Esecuzione forzata e condominio di edifici: considerazioni a margine della sentenza della Corte di Cassazione n. 12715 del 14.05.2019

Redazione 29/07/19
Scarica PDF Stampa

di Elisa Giardini

Sommario

1. Premessa

2. Precedenti

3. Solidarietà o parziarietà dell’obbligazione e responsabilità dei condòmini

4. Natura giuridica del Condominio

5. Ed in materia esecutiva? Il caso della Corte di Cassazione n. 12715/2019

6. Ed in materia esecutiva? Il principio di diritto della Corte di Cassazione n. 12715/2019

7. Conclusione

1. Premessa

Negli ultimi mesi del 2019 la Corte di Cassazione è intervenuta, ancora, in materia di Condominio, di titolo esecutivo e di atti prodromici all’esecuzione nei confronti del Condominio o dei condòmini che ne fanno parte e sulle modalità dell’espropriazione, rendendo – una volta di più – d’interesse una breve disamina su quanto è emerso in dette pronunce che si accompagnano agli interventi normativi che hanno toccato, nel 2012, il capo II, titolo VII, libro III del Codice Civile e le disposizioni attuative, nonché la natura giuridica e la legittimazione ad agire o a resistere ad un giudizio del Condominio, in persona dell’amministratore, quale soggetto rappresentativo ovvero quale ente di gestione, terzo rispetto ai singoli proprietari che ne fanno parte.

2. Precedenti

La L. n. 220 dell’11.12.2012, rubricata “Modifiche alla disciplina del Condominio negli edifici”, ha modificato l’art. 63 disp. att. c.c. introducendo, per quanto qui interessa, il comma secondo ai sensi del quale “i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condòmini”.[1]

Il creditore che debba incassare un credito nei confronti di un Condominio, in forza di un’obbligazione da questo assunta deve, pertanto, in primo luogo, avendone interesse, chiedere all’amministratore i dati dei condòmini morosi e, quindi, procedere dapprima contro questi, residuando allo stesso la possibilità di rivolgersi ai condòmini in regola coi pagamenti, esclusivamente e solo secondariamente, in caso di mancato soddisfo dell’intero credito da parte dei primi[2].

Si tratta, ed è oramai consolidato, di un’obbligazione di natura sostanzialmente parziaria[3] e non più solidale (ovvero per alcuni Tribunali ancora “in solido”, ma con un’ipotesi specifica di beneficio della preventiva escussione a carico dei morosi[4]), secondo un indirizzo che già era stato prospettato, in giurisprudenza, dalla Corte di Cassazione, ed in particolate dalla nota sentenza a Sezioni Unite, n. 9148 dell’8.04.2008[5] e da altre a seguire[6].

[1] La prospettiva è quella ex parte creditoris, che “faccia affari” con il Condominio. E’ assodato, invece, che qualora il credito sia del Condominio, per il recupero di somme dovute da ciascun condomino per la gestione comune e per gli oneri connessi, la legittimazione ad agire sia del solo amministratore, perché “il principio per cui l’esistenza dell’organo rappresentativo unitario non priva i singoli condòmini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, né di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall’amministrator, non trova applicazione nelle controversie aventi ad oggetto non già un diritto comune, ma la sua gestione, ovvero l’esazione delle somme a tale fine dovute da ciascun condomino, siccome promosse per soddisfare un interesse direttamente collettivo”. Così, tra i tanti, Trib. Genova, sez. 7 civ., n. 710 dell’8.03.2018. Parimenti, e si legga Trib. Roma, sez. 5 civ., del 10.09.2018 in SmartLex24, con riguardo a legittimazione, poteri ed attribuzioni dell’amministratore nell’ambito della mediazione obbligatoria “[…] la delibera assembleare che, ai sensi dell’art. 71-quater, comma 3, disp. att. c.c., legittima l’amministratore di Condominio a partecipare al procedimento di mediazione necessaria anche ove la lite abbia ad oggetto il mancato pagamento degli oneri condominiali. La legge, infatti, distingue chiaramente la legittimazione dell’amministratore ad agire in giudizio per la riscossione dei contributi (artt. 1130, comma 1 n. 3 c.c. e art. 63 disp. att. c.c.) dalla legittimazione dello stesso a partecipare alla procedura di mediazione, richiedendo espressamente in quest’ultimo caso la delibera dell’assemblea […]”. Tale diversità di disciplina trova la sua ratio nella necessità di conferire a chi interviene in mediazione la possibilità di disporre della lite, vale a dire di negoziare sulla res controversa, salva poi la ratifica a parte dell’assemblea della proposta di mediazione (art. 71-quater, comma 5, disp. att. c.c.) e, quindi, nell’esigenza di potenziare la finalità di composizione della controversia demandata alla procedura di mediazione.

