Guerra in Ucraina e volti di bambini su telegiornali e social. Diritto di informazione e privacy

Redazione 11/03/22
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Sono drammatiche e disarmanti le immagini della guerra in Ucraina che spesso vengono fatte scorrere nei telegiornali e sui social e che talvolta ritraggono la sofferenza anche dei bambini.
Il Garante per la privacy rivolgendosi ai media ha detto: “Basta con i volti disperati dei bambini in televisione, sui giornali e sui social network. Evitiamo di portare, almeno i più piccoli, in guerra una seconda volta, nella dimensione digitale”.
Continua poi il Garante: “l’immagine del bambino, come qualsiasi dato personale che lo riguardi, in realtà, dovrebbe entrare nel sistema mediatico solo quando ciò sia indispensabile o, ancora meglio, solo quando la sua pubblicazione sia nell’interesse del bambino. Perché, altrimenti, quelle fotografie e quei dati, nella dimensione digitale, perseguiteranno quei bambini per sempre, e, magari, in molti casi li esporranno a conseguenze discriminatorie di carattere sociale, culturale, religioso o politico di ogni genere, conseguenze, forse, oggi, in molti casi persino imprevedibili”.

Bilanciamento tra diritto di informazione e privacy

È corretto quanto affermato dal Garante, tuttavia non è pensabile non far vedere al mondo che cosa stia accadendo in Ucraina.
Certo ci deve sempre essere un bilanciamento tra quello che è il diritto di informazione, di cronaca, e la privacy delle persone interessate/ritratte in certe immagini. Si pensi che, anche solo attraverso l’oscuramento dei volti, si riuscirebbe a tutelare in parte la privacy delle persone ritratte.

Un’informazione giornalistica può ritenersi lecita quando, pur riferendosi a fatti e condotte private queste abbiano interesse pubblico. La notizia seppur riporti dettagli e circostanze contenute nei limiti dell’essenzialità deve astenersi dal diffondere dettagli non indispensabili, evitando spettacolarizzazioni e accanimenti morbosi.
Ma che cosa possiamo definire “indispensabile” da mostrare in una situazione estrema come la guerra?

Interessante, a questo proposito, un caso di cronaca di guerra, che vede come protagonista un cittadino ucraino che ha scoperto di aver perso la propria famiglia sui social, attraverso delle immagini pubblicate dopo un bombardamento.
L’uomo che si trovava nell’est dell’Ucraina per accudire la madre aspettava la telefonata della moglie e dei figli che dovevano raggiungerlo. Nell’attesa di questa chiamata, che purtroppo non è mai arrivata, quest’uomo, incollato al suo cellulare, ha iniziato a navigare su Twitter e scorrendo tra un’immagine e l’altra ha visto la moglie e i suoi due figli stesi per terra senza vita.
Possiamo solo provare a immagine lo shock provato da quell’uomo.
Senza quell’immagine li avrebbe aspettati per giorni, mesi, e chissà se avrebbe mai saputo la verità.
Quest’uomo forse al momento non pensa affatto alla privacy violata dei suoi cari.
Certamente la guerra ci mostra delle immagini crude, che negli ultimi anni possiamo dire di aver visto solo nei film, ma ci raccontano la verità.

Quanti ucraini faranno valere il proprio diritto alla privacy?

E quindi rileggendo ora, dopo aver sentito questa storia, le parole del Garante, ci chiediamo se la pubblicazione sui social dell’immagine di quella famiglia senza vita era “indispensabile”, se quella stessa immagine “perseguiterà per sempre” quei due bambini.
Quell’uomo sicuramente potrà agire facendo valere i suoi diritti e facendo rimuovere quell’immagine dal mondo digitale, ma nella realtà grazie a quell’immagine ha saputo una triste verità senza la quale magari sarebbe rimasto appeso a un filo per sempre.

Purtroppo sono tante le storie di famiglie divise dalla guerra in Ucraina che probabilmente in questo momento si stanno cercando.
La privacy è un diritto fondamentale, ma in situazioni estreme, come quelle di guerra, forse è un diritto che viene un po’ meno?
Solo tra qualche anno scopriremo quanti si saranno appellati al diritto alla privacy per eliminare le immagini o i video di guerra.

Per ultimo, l’immagine che ritraeva quella famiglia senza vita, mostrava i risultati devastanti di un bombardamento e quindi ci chiediamo: l’interesse pubblico a “vedere” gli effetti di quel bombardamento è superiore alla privacy del singolo che viene ritratto nella stessa immagine?

 

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