 2. Terminata l’esecuzione, l’OCC, sentito il debitore, presenta al giudice il rendiconto. Il giudice, se approva il rendiconto, procede alla liquidazione del compenso, tenuto conto di quanto eventualmente convenuto con il debitore, e ne autorizza il pagamento. 3.Se non approva il rendiconto, il giudice indica gli atti necessari per l’esecuzione del piano ed un termine per il loro compimento. Se le prescrizioni non sono adempiute nel termine, anche prorogato, il giudice revoca l’omologazione, osservate, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 72. 4. Nella liquidazione del compenso il giudice tiene conto della diligenza dell’OCC e, se non approva il rendiconto, puo’ escludere il diritto al compenso”); art. 72 (“1. Il giudice revoca l’omologazione d’ufficio o su istanza di un creditore, del pubblico ministero o di qualsiasi altro interessato, in contraddittorio con il debitore, quando e’ stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo ovvero dolosamente simulate attivita’ inesistenti o se risultano commessi altri atti diretti a frodare le ragioni dei creditori. 2. Il giudice provvede allo stesso modo in caso di inadempimento degli obblighi previsti nel piano o qualora questo sia divenuto inattuabile e non sia possibile modificarlo. 3. L’OCC e’ tenuto a segnalare al giudice ogni fatto rilevante ai fini della revoca dell’omologazione. 4. La domanda di revoca non puo’ essere proposta e l’iniziativa da parte del tribunale non puo’ essere assunta decorsi sei mesi dalla approvazione del rendiconto. 5. Sulla richiesta di revoca, il giudice sente le parti, anche mediante scambio di memorie scritte e provvede alla revoca, con sentenza reclamabile ai sensi dell’articolo 50, o rigetta la richiesta con decreto motivato. 6. La revoca dell’omologazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi in buona fede”); art. 73 (“1. In caso di revoca dell’omologazione il giudice, su istanza del debitore, dispone la conversione in liquidazione controllata. 2. Se la revoca consegue ad atti di frode o ad inadempimento, l’istanza di cui al comma 1 puo’ essere proposta anche dai creditori o dal pubblico ministero. 3. In caso di conversione, il giudice concede termine al debitore per l’integrazione della documentazione e provvede ai sensi dell’articolo 270”); art. 74 (“1. I debitori di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), in stato di sovraindebitamento, escluso il consumatore, possono formulare ai creditori una proposta di concordato minore, quando consente di proseguire l’attivita’ imprenditoriale o professionale. 2. Fuori dai casi previsti dal comma 1, il concordato minore puo’ essere proposto esclusivamente quando e’ previsto l’apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori. 3. La proposta di concordato minore ha contenuto libero, indica in modo specifico tempi e modalita’ per superare la crisi da sovraindebitamento e puo’ prevedere il soddisfacimento, anche parziale, dei crediti attraverso qualsiasi forma, nonche’ la eventuale suddivisione dei creditori in classi. 4. Per quanto non previsto dalla presente sezione, si applicano le disposizioni del capo III del presente titolo in quanto compatibili”); art. 75 (“1. Il debitore deve allegare alla domanda: a) il piano con i bilanci, le scritture contabili e fiscali obbligatorie e le dichiarazioni dei redditi concernenti i tre anni anteriori o gli ultimi esercizi precedenti se l’attivita’ ha avuto minor durata; b) una relazione aggiornata sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria; c) l’elenco di tutti i creditori, con le rispettive cause di prelazione e l’indicazione delle somme dovute; d) gli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni; e) la documentazione relativa a stipendi, pensioni, salari e altre entrate proprie e della famiglia, con l’indicazione di quanto occorra al mantenimento della stessa. 2. E’ possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano essere soddisfatti non integralmente, allorche’ ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi. 3. Quando e’ prevista la continuazione dell’attivita’ aziendale, e’ possibile prevedere il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all’esercizio dell’impresa se il debitore, alla data della presentazione della domanda di concordato, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data. L’OCC attesta anche che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori”); art. 76 (“1. La domanda e’ formulata tramite un OCC costituito nel circondario del tribunale competente ai sensi dell’articolo 27, comma 2. 2. Alla domanda deve essere allegata una relazione particolareggiata dell’OCC, che comprende: a) l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni; b) l’esposizione delle ragioni dell’incapacita’ del debitore di adempiere le obbligazioni assunte; c) l’indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori; d) la valutazione sulla completezza e attendibilita’ della documentazione depositata a corredo della domanda, nonche’ sulla convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria; e) l’indicazione presumibile dei costi della procedura; f) la percentuale, le modalita’ e i tempi di soddisfacimento dei creditori; g) l’indicazione dei criteri adottati nella formazione delle classi, ove previste dalla proposta. 3. L’OCC, nella sua relazione, deve indicare anche se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore. 4. L’OCC, entro sette giorni dall’avvenuto conferimento dell’incarico da parte del debitore, ne da’ notizia all’agente della riscossione e agli uffici fiscali, anche degli enti locali, competenti sulla base dell’ultimo domicilio fiscale dell’istante, i quali entro quindici giorni debbono comunicare il debito tributario accertato e gli eventuali accertamenti pendenti. 5. Il deposito della domanda sospende, ai soli effetti del concorso, il corso degli interessi convenzionali o legali fino alla chiusura della liquidazione, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, pegno o privilegio, salvo quanto previsto dagli articoli 2749,2788 e 2855, commi secondo e terzo, del codice civile. 6. Il procedimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione monocratica”); art. 77 (“1. La domanda di concordato minore e’ inammissibile se mancano i documenti di cui agli articoli 75 e 76, se il debitore presenta requisiti dimensionali che eccedono i limiti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d), numeri 1), 2) e 3), se e’ gia’ stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda o ha gia’ beneficiato dell’esdebitazione per due volte o se risultano commessi atti diretti a frodare le ragioni dei creditori”); art. 78 (“1. Il giudice, se la domanda e’ ammissibile, dichiara aperta la procedura con decreto e dispone la comunicazione, a cura dell’OCC, a tutti i creditori della proposta e del decreto. 