[2] Una disposizione simile si ritrova all’art. 1130, comma 1, lett. 9 c.c. che individua, tra le attribuzioni dell’amministratore di Condominio, quella di “fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso”. V. Cass. Civ., sez. 2, ord. n. 186 del 4.01.2011 in CED, Cassazione, 2011; Trib. Milano, sez. 13 civ., n. 8145 del 18.06.2014 in Il Sole24Ore, Ventiquattrore Avvocato, 2016, 6, p. 30 con nota di Culot; Trib. Napoli, sez. 6 civ., del 5.09.2016 in La Tribuna, Archivio delle locazioni e del Condominio, 2017, 3, p. 325 con nota di Scarpa.

[3] Così come statuito nell’art. 1123 c.c. il creditore può chiedere l’adempimento del credito in capo ai singoli condòmini in ragione della propria quota millesimale di riferimento.

[4] Trib. Ascoli Piceno, del 26.11.2015: “La riforma delle norme sul Condominio, posta in essere dalla L. 11.12.2012 n. 220, che ha stabilito con chiarezza la natura solidale e non parziaria delle obbligazioni condominiali, ha stabilito che il creditore può agire anche verso i condòmini diversi da quello moroso, con la precisazione, però, che il creditore può aggredire il patrimonio del condòmini in regola con i pagamenti solo dopo l‘esclusione di quelli morosi; l’obbligazione in questione ha, quindi, natura solidale, ma con la previsione di una sussidiarietà tra le varie obbligazioni e, dunque, di un beneficium excussionis“, in Centro studi giuridici di Mantova, www.ilcaso.it, 2015, p. 13879, pt. I.

[5] Ex multis in Il Sole 24 Ore, Guida al Diritto, 2014, 31, p. 34 con nota Salciarini. Nello stesso senso Cass. Civ., sez. 6 2, ord. n. 14530 del 9.06.2017 in CED, Cassazione, 2017.

[6] Cass. Civ., sez. 2, n. 8530 del 27.09.1996, in CED Cassazione, 1996, Trib. Bologna, sez. 2 civ., n. 1623 del 10.07.2008, in Il Sole24Ore, Mass. Rep. Lex24.

3. Solidarietà o parziarietà dell’obbligazione e responsabilità dei condòmini

Le S.U. hanno affermato, infatti, questo principio di diritto nel 2008: “in riferimento alle obbligazioni assunte dall’amministratore o, comunque, nell’interesse del Condominio, nei confronti di terzi – in difetto di un’espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, trattandosi di una obbligazione avente a oggetto una somma di denaro, e perciò divisibile, vincolando l’amministratore i singoli condòmini nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote, in conformità con il difetto di struttura unitaria del Condominio – la responsabilità dei condòmini è retta dal criterio della parziarietà. Per cui le obbligazioni assunte nell’interesse del Condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 c.c. per le obbligazioni ereditarie”.

Con la conseguenza che ove il creditore ometta la specificazione della quota millesimale di spettanza del condomino, ovvero proceda per il totale dell’importo portato dal titolo, l’esecutato potrà proporre opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 1 c.p.c.[7], deducendo di non essere affatto condomino o contestando la misura della quota allegata dal creditore: nel primo caso l’onere di provare il fatto costitutivo di detta qualità spetta al creditore procedente ed in mancanza il precetto deve essere dichiarato inefficace per l’intero, mentre – nel secondo caso, è lo stesso opponente a dovere dimostrare l‘effettiva misura della propria quota condominiale, ai fini della declaratoria di inefficacia dell’atto di precetto per l’eccedenza, ed in mancanza l’opposizione non può essere accolta[8].

L’orientamento giurisprudenziale descritto non è sempre stato il medesimo nel tempo e si è assistito ad un ribaltamento di fronti tra solidarietà e parziarietà dell’obbligazione.

