Esonero contributivo alternativo alla cassa integrazione: le novità della Legge di Bilancio 2021 e le istruzioni dell’INPS

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Premessa: le nuove settimane di ricorso agli ammortizzatori sociali

La Legge di Bilancio 2021 (L. n. 178 del 30 dicembre 2020), come noto, ha previsto nuovi periodi di integrazioni salariali per quei datori di lavoro che sono ancora colpiti dall’emergenza epidemiologica da COVID-19.

I commi 299 e seguenti dell’art. 1 della legge in parola prevedono infatti che i datori di lavoro che si vedono costretti a sospendere o ridurre l’attività in conseguenza dell’emergenza sanitaria possono beneficiare di ulteriori 12 settimane di ammortizzatori sociali di cui agli artt. da 19 a 22-quinquies del D. L. n. 18 del 17 marzo 2020 convertito nella L. n. 27 del 24 aprile 2020.

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Beneficiari delle nuove settimane di ammortizzatori sono, a seguito anche dell’intervento dell’INPS con circolare n. 28 del 17 febbraio 2021 di cui si parlerà in seguito, i lavoratori in forza al 4 gennaio 2021.

Il Legislatore, nel richiamare le tipologie di ammortizzatori sociali alle quali è possibile fare ricorso, opera di fatto un richiamo al c.d. D.L. Cura Italia ed alle successive modificazioni ed integrazioni.

Con qualche novità che si analizza di seguito.

I datori di lavoro interessati possono quindi fare ricorso ai seguenti trattamenti integrativi, che si è imparato purtroppo a conoscere in particolar modo in quest’ultimo anno:

  • Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (C.I.G.O.);
  • Assegno Ordinario in capo al Fondo d’Integrazione Salariale ed ai Fondi di Solidarietà Bilaterale (F.I.S. e, in particolare, F.S.B.A.);
  • Cassa Integrazione Guadagni in Deroga (C.I.G.D.).

Possono accedere in particolare alla C.I.G.O. i datori di lavoro rientranti, per inquadramento previdenziale, nell’ art. 10 del D. Lgs. n. 148/2015[1] ed al Fondo d’Integrazione Salariale (F.I.S.) i datori di lavoro rientranti nel successivo art. 29[2].

Conseguentemente tutti i datori di lavoro, che per inquadramento previdenziale ed attività esercitata non rientrano in area C.I.G.O. ed in area assegno ordinario (AO) in capo ai fondi di cui sopra, sono interessati alla C.I.G.D.

Fatta questa breve premessa in merito all’ambito di applicazione delle integrazioni salariali, si procede ora ad attenzionare quella che è la novità più importante introdotta dalla legge di bilancio 2021.

Infatti, se da una parte il Legislatore ha mantenuto invariate le diverse tipologie di ammortizzatori, dall’altra ha previsto una diversificazione in termini di durata delle prestazioni.

Il comma 300 dell’art. 1 prevede due diversi archi temporali all’interno dei quali possono essere fruite le 12 settimane di ammortizzatori:

  1. Dal 1 gennaio 2021 al 31 marzo 2021 per i datori di lavoro rientranti in ambito C.I.G.O.;
  2. Dal 1 gennaio 2021 al 30 giugno 2021 per i datori di lavoro rientranti in ambito “assegno ordinario” e C.I.G.D.

E’ interessante notare come anche per queste ulteriori 12 settimane il Legislatore riproponga il meccanismo di assorbimento di eventuali settimane già richieste ai sensi del D.L. n. 137 del 28 ottobre 2020, conosciuto come Decreto Ristori, e convertito in L. n. 176 del 18 dicembre 2020[3].

Con questa formulazione, in sostanza, si prevede appunto che le settimane richieste ed autorizzate ai sensi del decreto Ristori e collocate anche parzialmente nei periodi successivi al 1 gennaio 2021 vengono imputate alle 12 settimane richieste ai sensi della L. n. 178/2020.

 

Di seguito un esempio:

La Società XY S.r.L. ha richiesto un trattamento di integrazione salariale a decorrere dal 14 dicembre 2020 al 24 gennaio 2021 per un totale di 6 settimane ai sensi del D. L. n. 137/2020. Purtroppo l’attività aziendale continua a risentire degli effetti pandemici e si vede costretta a richiedere i nuovi trattamenti di integrazione salariale in continuità con il precedente periodo ed ai sensi della L. n. 178/2020.

Sulla base del meccanismo di assorbimento in parola, le settimane decorrenti dal 1 Gennaio 2021 al 24 gennaio 2021 vengono direttamente imputate nel nuovo periodo ragion per cui la società XY S.r.L. potrà richiedere solamente 9 settimane ai sensi della legge di bilancio.