2. Con il decreto di cui al comma 1, il giudice: a) dispone la pubblicazione del decreto mediante inserimento in apposita area del sito web del tribunale o del Ministero della giustizia e nel registro delle imprese se il debitore svolge attivita’ d’impresa; b) ordina, ove il piano preveda la cessione o l’affidamento a terzi di beni immobili o beni mobili registrati, la trascrizione del decreto presso gli uffici competenti; c) assegna ai creditori un termine non superiore a trenta giorni entro il quale devono fare pervenire all’OCC, a mezzo posta elettronica certificata, la dichiarazione di adesione o di mancata adesione alla proposta di concordato e le eventuali contestazioni; d) su istanza del debitore, dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullita’, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali ne’ disposti sequestri conservativi ne’ acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore. 3. L’OCC cura l’esecuzione del decreto. 4. Nella comunicazione di cui al comma 2, lettera c), il creditore deve indicare un indirizzo di posta elettronica certificata a cui ricevere tutte le comunicazioni. In mancanza, i provvedimenti sono comunicati mediante deposito in cancelleria. 5. Gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione compiuti senza l’autorizzazione del giudice sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al momento in cui e’ stata eseguita la pubblicita’ del decreto”); art. 79 (“1. Il concordato minore e’ approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, dei quali la proposta prevede l’integrale pagamento, non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta, salvo che non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione. I creditori soddisfatti parzialmente ai sensi dell’articolo 74, comma 3, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito. 2. Non sono ammessi al voto e non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza il coniuge, la parte dell’unione civile e il convivente di fatto del debitore di cui alla legge 20 maggio 2016, n.76, i parenti e affini del debitore entro il quarto grado, nonche’ i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della domanda. 3. In mancanza di comunicazione all’OCC nel termine assegnato, si intende che i creditori abbiano prestato consenso alla proposta nei termini in cui e’ stata loro trasmessa. 4. Il concordato minore della societa’ produce i suoi effetti anche per i soci illimitatamente responsabili. 5. Il concordato minore non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso, salvo che sia diversamente previsto”); art. 80 (“1. Il giudice, verificati la ammissibilita’ giuridica e la fattibilita’ economica del piano e il raggiungimento della percentuale di cui all’articolo 79 in mancanza di contestazioni, omologa il concordato minore con sentenza, disponendo forme adeguate di pubblicita’ e, se necessario, la sua trascrizione. 2. Con la sentenza di omologazione, il giudice dichiara chiusa la procedura. 3. Quando uno dei creditori o qualunque altro interessato contesta la convenienza della proposta, il giudice, sentiti il debitore e l’OCC, omologa il concordato minore se ritiene che il credito dell’opponente possa essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria. Il giudice omologa altresi’ il concordato minore anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria quando l’adesione e’ decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui all’art. 79, comma 1, e, anche sulla base delle risultanze, sul punto, della specifica relazione dell’OCC, la proposta di soddisfacimento dell’amministrazione e’ conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. 4. Il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento, non puo’ presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, anche se dissenziente, ne’ far valere cause di inammissibilita’ che non derivino da comportamenti dolosi del debitore. 5. Il giudice, se rigetta la domanda di omologa, dichiara con decreto motivato l’inefficacia delle misure protettive accordate e, su istanza del debitore, dichiara aperta la procedura di liquidazione controllata ai sensi degli articoli 268 e seguenti. 6. In caso di frode, l’istanza di cui al comma 5 puo’ essere proposta anche da un creditore o dal pubblico ministero. 7. Il decreto e’ reclamabile ai sensi dell’articolo 50”); art. 81 (“1. L’OCC vigila sull’esatto adempimento del concordato minore, risolve le eventuali difficolta’ e, se necessario, le sottopone al giudice. Il debitore e’ tenuto a compiere ogni atto necessario a dare esecuzione al piano omologato. 2. Terminata l’esecuzione, l’OCC, sentito il debitore, presenta al giudice il rendiconto. Il giudice, se approva il rendiconto, procede alla liquidazione del compenso, tenuto conto di quanto eventualmente pattuito con il debitore, e ne autorizza il pagamento. 3. Se non approva il rendiconto, il giudice indica gli atti necessari per l’esecuzione del concordato ed un termine per il loro compimento. Se le prescrizioni non sono adempiute nel termine, anche prorogato, il giudice dichiara risolto il concordato minore, osservate, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 82. 4. Nella liquidazione del compenso il giudice tiene conto della diligenza dell’OCC e, se non approva il rendiconto, puo’ escludere il diritto al compenso. 5. Il giudice provvede allo stesso modo in caso di mancata esecuzione integrale del piano o qualora il piano sia divenuto inattuabile e non sia possibile modificarlo”); art. 82 (“1. Il giudice revoca l’omologazione d’ufficio o su istanza di un creditore, del pubblico ministero o di qualsiasi altro interessato, in contraddittorio con il debitore, quando e’ stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero quando e’ stata sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo ovvero quando sono state dolosamente simulate attivita’ inesistenti o quando risultano commessi altri atti diretti a frodare le ragioni dei creditori. La domanda di revoca non puo’ essere proposta e l’iniziativa da parte del tribunale non puo’ essere assunta decorsi sei mesi dall’approvazione del rendiconto. 2. L’OCC e’ tenuto a segnalare al giudice ogni fatto rilevante ai fini della revoca dell’omologazione. 3. Prima di procedere alla revoca, il giudice sente le parti, anche mediante scambio di memorie scritte e provvede alla revoca con sentenza reclamabile ai sensi dell’articolo 50, o rigetta la richiesta con decreto motivato. 4. La revoca dell’omologazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi in buona fede”); art. 83 (“1. In ogni caso di revoca o risoluzione il giudice, su istanza del debitore, dispone la conversione in liquidazione controllata. 2. Se la revoca o la risoluzione consegue ad atti di frode o ad inadempimento, l’istanza di cui al comma 1 puo’ essere proposta anche dai creditori o dal pubblico ministero. 3. In caso di conversione, il giudice concede termine al debitore per l’integrazione della documentazione e provvede ai sensi dell’articolo 270”).

