Emotrasfusioni con sangue infetto: tra le somme percepite a titolo di indennità ai sensi della L. 210 del 1992 e quelle richieste a titolo di risarcimento del danno opera la compensatio lucri cum damno

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(Cass. civ. sez. III 14 febbraio 2019, n. 4309)

La massima

«In caso di infezione conseguente ad emotrasfusioni o ad utilizzo di emoderivati opera la compensatio lucri cum damno fra l’indennizzo ex L. n. 210 del 1992 e il risarcimento del danno anche laddove non sussista apparente coincidenza fra il danneggiante e il soggetto che eroga la provvidenza».

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Il caso

Caia, a seguito di un intervento chirurgico presso la clinica di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale di Perugia – durante il quale si rendeva necessaria la somministrazione di due trasfusioni di sangue – contraeva epatopatia HCV ottenendo dalla ASL l’indennizzo previsto per le vittime di emotrasfusioni infette ai sensi della L. 210 del 1992.

Successivamente la stessa citava in giudizio la Gestione liquidatoria della disciolta ULSS. n. 3, la Regione Umbria e il Ministero della Salute per ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali e, in particolare, il danno fisico di natura iatrogena, il danno morale e quello esistenziale.

Il Tribunale di Perugia adito accoglieva le richieste di Caia e condannava in solido i convenuti al risarcimento dei danni.

I soccombenti proponevano appello eccependo la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni, l’insussistenza del nesso di causalità tra le trasfusioni e l’epatite C diagnosticata, l’insussistenza di una condotta colposa o omissiva e lamentavano, soprattutto, la mancata compensazione tra le somme dovute a titolo di risarcimento del danno e quelle già percepite da Caia a titolo di indennizzo ai sensi della L. 210 del 1992.

La Corte d’Appello di Perugia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, respingeva la domanda proposta da Caia nei confronti del Ministero della Salute per intervenuta prescrizione e affermava che il risarcimento del danno, da parte della Regione Umbria e della Gestione liquidatoria, non era dovuto in virtù della compensatio lucri cum damno con l’indennizzo già percepito.

Avverso tale decisione Caia proponeva ricorso per Cassazione lamentando la violazione degli artt. 1223, 1225, 1226, 2056, 2059, 2697 c.c. con riferimento al principio della compensatio lucri cum damno.

In primo luogo, secondo la ricorrente, la Corte territoriale aveva errato nell’applicare la compensatio poiché che non vi era coincidenza tra i soggetti tenuti a corrispondere l’indennizzo e quelli obbligati al risarcimento dei danni. Nel caso di specie, infatti, la domanda di risarcimento non era stata proposta nei confronti dell’ente pubblico, che le aveva già erogato l’indennizzo, ma verso un altro soggetto ossia la Gestione liquidatoria della Regione Umbria.

In secondo luogo, il ristoro richiesto dalla ricorrente era diverso e autonomo (danno fisico di natura iatrogena, danno morale e danno esistenziale) rispetto a quello oggetto di indennizzo.

Pertanto, stante la diversità dei danni richiesti e dei pregiudizi indennizzati e la non coincidenza fra i soggetti tenuti a corrispondere l’indennizzo e quelli tenuti al risarcimento dei danni l’istituto della compensatio non avrebbe potuto operare.

La Corte di Cassazione ritenendo i motivi di ricorso infondati ha confermato la sentenza d’appello pronunciando la massima in epigrafe.

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La soluzione della corte: l’operativita’ della compensatio lucri cum damno

Prima di analizzare la decisione della Corte è opportuno fare qualche precisazione sulla compensatio lucri cum damno.

La compensatio lucri cum damno[1] è un principio di diritto che non trova un espressa previsione normativa ma che ripone il suo fondamento nella funzione compensativa del rimedio risarcitorio (art. 1223 c.c.) e nel divieto generale di arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.). Tale principio implica, infatti, che il risarcimento debba tenere conto, oltre che dei danni, anche degli effetti vantaggiosi derivanti dall’inadempimento dovendosi operare una compensazione tra perdite e benefici.

