Giardini comuni e comportamenti abusivi dei condomini

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Qualora nell’ambito di un caseggiato vi sia un giardino comune, il suo uso deve essere garantito ad ogni condomino, al quale è peraltro permesso di farne anche un utilizzo particolare purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri proprietari di usufruirne e di goderne in pari modo.

L’art.1102 c.c., come è noto, intende assicurare al singolo partecipante, per quel che concerne l’esercizio del suo diritto, la maggiore possibilità di godimento della cosa comune, nel senso che, nel rispetto degli anzidetti limiti, egli deve ritenersi libero di servirsi della cosa stessa, anche per fine tutto proprio, traendo ogni possibile utilità, senza che possano costituire vincolo per lui forme più limitate di godimento attuate in passato dagli altri partecipanti.

Alla luce dei precedenti principi è stata considerata legittima la piantumazione di alberi e fiori da parte dei singoli condomini, purché avvenga in modo del tutto compatibile non solo con la destinazione dell’area, ma anche con il diritto di tutti gli altri condomini di farne parimenti uso (Cass. civ., sez. II, 09/02/2011, n. 3188).

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Gli abusi nel giardino comune: il problema degli alberi

Tenendo conto dei limiti previsti dall’articolo 1102 c.c., non sono ammessi quegli interventi dei singoli condomini che comportino un’evidente diminuzione delle utilità che il giardino fornisce ad alcune parti dell’edificio, quale può essere il collocamento di alberi ad alto fusto che tolgono luce alle unità immobiliari prospicienti.

Allo stesso modo l’utilizzazione, da parte di un condomino – ristoratore, di uno spazio comune destinato a verde mediante trasformazione dello stesso in piccolo cortile con base in cemento coperto da tettoia (per mettere tavolini e sedie), comporta certamente sottrazione del godimento agli altri condomini e l’alterazione della destinazione dello spazio abusivamente trasformato (Cass. civ., sez. II, 10/02/2006, n. 3009).

Non è legittimo, poi, l’accordo di destinare il giardino comune a spazi di uso esclusivo mediante la fruizione esclusiva dei singoli appezzamenti, qualora tale accordo non risulti comprovato da alcuna delibera o atto scritto.

Ne deriva, quindi, la legittimità del provvedimento con il quale il giudice ordina la rimozione di tutte le recinzioni e dei manufatti abusivi, dovendosi restituire all’uso e al godimento di tutti i condomini l’intera area verde o corte comune che circonda il fabbricato (App. Perugia, 9 febbraio 1988).

Naturalmente, poi, se una norma del regolamento di natura contrattuale vieta espressamente l’utilizzo degli spazi verdi, nessuno potrà procedere a calpestare il manto erboso, soprattutto se l’assemblea, a maggioranza (non si tratta certo di innovazione), delibera, per evitarne il calpestio, la realizzazione di una recinzione per il giardino condominiale .

È possibile, inoltre, che il regolamento impedisca che, ad iniziativa di uno o più condomini, si piantino nel giardino comune piante o alberi che con il crescere possano togliere luce, aria o visuale ai locali di un condomino.

In tal caso, se il danneggiato richiede il risarcimento dei danni ed, innanzitutto, l’eliminazione totale o parziale di alberi che, piantati a distanza ravvicinata l’uno dall’altro in un’aiuola comune, con le loro chiome a ridosso del suo alloggio impediscono l’ingresso a questo dell’aria e della luce, tale questione deve essere risolta non soltanto alla stregua dell’art.892 c.c., occorrendo invece indagare se la mancata manutenzione degli alberi, anche se piantati alla distanza legale, non costituisca un comportamento negligente del condominio, idoneo a procurare ingiusto danno ed a violare il principio per il quale l’uso delle parti comuni non deve mai risolversi in pregiudizio di alcun condomino.

Il diritto di panorama

Bisogna considerare che la presenza di alberi ad alto fusto nel giardino condominiale può integrare in astratto gli estremi di una turbativa di una servitù di panorama.