Pertanto, ove queste procedure siano state viziate dal fatto che si è acceduto ad esse pur non avendo osservato i requisiti di legge, è configurabile questo illecito penale ove, come appena visto, ciò si sia venuto a verificare per il tramite dell’aumento o della diminuzione del passivo ovvero mediante la sottrazione o la dissimulazione una parte rilevante dell’attivo o, ancora, per mezzo della simulazione dolosa di attivita’ inesistenti.

Ciò posto, un’ altra condotta, che rileva ai fini della configurabilità dell’illecito penale de quo, consiste, alla luce di quanto sancito dall’art. 344, c. 1, lettera b, d.lgs. n. 14/2019 nel produrre documentazione contraffatta o alterata ovvero nel sottrarre, nell’occultare o nel distruggere, in tutto o in parte, la documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la propria documentazione contabile sia al fine di ottenere l’accesso alle procedure di cui alle sezioni II e III del capo II del titolo IV (esaminate poco prima) ma anche alle procedure di cui al capo IX del titolo V rispetto alle quali rilevano le seguenti disposizioni legislative (sempre previste dal d.lgs. n. 14/2019): art. 268 (“1. Il debitore in stato di sovraindebitamento puo’ domandare con ricorso al tribunale competente ai sensi dell’articolo 27, comma 2, l’apertura di una procedura di liquidazione controllata dei suoi beni. 2. La domanda puo’ essere presentata da un creditore anche in pendenza di procedure esecutive individuali e, quando l’insolvenza riguardi l’imprenditore, dal pubblico ministero. 3. Non sono compresi nella liquidazione: a) i crediti impignorabili ai sensi dell’articolo 545 del codice di procedura civile; b) i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, le pensioni, i salari e cio’ che il debitore guadagna con la sua attivita’ nei limiti, indicati dal giudice, di quanto occorre al mantenimento suo e della sua famiglia; c) i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall’articolo 170 del codice civile; d) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge. 4. Il deposito della domanda sospende, ai soli effetti del concorso, il corso degli interessi convenzionali o legali fino alla chiusura della liquidazione, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, pegno o privilegio e salvo quanto previsto dagli articoli 2749,2788 e 2855, secondo e terzo comma, del codice civile”); art. 269 (“1. Il ricorso puo’ essere presentato personalmente dal debitore, con l’assistenza dell’OCC. 2. Al ricorso deve essere allegata una relazione, redatta dall’OCC, che esponga una valutazione sulla completezza e l’attendibilita’ della documentazione depositata a corredo della domanda e che illustri la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore. 3. L’OCC, entro sette giorni dal conferimento dell’incarico da parte del debitore, ne da’ notizia all’agente della riscossione e agli uffici fiscali, anche degli enti locali, competenti sulla base dell’ultimo domicilio fiscale dell’istante”); art. 270 (“1. Il tribunale, in assenza di domande di accesso alle procedure di cui al titolo IV e verificati i presupposti di cui agli articoli 268 e 269, dichiara con sentenza l’apertura della liquidazione controllata. 2. Con la sentenza il tribunale: a) nomina il giudice delegato; b) nomina il liquidatore, confermando l’OCC di cui all’articolo 269 o, per giustificati motivi, scegliendolo nell’elenco dei gestori della crisi di cui al decreto del Ministro della giustizia 24 settembre 2014, n. 202. In questo ultimo caso la scelta e’ effettuata di regola tra i gestori residenti nel circondario del tribunale competente e l’eventuale deroga deve essere espressamente motivata e comunicata al presidente del tribunale; c) ordina al debitore il deposito entro sette giorni dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonche’ dell’elenco dei creditori; d) assegna ai terzi che vantano diritti sui beni del debitore e ai creditori risultanti dall’elenco depositato un termine non superiore a sessanta giorni entro il quale, a pena di inammissibilita’, devono trasmettere al liquidatore, a mezzo posta elettronica certificata, la domanda di restituzione, di rivendicazione o di ammissione al passivo, predisposta ai sensi dell’articolo 201; si applica l’articolo 10, comma 3; e) ordina la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione, salvo che non ritenga, in presenza di gravi e specifiche ragioni, di autorizzare il debitore o il terzo a utilizzare alcuni di essi. Il provvedimento e’ titolo esecutivo ed e’ posto in esecuzione a cura del liquidatore; f) dispone l’inserimento della sentenza nel sito internet del tribunale o del Ministero della giustizia. Nel caso in cui il debitore svolga attivita’ d’impresa, la pubblicazione e’ altresi’ effettuata presso il registro delle imprese; g) ordina, quando vi sono beni immobili o beni mobili registrati, la trascrizione della sentenza presso gli uffici competenti. 3. Al liquidatore nominato dal tribunale ai sensi del comma 2, lettera b), seconda parte, si applicano gli articoli 35, comma 4-bis, 35.1 e 35.2 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. 4. Gli adempimenti di cui al comma 2, lettere f) e g), sono eseguiti a cura del liquidatore; la sentenza e’ notificata al debitore, ai creditori e ai titolari di diritti sui beni oggetto di liquidazione. 5. Si applicano l’articolo 143 in quanto compatibile e gli articoli 150 e 151; per i casi non regolati dal presente capo si applicano altresi’, in quanto compatibili, le disposizioni sul procedimento unitario di cui al titolo III. 6. Se un contratto e’ ancora ineseguito o non compiutamente eseguito nelle prestazioni principali da entrambe le parti al momento in cui e’ aperta la procedura di liquidazione controllata, l’esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando il liquidatore, sentito il debitore, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del predetto debitore, assumendo, a decorrere dalla data del subentro, tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia gia’ avvenuto il trasferimento del diritto. Il contraente puo’ mettere in mora il liquidatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto. In caso di prosecuzione del contratto, sono prededucibili soltanto i crediti maturati nel corso della procedura. In caso di scioglimento del contratto, il contraente ha diritto di far valere nel passivo della liquidazione controllata il credito conseguente al mancato adempimento, senza che gli sia dovuto risarcimento del danno”); art. 271 (“1. Se la domanda di liquidazione controllata e’ proposta dai creditori o dal pubblico ministero e il debitore chiede l’accesso a una procedura di cui al capo II del titolo IV, il giudice concede un termine per l’integrazione della domanda. 