Si deve precisare come tale meccanismo non sia nuovo, in quanto era già stato introdotto in sede di emanazione del D.L. n. 104 del 14 agosto 2020 (c.d. Decreto Agosto): l’art. 1 infatti aveva previsto che “I periodi di integrazione precedentemente richiesti e autorizzati ai sensi del predetto decreto-legge n. 18 del 2020, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020 sono imputati, ove autorizzati, alle prime nove settimane di cui al presente comma.”.

L’INPS, con messaggio n. 3131 del 21 agosto 2020, nel fornire prime indicazioni in merito ai trattamenti di integrazione salariale di cui al D. L. n. 104/2020 aveva precisato che i datori di lavoro avrebbero dovuto fare attenzione al corretto calcolo delle settimane di ammortizzatori ed a stornare eventuali settimane già richieste ed autorizzate collocate successivamente al 13 luglio 2020[4] ma rientranti nella precedente disciplina legislativa. In ogni caso si precisava che “… le Strutture territoriali, nelle ipotesi di domande, riferite alla medesima unità produttiva, per un numero di settimane superiore rispetto al massimo consentito (nove complessive, considerando anche quelle imputate in relazione alla precedente disciplina), ridetermineranno correttamente il limite mediante un accoglimento parziale delle richieste.”.

E’ quindi il datore di lavoro che, in prima battuta, avrebbe (ed ha tuttora) l’onere di verificare le effettive settimane di ammortizzatori richiedibili. L’INPS, in fase di analisi della domanda presentata, procede eventualmente alla rideterminazione delle settimane spettanti e, quindi, ad eventuale accoglimento parziale della domanda stessa.

L’esonero contributivo alternativo agli ammortizzatori sociali

Già con il D.L. n. 104/2020, convertito nella L. n. 126/2020, il Legislatore era intervenuto introducendo un esonero contributivo alternativo alla richiesta delle ulteriori 18 settimane successive al 12 luglio 2020 della durata di 4 mesi fruibile fino al 31 dicembre 2020,

L’art. 3 della disposizione normativa in commento subordinava però la fruizione di detto incentivo alla concessione dell’autorizzazione della Commissione Europea[5].

L’INPS, con circolare n. 105 del 18 settembre 2020, è intervenuta sul punto fornendo importanti chiarimenti circa l’applicabilità di detto esonero che si riassumono per punti di seguito:

  • Interessati dall’esonero contributivo sono tutti i datori di lavoro privati, anche non imprenditori, ad eccezione del settore agricolo. Resta quindi esclusa la Pubblica Amministrazione secondo quanto definito dall’art. 1, comma 2, del D. Lgs. n. 165/2001;
  • Potevano accedere al beneficio i datori di lavoro che hanno fruito nei mesi di maggio e giugno 2020 degli ammortizzatori sociali di cui agli artt. 19-22-quinquies del D.L. n. 18/2020 e sue successive modificazioni ed integrazioni;
  • L’ammontare dell’esonero era pari al doppio delle ore d’integrazione salariali fruite appunto nei mesi di maggio e giugno 2020 con esclusione dei premi dovuti all’INAIL;
  • L’importo dell’esonero veniva riparametrato e applicato su base mensile e non poteva superare l’ammontare dei contributi dovuti con riferimento al singolo mese di fruizione.

Il Legislatore è poi intervenuto con l’art. 12 del D.L. n. 137/2020 (c.d. decreto Ristori) convertito nella L. n. 176/2020 che, in occasione del riconoscimento delle ulteriori settimane di ammortizzatori[6], ha esteso l’esonero contributivo alternativo alla cassa integrazione per ulteriori 4 settimane fruibili entro il 31 gennaio 2021.

Rispetto alla precedente formulazione, in questa sede l’esonero è riconosciuto nel limite delle ore di integrazione salariale fruite nel mese di giugno 2020.

E’ interessante notare come beneficiari dell’esonero contributivo siano i datori di lavoro ai quali sia stato autorizzato l’ulteriore periodo di 9 settimane di cui al D.L. n. 104/2020 ovvero rientrino nei settori interessati dal D.P.C.M. del 24 ottobre 2020.

E’ interessante altresì notare come detto esonero spetti, ai sensi del comma 15, anche a quei datori di lavoro che abbiano fatto richiesta del precedente di cui al decreto Agosto e che vi rinuncino.

L’INPS è intervenuta, in ritardo, con la circolare n. 24 dell’11 febbraio 2021 fornendo primi chiarimenti e rimandando ad un futuro messaggio (successivo all’emanazione dell’autorizzazione alla fruizione da parte dell’Unione Europea[7]) per la specifica delle modalità applicative in termini di compilazione delle dichiarazioni contributive da parte dei datori di lavoro.

In che modo si inserisce l’esonero contributivo alternativo agli ammortizzatori sociali nell’ambito degli altri esoneri? E’ previsto un qualche coordinamento con altre misure?

