I metodi A.D.R.: tipologia, natura, prospettive

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Con l’acronimo A.D.R. (Alternative Dispute Resolution) si è soliti indicare l’insieme degli strumenti di risoluzione delle controversie, alternativi al procedimento giurisdizionale ordinario. Si tratta di una serie di procedure, diffuse nei paesi di tradizione anglosassone, finalizzate a consentire alle parti in lite di raggiungere un accordo reciprocamente soddisfacente, evitando così il ricorso alla giustizia tradizionale. Con lo stesso termine s’indica il movimento culturale che ha portato alla promozione di queste procedure in America e in Gran Bretagna.

I metodi A.D.R. si possono dividere in tre categorie: le procedure di autocomposizione delle liti, nelle quali l’accordo è raggiunto dalle parti in piena autonomia; le procedure di composizione eterodirette, nelle quali un terzo imparziale esprime una valutazione vincolante per le parti; le procedure di autocomposizione eterodiretta, nelle quali il terzo agevola la discussione facendo emergere gli interessi delle parti e lasciando loro la determinazione dell’accordo, o suggerendo una possibile soluzione.

Tutti i metodi A.D.R. sono caratterizzati da una gestione “privata” del conflitto e costituiscono essenzialmente le varianti di due modelli base: l’arbitrato e la mediazione.

Le principali forme di A.D.R. sono: l’arbitrato, la mediazione, la mediazione/arbitrato, il mini-giudizio, la valutazione preventiva neutrale, il summary jury trial, il fact-finding, la moderated settlement conference, l’ombudsman, il private judging e il dispute review board.

L’arbitrato è una procedura nella quale le parti decidono di sottoporre la definizione della controversia a un soggetto privato (monocratico o collegiale). Secondo diversi studiosi rientrerebbe anch’essa fra le soluzioni di A.D.R.

L’arbitrato può essere: rituale o irrituale. L’arbitrato rituale, disciplinato dagli artt. 806 e ss. c.p.c., presenta i caratteri propri del giudizio ordinario e si configura come un processo privato, gestito da un terzo imparziale su mandato delle parti, il quale, come il giudice, ha il potere di adottare una decisione vincolante (lodo).

L’arbitrato irrituale, o libero, invece, non è soggetto alla disciplina normativa processuale civile, o di diritto sostanziale, ma consiste, come ha più volte affermato la Cassazione, in un’attività negoziale e non giurisdizionale (cfr. Cass. Civ. n. 4253/1974 e n. 9381/1992).

Rispetto al giudizio ordinario, l’arbitrato presenta i seguenti vantaggi: la procedura è meno formale; il terzo più competente, perché esperto nella materia oggetto del contendere; i tempi di decisione sono drasticamente ridotti.

Nell’ambito dell’arbitrato è possibile ancora distinguere tra arbitrato ad hoc e arbitrato amministrato: nel primo modello, sono le parti stesse a stabilire le regole della procedura; nel secondo, i litiganti si rivolgono a istituzioni arbitrali, che offrono un apposito servizio, amministrando la relativa procedura e definendone i costi (v. Camera Arbitrale di Milano, o di Palermo, International Chamber of Commerce di Parigi, London Court of International Arbitration, ecc.)

L’Arbitrato rituale, tuttavia, per il formalismo previsto e per l’emissione di un lodo vincolante per le parti, presenta maggiori analogie con il procedimento giurisdizionale ordinario e l’arbitrato irrituale, pur avendo natura negoziale, rimanda comunque alla decisione di un terzo: ecco perché alcuni studiosi sollevano delle perplessità circa il suo inserimento fra i metodi A.D.R.

La forma di A.D.R. maggiormente diffusa è la mediazione, un’evoluzione delle tecniche di negoziazione.

La mediazione è una procedura in cui un terzo neutrale, il mediatore, assiste le parti nel ricercare una soluzione al loro conflitto accettabile per entrambe. A differenza dell’arbitro, il mediatore non ha il potere di prendere decisioni vincolanti.

La mediazione può funzionare anche quando le parti non sono state capaci di raggiungere un accordo in sede negoziale, perché il mediatore, grazie alle sue tecniche di comunicazione e alla sua competenza in materia, può assisterle nell’esplorare alternative che esse, da sole, non erano state in grado di considerare. Questi i principali vantaggi della mediazione: le parti sono coinvolte direttamente nella negoziazione dell’accordo; il mediatore possiede una visione più oggettiva del conflitto e può aiutare le parti nella ricerca di valide alternative; la procedura è rapida e meno costosa, non solo rispetto al giudizio, ma anche all’arbitrato; i mediatori sono professionisti dotati di formazione specifica e di competenza tecnica; è la procedura che maggiormente tutela la conservazione dei rapporti interpersonali ed è aperta a soluzioni che rispecchiano i reali interessi delle parti; le informazioni assunte nel corso della mediazione sono riservate e non possono essere utilizzate in altre procedure, formali o informali.

La mediazione, secondo gli ambiti di applicazione, assume diverse denominazioni: familiare, civile, commerciale, penale, linguistica, interculturale, civile, commerciale, sportiva, ecc. La classificazione non è meramente formale, perché ogni tipo di mediazione risponde alle esigenze dei contesti nei quali opera.

La mediazione/arbitrato (med/arb), come si evince dalla denominazione, è una procedura che combina insieme mediazione e arbitrato. Si tratta di una procedura in cui un terzo neutrale interviene, in primo luogo, come mediatore e, nel caso di mancato accordo tra le parti, di arbitro. È opportuno che il mediatore sia un soggetto diverso da chi interverrà in seguito come arbitro. Il doppio ruolo in capo alla stessa persona è stato oggetto di frequenti critiche, perché riduce, di fatto, la mediazione a un’istruttoria dell’arbitrato.

Il mini giudizio (mini-trial) è una procedura nella quale gli avvocati delle parti presentano il caso, in forma tecnica, a una giuria paritetica dei manager delle imprese in lite, presieduta da un terzo neutrale. La giuria formula una decisione non vincolante, il cui obiettivo è fornire alle parti un’idea di cosa potrebbe accadere se ci fosse un processo.

Lo scopo di questo meccanismo è quello di consentire alle parti di avere un contatto diretto con la controversia e di formarsi, così, un’opinione fondata sulle rispettive possibilità di vittoria.

La valutazione preventiva neutrale (early neutral evaluation) appartiene al gruppo degli strumenti ‘giurisdizionali’, cioè a quelli che intervengono nelle fasi iniziali del processo, al fine di evitarne il proseguimento. Le parti sono convocate davanti a un terzo designato dal tribunale, tecnicamente esperto nella materia del contendere. Studiato il caso, questi prepara il suo pronostico sull’esito del processo e lo comunica alle parti solo dopo averle invitate alla conciliazione. Le parti possono eventualmente recedere dal giudizio e rivolgersi allo stesso esperto, perché faccia loro da mediatore del conflitto.

Il summary jury trial consiste in una vera e propria simulazione di un processo svolta dinanzi a una finta giuria, composta da soggetti estranei alle parti in lite. Alla giuria sono illustrati i termini della controversia, come durante lo svolgimento di un giudizio ordinario. Alla fine del procedimento la giuria emette una decisione, che aiuterà le parti in lite a capire quali potrebbero essere i rischi connessi a un vero e proprio processo, incoraggiando in tal modo il raggiungimento di un accordo.

Il fact-finding consiste nell’affidare a un terzo competente, indicato dalle parti, l’incarico di accertare e stabilire gli elementi di fatto di una determinata controversia. Le parti possono anche chiedere al terzo di esprimere un parere in merito alla controversia.

Il moderated settlement conference è un procedimento nel quale le parti presentano, a un collegio imparziale di giuristi, i termini della lite, perché formuli un parere non vincolante, destinato a fornire alle parti nuovi strumenti di valutazione. In molti tribunali degli U.S.A. questo procedimento è obbligatorio.

L’ombudsman è una figura designata generalmente da un’istituzione per raccogliere i reclami dell’utenza e conciliare gli opposti interessi. L’ombudsman non ha il potere di imporre una soluzione, né di annullare, revocare o modificare gli atti dell’ente, ma agisce formulando osservazioni e raccomandazioni, sollecitando i provvedimenti che consentano un sostanziale soddisfacimento delle richieste dell’interessato. Nel nostro ordinamento ricordiamo: l’ombudsman bancario e la figura affine del difensore civico nelle pubbliche amministrazioni.

Il private judging è una procedura denominata anche “rent a judge” (giudice in affitto), nel quale il terzo imparziale è solitamente un avvocato, o un giudice a riposo, scelto dalle parti in apposite liste, al quale sono affidati poteri tipicamente giurisdizionali, giacché può emettere una decisione vincolante fra le parti.

Il dispute rewiev board è la procedura in cui un comitato di esperti assolve una duplice funzione: di prevenzione delle liti e, in caso di controversia, di risoluzione della stessa. È generalmente adottata nelle grandi imprese nell’ambito di progetti importanti.

Per ragioni di completezza espositiva è d’uopo accennare al partnering.

Il partnering non è esattamente un metodo A.D.R., ma uno strumento per prevenire le liti commerciali fra aziende che hanno continui rapporti d’affari, tuttavia, per diverse motivazioni, è connesso ai procedimenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie.

Negli Stati Uniti i metodi A.D.R. sono utilizzati efficacemente da più di trent’anni. La società americana ha preso consapevolezza che i tribunali non possono più essere i luoghi esclusivi per la risoluzione delle controversie, ma i luoghi dove le stesse approdano dopo l’esperimento di altri sistemi di composizione. Secondo le statistiche il 95% dei procedimenti giudiziari americani terminano con un accordo.

Il ricorso ai metodi A.D.R., anche nell’ambito di processi già pendenti davanti a un tribunale, può portare a un’equa soluzione mesi, o addirittura anni, prima della procedura giudiziale, riducendo drasticamente i costi.

Anche il nostro ordinamento, in particolare attraverso l’attuale riforma in materia di mediazione obbligatoria, si sta orientando verso la prospettiva in cui i metodi A.D.R. e quelli “tradizionali” possano convivere.

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Codice delle risoluzioni alternative delle controversie

Il Codice intende riunire organicamente le norme in materia di risoluzione alternativa delle controversie, al fine di fornire agli operatori del diritto, ma anche agli esperti di altre discipline che si interessano di tecniche di negoziazione, uno strumento di facile consultazione.L’opera, volta alla ricognizione delle regole introdotte nel nostro ordinamento giuridico, vuole rappresentare un momento di armonizzazione e coordinamento delle disposizioni sulle ADR, consentendo di superare le difficoltà sistematiche – anche di un certo rilievo – che vengono spesso riscontrate sul campo da chi si occupa di questi temi.Il Codice è suddiviso in due parti: la prima (Parte generale) è dedicata alle norme che dettano la disciplina di base relativa ai diversi strumenti di risoluzione delle controversie previsti nel nostro sistema giuridico; la seconda (Settori specifici) si rivolge ai singoli ambiti in cui si collocano apposite regole di ADR.Il volume risulta articolato per “voci” che seguono l’ordine alfabetico.Nicola TascoCommissario straordinario Istituto Regionale di Studi Giuridici del Lazio “Arturo Carlo Jemolo”.Gaetano Edoardo NapoliProfessore ordinario di Diritto privato presso l’Università degli Studi di Roma Unitelma “Sapienza”, presso cui dirige il Dipartimento di Scienze giuridiche ed economiche. Avvocato cassazionista e giornalista pubblicista. Autore di cinque monografie e numerosi saggi in materia di Diritto civile e Diritto di Famiglia. Tra gli scritti più recenti, un volume sui Profili privatistici della mediazione civile e commerciale, all’interno della Collana di Studi Giuridici edita da Il Mulino e alcuni saggi in materia di risoluzione alternativa delle controversie di Diritto privato.Guido CardelliAvvocato, docente formatore teorico-pratico e mediatore civile e commerciale, responsabile scientifico dell’ente di formazione dei mediatori forensi di Roma (Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma). Autore di alcuni articoli scientifici in materia di mediazione civile e commerciale e di un saggio pubblicato nel Rapporto sui conflitti e sulla conciliazione del 2016.Paola MoreschiniAvvocato, mediatore civile e commerciale, professionista di pratica collaborativa, responsabile scientifico dell’ente di formazione dei mediatori dell’Istituto A.C. Jemolo, coautore dei Rapporti sui conflitti e sulla conciliazione del 2015, del 2016, del 2017 e del 2018 curati dall’Osservatorio sui conflitti e sulla conciliazione.

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Riferimenti Bibliografici

Uzqueda-Frediani, La Conciliazione, ed. Giuffrè.

Cosi G., atti del corso in Conciliazione-mediazione, Bologna 2003.

Cicogna-Di Rago, La conciliazione commerciale, ed. Maggioli.

 

Frisco Caterina

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