2. Nella pendenza del termine di cui al comma 1, non puo’ essere dichiarata aperta la liquidazione controllata e la relativa domanda e’ dichiarata improcedibile quando sia aperta una procedura ai sensi del capo III del titolo IV. Alla scadenza del termine di cui al comma 1, senza che il debitore abbia integrato la domanda, ovvero in ogni caso di mancata apertura o cessazione delle procedure di cui al capo III del titolo IV, il giudice provvede ai sensi dell’articolo 270, commi 1 e 2. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli da 51 a 55”); art. 272 (“1. Il liquidatore entro trenta giorni dalla comunicazione della sentenza aggiorna l’elenco dei creditori, ai quali notifica la sentenza ai sensi dell’articolo 270, comma 4. Il termine di cui all’articolo 270, comma 2, lettera d), puo’ essere prorogato di trenta giorni. 2. Entro novanta giorni dall’apertura della liquidazione controllata il liquidatore completa l’inventario dei beni del debitore e redige un programma in ordine a tempi e modalita’ della liquidazione. Si applica l’articolo 213, commi 3 e 4, in quanto compatibile. Il programma e’ depositato in cancelleria ed approvato dal giudice delegato. 3. Il programma deve assicurare la ragionevole durata della procedura”); art. 273 (“1. Scaduti i termini per la proposizione delle domande di cui all’articolo 270, comma 2, lettera d), il liquidatore predispone un progetto di stato passivo, comprendente un elenco dei titolari di diritti sui beni mobili e immobili di proprieta’ o in possesso del debitore, e lo comunica agli interessati all’indirizzo di posta elettronica certificato indicato nella domanda. In mancanza della predetta indicazione, il provvedimento si intende comunicato mediante deposito in cancelleria. 2. Entro quindici giorni possono essere proposte osservazioni, con le stesse modalita’ della domanda di cui all’articolo 270, comma 2, lettera d). 3. In assenza di osservazioni, il liquidatore forma lo stato passivo, lo deposita in cancelleria e ne dispone l’inserimento nel sito web del tribunale o del Ministero della giustizia. 4. Quando sono formulate osservazioni che il liquidatore ritiene fondate, predispone, entro quindici giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 2, un nuovo progetto di stato passivo che comunica ai sensi del comma 1. 5. In presenza di contestazioni non superabili ai sensi del comma 4, il liquidatore rimette gli atti al giudice delegato, il quale provvede alla definitiva formazione del passivo con decreto motivato, pubblicato ai sensi del comma 3. 6. Contro il decreto puo’ essere proposto reclamo davanti al collegio, di cui non puo’ far parte il giudice delegato. Il procedimento si svolge senza formalita’, assicurando il rispetto del contraddittorio”); art. 274 (“1. Il liquidatore, autorizzato dal giudice delegato, esercita o se pendente, prosegue, ogni azione prevista dalla legge finalizzata a conseguire la disponibilita’ dei beni compresi nel patrimonio del debitore e ogni azione diretta al recupero dei crediti. 2. Il liquidatore, sempre con l’autorizzazione del giudice delegato, esercita o, se pendenti, prosegue le azioni dirette a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile. 3. Il giudice delegato autorizza il liquidatore ad esercitare o proseguire le azioni di cui ai commi 1 e 2, quando e’ utile per il miglior soddisfacimento dei creditori”); art. 275 (“1. Il programma di liquidazione e’ eseguito dal liquidatore, che ogni sei mesi ne riferisce al giudice delegato. Il mancato deposito delle relazioni semestrali costituisce causa di revoca dell’incarico ed e’ valutato ai fini della liquidazione del compenso. 2. Il liquidatore ha l’amministrazione dei beni che compongono il patrimonio di liquidazione. Si applicano le disposizioni sulle vendite nella liquidazione giudiziale, in quanto compatibili. Eseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo, il giudice ordina la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi nonche’ di ogni altro vincolo. 3. Terminata l’esecuzione, il liquidatore presenta al giudice il rendiconto. Il giudice verifica la conformita’ degli atti dispositivi al programma di liquidazione e, se approva il rendiconto, procede alla liquidazione del compenso del liquidatore. 4. Il giudice, se non approva il rendiconto, indica gli atti necessari al completamento della liquidazione ovvero le opportune rettifiche ed integrazioni del rendiconto, nonche’ un termine per il loro compimento. Se le prescrizioni non sono adempiute nel termine, anche prorogato, il giudice provvede alla sostituzione del liquidatore e nella liquidazione del compenso tiene conto della diligenza prestata, con possibilita’ di escludere in tutto o in parte il compenso stesso. 5. Il liquidatore provvede alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione secondo l’ordine di prelazione risultante dallo stato passivo, previa formazione di un progetto di riparto da comunicare al debitore e ai creditori, con termine non superiore a giorni quindici per osservazioni. In assenza di contestazioni, comunica il progetto di riparto al giudice che senza indugio ne autorizza l’esecuzione. 6. Se sorgono contestazioni sul progetto di riparto, il liquidatore verifica la possibilita’ di componimento e vi apporta le modifiche che ritiene opportune. Altrimenti rimette gli atti al giudice delegato, il quale provvede con decreto motivato, reclamabile ai sensi dell’articolo 124”); art. 276 (“1. La procedura si chiude con decreto. 2. Con decreto di chiusura, il giudice, su istanza del liquidatore, autorizza il pagamento del compenso liquidato ai sensi dell’articolo 275, comma 3 e lo svincolo delle somme eventualmente accantonate”); art. 277 (“1. I creditori con causa o titolo posteriore al momento dell’esecuzione della pubblicita’ di cui all’articolo 270, comma 2, lettera f), non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto di liquidazione. 2. I crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno e ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti”).