Prima delle S.U. del 2008, infatti, e secondo un orientamento allora maggioritario, le obbligazioni assunte dal Condominio, ed i particolare dall’amministratore nel comune interesse e nei limiti delle sue attribuzioni ovvero eseguendo deliberazioni dell’assemblea, erano ritenute solidali, peraltro a prescindere dalla quota millesimale di pertinenza del condomino e dal fatto che lo stesso avesse già eventualmente provveduto a versarle, con la possibilità, quindi, per il creditore di esigere l’intero debito condominiale da un singolo proprietario, dotato in ogni caso di diritto di rivalsa sugli altri condòmini, in una posizione di maggiore vantaggio e di valorizzazione per il creditore, di certezza dei rapporti giuridici e di conclusione delle obbligazioni (specialmente se volte a consentire interventi manutentivi e di adeguamento degli stabili condominiali alle migliori tecnologie e ai superiori standard qualitativi), e quindi di circolazione della ricchezza.

Si riteneva ciò facilitasse la conclusione di obbligazioni nell’interesse della cosa comune (c.d. propter rem), nell’ottica delle maggiori garanzie sottese[9] e si individuava la base giuridica nell’art. 1294 c.c., dettato normativo che sancisce il principio della solidarietà tra i debitori, se dalla legge o dal titolo non risulti diversamente, con un’impostazione dunque del tutto opposta a quella delle S.U. del 2008, per la quale invece ubi lex non dixit noluit.

Nei rapporti interni fra i singoli condomini le spese restavano, peraltro, ripartite pro quota ai sensi dell’art. 1123 c.c., ovvero del diverso regolamento o convenzione condominiale, se esistente.

[7] Si tenga presente qui la legittimazione all’opposizione ex art. 615 c.p.c. del condomino, quale debitore esecutato, in raffronto a quanto, anche oltre si dirà, rispetto alla sentenza Cass. Civ. 12715/2019 e al ricorso, dichiarato inammissibile, del condomino, terzo rispetto al Condominio-debitore esecutato.

[8] Cass. Civ. sez. 3, n. 22856 del 29.09.2017 in CED, Cassazione, 2017.

[9] Così Cass. Civ., sez. 2, n. 3235 dell’11.11.1971; Cass. Civ. sez. L, n. 6073 del 18.12.1978; Cass. Civ. sez. 2, n. 2085 del 5.04.1982, tutte in Il Sole24Ore, Ventiquattrore Avvocato, 2009, 7/8, p. 50 con nota di Nissolino e De Carlo. E, più di recente, Cass. Civ. sez. 2, n. 4558 del 17.04.1993, in CED, Cassazione, 1993; Cass. Civ., sez. 2, n. 14593 del 30.07.2004, in CED, Cassazione, 2004 e Cass. Civ., sez. 2, n. 17563 del 21.08.2005, in Il Sole24Ore, Ventiquattrore Avvocato, 2016, 6, p. 29, con nota di Culot.

4. Natura giuridica del Condominio

Solo un accenno alla questione, non secondaria, della natura giuridica del Condominio.

Come anche oltre si dirà, la qualificazione di cui sopra era ed è intimamente connessa a quella del “soggetto” rispetto al quale (e nella cui sfera) si producono gli effetti giuridici (anche propri dell’azione esecutiva e dell’espropriazione forzata di beni) e dunque all’impegno che l’amministratore (ovvero di chi altri sia stato delegato dai condòmini a impegnarsi in un vincolo obbligazionario) si assume nel concludere il contratto o un’altra obbligazione nell’ambito del rapporto verso i terzi ed i creditori, spendendo implicitamente il nome di tutti i condòmini ed impegnandoli tutti in forza del rapporto di mandato collettivo con gli stessi intercorrente.

La Corte di Cassazione[10] ha definito il Condominio come “semplice ente di gestione” che opera in rappresentanza e nell’interesse comune dei partecipanti, limitatamente al buon uso della cosa comune, senza interferire nei diritti autonomi di ciascun condomino proprietario. Ne deriva che l’amministrator per effetto della nomina ex art. 1129 c.c. ha soltanto una rappresentanza ex mandato dei vari condòmini, e dunque per una categoria, dotata sì di una certa autonomia, ma estranea a quelle proprie e tipiche dei soggetti di diritto e dunque è privo di personalità giuridica[11].

Anche la L. 220/2012 cit. non ha riconosciuto personalità giuridica al Condominio, nonostante sia ex lege un soggetto fiscale, in quanto sostituto d’imposta[12], dotato di un proprio codice fiscale identificativo.