L’INPS risponde a questa domanda specificando come l’esonero contributivo “…è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta e a condizione che per gli altri esoneri di cui si intenda fruire non sia espressamente previsto un divieto di cumulo con altri regimi.”

In particolare si rileva come tale esonero non sia cumulabile con l’incentivo strutturale per l’occupazione giovanile di cui alla L. n. 205/2017, art. 1, comma 100 e seguenti[8].

Inoltre il datore di lavoro che sta fruendo per alcuni lavoratori dell’incentivo “Iolavoro” non potrà, in relazione ai medesimi lavoratori, beneficiare dell’esonero contributivo.

L’INPS sottolinea, di contro, come possa configurarsi una cumulabilità di detto esonero con riguardo a:

  • Assunzione di over 50 disoccupati da almeno 12 mesi ai sensi dell’art. 4, commi 8-11, della L. n. 92/2012;
  • Incentivo legato all’assunzione di disabili di cu all’art. 13 della L. n. 68/1999;
  • Incentivo per l’assunzione di soggetti beneficiari di NASPI di cui all’ art. 2, comma 10-bis, della L. n. 92/2012.

Poiché si fa riferimento al concetto di unità produttiva, è previsto inoltre che all’interno della medesima unità non sia possibile la coesistenza tra trattamento di integrazione salariale per causale COVID-19 ed esonero.

 

Ecco l’art. 1, commi 306-308, della Legge di Bilancio 2021 che introduce, anche in riferimento alle nuove ulteriori 12 settimane di ammortizzatori sociali, ulteriori 8 settimane di esonero contributivo alternativo da fruire entro il 31 marzo 2021.

La logica sottesa a tale misura è la stessa di quella in precedenza analizzata: alternatività del beneficio contributivo rispetto alle nuove settimane di cassa integrazione.

Interessati dall’esonero contributivo sono, quindi, i datori di lavoro privati, con esclusione di quelli appartenenti al settore agricolo, che non richiedano trattamenti di cui al precedente comma 300.

Al pari di quanto previsto per l’esonero di cui al D.L. n. 137/2020, la misura dell’esonero contributivo in parola è pari alle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di maggio e giugno 2020, con esclusione dei premi dovuti all’INAIL.

Anche in questo caso, l’operatività dello sgravio contributivo è subordinata all’autorizzazione della Commissione Europea che, allo stato attuale, ancora non è stata emanata. Di fatto, quindi, la misura è solo sulla “carta”.

L’INPS, con la circolare n. 30 del 19 febbraio 2021, è intervenuta fornendo primi chiarimenti sulla disposizione legislativa de qua e specificando, in premessa ed al pari di quanto avvenuto in occasione della citata circolare n. 24/2021, che “con apposito messaggio, che verrà pubblicato all’esito dell’autorizzazione della Commissione europea, l’Istituto emanerà le istruzioni per la fruizione della misura di legge in oggetto, con particolare riguardo alle modalità di compilazione delle dichiarazioni contributive da parte dei datori di lavoro.”.

Viene confermato il collegamento della fruizione dell’esonero contributivo rispetto all’unità produttiva: “…l’accesso ai nuovi trattamenti di integrazione salariale comporta l’impossibilità, nella medesima unità produttiva, di accedere all’esonero contributivo disciplinato dalla stessa legge di bilancio 2021.”. Questo comporta la conseguenza che è ben possibile che, presso uno stesso datore di lavoro con una pluralità di unità produttive, si acceda ai trattamenti di integrazione salariale in una determinata unità produttiva mentre in un’altra si goda dell’esonero contributivo.

Viene altresì confermato che, nell’unità produttiva dove si accede all’esonero in parola, l’entità dello stesso non possa eccedere l’ammontare dei contributi dovuti nella medesima unità produttiva.

Merita poi di soffermarsi su quelle che sono le condizioni di spettanza dell’esonero contributivo. Da questo punto di vista si hanno due binari da rispettare:

  1. Rispetto della n. 296/2006, art. 1 comma 1175;
  2. Rispetto della n. 178/2020, art. 1 comma 309.

Per quanto concerne il primo punto, bisogna sottolineare che le norma richiamata è di fondamentale importanza in tema di benefici contributivi. Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 5/2008, ha definito i benefici contributivi come eccezioni “nei confronti di coloro che, in presenza di specifici presupposti soggettivi, sono ammessi ad un trattamento agevolato che riduce o elimina totalmente tali oneri”. In tale contesto il comma 1175 della disposizione de qua subordina la fruizione dei benefici normativi e contributivi al possesso del D.U.R.C. (Documento Unico di Regolarità Contributiva).

Quindi, affinchè si possa accedere all’esonero contributivo alternativo alla cassa integrazione, è necessario che il datore di lavoro sia provvisto di DURC che attesti la sua regolarità degli obblighi di contribuzione previdenziale ed assistenziale.

E’ altresì necessaria l’assenza di violazione delle norme a tutela delle condizioni di lavoro[9] ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, regionali, territoriali o aziendali sottoscritti dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Con specifico riguardo infine al secondo punto si prevede che, per poter inoltre legittimamente beneficiare dell’esonero contributivo in commento, il datore di lavoro non potrà procedere con licenziamenti collettivi ed individuali per giustificato motivo oggettivo di cui agli artt. 4, 5 e 24 della L. n. 223/1991 fino al 31 marzo 2021.

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Note

[1] Ai sensi dell’art. 10 sono interessate dai trattamenti ordinari di cassa integrazione guadagni le seguenti:

“a) imprese industriali manifatturiere, di trasporti, estrattive, di   installazione   di   impianti, produzione   e    distribuzione dell’energia, acqua e gas;

b) cooperative di produzione e lavoro che svolgano attività lavorative similari a quella degli operai delle imprese industriali, ad eccezione delle cooperative elencate dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 602;

c) imprese dell’industria boschiva, forestale e del tabacco;

d) cooperative agricole, zootecniche e loro consorzi   che esercitano   attività di    trasformazione,   manipolazione    e commercializzazione di prodotti agricoli propri per i soli dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato;

e) imprese addette al noleggio e alla distribuzione dei film e di sviluppo e stampa di pellicola cinematografica;

f) imprese industriali per la frangitura delle olive per conto terzi;

g) imprese produttrici di calcestruzzo preconfezionato;

h) imprese addette agli impianti elettrici e telefonici;

i) imprese addette all’armamento ferroviario;

l) imprese industriali degli enti pubblici, salvo il caso in cui il capitale sia interamente di proprietà pubblica;

m) imprese industriali e artigiane dell’edilizia e affini;

n) imprese industriali esercenti l’attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo;

o) imprese artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, con esclusione di quelle che svolgono tale attività di lavorazione in laboratori con strutture e organizzazione distinte dalla attività di escavazione.”

[2] Il comma 2 dell’art. 29 del D. Lgs. n. 148/2015 stabilisce che: “Sono soggetti alla disciplina del fondo di integrazione

salariale i datori di lavoro che occupano mediamente più di cinque dipendenti, appartenenti a settori, tipologie e classi dimensionali non rientranti nell’ambito di applicazione del Titolo I del presente decreto e che non hanno costituito fondi di solidarietà bilaterali di cui all’articolo 26 o fondi di solidarietà bilaterali alternativi di cui all’articolo 27.  Ai fini del raggiungimento della soglia dimensionale vengono computati anche gli apprendisti.”

[3] Il decreto Ristori consentiva di poter richiedere 6 settimane di ammortizzatori sociali con causale COVID-19 in un arco temporale tra il 16 novembre 2020 ed il 31 gennaio 2021.

[4] E’ bene ricordare che il D. L. n. 104/2020 aveva introdotto la possibilità di richiedere 18 settimane di ammortizzatori sociali con causale “emergenza COVID-19” a decorrere dal 13 luglio 2020 al 31 dicembre 2020 e suddividendone l’articolazione in due pacchetti:

  1. Le prime 9 settimane non prevedevano alcuna condizione;
  2. Le seconde 9 settimane erano, di contro, collegate alla verifica del fatturato aziendale attraverso il confronto tra il I semestre 2019 ed il I semestre 2020. Da tale confronto poteva emergere la necessità di dover versare un contributo addizionale del seguente tenore:

2a. Aliquota del 18% per i datori di lavoro che non avevano riscontrato alcun calo di fatturato;

2b. Aliquota del 9% per i datori di lavoro che avevano riscontrato un calo di fatturato inferiore al 20%;

2c. Nessun contributo addizionale per i datori di lavoro che avevano riscontro un calo di fatturato superiore al 20%.

[5] L’U.E. ha dato il via libera per l’applicazione dell’esonero contributivo con decisione C (2020) 7926 final del 10 novembre 2020.

[6] Cfr nota 3

[7] Ad oggi non risulta essere stata emanato l’autorizzazione da parte dell’U.E. e, di fatto, l’esonero contributivo non ancora operativo;

[8] Tale norma consente l’esonero contributivo nella misura del 50% dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per un importo massimo pari ad € 3.000,00 annui e per un periodo massimo di 36 mesi, in relazione alle assunzioni a tempo indeterminato a decorrere dal 1 gennaio 2018 effettuate nei confronti di giovani che non abbiano compiuti i 30 anni e, con riferimento alle assunzioni effettuate fino al 31 dicembre 2020, nei confronti di giovani che non abbiamo compiuti i 35 anni.

[9] Cfr Allegato A presente nel D.M. 24 ottobre 2007

Dott. Francesco Russo

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