È necessario ricordare, però, che il riconoscimento del diritto al panorama del condomino in ragione della preesistenza della visuale all’acquisto dell’immobile viola il principio della tipicità dei modi di acquisto dei diritti reali.

Infatti se è vero che una servitù altius non tollendi può essere costituita oltre che negozialmente anche per destinazione del padre di famiglia od usucapione, tali modi di costituzione necessitano, non solo, a seconda dei casi, della destinazione conferita dall’originario unico proprietario o dell’esercizio ultraventennale di attività corrispondenti alla servitù, ma anche di opere visibili e permanenti, ulteriori rispetto a quelle che consentono la veduta (Cass. civ., sez. II, 27/02/2012, n. 2973).

A tale proposito è stato affermato che è sufficiente che le opere destinate all’esercizio della servitù siano visibili da un altro punto di osservazione (una vicina via pubblica) rispetto al fondo servente, rilevando, ai fini dell’usucapione, quella visibilità tale da escludere la clandestinità del possesso e da far presumere la consapevolezza della situazione di obbiettivo asservimento del fondo servente a vantaggio di quello dominante (Cass. civ., sez. II, 17/11/2014, n. 24401).

Non può essere ordinata, però, la rimozione degli alberi di alto fusto messi a dimora negli spazi esterni al condominio, se la clausola del contratto con cui i condomini avevano acquistato l’appartamento dalla società costruttrice del complesso condominiale prevede solo limiti di altezza per l’ulteriore palazzina da edificare nell’area condominiale (Cass. civ., sez. II, 24/04/2019, n. 11224).

La servitus altius non tollendi non può essere fatta valere nei confronti del condominio e degli altri condomini se non nella misura strettamente aderente alla formulazione letterale del contratto, senza indebite interpretazioni analogiche o estensive.

Spazi verdi e gioco della palla

È frequente che gli spazi verdi condominiali, sui quali spesso vi è affaccio degli ambienti più importanti, quali le camere da letto, le sale da pranzo, i salotti ecc. di ogni singolo appartamento, vengano utilizzati come spazio per il gioco.

A tale proposito occorre precisare che l’utilizzazione per il gioco dei bambini di una parte assai limitata dell’area verde non contrasta con la destinazione a giardino prevista, per quella stessa area, dal regolamento, ma ne costituisce unicamente un migliore e più intenso godimento per soddisfare esigenze che pure appaiono insopprimibili e, comunque, senz’altro meritevoli di tutela nella vita di un condominio.

In altre parole la disciplina dei giochi dei bambini nei viali del cortile-giardino condominiale non integra un’occupazione degli stessi né un’alterazione della destinazione della cosa comune, con impedimento del pari uso degli altri condomini, risolvendosi in una forma di utilizzazione diversa da quella normale ma non illegittima, essendo compatibile con la destinazione del bene; essa può, di conseguenza, essere disposta dall’assemblea con deliberazione adottata con la maggioranza prevista dall’art.1136 c.c. ancorché il regolamento di condominio di natura contrattuale vieti l’occupazione delle parti comuni da parte dei condomini (Cass. civ., sez. II, 08/07/1981, n. 4479).

Se poi nel regolamento è previsto che lo spazio verde sia destinato al gioco del calcio, merita di essere precisato che è conforme alla destinazione di un’area condominiale a “gioco del pallone”, come previsto nel regolamento contrattuale, l’installazione di una rete di recinzione e delle porte di legno necessarie per lo svolgimento di “partite di calcio” da parte dei condomini; ove tali opere siano eseguite ad iniziativa e spese di uno dei condomini, gli altri condomini ne acquisiscono la relativa comproprietà per accessione; tuttavia compete all’assemblea condominiale deliberare, col rispetto delle maggioranze previste dall’art.1136, 2° e 3° comma, c.c., se mantenere o rinnovare i manufatti, integranti una modificazione della cosa comune per la sua migliore e più conveniente utilizzazione (Trib. Monza, 22 gennaio 1985).

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