In questo quadro normativo-giurisprudenziale si inserisce da un lato la sentenza delle S.U. della Corte di Cassazione n. 19663 del 18.09.2014[13] che, nello statuire come la legittimazione ad agire per l’equa riparazione[14], spetti esclusivamente al Condominio quale soggetto autonomo, in persona dell’amministratore e come autorizzato dalla assemblea dei condòmini, in caso di violazione del termine ragionevole del processo, qualora il giudizio sia stato promosso dal Condominio, sebbene a tutela di diritti connessi alla partecipazione dei singoli condòmini, e senza che i singoli condòmini siano stati parte in causa, ha affermato l’esistenza di una soggettività giuridica autonoma del Condominio, soggetto di diritto distinto dai suoi partecipanti, in analogia con quanto avviene con l’associazione[15]. L’esistenza di un organo rappresentativo unitario non priva, dunque, i singoli proprietari del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, né di intervenire in giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall’amministratore.

E recentissimo, con un nuovo “ribaltamento” di fronti, ancora si richiamano le S.U. della Corte di Cassazione che con sentenza n. 10934 del 18.04.2019[16], hanno invece disposto che “nelle controversie condominiali che investono i diritti dei singoli condòmini sulle parti comuni, ciascun condomino ha, in considerazione della natura dei diritti contesi, un autonomo potere individuale – concorrente, in mancanza di personalità giuridica del Condominio, con quello dell’amministratore – di agire e resistere a tutela dei suoi diritti di comproprietario “pro quota”, sicché è ammissibile il ricorso incidentale tardivo del condomino che, pur non avendo svolto difese nei procedenti gradi di merito, intenda evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del Condominio senza risentire dell’analoga difesa già svolta dallo stesso”.

Anche se rimasto inerte nei primi gradi di giudizio, dunque, il condomino ha diritto di depositare un ricorso incidentale tardivo in proprio, nel giudizio di legittimità, affiancandosi all’amministratore, ogni qualvolta la controversia interessi la consistenza dei beni comuni[17].

[10] Cass. Civ., sez. 2, n. 7891 del 9.06.2000, in CED, Cassazione, 2000.

[11] Cass. Civ., sez. 2, n. 2363 del 17.02.2012 in CED, Cassazione, 2012.

[12] Si veda D.P.R. n. 600 del 29.09.1973 e s.m.i.

[13] In CED, Cassazione, 2014.

[14] Rif. L. 89 del 2001.

[15] E la stessa L. 220/2012 legittimerebbe – in diverse sue disposizioni -l’impostazione data dalla Cassazione del 2014 cit. di una “seppure attenuata personalità giuridica” ovvero “una soggettività giuridica autonoma” quando prevede, ad esempio, l’obbligo dell’amministratore di tenere distinta la gestione del patrimonio del condominio dal patrimonio personale suo o degli altri condomini, all’art. 1129 n. 4 c.c. ovvero la costituzione di un fondo speciale per coprire i costi per i lavori di manutenzione straordinaria all’art. 1135 n. 4 c.c. o ancora quando prevede – in tema di trascrizione – la necessità, per i condominii, di indicare l’eventuale denominazione, ubicazione e codice fiscale, ex art- 2659, comma 1 c.c.

[16] In CED, Cassazione, 2019.

[17] Controversa, da cui la rimessione alle S.U., era la configurabilità del diritto del condomino che non aveva svolto difese nei gradi di merito, di interporre ricorso incidentale tardivo volto a fare rimuovere l’opera [il Condominio pure aveva richiesto la riduzione in pristino delle opere realizzate da un altro condomino, proprietario degli ultimi tre piani dell’edificio condominiale, in violazione al Regolamento condominiale e alla tutela di una servitù di passaggio in favore di parti comuni, esercitata mediante una scala esterna esistente tra il quarto ed il quinto piano).

5. Ed in materia esecutiva? Il caso della Corte di Cassazione n. 12715/2019

A dispetto della questione sistematica della natura del Condominio, quale soggetto dotato o no di personalità giuridica, seppure attenuata, ovvero di autonoma propria soggettività giuridica, in materia esecutiva è intervenuta nel 2019 una pronuncia del Giudice della Legittimità, in forza della quale l’esecuzione per il soddisfacimento dell’intero credito del terzo può avvenire direttamente contro il Condominio, pronuncia che attenua (senza superarlo e secondo le argomentazioni dei giudici) il principio che sembrava oramai assunto e consolidato della parziarietà delle obbligazioni condominiali.