Detto questo, tra le altre condotte criminose, rileva anche quella di cui all’art. 344, c. 1, lettera c), d.lgs. n. 14/2019 ossia effettuare pagamenti in violazione del piano di ristrutturazione dei debiti o del concordato minore omologati nel corso delle procedure di cui alle sezioni II e III del capo II oltre a quelle di cui alle lettere d) (aggravare la posizione debitoria dopo il deposito del piano di ristrutturazione dei debiti o della proposta di concordato minore e per tutta la durata della procedura) ed e) (intenzionalmente non rispettare i contenuti del piano di ristrutturazione dei debiti o del concordato minore).

Terminata la fattispecie delittuosa di cui all’art. 344, c. 1, d.lgs. n. 14/2019, venendo a trattare quella prevista dal comma secondo, in esso è stabilito che le pene previste dal comma 1 si applicano al debitore incapiente che, con la domanda di esdebitazione di cui all’articolo 283 di questo decreto legislativo, produce documentazione contraffatta o alterata o sottrae, occulta o distrugge, in tutto o in parte, la documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la propria documentazione contabile ovvero omette, dopo il decreto di esdebitazione, la dichiarazione di cui al comma 7 del medesimo articolo 283, quando dovuta o in essa attesta falsamente fatti rilevanti.

Tal che ne consegue che la pena della reclusione da sei mesi a due anni e della multa da 1.000 a 50.000 euro è configurabile anche nei confronti  del debitore incapiente, ossia il “debitore persona fisica meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilita’, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura” (art. 283, c. 1, dl.gs. n. 14/2019) che produce documentazione contraffatta o alterata o sottrae, occulta o distrugge, in tutto o in parte, la documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la propria documentazione contabile ovvero omette, dopo il decreto di esdebitazione, la dichiarazione di cui al comma 7 del medesimo articolo 283 [ossia la dichiarazione annuale relativa alle sopravvenienze rilevanti ai sensi dei commi 1 (utilita’ rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al dieci per cento fermo restando che non sono considerabili i finanziamenti, in qualsiasi forma erogati) e 2 (le spese di produzione del reddito e quanto occorrente al mantenimento del debitore e della sua famiglia in misura pari all’assegno sociale aumentato della meta’ moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2013, n. 159)], quando dovuta o in essa attesta falsamente fatti rilevanti.

A sua volta il componente dell’organismo di composizione della crisi e’ punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro se, nella relazione di cui agli articoli 68, 76, 268 e 283, rende false attestazioni in ordine alla veridicita’ dei dati contenuti nella proposta di cui agli articoli 67 e 75, nella domanda di apertura della liquidazione controllata o nella domanda di esdebitazione di cui all’articolo 283 (così: art. 344, c. 3, d.lgs. n. 14/2019).

Il comma quarto, infine, stabilisce che le pene di cui al comma 2, si applicano al componente dell’organismo di composizione della crisi che cagiona danno ai creditori omettendo o rifiutando senza giustificato motivo un atto del suo ufficio.

