I pericoli dei social media che a volte si trasformano in reati. Intervista di Alessandra Concas alla dott.ssa Roberta Bruzzone autrice del libro “ Il lato oscuro dei social media”.

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I pericoli dei social media che a volte si trasformano in reati. 

Intervista alla dott.ssa Roberta Bruzzone autrice del libro “ Il lato oscuro dei social media”.

 

Ognuno di noi utilizza quotidianamente i social media, chi per lavoro chi per semplice svago, in pochi però si chiedono che cosa potrebbero nascondere, quali reati si potrebbero presentare loro davanti senza neanche accorgersene.

Sentiamo spesso parlare dai media tradizionali di reati come stalking, diffamazione passando per truffa e violenze sessuali sino ai casi più estremi nei quali si registrano omicidi.

Aspetti della quotidianità che intaccano la tranquillità e arrivano a sfasciare lavori e famiglie.

Senza “demonizzare” i social media, che nella maggior parte dei casi costituiscono un’ottima fonte di socializzazione sia sul piano lavorativo sia su quello personale, abbiamo ritenuto opportuno in questa sede, visto il carattere giuridico che la contraddistingue, parlare dei pericoli nei quali, più o meno consapevolmente, ci si può imbattere.

 

Lo abbiamo fatto con l’intervista alla dott.ssa Roberta Bruzzone, criminologa investigativa e psicologa forense, che insieme all’avvocato informatico Emanuele Florindi, è autrice del libro

“Il lato oscuro dei social media”.

 

Dott.ssa Bruzzone, una domanda classica, perché questo titolo, come nasce?

Questo titolo nasce da una esperienza di molti anni.

Ci siamo confrontati con questo aspetto dei social media, una serie di situazioni che purtroppo sono trascese sino a diventare delle vere e proprie scene del crimine.

Abbiamo deciso di mettere a fattor comune le esperienze maturate da me e dal mio collega Emanuele Florindi, per cercare di dare delle idicazioni comportamentali più che tecnologiche per far si che un clic di troppo eviti di trasformarsi in qualche conseguenza negativa se non addirittura in una scena del crimine.

 

Lei è una criminologa e una psicologa forense, quanto ha influito la sua professione nell’idea di scrivere il libro?

E’ stata determinante.

La scelta di scrivere un libro di questo tipo nasce dal fatto che noi con questo lato oscuro da molti anni ci confrontiamo in ambito giudiziario, quando per qualcuno è troppo tardi, e dal fatto che soprattutto negli ultimi cinque o sei anni abbiamo visto un aumento esponenziale di crimini violenti che hanno avuto il loro inizio dentro questo tipo di piattaforma, arrivando poi a trascendere nel mondo reale in modo tragico.

Abbiamo pensato che fosse il momento di obbligare l’utente a fare un ragionamento diverso di quello che succede on line.

 

Leggendo il libro, si può comprendere di più? Ci si può “salvare” evitando i pericoli del web?

L’obiettivo del libro è esattamente quello di fornire delle indicazioni di sopravvivenza, una sorta di vademecum molto pratico, anche divertenete sotto alcuni aspetti, perché cerchiamo di solleticare alcuni aspetti attraverso l’ironia per non rendere troppo pesante la lettura, che, ribadisco, non è tecnica, è molto legata all’attività che viene svolta on line.

L’obiettivo è quello di dare indicazioni comportamentali più ancora che tecnologiche, noi crediamo che l’utente sicuro sia l’utente formato.

 

Le parole social media sono relative soprattutto a Facebook, twitter, WhatsApp e simili, sinora ha parlato degli aspetti negativi, ce ne sono anche di positivi?

C’è un aspetto positivo, di sicuro favorevole che è molto importante, sono strumenti straordinari, possono agevolare la socializzazione, possono dare occasioni di lavoro sonoun  potenziale infinito e favorevole, ma non cè esclusivamente questo, e siccome molte persone si approcciano a questo tipo di sistemi considerandoli esclusivamente e sempre buoni, portatori di scenari favorevoli e positivi, bisogna rendersi conto che così non è.

Non sono l’estensione del salotto di casa e tali non posssono essere consoderati, perché se questo è l’approccio la tutela diventa troppo scarsa.

La generesità con la quale pubblichiamo e condividiamo informazioni on line che fanno parte anche della nostra sfera intima è troppa e di conseguenza questo tipo di comportamento genera conseguenze negative che alimentano il lato oscuro.

 

Un consiglio a coloro che leggeranno il suo libro, a lettura finita che cosa dovranno tenere molto “stretto”?

Il lettore di questo libro è un lettore a 360 gradi, senza limiti generazionali.

Si rivolge al ragazzino, al genitore così come alla persona over 60 che si approccia a questo tipo di strumenti.

Il primo consiglio che mi sento di dare è il seguente:

“attenzione perché tutto quello che posterete verrà usato contro di voi”.

 

La ringrazio e le dò appuntamento a una prossima occasione

Grazie a voi e buona lettura.

Abbiamo assistito alla presentazione del libro in questione svoltasi a Cagliari alcuni giorni fa, nel corso della quale la dott.ssa Bruzzone ha detto:

Il libro nasce da dieci anni di esperienza con interesse al mondo dei monori e l’idea di scriverlo è venuta da lì.

Abbiamo notato che nel 2012 il mondo degli utenti dei social media è cresciuto, Facebook per primo, e molti altri hanno seguitolo stesso genere di impostazione.

A partire da quell’anno a oggi il loro successo è diventato mondiale, ci sono utenti che vanno dai bambini delle scuole elementari sino agli utenti con più di settant’anni.

Si trascorrono sei ore al giorno e anche di più sullo smartphone sottraendole alla vita reale, creando dipedenza verso i social media come Facebook e WhatsApp, soprattutto.

L’obiettivo non è terrorizzare la rete, è rendere noto che spesso la genesi di omicidi, truffe, ricatti, violenze sessuali, nasce sui social media, sui quali si riscontra anche la presenza di materiale sessuale autoprodotto, a volte anche da minori.

Situazioni che possono fare nascere relazioni pericolose complice la mediazione di una tastiera.

L’unico modo per far fronte a queste situazioni è quello di prevenirle, soprattutto nei confronti dei giovani, evitando che alcuni comportamenti non molto corretti svolti nel web possano intaccare il loro futuro professionale a discapito del relativo profiling, perché oggi i datori di lavoro, vogliono conoscere anche il social profiling, in modo da avere maggiori e più concreti elementi nel valutare le potenziali assunzioni.

Molto spesso la dipendenza dai social media evidenzia una richiesta di aiuto da parte dei soggetti, sia uomini sia donne che concentrano in questi ambiti la propria attività quotidiana.

Dott.ssa Concas Alessandra

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