Ci si riferisce a Cass. Civ., sez. 3, n. 12715 del 14.05.2019, che ha statuito in merito alla possibilità per il creditore del Condominio che abbia conseguito un titolo esecutivo [giudiziale] nei confronti del Condominio stesso, di procedere all’espropriazione dei crediti del Condominio nei confronti dei singoli condòmini, per i contributi dagli stessi dovuti[18] e nelle forme dell’espropriazione dei crediti presso terzi di cui agli artt. 543 s.s. c.p.c.

La questione viene affrontata dalla Cassazione nonostante il ricorso, nella fattispecie, sia dichiarato inammissibile per questioni processuali, data la rilevanza della sua soluzione per l’ordinamento giuridico, ai sensi dell’art. 363, comma 3 c.p.c.

Nello specifico, infatti, un soggetto, creditore del Condominio, in base ad una sentenza di condanna al pagamento delle spese processuali relative ad un giudizio di cognizione, agisce in via esecutiva nei confronti dello stesso, pignorando i crediti vantati dal Condominio nei confronti di alcuni condòmini[19] per contributi dovuti; propone opposizione ex art. 615 c.p.c. il Condominio debitore, nonché uno dei terzi condòmini pignorati, eccependo la parziarietà dell’obbligazione e, dunque, la necessità di agire esecutivamente solo nei confronti dei singoli condòmini morosi. Prima il Tribunale di Catania, sez. distaccata di Acireale, poi la Corte d’Appello, alla quale il Condominio si era rivolto, rigettano l’opposizione del Condominio e dichiarano inammissibile quella del condomino terzo pignorato – entrando nello specifico della questione posta ed indicando il principio di diritto citato sopra.

Sotto il profilo squisitamente processuale, il ricorso del primo, del Condomino, veniva rigettato perché l’amministratore aveva agito senza la preventiva e necessaria autorizzazione dell’assemblea, eventualmente richiesta anche in via di ratifica del su operato, per controversie che non rientrano tra quelle per cui l’amministratore è già autonomamente legittimato ad agire ex artt. 1130 e 1131, comma 1 c.c., e neppure poteva essere concesso un termine per la regolarizzazione ex post ai sensi dell’art. 182 c.p.c., poiché il vizio – in sede di legittimità – era stato sollevato non d’ufficio, ma dalla controparte nel suo controricorso[20].

Quello del secondo, del condomino, veniva rigettato in quanto inammissibile, perché il terzo pignorato, nell’espropriazione di crediti, non ha interesse ed è privo di legittimazione a sollevare questioni che riguardano esclusivamente i rapporti tra creditore esecutante e debitore esecutato ed, in particolare, il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata nei confronto del debitore (nella fattispecie il Condominio, in persona dell’amministratore, ancorché privo della legittimazione assembleare) per debiti del Condominio, il quale ultimo soltanto si poteva al più avvalere dell’apposito rimedio oppositivo di cui all’art. 615 c.p.c.[21].

[18] In CED, Cassazione, 2019.

[19] Peraltro, ad opporsi, quale condomino terzo pignorato, non è stato un condomino moroso rispetto al pagamento degli oneri condominiali.

[20] Nello stesso senso, rispetto ad all’amministratore di Condominio, ma anche, in analogia, alla capacità processale del procuratore e dell’institore, si leggano: Cs. Civ., S.U., n. 18331 del 6.08.2010 in CED, Cassazione, 2010; Cass. Civ., sez. 2, n. 2179 del 31.01.2011, in CED, Cassazione, 2011, Cass. Civ., sez. 3, n. 12972 del 24.05.,2013 in Il Sole24 Ore, Mass. Rep. Lex24, Cass. Civ., S.U., n. 4248 del 4.03.2016, in CED, Cassazione, 2016 Cass. Civ., sez. 2, n. 12525 del 21.05.2018 in CED, Cassazione, 2018; Cass. Civ., sez. 2 civ., ord. n. 24212 del 4.10.2018, in CED, Cassazione, 2018; Cass. Civ., sez. 6 1, n. 6996 dell’11.03.2019, in CED, Cassazione, 2019.