Da ciò deriva che è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro il componente dell’organismo di composizione della crisi che omette o rifiuta senza giustificato motivo un atto del suo ufficio purchè da ciò derivi un danno ai creditori.

Per essere configurabile tale illecito penale, dunque, da un lato, è necessario che l’omissione o il rifiuto avvenga senza giustificato motivo, dall’altro, che per effetto di tali condotte i creditori subiscano un danno (presumibilmente di natura patrimoniale).

Elemento soggettivo

Per quanto attiene l’elemento psicologico, in riferimento a quanto disposto dall’art. 344, c. 1, lettere a) e b), d.lgs. n. 13/2019, rileva il dolo specifico essendo necessario che l’autore di questi reati agisca al fine di ottenere l’accesso alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento di cui alle sezioni II e III del capo II del titolo IV [in riferimento all’ipotesi di cui alla lettera a)] e al fine fine di ottenere l’accesso alle procedure di cui alle sezioni II e III del capo II del titolo IV e di quelle di cui al capo IX del titolo V IV [in riferimento all’ipotesi di cui alla lettera b)] mentre soccorre il dolo intenzionale a proposito della fattispecie delittuosa di cui all’art. 344, c. 1, lettera e), d.lgs. n. 14/2019 (“intenzionalmente non rispetta i contenuti del piano di ristrutturazione dei debiti o del concordato minore”).

Negli altri casi, ad avviso di chi scrive, è sufficiente il dolo generico.

Causa di non punibilità

E’ configurabile, per tutte le fattispecie delittuose previste dall’art. 344 del d.lgs. n. 14/2019, la particolare tenuità del fatto sempreché sia applicabile l’art. 131-bis c.p. tenuto conto che la pena edittale prevista nel massimo per tali illeciti penali non è superiore (appunto) nel massimo a cinque anni di reclusione.

Consumazione e tentativo

Il reato si consuma quando viene posta in essere una delle condotte menzionate in precedenza.

Quanto al tentativo, ad avviso dello scrivente, esso è configurabile solo in relazione al delitto di cui all’art. 344, c. 4, dl.gs. n. 14 del 2019 essendo le altre ipotesi reati di pericolo.

Diritto intertemporale

Tenuto conto che, come rilevato in precedenza, questa norma incriminatrice entrerà in vigore solo a partire dal 15 agosto del 2020, si pone il problema di capire se vi possono esserci problemi di diritto intertemporale tra le precedente e la nuova disciplina normativa.

Orbene, ad avviso di chi scrive, la risposta a siffatto quesito sembra essere negativa alla luce del fatto che, come rilevato anche prima, vi è una sostanziale continuità tra la precedente e l’attuale regolamentazione giuridica essendo gli aspetti innovatiti introdotti dal  d.l.gs. n. 14 del 2019 riconducibili a modifiche solo terminologiche.

Cenni procedurali

Il Tribunale competente è quello monocratico fermo restando che, quanto alla competenza per territorio, trattandosi di reati istantanei, la competenza “è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato” (art. 8, c. 1, c.p.p.).

Quanto alle misure cautelari e quelle interdittive, va prima di tutto rilevato che non è la custodia cautelare in carcere, né le altre misure coercitive, dato che questa misure “possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni” (art. 280, c. 1, c.p.p.) mentre la custodia cautelare in carcere, salvo quanto previsto dall’art. 280, c. 3, c.p.p. (“La disposizione di cui al comma 2 non si applica nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare”), “può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive modificazioni” (art. 280, c. 2, c.p.p.).

Lo stesso ragionamento rileva anche per le misure interdittive dato che siffatte misure “possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo di tre anni” (art. 287 c.p.p.).

Per quel concerne le misure precautelari, non è configurabile l’arresto obbligatorio in flagranza di reato atteso che si può ricorrere a questa misura precautelare, da un lato, solo se taluno “è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni” (art. 380, c. 1, c.p.p.), dall’altro, solo  quando qualcuno è colto in flagranza di uno dei delitti indicati nell’art. 380, c. 2, c.p.p. (e tra questi non vi è quello previsto dall’art. 329 c.p.p.).

Ciò posto, non è configurabile nel caso di specie nemmeno l’arresto facoltativo in flagranza di reato potendosi ricorrere a questa misura precautelare solo per chi “è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni ovvero di un delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni” (art. 381, c. 1, c.p.p.).

Alle medesime conclusioni, inoltre, si deve pervenire per il fermo di indiziato di delitto che, come è noto, è applicabile solo “quando sussistono specifici elementi che, anche in relazione alla impossibilità di identificare l’indiziato, fanno ritenere fondato il pericolo di fuga, il pubblico ministero dispone il fermo della persona gravemente indiziata di un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e superiore nel massimo a sei anni ovvero di un delitto concernente le armi da guerra e gli esplosivi o di un delitto commesso per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico” (art. 384, c. 1, c.p.p.).

