I protocolli di legalità e la rimessione dell’art. 1, c. 17 l. 190/2012, alla corte di giustizia dell’unione europea

Montaruli Vito 27/11/14
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SOMMARIO: 1. 1. LA RIMESSIONE DELLE QUESTIONI INTEPRETATIVE RELATIVE ALL’ART. 1, C. 17, L. 190/2012, IN MATERIA DI PROTOCOLLI DI LEGALITA’, ALLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA; 2. OSSERVAZIONI CRITICHE.

 

1. LA RIMESSIONE DELLE QUESTIONI INTEPRETATIVE RELATIVE ALL’ART. 1, C. 1,7 L. 190/2012, IN MATERIA DI PROTOCOLLI DI LEGALITA’, ALLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA.

Con i protocolli di legalità “le amministrazioni assumono, di regola, l’obbligo di inserire nei bandi di gara, quale condizione per la partecipazione, l’accettazione preventiva, da parte degli operatori economici, di determinate clausole” introdotte “ per la prevenzione, il controllo ed il contrasto dei tentativi di infiltrazione mafiosa, nonché per la verifica della sicurezza e della regolarità dei luoghi di lavoro” (1).

Molto frequentemente detti strumenti convenzionali estendono talune misure di controllo previste dalla legislazione antimafia al di fuori dei casi strettamente previsti dalla legge.

Le parti dei protocolli sono “i soggetti coinvolti nella gestione dell’opera pubblica (normalmente la prefettura Utg, il contraente generale, la stazione appaltante e gli operatori della filiera dell’opera pubblica)” (2).

Si ricorda, ancora, che l’art. 1, c. 17, l. 6 novembre 2012, n. 190, recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, dispone che: “Le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara”.

Tale previsione comporta due problematiche interpretative:

  • La discrasia tra il comportamento sanzionato, “il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità”, che di solito si concretizza durante la fase di esecuzione dell’appalto, e la sanzione individuata nella “causa di esclusione dalla gara”, appunto relativa alla fase di svolgimento della gara;

  • La compatibilità di detta previsione con il principio di tassatività delle cause di esclusione dalla gara di cui all’art. 45 della direttiva comunitaria 2004/18/CE. Il principio di tassatività è esplicitato nell’ordinamento italiano dall’art. 46, comma 1-bis, d. lgs. 163/2006.

Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con ordinanza n. 534 del 12 settembre 2014, sul primo punto enunciato ha ritenuto che:

  • dal punto di vista logico l’efficacia dei protocolli di legalità postula, tuttavia, che i medesimi, oltre ad essere rispettati nel corso dell’esecuzione del rapporto, ancor prima siano stati accettati dalle imprese concorrenti”;

  • L’art. 1, comma 17, della l. n. 190/2012 deve essere interpretato, in conformità a precedente pronuncia, “nel senso che siffatta potestà di esclusione sussiste anche a fronte della mancata accettazione, a monte, di detti protocolli o (…) nel caso della mancata produzione, ove prescritta dagli atti di gara, della dichiarazione attestante l’accettazione degli obblighi in detti protocolli contenuti..”;

  • “ (..) se si ritenesse suscettibile di sanzione unicamente il mancato rispetto di dette clausole in fase di esecuzione contrattuale, allora verrebbe meno il voluto e dichiarato effetto – pienamente rispondente alla ratio legis della normativa antimafia italiana – di anticipazione massima della soglia di tutela e di deterrenza e, conseguentemente, risulterebbe altresì priva di qualunque utilità la prevista sanzione dell’esclusione dalla gara, come tale destinata obiettivamente a operare nella fase antecedente alla aggiudicazione e all’avvio dell’esecuzione del contratto (..).

Circa la seconda problematica interpretativa segnalata, il C.G.A.R.S., non ritiene che la citata disposizione interna confligga con l’art. 45 della richiamata direttiva comunitaria 2004/18, in quanto “si tratta (…) di disposizione che attiene direttamente all’ordine pubblico e alla prevenzione del crimine (…) e che corrisponde, dunque, a esigenze imperative di interesse generale, in relazione al quale gli Stati membri, proprio in virtù del succitato comma 3 del paragrafo 1 dell’art. 45 della direttiva 2004/18/CE, possono derogare al principio di tassatività delle cause di esclusione”.

 

2. OSSERVAZIONI CRITICHE.

La richiamata ordinanza del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana presta tuttavia il fianco ad alcune critiche, relative soprattutto alle argomentazioni utilizzate dai Giudici palermitani per motivare la linea prescelta in ordine alle succitate questioni interpretative.

Si premette, in difformità da detta pronuncia, che la mancata applicazione della sanzione dell’esclusione dalla gara alla non accettazione del protocollo di legalità da parte dell’impresa vincitrice non toglierebbe ogni significato all’art.1, comma 17, l. 190/2012: alcune clausole ricorrenti nei protocolli di legalità possono infatti riguardare fattispecie realizzabili già in fase di gara e a prescindere da qualsiasi dichiarazione di accettazione della stessa impresa. Ad esempio i protocolli di legalità prevedono di solito l’acquisizione per gli appalti “sottosoglia”, di un’informativa antimafia sull’impresa appaltatrice, che, se inibitoria, impedisce addirittura la stipula del contratto di appalto.

Pertanto, anche ammesso che l’art. 1, c. 17, d. lgs. 190/2012 non fosse applicabile allo specifico caso preso in considerazione dal C.G.A.R.S., la più vasta portata della norma di certo non si prosciugherebbe.