L’istituto della compensatio lucri cum damno muove dal presupposto che il risarcimento non può rappresentare ragione di lucro per il danneggiato né può permettergli di conseguire più di quanto l’adempimento avrebbe procurato.

Il risarcimento, infatti, non può costituire fonte di una locupletazione per il danneggiato. Il suo patrimonio, quindi, deve risultare ripristinato dall’intervento risarcitorio nella stessa quantità che aveva prima del fatto lesivo occorrendo, infatti, decurtare dalla quantificazione complessiva del danno gli effetti di tutte le conseguenze positive derivate dalla condotta illecita.

La giurisprudenza ha più volte affermato che ai fini dell’operatività della compensatio lucri cum damno è richiesta l’unità causale dell’evento dannoso ossia che le ripercussioni patrimoniali favorevoli derivino casualmente dallo stesso fatto dannoso che ha prodotto quelle negative.

In altri termini il principio della compensatio lucri cum damno trova applicazione «solo quando il lucro sia conseguenza immediata e diretta dello stesso fatto illecito che ha prodotto il danno, non potendo il lucro compensarsi con il danno se trae la sua fonte da titolo diverso[2]

Recentemente le SS.UU. sono intervenute[3] dirimendo una serie di contrasti sorti in dottrina e giurisprudenza in merito ai presupposti della compensatio stabilendo che la stessa può operare soltanto in presenza di due condizioni cumulative: «la medesimezza delle cause giustificative delle attribuzioni patrimoniali spettanti al danneggiato e l’esistenza di un meccanismo legislativo di riequilibrio.»

In particolare la previsione di un meccanismo di surroga o di rivalsa è volto ad evitare che quanto erogato dal terzo al danneggiato si traduca in un vantaggio inaspettato per l’autore dell’illecito così individuandosi un punto di equilibrio fra l’esigenza di evitare un’indebita locupletazione del danneggiato (mediante il cumulo del risarcimento e delle provvidenze indennitario) e quella di impedire che la compensatio finisca per “premiare” ingiustificatamente l’autore dell’illecito.

Le stesse SS.UU., infatti, hanno precisato che «non corrisponde infatti al principio di razionalità-equità (…) che la sottrazione del vantaggio sia consentita in tutte quelle vicende in cui l’elisione del danno con il beneficio pubblico o privato corrisposto al danneggiato a seguito del fatto illecito finisca per avvantaggiare esclusivamente il danneggiante, apparendo preferibile in tali evenienze favorire chi senza colpa ha subito l’illecito rispetto a chi colpevolmente lo ha causato[4]

Alla luce della pregressa giurisprudenza di legittimità e delle più recenti pronunce delle SS.UU. la Terza Sezione civile è stata chiamata a verificare se, ed in quali termini, l’istituto della compensatio lucri cum damno fra indennizzo ex L. n. 210 del 1992 («indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati») e risarcimento del danno risulti applicabile ove sia accertata una responsabilità risarcitoria di un’azienda sanitaria locale e, in generale, di una struttura del SSN.

Anzitutto occorre rammentare che è consolidato l’indirizzo[5] secondo cui «il diritto al risarcimento del danno conseguente al contagio da virus HBV, HIV o HCV a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto ha natura diversa rispetto all’attribuzione indennitaria regolata dalla L. n. 210 del 1992; tuttavia, nel giudizio risarcitorio promosso contro il Ministero della salute per omessa adozione delle dovute cautele, l’indennizzo eventualmente già corrisposto al danneggiato può essere interamente scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno (“compensatio lucri cum damno”), venendo altrimenti la vittima a godere di un ingiustificato arricchimento consistente nel porre a carico di un medesimo soggetto (il Ministero) due diverse attribuzioni patrimoniali in relazione al medesimo fatto lesivo

Tale orientamento è stato richiamato anche dalla sentenza Cass. SS.UU. civ. 22 maggio 2018, n. 12564 che, pur rilevando che restavano al di fuori al di fuori del quesito ad essa sottoposto le ipotesi di “unicità del soggetto responsabile del fatto illecito fonte di danni ed al contempo obbligato a corrispondere al danneggiato una provvidenza indennitaria” ha ribadito che “la compensatio opera in tutti i casi in cui sussista una coincidenza tra il soggetto autore dell’illecito tenuto al risarcimento e quello chiamato per legge ad erogare il beneficio, con l’effetto di assicurare al danneggiato una reintegra del suo patrimonio completa e senza duplicazioni“.

Alla luce gli anzidetti principi la Terza Sezione civile ha sostenuto che, in caso di infezione conseguente ad emotrasfusioni o ad utilizzo di emoderivati, possa confermarsi il consolidato orientamento della Corte predicativo dell’operatività della compensatio lucri cum damno fra l’indennizzo ex L. n. 210 del 1992 e il risarcimento del danno «anche laddove non sussista apparente coincidenza – nella specie, di carattere soltanto formale – fra il danneggiante e il soggetto che eroga la provvidenza (ossia rispettivamente, tra Azienda Sanitaria Locale e Regione Umbria) allorquando possa comunque escludersi che, per effetto del diffalco, si determini un ingiustificato vantaggio per il responsabile, benché la L. n. 210 del 1992 non preveda un meccanismo di surroga e rivalsa in favore di chi abbia erogato l’indennizzo».

In primo luogo la Corte rammenta che l’erogazione dell’indennizzo ai sensi della L. 210/1992, originariamente gravante sul Ministero della Salute, è stata successivamente demandata alle Regioni, per effetto dell’art. 114 del D.Lgs. n. 112 del 1998. Nella materia sanitaria sussiste, pertanto, una legittimazione processuale passiva soltanto formale del Ministero, attesa l’attribuzione delle relative funzioni amministrative alle Regioni, che godono e dispongono in via autonoma di trasferimenti di risorse dal bilancio statale e che risultano, conseguentemente, i soggetti materialmente obbligati all’erogazione della prestazione indennitaria.

In secondo luogo, le Regioni operano nell’ambito delle funzioni di tutela pubblica della salute che sono proprie del Servizio Sanitario Nazionale, di cui costituiscono articolazioni anche le aziende sanitarie locali, alimentate in massima parte con finanziamenti che, dallo Stato, vengono trasferiti alle singole Regioni stesse.

Pertanto alla pluralità dei soggetti operanti in campo sanitario (Regioni e Aziende) corrispondono «la comunanza delle finalità, la convergenza delle attività e una commistione delle risorse finanziarie che consentono di individuare – sul piano sostanziale – un’unica “parte pubblica”, pur variamente articolata sul piano delle strutture e delle soggettività giuridiche, che è chiamata a rapportarsi con chi sia stato danneggiato da emotrasfusioni, provvedendo all’erogazione dell’indennizzo e all’eventuale risarcimento del danno

Sulla base di queste considerazioni secondo la Corte non è possibile individuare alcuna “estraneità”, sul piano funzionale, dell’Azienda sanitaria locale tenuta a risarcire il danno rispetto alle Regioni deputate al pagamento dell’indennizzo. Non sussiste, infatti, quella situazione di alterità fra soggetto danneggiante e soggetto erogante la provvidenza che, nell’ottica delle pronunce delle Sezioni Unite del 2018, giustifica la necessità di un meccanismo di surroga o rivalsa volto a neutralizzare un indebito vantaggio in favore del terzo responsabile.

Ed infatti secondo la Terza Sezione «non rileva la circostanza che la L. n. 210 del 1992 non preveda un meccanismo che consenta a chi eroga l’indennizzo di rivalersi sul danneggiante, giacché un siffatto meccanismo non ha ragion d’essere quando il soggetto danneggiante condivida finalità, attività e risorse finanziarie con il soggetto che eroga la provvidenza

La Corte conclude, quindi, affermando che, risultando sussistente il requisito del collegamento funzionale tra la causa dell’attribuzione patrimoniale ex L. n. 210 del 1992 e l’obbligazione risarcitoria e non prospettandosi la possibilità di un indebito vantaggio per il danneggiante, la compensatio lucri cum damno trovi giustificazione nell’esigenza di impedire un ingiustificato arricchimento per il danneggiato.

In conclusione la Suprema Corte estende il principio affermato dalle Sezioni Unite nel 2018 anche al caso di specie – che coinvolge, da un lato, l’Azienda Sanitaria Locale e la Regione Umbria, e dall’altra il Ministero della Salute – pronunciando la massima in epigrafe.

Note

[1] Sulla compensatio lucri cum damno si vedano in dottrina: SCOGNAMIGLIO, In tema di compensatio lucri cum damno, in Foro It., 1952, I, 635; JANNUZZI, In tema di compensatio lucri cum damno da fatto illecito penale, La giustizia penale, 1952, II, 168; VENDITTI, Dei limiti di applicabilità della compensatio lucri cum damno, in Giust. Civ., 1956, I, 659; PERETTI GRIVA, Sulla compensatio lucri cum damno, in Riv. Trim., 1957, 437; CAVATORTA, Giurisprudenza della cassazione in tema di compensatio lucri cum damno, in Arch. Resp. Civ., 1967, 800; BUSCARINI, Sulla compensatio lucri cum damno, in Resp. Civ. e Prev., 1984, 358; PETRELLI, In tema di compensatio lucri cum damno, in Giur. It., 1989, I, 1, 381; FERRARI, La compensatio lucri cum damno come utile strumento di equa riparazione del danno, Milano 2008; GIUSTI, Compensatio lucri cum damno, in Dig. Sez. Civ., Aggiornamento, Torino, 2011, 190-208; IZZO, La compensatio lucri cum damno come latinismo di ritorno, in Resp. Civ. e Prev., 2012, 1738-1759; CHINE’, FRATINI, ZOPPINI, Manuale di diritto civile, IX ed., 2017, p. 2080 ss.

[2] Così Cass. civ. sez. III, 20 maggio 2013, 12248. In senso conforme v. Cass. civ. sez. I 18 giugno 2018, n. 16088 e Cass. civ. sez. III, 2 marzo 2010, n. 4950.

[3] Per un’analisi di queste sentenze Cass. SS.UU. civ. 22 maggio 2018, n. 12564, 12565, 12566, 12567 v. in dottrina DI MAJO, Compensatio lucri cum damno – Luci ed ombre nella compensatio lucri cum damno, in Giur. It., 2018, 10, 2093; GALLO, Compensatio lucri cum damno. La compensatio lucri cum damno e i suoi confini, in Giur. It., 2018, 6, 1343; MANGANARO, Compensatio lucri cum damno. Nuovi orientamenti in materia di responsabilità civile nel dialogo tra le corti, in Giur. It., 2018, 6, 1488; MINOPOLI, Compensatio lucri cum damno: i nuovi principi fissati dalle Sezioni Unite, in Ius in Itinere, 4 luglio 2018; LOPINTO, La compensatio lucri cum damno tra problematiche dottrinali e recenti soluzioni giurisprudenziali, in Diritto.it, 20 novembre 2018.

[4] Cass. SS.UU. civ. 22 maggio 2018, n. 12564.

[5] Cfr. Cass. SS.UU. civ. 11 gennaio 2008, n. 584; Cass. civ. sez. III, 23 maggi 2011, n. 11302; Cass. civ. sez. III, 14 marzo 2013, n. 6573; Cass. civ. sez. III, 20 gennaio 2014, n. 991 e Cass. civ. sez. VI-3 24 settembre 2011 n. 20111.

Avv. Mazzei Martina

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