[21] Così anche per Cass. Civ., sez. L. n. 6667 del 29.04.2003 in CED, Cassazione, 2003, Cass. Civ., sez. 3, n. 387 dell’11.01.2007 in CED, Cassazione, 2007; Cass. Civ., sez. 3, n. 4212 del 23.02.2007 in CED, Cassazione, 2007; Cass. Civ., sez 3, n. 3790 del 18.02.2014 in Il Sole24Ore, Mass. Rep. Lex24; Cass. Civ., sez. 6 3, ord. n. 23631 del 28.09.2018, in CED, Cassazione, 2018.

6. Ed in materia esecutiva? Il principio di diritto della Corte di Cassazione n. 12715/2019

Come riferito, però, la Corte ha ritenuto di esaminare, nell’interesse della legge, il merito della questione (se, cioè, il terzo creditore possa agire esecutivamente, e per l’intero, nei confronti del Condominio, aggredendone il patrimonio, costituito anche dai crediti da questo vantati verso i condòmini), risolvendola in senso affermativo.

Sinora il riferimento era stato in giurisprudenza, in particolare, a quelle pronunce che, ex parte condomino, statuivano (e statuiscono, perché l’alternativa di tutela cui esse fanno riferimento è tuttora possibile), che “ove il titolo esecutivo giudiziale si sia formato nei confronti del Condominio, il creditore che intenda procedere nei confronti del singolo condomino, quale obbligato <pro quota> deve preventivamente notificare a quest’ultimo il titolo esecutivo ed il precetto”[22], estendendo soggettivamente cioè la sfera degli obbligati, in rispetto al principio della parziarietà (ovvero solidarietà con beneficio della preventiva escussione rispetto ai morosi), e non oggettivamente quella dei beni dell’uno sui quali agire in executivis.

E tutto questo perché, si diceva, la notifica del precetto al singolo condomino, ex art. 479 c.p.c., non può prescindere dalla notificazione, preventiva o contestuale, del titolo emesso nei confronti dell’ente di gestione condominiale. “Se infatti” – sempre con Cass. Civ. n. 8150/2017 – “una nuova notificazione del titolo esecutivo non occorre per il destinatario diretto del decreto monitorio, nell’ipotesi di cui all’art. 654 c.p.c., comma 2, detta notificazione, invece, è necessaria qualora si intenda agire contro il singolo condomino, non indicato nell’ingiunzione ma responsabile pro quota dell’obbligazione a carico del Condominio”, per ragioni di tutela e perché il condomino, messo in condizioni di conoscere quale sia il titolo ex art. 474 c.p.c. in base al quale viene minacciata in suo danno l’esecuzione, possa anche, eventualmente, adempiere spontaneamente come stabilito dall’art. 480 c.p.c.[23] nel termine di 10 giorni.

L’intervento ultimo della Cassazione del 2019, invece, estende il profilo oggettivo, senza – a detta della Cassazione – violare però la dinamica della parziarietà, argomentando la decisione e motivandola.

Infatti, secondo i principi generali (artt. 2740 e 2910 c.c.), mediante l’espropriazione forzata è possibile espropriare al debitore tutti i suoi beni, inclusi i crediti.

Affinché l’espropriazione dei crediti vantati dal Condominio verso i singoli condòmini per i contributi dovuti sia legittima è quindi sufficiente (e necessario) che sia configurabile, sul piano sostanziale, un effettivo rapporto obbligatorio tra Condominio e singolo condomino, avente ad oggetto il pagamento dei contributo condominiali[24].

E sul piano sostanziale è innegabile, per i Giudici di legittimità, che sussista ed esista un rapporto obbligatorio tra queste “parti” rispetto al pagamento die contributo condominiali: la base giuridica è nell’art. 63 disp. att. c.c. che prevede, anche nella “versione” aggiornata al 2012, che l’amministratore possa ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo in favore del Condomino e contro il singolo condomino inadempiente rispetto al pagamento dei contributi e secondo lo stato di ripartizione approvato dall’assemblea. Tale credito può essere, pertanto, pignorato ed il condomino sarà debitor debitoris e dunque terzo.

Neppure si viola, così ragionando, il principio di parziarietà delle obbligazioni condominiali di cui detto anche sopra: infatti, laddove l’esecuzione avvenga direttamente contro il Condominio e non contro il singolo condomino, non solo l’esecutato è il Condominio, debitore per l’intero, ma l’espropriazione di beni e diritti del Condominio, cioè dei beni che, proprio in quanto condominiali, appartengono pro quota a tutti i condomini, finisce addirittura per attuare, in linea di principio ed in concreto, il richiamato principio di parziarietà, senza violarlo.