Non convince, inoltre, la pronuncia de quo allorquando sostiene che per garantire l’anticipazione massima della soglia di tutela e di deterrenza sia necessario sanzionare con l’esclusione dalla gara la mancata accettazione preventiva del protocollo di legalità.

Si tratta di un argomento che omette di considerare come tutta la materia dei protocolli di legalità viva in regime di piena eccezionalità: a meno che non li si voglia considerare come mera raccolta ripetitiva di obblighi già esistenti per legge, detti protocolli sottopongono l’impresa ad adempimenti ulteriori rispetto a quelli previsti dalla normativa vigente, in cui rientra ad esempio l’informazione antimafia per gli appalti “sottosoglia”, che già in talune sue applicazioni fa avanzare fortemente il limite della tutela antimafia. Se ci è consentita l’espressione, il protocollo di legalità costituisce un’anticipazione dell’anticipazione di detta tutela, il che suggerisce cautela nel prefigurare una tendenza espansiva dell’istituto.

Non si dimentichi che parte della giurisprudenza ritiene che la legge individua già il migliore equilibrio possibile tra le esigenze di tutela dell’ordine pubblico e quelle derivanti dalla garanzia della libertà di impresa 3, che verrebbe invece ulteriormente sacrificata dall’introduzione di nuovi obblighi.

Ancora, il favor per i protocolli di legalità palesato dai Giudici del C.G.A.R.S. lascia irrisolto l’importante nodo dell’aggravamento degli oneri per le Forze dell’ordine, derivanti dall’allargamento dei controlli antimafia ad una fascia di gare di appalto economicamente interessanti ma non di primaria importanza.

Tale problema, infatti, impone una seria analisi sul rapporto costi – benefici dell’allargamento dei controlli in questione, che può determinare un abbassamento qualitativo degli stessi e una minore attenzione agli appalti più lucrosi e come tali a maggior rischio, secondo quanto già segnalato da altro organo giurisdizionale 4. Sebbene la massima istanza della giurisdizione amministrativa sia dell’avviso che detta argomentazione non trova fondamento nel diritto positivo 5, non può essere disconosciuta la grande rilevanza pratica della questione.

Si ricorda, a tal fine, che di recente è stato approvato il d. lgs. 13 ottobre 2014, n. 153, tra le cui finalità rientra proprio la semplificazione di una materia che riguarda già una vasta platea di interessati, come dimostrano i circa 400.000 provvedimenti rilasciati tra comunicazioni e informazioni antimafia, così quantificati dalla relazione al citato decreto 6.

Va altresì considerato il principio di tassatività delle cause di esclusione dalla gara, derogabile, come ci ricorda l’art. 46 c. 1-bis del d. lgs. 163/2006, solo da una disposizione di legge, che, proprio per la sua funzione derogatoria, dovrebbe avere il requisito della chiarezza, di certo non posseduto dall’art. 1, c. 17, del d. lgs. 190/2012.

Si desume, da tale osservazione, che la disciplina comunitaria ed interna in tema di cause di esclusione dalla gara potrà considerarsi rispettata solo con l’introduzione di una norma che, pur fondandosi su esigenze imperative di interesse generale ex art. 45 della direttiva 2014/18, non sia “in bianco”, cioè legittimante la piena discrezionalità degli operatori pubblici nella formulazione dei protocolli di legalità, come avverrebbe se fosse accolta incondizionatamente l’interpretazione estensiva della norma in esame.

Non è inutile, in tale ottica, auspicare che i protocolli di legalità siano standardizzati a livello nazionale 7; incanalando la discrezionalità degli organi pubblici che stipulano gli atti in esame si otterrebbe, altresì, il duplice risultato di agevolare l’attività degli operatori economici, nel pieno rispetto dell’art. 41 Cost., e di rendere omogeneo il quadro nazionale della contrattualistica pubblica, premessa indispensabile per armonizzare quest’ultima con la normativa comunitaria8 .

1 Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, Determinazione n. 4 del 10 ottobre 2012, in www.avcp..it, che accomuna in tale definizione anche i patti di integrità;

2 E. LORIA, I protocolli di legalità contro il pericolo infiltrazioni, Guida al diritto- Il Sole 24 ore, 24 novembre 2012, 47, p. 74;

3 T.A.R. Calabria – Sezione Staccata di Reggio Calabria, 7 maggio 2013, n. 258, riformata da Consiglio di Stato, Sez. III, 21 luglio 2014, n. 3874.

4 T.A.R. Calabria – Sezione Staccata di Reggio Calabria, 7 maggio 2013, n. 258;

5 Consiglio di Stato, Sez. III, 21 luglio 2014, n. 3874;

6 S. Mezzacapo, Oneri ridotti per accelerare l’iter dei provvedimenti, in Guida al diritto, 2014, 46, pp. 42-43.

7 Cfr. schema del protocollo di legalità allegato alle Prime linee guida antimafia relative al “Piano carceri”, pubblicate nella G.U.R.I. del 18 giugno 2012.

8 A proposito di armonizzazione comunitaria e iniziative interne in tema di lotta alle infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici, C. Montedoro, Appalti, la lotta alla mafia inciampa in Europa?, in Diritto e pratica amministrativa, 2009, 9, p. 4, ritiene che “ (..) il contrasto alle mafie, in materia di appalti armonizzati, incidendo sui requisiti generali di ammissione alle gare che sono predeterminati, sia pure per clausole generali, in sede comunitaria, richiede ormai una condivisione politica europea (con l’interessante conseguenza di reclamare una politica europea di contrasto alle mafie) rischiando altrimenti di risolversi in un’ennesima prova declamatoria di un legislatore nazionale amante del messaggio più che della reale efficacia delle proprie strategie politiche”.

Montaruli Vito

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