L’emancipazione minorile

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Il minore emancipato, secondo l’ordinamento giuridico, è un soggetto minorenne con un’età maggiore ai 16 anni che non è più soggetto alla potestà dei genitori. Può essere relativa esclusivamente al minore almeno sedicenne ed esclusivamente in caso di matrimonio dello stesso se acconsentito.

È disciplinata dall’articolo 84 del codice civile.

L’articolo 84 del codice civile rubricato “Età” recita:

I minori di età non possono contrarre matrimonio.

 Il tribunale, su istanza dell’interessato, accertata la sua maturità psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore, può con decreto emesso in camera di consiglio ammettere per gravi motivi al matrimonio chi abbia compiuto i sedici anni.

 Il decreto è comunicato al pubblico ministero, agli sposi, ai genitori e al tutore.

 Contro il decreto può essere proposto reclamo, con ricorso alla corte d’appello, nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione.

 La corte d’appello decide con ordinanza non impugnabile, emessa in camera di consiglio.

 Il decreto acquista efficacia quando è decorso il termine previsto nel quarto comma, senza che sia stato proposto reclamo.

Indice

  1. Le Caratteristiche e le facoltà
  2. La disciplina giuridica

1. Le caratteristiche e facoltà

Secondo il codice civile, è considerato minore emancipato colui che abbia compiuto i 16 anni, ma non ancora i 18, che sia stato ammesso dal Tribunale per i minorenni a contrarre matrimonio.

In questo caso il Tribunale, su istanza dell’interessato, accertata la sua maturità psicofisica e la fondatezza delle motivazioni rilevate nell’istanza, sentito il Pubblico Ministero, i genitori oppure il tutore può, con decreto, ammettere il minore a contrarre matrimonio.

Contro lo stesso decreto è ammesso ricorso alla Corte d’Appello nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione ai genitori o al tutore, agli interessati, al pubblico ministero e la Corte d’Appello decide con ordinanza non impugnabile sul ricorso.

Se trascorrono più di dieci giorni senza che sia stato proposto ricorso si parla di emancipazione. L’emancipazione si ha prima del matrimonio e permane anche se il matrimonio contratto è successivamente dichiarato nullo. Inoltre, se autorizzato dal tribunale a iniziare un’attività d’impresa commerciale (definita ai sensi dell’art.2195 del Codice Civile), il minore emancipato acquista la piena capacità d’agire.

L’emancipazione conferisce al minore la capacità di compiere gli atti che non eccedono l’ordinaria amministrazione.

Il minore emancipato può, con l’assistenza del curatore, riscuotere i capitali sotto la condizione di un idoneo impiego e può stare in giudizio sia come attore sia come convenuto.

Per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, a parte il consenso del curatore, è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare, mentre per gli atti di straordinaria amministrazione, l’autorizzazione, se il Curatore non è il genitore, deve essere data dal Tribunale per i minorenni su parere del giudice tutelare.

Se nasca conflitto di interessi tra il minore e il Curatore, a tutela degli interessi del minore è nominato un curatore speciale.

Questa capacità è sottolineata dalla locuzione latina Habilis ad nuptias, habilis ad nuptiarum consequentias, che significa idoneo alle nozze, idoneo alle conseguenze delle nozze.


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2. La disciplina giuridica

Il Capo II del Titolo XII del Libro I del Codice Civile italiano, articoli 390-397, regola l’istituto giuridico dell’Emancipazione del minore.

Si tratta di una sorta di concessione anticipata della Capacità d’Agire, di solito raggiunta con la maggiore età.

Come scritto in precedenza, il minore emancipato deve avere almeno sedici anni e non essere in stato d’incapacità.

Prima dell’entrata in vigore della Legge di riforma del Diritto di Famiglia 39/1975, l’Emancipazione poteva essere richiesta al giudice dal minore stesso o dai suoi genitori, oppure si accedeva “di diritto”con il minore che contraeva matrimonio.

Oggi, con l’abrogazione degli articoli 391, 398 e 399 del codice civile, l’unica residuale modalità per ottenere l’Emancipazione è sposarsi, (ex art. 84 c.c.).

Il matrimonio di un minorenne, per essere celebrato in modo valido, deve essere preventivamente autorizzato dal Tribunale, con apposito Decreto, emesso “per gravi motivi” e “su istanza dell’interessato, accertata la sua maturità psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore”.

La più recente Giurisprudenza  tende a non concedere facilmente questa “autorizzazione”, anche in considerazione dell’abbassamento della maggiore età per la generalità dei cittadini, dai 21 anni previsti all’inizio agli attuali 18, ex art. 2 c.c., così come modificato dalla sopra menzionata Legge 39/1975.

L’emancipato può gestire autonomamente le questioni di “ordinaria amministrazione”, mentre per “riscuotere i capitali” e “stare in giudizio” egli necessita dell’assistenza di un Curatore, nominato dal Giudice tutelare territorialmente competente e scelto tra i genitori del giovane, il coniuge maggiorenne o eventualmente anche un terzo ritenuto “idoneo all’ufficio e di ineccepibile condotta”.

In relazione agli atti di “straordinaria amministrazione”, il minore emancipato dovrà ottenere oltre a quello del Curatore, anche il consenso del Giudice.

Attraverso specifica autorizzazione del Giudice, sentito il Curatore il minore emancipato può anche gestire in piena autonomia un’impresa commerciale e contemporaneamente liberarsi del controllo esterno su tutti i propri atti di “straordinaria amministrazione”.

Gli atti compiuti dal minore in violazione dei predetti limiti normativi sono annullabili, a istanza del minore stesso o dei suoi eredi o aventi causa. Il Curatore può essere sospeso o rimosso dal suo incarico in qualunque momento dal Giudice, se si dovesse rivelare negligente, inetto, immeritevole, insolvente, oppure abusi del suo potere.

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