La Corte di Assise di Venezia, con sentenza depositata l’8 aprile 2025, condanna l’imputato all’ergastolo per l’omicidio della ex fidanzata, escludendo l’aggravante della crudeltà. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione.
Indice
1. La sentenza e la ricostruzione delle vicende
A seguito delle motivazioni della sentenza nel caso Turetta, con il presente contributo si riportano le argomentazioni della Corte d’Assise, formata da due giudici togati e altri 6 componenti popolari (di cui alla lista dei giudici popolari, a cui è possibile iscriversi ogni due anni presso il Comune).
La sentenza, che si compone di oltre 140 pagine, contiene per la quasi totalità la ricostruzione delle indagini e delle vicende che hanno preceduto il fatto omicidiario, concentrandosi sull’ “atteggiamento possessivo e controllante” che l’imputato nutriva nei confronti della ragazza.
Tralasciando qui la descrizione del fatto storico, noto per costituire ormai una vicenda di cronaca, l’imputato rinuncia al rito abbreviato, e procede al giudizio dibattimentale per rispondere del reato di omicidio volontario, per aver cagionato “la morte di Giulia Cecchetin colpendola con almeno 75 colpi di coltello”, con “l’aggravante di aver commesso il fatto nei confronti di persona con la quale era legato da relazione affettiva”, e dalla premeditazione, nonché con “l’aggravante dell’aver agito con crudeltà ed efferatezza colpendo la vittima” con plurime coltellate, “chiaramente eccedenti rispetto al proposito omicida”; nonché di sequestro ed occultamento.
La sentenza ricostruisce nei minimi dettagli l’istruttoria dibattimentale, evidenziando la relazione tra imputato e vittima, ripercorrendo il rapporto sentimentale e gli ultimi istanti di vita della giovane, anche mediante trascrizione delle chat – che si è ritenuto opportuno omettere in quanto irrilevanti ai fini che qui interessano. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione.
Formulario annotato del processo penale 2025
Il presente formulario è stato concepito per fornire all’avvocato penalista uno strumento di agile consultazione.Attraverso gli schemi degli atti difensivi, sono esaminati i vari istituti processuali alla luce delle novità intervenute nell’ultimo anno, con l’evidenziazione della normativa di riferimento e delle più rilevanti linee interpretative della giurisprudenza di legittimità. La selezione delle formule, accompagnate da suggerimenti per una migliore redazione di un atto, tiene conto degli atti che un avvocato è chiamato a predisporre come difensore dell’imputato, ma anche come difensore delle parti private (parte civile, persona offesa, responsabile civile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria). Il volume contiene sia gli atti che vanno proposti in forma scritta, sia quelli che, pur potendo essere proposti oralmente nel corso di un’udienza, sono di più frequente utilizzo.Un approfondimento particolare è dedicato al fascicolo informatico e al processo penale telematico, alla luce del D.M. 27 dicembre 2024, n. 206, che ha introdotto rilevanti novità in materia di tempi e modi del deposito telematico.Completa il volume una sezione online in cui sono disponibili le formule anche in formato editabile e stampabile. Valerio de GioiaConsigliere della Corte di Appello di Roma.Paolo Emilio De SimoneMagistrato presso il Tribunale di Roma.
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2. L’esclusione dell’aggravante
L’aggravante in commento è contenuta nell’ultima parte della sentenza, al paragrafo n. 9.3, in cui, ricostruiti i presupposti per poter valutare di “aver agito con crudeltà”, si giunge all’esclusione che la condotta dell’imputato sia caratterizzata da crudeltà.
In particolare, la Corte d’Assise, così argomenta: “La giurisprudenza di legittimità è ormai consolidata nel delineare i presupposti necessari ai fini della integrazione dell’aggravante della crudeltà, che come noto è caratterizzata «da una condotta eccedente rispetto alla normalità causale che determina sofferenze aggiuntive e esprime un atteggiamento interiore, specialmente riprovevole»: a tal fine l’azione del reo deve concretizzarsi in un quid pluris rispetto all’esplicazione ordinaria dell’attività necessaria per la consumazione del reato, «in quanto proprio la gratuità dei patimenti cagionati rende particolarmente riprovevole la condotta del reo rivelando l’indole malvagia e l’insensibilità a ogni richiamo umanitario»
E prosegue: “Le sezioni unite hanno confermato tali principi rilevando come «la condotta crudele è quella che pur non mostrando una studiata predisposizione finalizzata a cagionare per qualche verso un male aggiuntivo eccede rispetto alla normalità causale e mostra l’efferatezza che costituisce il nucleo della fattispecie aggravante» (Cass. SS.UU., n. 40516/2016).
Da tali premesse, la Corte, pur non negando la dinamica efferata dell’omicidio, ha concluso che “non vi siano elementi da cui poter desumere con certezza, e al di là di ogni ragionevole dubbio, che egli volesse infliggere alla vittima sofferenze gratuite e aggiuntive”.