Per i riti speciali, salvo il caso del giudizio direttissimo dato che, come visto prima, non ricorre in tali ipotesi la flagranza di reato, è possibile avvalersi degli altri riti speciali fermo restando però che, per quanto attiene il procedimento per decreto, ciò è possibile nella misura in cui il pubblico ritenga applicabile in sostituzione della pena detentiva, una pecuniaria (così: art. 459, c. 1, c.p.p.) il che può avvenire quando la pena che sia ritenuta da doversi applicare venga quantificata in una misura non superiore a sei mesi di reclusione stante quanto previsto dall’art. 53, c. 1, legge, 24/11/1981, n. 689 (“Il giudice, nel pronunciare la sentenza di condanna, quando ritiene di dovere determinare la durata della pena detentiva entro il limite di due anni, puo’ sostituire tale pena con quella della semidetenzione; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di un anno, puo’ sostituirla anche con la liberta’ controllata; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di sei mesi, puo’ sostituirla altresi’ con la pena pecuniaria della specie corrispondente”).

Falso nelle attestazioni dei componenti dell’OCRI

Introduzione – Bene giuridico protetto – Natura del reato – Elemento oggettivo – Elemento soggettivo – Aggravanti – Causa di non punibilità – Consumazione e tentativo – Diritto intertemporale – Cenni procedurali

Introduzione

L’altro illecito penale previsto dal d.lgs. n. 14 del 2019 tra i reati commessi nelle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento e reati commessi nella procedura di composizione della crisi è quello di falso nelle attestazioni dei componenti dell’OCRI contemplato dall’art. 345 del d.lgs. n. 14 del 2019 nei seguenti termini: “1. Il componente dell’organismo di composizione della crisi di impresa che nell’attestazione di cui all’articolo 19, comma 3, espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti in ordine alla veridicita’ dei dati contenuti nel piano o nei documenti ad esso allegati, e’ punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro. 2. Se il fatto e’ commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per se’ o per altri, la pena e’ aumentata. 3. Se dal fatto consegue un danno per i creditori la pena e’ aumentata fino alla meta’”.

Ebbene, l’approccio metodologico sarà lo stesso utilizzato per il reato trattato in precedenza fermo restando che in questo caso, a differenza, dell’altro, verranno esaminate anche delle aggravanti giacchè per tale illecito penale sono previsti appositi elementi accidentali.

Bene giuridico protetto

Pure per tale ipotesi delittuosa si vuole garantire che le procedure di composizione delle crisi da sovra indebitamento avvengano nel rispetto della legge evitando che il componente dell’organismo di composizione della crisi di impresa adotti le condotte devianti contemplate dall’art. 345 del d.lgs. n. 14 del 2019.

Natura del reato

L’illecito penale de quo è un reato: a) proprio in quanto può essere commesso solo dal componente dell’organismo di composizione della crisi di impresa; b) di pericolo in quanto non è necessario che si verifichi un effettivo danno nei confronti dei creditori; c) istantaneo in quanto si consuma del momento in cui viene posta in essere una della condotte previste dall’art. 345, c. 1, d.lgs. n. 14/2019.

Elemento oggettivo

La condotta materiale consiste nell’esporre informazioni false ovvero nell’omettere di riferire informazioni rilevanti in ordine alla veridicità dei dati contenuti nel piano o nei documenti ad esso allegati quando tale esposizione o omissione venga effettuata dal componente dell’organismo di composizione della crisi di impresa nell’attestazione di cui all’articolo 19, comma 3, d.lgs. n. 14/2019 ossia nel caso in cui il collegio procede, su richiesta del debitore, ad attestare la veridicita’ dei dati aziendali  quando il debitore dichiara che intende presentare domanda di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti o di apertura del concordato preventivo.

Elemento soggettivo

Per quanto attiene l’elemento psicologico, è sufficiente il dolo generico consistente nella coscienza e volontà di esporre informazioni false ovvero di omettere di riferire informazioni rilevanti in ordine alla veridicita’ dei dati contenuti nel piano o nei documenti allegati all’attestazione di cui all’articolo 19, comma 3, d.lgs. n. 14/2019.

Aggravanti

Il comma secondo e il comma terzo dell’art. 345 del d.lgs. n. 14 del 2019 prevedono due aggravanti.

Al comma secondo è stabilito che se il fatto e’ commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per se’ o per altri, la pena e’ aumentata: si tratta dunque di una circostanza speciale ad effetto comune.

Al comma terzo, invece, è disposto che se dal fatto consegue un danno per i creditori la pena e’ aumentata fino alla meta’: è stata configurata, con tale precetto normativo, pertanto, una circostanza speciale ad effetto speciale.

Causa di non punibilità

E’ configurabile, per tale fattispecie delittuosa, la particolare tenuità del fatto sempreché sia applicabile l’art. 131-bis c.p. tenuto conto che la pena edittale prevista nel massimo per tali illeciti penali non è superiore (appunto) nel massimo a cinque anni di reclusione.

Consumazione e tentativo

Il reato si consuma quando viene posta in essere la condotta contemplata da siffatta norma incriminatrice.

Quanto al tentativo, ad avviso dello scrivente, esso non è configurabile essendo il reato de quo di pericolo.

 

Diritto intertemporale

 

Tenuto conto che, come rilevato in precedenza, questa norma incriminatrice entrerà in vigore solo a partire dal 15 agosto del 2020, si pone il problema di capire se vi possono esserci problemi di diritto intertemporale tra le precedente e la nuova disciplina normativa.

Orbene, ad avviso di chi scrive, la risposta a siffatto quesito sembra essere negativa alla luce del fatto che, come rilevato anche prima, vi è una sostanziale continuità tra la precedente e l’attuale regolamentazione giuridica essendo gli aspetti innovativi introdotti dal  d.l.gs. n. 14 del 2019 riconducibili a modifiche solo terminologiche.