[22] Così, Cass. Civ., sez. 6. 3, ord. n. 8150 del 29.03.2017, in CED, Cassazione, 2017. Anche Cass. Civ., sez. 3, n. 1289 del 30.01.2012, in Il Sole24Ore, Guida al Diritto, 2012, 12, p. 68 e Cass. Civ., sez. 3, ord. n. 23693 dell’11.11.2011 in SmartLex24.

[23] In caso contrario l’atto di precetto dovrà essere dichiarato nullo, in caso di opposizione del condomino esecutato. Non è stato condiviso, come aveva fatto invece il Tribunale di prime cure, ritenere che l’amministratore abbia la rappresentanza dei singoli condòmini e che, in quanto tale, sia legittimato a ricevere la notificazione di atti con effetti immediatamente loro riconducibili.

[24] Oltre che, ovviamente, un rapporto obbligatorio tra creditore e Condominio, cosa questa che era stata risolta nella fattispecie concreta in sede di cognizione, avendo il creditore conseguito il titolo esecutivo giudiziale, la sentenza di condanna alle spese, direttamente nei confronti del Condominio.

7. Conclusione

La Suprema Corte, dunque, nel dichiarare inammissibile processualmente il ricorso, enuncia ai sensi dell’art. 363, comma 3 c.p.c. i seguenti principi di diritto: il primo che, una volta ottenuto un titolo esecutivo giudiziale, sia esso una sentenza di condanna o un decreto ingiuntivo esecutivo (ex se o non opposto), il creditore può agire per l’intero ed intimare il precetto al Condominio e, in difetto di pagamento, procedere al pignoramento dei beni e dei diritti di pertinenza del Condonino stesso, come ad esempio il conto corrente condominiale[25] ovvero gli oneri che i condomini-terzi debbono versare per la loro appartenenza al Condominio; il secondo che, ottenuto il titolo espeditivo nei confronti del Condominio, il creditore può agire esecutivamente pro quota nei confronti dei singoli condòmini morosi, previa notifica del titolo e del precetto, fornendo l’art. 63 disp. att. c.c. in entrambi casi la base giuridica per queste tutele al creditore, ma anche al debitore/debitori.

[25] Si ricordi con Trib. Genova, sez. 7 civ., n. 710 dell’8.03.2018 in SmartLex24, che, di contro rispetto all’impostazione che abbiamo esaminato, i condòmini sono privi di legittimazione ad agire per il recupero di somme dovute da ciascun condomino per la gestione comune. “La legittimazione ad agire per il pagamento degli oneri condominiali ed a proporre l’eventuale impugnazione spetta, invero, e solo verso i proprietari e non i conduttori, all’amministratore e non ai singoli condomini, perché il principio per cui l’esistenza dell’organo rappresentativo unitario non priva i singoli condòmini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione , né di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia legittimamente assunta dall’amministratore, non trova applicazione nelle controversie aventi ad oggetto non già un diritto comune, ma la sua gestone ovvero l’esazione delle somme a tale fine dovute da ciascun condomino, siccome promesse per soddisfare un interesse direttamente collettivo”. Sul pignoramento del conto corrente condominiale si richiamano: Trib. Milano, ord. 24.05.2014 in Il Sole 24Ore, Guida al Diritto, 2014, 43, p. 25; Trib. Milano, sez. 3 civ., n. 11878 del 21.11.2017 in Il Sole24Ore, Consulente Immobiliare, 2018, 1041, p. 504. Trib. Taranto, sez. 3 civ., n. 2413 del 13.07.2015 in Smartex24; Trib. Pescara, ord. 2.04.2014 in Il Sole24Ore, Guida al Diritto, 2014, 43, p.20; Trib. Pescara, ord. 8.05.2014, in Il Sole24Ore, Consulente Immobiliare, 2018, 1041, p. 505. Contra: Trib. Pescara, ord. 18.12.2013, in Il Sole24 Ore, Guida al Diritto, 2014, 31, p. 33 con nota di Salciarini. Sulla indisponibilità delle somme sul conto corrente in capo ai singoli condomini si legga Trib. Ascoli Piceno, 26.11.2015 già cit. in nota 4.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento