Giudizio di ottemperanza: tempi, termini e funzionamento

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     Indice

  1. Definizione 
  2. Giudizio di ottemperanza: tempi, termini

1. Definizione 

Il giudizio di ottemperanza consiste in un procedimento per mezzo del quale è possibile ottenere un pagamento da parte della Pubblica Amministrazione. Nella pratica, ciò si verifica in relazione all’esistenza di una sentenza, che però non è mai stata eseguita, in base alla quale la Pubblica Amministrazione ha l’obbligo di corrispondere una data somma di denaro. Si ricorre al giudizio di ottemperanza qualora ci si trovi a essere creditori rispetto a una Pubblica Amministrazione e si voglia evitare il ricorso ai pignoramenti forzati, la cui procedura richiede in genere diverso tempo.

I presupposti fondamentali sono: 1) che la sentenza, il lodo arbitrale, o anche le ordinanze (per esempio quelle di assegnazione del credito ex articolo 553 c.p.c.) non siano state eseguite dalla Pubblica Amministrazione; 2) che il provvedimento di cui si chiede l’ottemperanza sia passato in giudicato; 3) che la stessa sentenza non sia autoapplicativa, non debba cioè esaurire il proprio contenuto in un effetto demolitorio.

Il secondo presupposto ha comportato in passato diversi problemi relativamente alla situazione delle sentenze non passate in giudicato, che in base all’articolo 33 della legge T.A.R. sono automaticamente esecutive, e per le quali non era invece possibile il giudizio di ottemperanza.

La situazione si è risolta con la legge numero 205 del 2000, che ha previsto un rimedio apposito, il quale conferisce al Tribunale poteri analoghi al giudice dell’ottemperanza riguardo a tali sentenze, sicché oggi, dal punto di vista della tutela del ricorrente, si ha una situazione sostanzialmente analoga per le sentenze passate in giudicato e per le sentenze non passate in giudicato.

Il terzo requisito impone semplicemente che la pretesa del ricorrente non sia di per sé soddisfatta dalla semplice sentenza [1].

L’utilità del giudizio di ottemperanza è palese, invece, quando il contenuto della sentenza non è soltanto di annullamento, ma prevede anche un comportamento attivo dell’amministrazione [2].


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2. Giudizio di ottemperanza: tempi, termini

L’articolo 114 del Codice del processo amministrativo individua le tappe di questo giudizio e focalizza in particolare l’attenzione sui poteri attribuiti al giudice dell’esecuzione [3].

La norma si apre con una disposizione che sancisce una rottura con il passato e, in particolare, con la disciplina recata dagli articoli 90 e 91 del Regolamento di procedura davanti al Consiglio di Stato (R.D. n. 642/1907).

In particolare, il primo comma stabilisce che l’azione di ottemperanza si propone, anche senza previa diffida, con ricorso notificato alla pubblica amministrazione e a tutte le altre parti del giudizio definito dalla sentenza o dal lodo della cui ottemperanza si tratta; l’azione si prescrive con il decorso di dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza.

Sono almeno due le novità che meritano di essere segnalate: 1) è stata considerata non più indispensabile, ai fini dell’inaugurazione del giudizio di ottemperanza, la c.d. “diffida ad adempiere”; 2) muta decisivamente il modo con cui si introduce il giudizio in parola: l’atto introduttivo del giudizio non è più una domanda diretta al Presidente del T.A.R. o del Consiglio di Stato ma ha la forma propria del ricorso amministrativo [4].

Iniziando dal tema della diffida ad adempiere, giova rammentare quella che, in passato, era la disciplina all’uopo dettata dall’articolo 90, comma 2, R.D. n. 642/1907:

  • la parte interessata ad ottenere l’ottemperanza era previamente tenuta a notificare un atto di messa in mora all’autorità amministrativa, diffidandola ad adempiere entro il termine di trenta giorni pena la proposizione del ricorso di ottemperanza;
  • l’atto di diffida e messa in mora, prodromico all’instaurazione del giudizio di ottemperanza, doveva essere notificato all’amministrazione inadempiente;
  • fino alla novella introdotta dall’articolo 10, L. n. 205/2000, la diffida doveva essere notificata dopo il passaggio in giudicato della decisione di cui si chiede l’esecuzione: infatti, si riteneva inammissibile il ricorso proposto per l’esecuzione del giudicato ove la diffida fosse stata notificata all’amministrazione prima del passaggio in giudicato della decisione. Viceversa, dopo che l’articolo 10 della L. n. 205/2000 aveva ammesso il giudizio di ottemperanza avverso sentenze esecutive non sospese del solo giudice amministrativo, si è ritenuto che per la notifica della diffida in ordine all’esecuzione di questo tipo di pronunce non occorresse attendere il passaggio in giudicato. Infine, qualora l’amministrazione fosse rimasta inadempiente anche dopo lo scadere del termine fissato con la diffida, l’interessato poteva proporre ricorso al giudice competente per l’ottemperanza.