Cenni procedurali

Per quanto attiene la competenza, giudice competente è il Tribunale in composizione monocratica.

Quanto alla competenza per territorio, trattandosi di reato istantaneo, la competenza “è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato” (art. 8, c. 1, c.p.p.).

Per quanto attiene le misure cautelari e quelle interdittive, è applicabile nel caso di specie la custodia cautelare in carcere, oltre le altre misure coercitive, dato che questa misure possono essere applicate “quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni” (art. 280, c. 1, c.p.p.) mentre la custodia cautelare in carcere, salvo quanto previsto dall’art. 280, c. 3, c.p.p. (Ai sensi del quale: “La disposizione di cui al comma 2 non si applica nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare”), “può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive modificazioni” (art. 280, c. 2, c.p.p.).

Lo stesso ragionamento rileva anche per le misure interdittive dato che siffatte misure “possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo di tre anni” (art. 287 c.p.p.).

Per quel che invece concerne le misure precautelari, non è configurabile l’arresto obbligatorio in flagranza di reato atteso che si può ricorrere a questa misura precautelare, da un lato, solo se taluno “è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni” (art. 380, c. 1, c.p.p.), dall’altro, solo  quando qualcuno è colto in flagranza di uno dei delitti indicati nell’art. 380, c. 2, c.p.p. (e tra questi non vi è quello previsto dall’art. 351 c.p.).

Ciò posto, è invece configurabile nel caso di specie l’arresto facoltativo in flagranza di reato potendosi ricorrere a questa misura precautelare per chi “è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni ovvero di un delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni” (art. 381, c. 1, c.p.p.).

Non è consentito all’opposto il fermo di indiziato di delitto dato che questa misura precautelare, come è noto, è applicabile solo “quando sussistono specifici elementi che, anche in relazione alla impossibilità di identificare l’indiziato, fanno ritenere fondato il pericolo di fuga, il pubblico ministero dispone il fermo della persona gravemente indiziata di un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e superiore nel massimo a sei anni ovvero di un delitto concernente le armi da guerra e gli esplosivi o di un delitto commesso per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico” (art. 384, c. 1, c.p.p.).

E’ richiesta inoltre l’udienza preliminare ove si proceda in ordine a questo illecito penale atteso che il “pubblico ministero esercita l’azione penale con la citazione diretta a giudizio quando si tratta di contravvenzioni ovvero di delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva” (art. 550, c. 1, primo capoverso, c.p.p.).

Infine, per quel che inerisce i riti speciali, salva la sospensione del procedimento con messa alla prova rispetto alla quale, quando si procede per questo delitto, non è possibile accedervi atteso che tale rito speciale è consentito solo per i “reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell’articolo 550 del codice di procedura penale” (art. 168-bis, c. 1, c.p.), è possibile avvalersi degli altri riti speciali fermo restando che, per quanto attiene il procedimento per decreto, ciò è possibile (seppur in via meramente teorica piuttosto che pratica tenuto conto che il minimo edittale della pena è due anni di reclusione) nella misura in cui il pubblico ritenga applicabile in sostituzione della pena detentiva, una pecuniaria (così: art. 459, c. 1, c.p.p.) il che può avvenire solo quando la prima sia ritenuta quantificabile sino a sei mesi stante quanto previsto dall’art. 53, c. 1, legge, 24/11/1981, n. 689 (“Il giudice, nel pronunciare la sentenza di condanna, quando ritiene di dovere determinare la durata della pena detentiva entro il limite di due anni, puo’ sostituire tale pena con quella della semidetenzione; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di un anno, puo’ sostituirla anche con la liberta’ controllata; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di sei mesi, puo’ sostituirla altresi’ con la pena pecuniaria della specie corrispondente”).

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Esecuzione del reato continuato

Con il presente testo si vuole fornire all’operatore del diritto un attento ed organico approfondimento della disciplina relativa al concorso formale tra reati ed al reato continuato, dettata dall’articolo 81 del codice penale, focalizzando in particolare l’attenzione sull’applicazione di tali istituti proprio nella fase esecutiva della condanna penale.Curata ed approfondita, la trattazione dedicata ai principi operanti in materia così come desumibili dalla elaborazione giurisprudenziale: il testo, infatti, è arricchito da una raccolta organica, aggiornata e ragionata dei provvedimenti resi dalla giurisprudenza di legittimità con specifica indicazione, all’interno di ogni singola massima, del principio cardine.Paolo Emilio De SimoneMagistrato dal 1998, dal 2006 è in servizio presso la prima sezione penale del Tribunale di Roma; in precedenza ha svolto le sue funzioni presso il Tribunale di Castrovillari, presso la Corte di Appello di Catanzaro, nonché presso il Tribunale del Riesame di Roma. Nel biennio 2007/08 è stato anche componente del Collegio per i reati ministeriali presso il Tribunale di Roma previsto dalla legge costituzionale n°01/89. Dal 2016 è inserito nell’albo dei docenti della Scuola Superiore della Magistratura, ed è stato nominato componente titolare della Commissione per gli Esami di Avvocato presso la Corte di Appello di Roma per le sessioni 2009 e 2016. È autore di numerose pubblicazioni, sia in materia penale che civile, per diverse case editrici.Elisabetta DonatoDottoressa in giurisprudenza con lode e tirocinante presso la prima sezione penale del Tribunale di Roma, ha collaborato, per la stessa casa editrice, alla stesura del volume I reati di falso (2018).

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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