Né, il “numero di coltellate inferte” può essere indice di un’azione crudele, sia perché, così operando, si finirebbe per applicare un mero automatismo quando invece è necessario indagare sul dolo e sulla volontà di infliggere dolori e patimenti maggiori di quelle finalizzate al compimento dell’atto; sia perché, ricordando come “in tutti i numerosi casi in cui la giurisprudenza si è trovata a doversi occupare di vicende omogenee a quelle in esame, è stato necessario verificare se tale ripetizione di colpi fosse funzionale al delitto ovvero costituisse un gratuito accanimento violento tale da costituire «espressione autonoma di ferocia belluina» e tale da trascendere la mera volontà di arrecare la morte”. A tal riguardo, è stato infatti affermato che “la mera reiterazione dei colpi inferti non può determinare la sussistenza dell’aggravante dell’aver agito con crudeltà se tale azione non eccede i limiti connaturali rispetto all’evento preso di mira e non trasmoda in una manifestazione di efferatezza fine a se stessa” (Cass., 8162/2015).
Nel caso di specie, l’aver inferto 75 coltellate “non si ritiene che sia stato, per Turetta, un modo per crudelmente infierire o per fare scempio della vittima: come si vede anche nella videoregistrazione dell’ultima fase dell’azione omicidiaria, l’imputato ha agito con una serie di colpi ravvicinati, portati in rapida sequenza e con estrema rapidità, quasi alla cieca.”
Anche alla luce dell’esame dibattimentale, tale dinamica, certamente efferata, non appare “dettata in quelle particolari modalità, da una deliberata scelta dell’imputato, ma sembra invece conseguenza della inesperienza e della inabilità dello stesso: Turetta non aveva la competenza e l’esperienza per infliggere sulla vittima colpi più efficaci, idonei a provocare la morte della ragazza in modo più rapido e “pulito”, così ha continuato a colpire, con una furiosa e non mirata ripetizione dei colpi”.
Neppure, la sede delle lesioni “risulta indicativa di un ulteriore determinismo volitivo, posto che esse appaiono frutto di azione concitata, legata all’urgenza di portare a termine l’omicidio. Tale elemento, dunque, non è di per sé significativo della sussistenza, in capo all’imputato, di volontà di voler infliggere in danno della vittima sofferenze aggiuntive e gratuite, necessaria al fine di poter ritenere integrata l’aggravante della crudeltà”.
Anche con riguardo alle altre caratteristiche dell’azione, non vi sono elementi che consentano di individuare indici di incrudelimento, considerato peraltro che adoperare un’arma bianca implica “modalità esecutive inevitabilmente cruente, e ancor di più ad opera di soggetti inesperti”. “Così, ad esempio, l’aver bloccato e silenziato la vittima con il nastro adesivo è circostanza funzionale al delitto e rientra nell’iter necessario per portare a compimento l’azione omicidiaria.”. Parimenti dicasi con riferimento alla possibile durata del gesto, complessivamente di circa 20 minuti: “a tal fine manca tuttavia la prova che l’aver prolungato l’angoscia della vittima sia atto fine a se stesso, frutto della deliberata volontà dell’imputato di provocarle una sofferenza aggiuntiva e gratuita.
Per quanto esposto, non si ravvisano elementi idonei per ritenere, con gli ordinari canoni di certezza processuale, al di là di ogni ragionevole dubbio, che in capo all’imputato vi fosse la volontà di apportare sofferenze eccedenti rispetto a quelle direttamente connesse alla consumazione dell’omicidio. Va dunque esclusa l’aggravante in contestazione.”
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3. Conclusione
La Corte d’Assise ha pertanto condannato l’imputato all’ergastolo, previo riconoscimento della premeditazione ed esclusione delle circostanze attenuanti generiche.
Quanto alle Parti Civili, riconosciuta soltanto la costituzione delle persone fisiche, ed esclusa invece quella di Associazioni e del Comune di Fossò e Vigonovo per carenza del requisito di territorialità e di collegamento specifico tra la natura del danno ed il fatto criminoso, è stata assegnata la provvisionale come da dispositivo.
L’esito della decisione riporta alla mente il caso giudiziario di Carol Maltesi, per l’esclusione, in primo grado, dell’aggravante della crudeltà – oltre che della premeditazione – e il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (sentenza poi ribaltata in grado di appello, e confermata nel giudizio di Cassazione, che ha disposto il rinvio per un nuovo giudizio per quanto concerne l’aggravante della premeditazione) a fronte di un capo di imputazione di omicidio volontario dall’aver adoperato sevizie o comunque per aver agito con crudeltà verso la persona continuando a colpirle il capo con il martello … atteso che, precedentemente, le veniva apposto un nastro telato nero sulla bocca e per aver occultato il corpo, diviso in quattro sacchi di plastica di colore nero, gettandoli in un dirupo.
A fronte dell’analisi di un climax crescente nel comportamento dell’autore, e della descrizione delle ferite e di fratture ossee, della forza esercitata, nonché del ricorso a modalità esecutive ulteriori all’infliggere la morte del soggetto, e al tempo stesso dell’esclusione delle circostanze attenuanti generiche sulla scorta “della efferatezza dell’azione, della risolutezza del gesto compiuto e degli abietti motivi di arcaica sopraffazione che tale gesto hanno generato: motivi vili e spregevoli, dettati da intolleranza per la libertà di autodeterminazione della giovane donna, di cui l’imputato non accettava l’autonomia delle anche più banali scelte di vita” e che la confessione non ha portato a sostanziali mutamenti nel quadro delle indagini, essendosi il Turetta “limitato ad ammettere solo le circostanze per le quali vi era già ampia prova in atti”, non è escluso che le Parti ricorrano in appello.
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