Ora che il nuovo Codice del processo amministrativo ha sancito la “non necessità” della previa diffida ad adempiere, si devono ritenere ormai superati tutti i problemi interpretativi, nonché i tradizionali formalismi ad essa originariamente legati.

Per ciò che concerne, invece, il modo con cui si introduce il giudizio di ottemperanza, giova rammentare che, in passato, ai sensi dell’articolo 91, R.D. n. 642/1907:

  • il ricorso andava depositato con la copia del giudicato;
  • non occorreva istanza di fissazione di udienza, in quanto l’udienza veniva fissata di ufficio;
  • il ricorso si proponeva con domanda indirizzata al Presidente del T.A.R. o del Consiglio di Stato;
  • la segreteria, dopo il deposito del ricorso medesimo, aveva l’onere di comunicare la presentazione della domanda all’amministrazione competente, la quale, entro venti giorni dalla ricevuta comunicazione, poteva trasmettere osservazioni alla segreteria. Scaduto tale termine, il Presidente della sezione, con nota scritta in calce al ricorso, nominava il relatore e fissava il giorno per l’udienza in camera di consiglio, salvo richiesta di trattazione in pubblico consesso formulata da una delle parti.

Superando la vecchia impostazione normativa, che dipingeva il giudizio di ottemperanza come un “giudizio ad istanza di ufficio”, il nuovo articolo 114 del c.p.a. forgia un nuovo modello di giudizio di ottemperanza, questa volta costruito come un giudizio ad impulso di parte.

E, nel termine di dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza, il soggetto interessato è adesso tenuto a proporre un apposito ricorso, notificato alla pubblica amministrazione e a tutte le altre parti del giudizio definito dalla sentenza o dal lodo della cui ottemperanza si tratta.

Secondo quanto prescrive il comma 2 dell’articolo 114, poi al ricorso è allegata in copia autentica la sentenza di cui si chiede l’ottemperanza, con l’eventuale prova del suo passaggio in giudicato.

Per quanto riguarda i tempi da rispettare, quindi, il giudizio di ottemperanza potrà essere proposto entro 10 anni dal momento in cui la sentenza che ha riconosciuto il diritto di ricevere un determinato credito sia diventata definitiva in quanto passata in giudicato.

Nello specifico, sarà necessario: 1) notificare il ricorso alla pubblica amministrazione e alle altre parti eventualmente coinvolte; 2) allegare al ricorso una copia autentica del provvedimento per il quale si sta richiedendo l’ottemperanza.

Il giudizio di ottemperanza ha come conclusione una sentenza con la quale il giudice fissa un termine tassativo che la pubblica amministrazione deve rispettare per saldare il suo debito nei confronti del creditore.

Nell’ipotesi in cui tale termine non venisse rispettato: 1) il giudice stabilirà una sanzione pecuniaria; 2) sarà previsto l’intervento di un commissario ad acta, il quale avrà il compito di obbligare la pubblica amministrazione a versare quanto dovuto al ricorrente.


Note bibliografiche

[1] Un caso tipico è quello del ricorrente che chiede l’annullamento di un provvedimento amministrativo: ottenendosi una sentenza positiva, a nulla servirebbe un giudizio di ottemperanza.

[2] Nel caso in cui l’amministrazione non ponga in essere tale comportamento dovuto, il privato può allora rivolgersi al giudice perché l’amministrazione ottemperi a quanto dallo stesso statuito con la sentenza.

[3] D. Giannini, Il procedimento nel giudizio di ottemperanza, Ius Explorer, https://www.iusexplorer.it/Publica/FascicoloDossier/Il_procedimento_nel_giudizio_di_ottemperanza/?idDocMaster=3580141&idDataBanks=19&canale=13.

[4] Ivi.

Tullio Facciolini

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