I danni causati dai cani randagi vanno risarciti dal Comune

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Il Comune è co-responsabile per i danni procurati da cani randagi sul proprio territorio: non può sottrarsi alla richiesta di risarcimento se chiamato in causa.

La Corte di Cassazione, tornata ad occuparsi della questione della responsabilità per i danni cagionati da cani randagi, ha ribadito con la sentenza n. 17528 del 23 agosto 2011 il principio della “corresponsabilità” dei Comuni nello svolgimento dei compiti di organizzazione, prevenzione e controllo del randagismo sul proprio territorio, considerato che anche su di essi grava l’obbligo di “adottare concrete iniziative e assumere provvedimenti volti ad evitare che animali randagi possano arrecare danno alle persone nel territorio di competenza”.

L’intervento della Corte di Cassazione trae origine dalla vicenda di una signora di Meta, una località in provincia di Napoli, sulla costiera Sorrentina.

La signora aveva citato in giudizio il comune di Meta per vedersi risarcire i danni subiti a seguito di un incidente avvenuto nel 1996 quando, mentre percorreva alla guida del proprio ciclomotore una via della ridente località turistica, veniva aggredita da un cane randagio che la faceva cadere a terra provocandole danni fisici, oltre che danni al motociclo. Sia il Tribunale di Torre Annunziata in prima istanza, sia la Corte di Appello di Napoli in secondo grado, le avevano dato torto, respingendo la richiesta di risarcimento danni sulla base della motivazione che “un comune non potesse essere dichiarato responsabile dei danni arrecati da un cane randagio”.

Dopo una lunga battaglia giudiziaria, la ricorrente decide di impugnare la decisione della Corte di Appello di Napoli e nel 2010 propone ricorso in Cassazione che, dopo una breve istruttoria, decide sul caso nello scorso agosto con la sentenza n. 17528, accogliendo le ragioni della signora.

Il ragionamento con cui la Corte di Cassazione ha deciso a favore della ricorrente, muove dalla Legge n. 281/1991, la legge quadro sugli animali da affezione, che demanda alle rispettive regioni il compito di disciplinare la materia.

La normativa vigente in regione Campania è la Legge n. 16 del 2001 la quale all’art. 1 comma 4 espressamente sancisce (come fanno tra l’altro anche le normative delle altre regioni d’Italia e dunque la sentenza della Suprema Corte ha valore anche per fatti analoghi accaduti in altre regioni) che la responsabilità nella tutela degli animali di affezione e nella prevenzione del randagismo spetta nei rispettivi ambiti di competenza alla Regione, ai Comuni e alle ASL. Secondo la Corte di Cassazione già questo “richiamo” di responsabilità fa risultare come evidente che i compiti di prevenzione e controllo dei cani vaganti “spettano (pure) ai Comuni, tenuti anch’essi, in correlazione con gli altri soggetti pubblici (e non) indicati dalla legge (Regione, ASL e associazioni di volontariato animaliste, n.d.r.) ad adottare concrete iniziative e assumere provvedimenti volti ad evitare che animali randagi possano arrecare danno alle persone nel territorio di competenza“.

L’abbandono dei cani è un reato penale punito con l’arresto fino ad un anno e sanzioni fino a 10 mila euro.

Prevenzione del randagismo:

In altri termini la responsabilità dei comuni va proprio ricondotta alla loro funzione istituzionale di “prevenzione del randagismo” e non può essere scontata dalla considerazione che la funzione pubblica di accalappiamento, e dunque la concreta eliminazione dalla strada del cane randagio, spetti per legge ad altri enti pubblici diversi dai Comuni (le ASL).

In realtà, già il fatto della presenza di cani randagi su un territorio comunale – a maggior ragione di un cane mordace che aggredisce un cittadino e mette, perciò in pericolo la pubblica incolumità delle persone – è segnale della responsabilità del Comune che non ha adottato quei comportamenti necessari per“prevenire il randagismo” di quei cani, venendo così meno ai suoi obblighi.

Si tratta di obblighi sanciti da leggi dello Stato, che implicano pertanto comportamenti della pubblica amministrazione che sarebbero “dovuti” e la cui violazione determina conseguentemente una responsabilità risarcitoria del Comune nei confronti di chiunque subisca dei danni.

Alla stregua di tali principi, in caso di danni provocati da cani randagi, vi è una evidente violazione di obblighi (prevenire il randagismo) da parte di un Comune, che rileva ai fini giuridici come un vero e proprio nesso di causalità tra l’atto aggressivo del cane randagio e i danni subiti dal cittadino: il comportamento omissivo del Comune è una concausa del “fattaccio”. Cosa che implica in capo all’ente una corresponsabilità, dalla quale non può sottrarsi se non dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare la circolazione del cane randagio e, dunque che il danno al cittadino si verificasse (per esempio, dimostrando di aver segnalato la presenza del cane vagante all’ASL competente che, tuttavia, non è intervenuta).

In definitiva il danno subito dal cittadino è indirettamente riconducibile alla condotta omissiva del comune, che non adottando provvedimenti per prevenire il randagismo, ha di fatto “permesso” la presenza di cani vaganti sul proprio territorio e, perciò, il danno al cittadino. E il Comune non potrà sottrarsi al pagamento del danno.

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