E’ corretto affermare che in tema di informative antimafia, nel vigente panorama normativo, le informative prefettizie non possiedono efficacia direttamente caducante nei confronti dei rapporti intrattenuti dalla p.a., a tal fine essendo al contrario nec

Lazzini Sonia 05/06/08
Scarica PDF Stampa
La giurisprudenza ha chiarito che siffatta informativa, ancorché non sia priva di effetti nei confronti delle amministrazioni, non ne comprime integralmente le capacità di apprezzamento, con la conseguenza che i provvedimenti di mantenimento o di risoluzione del rapporto sono comunque il frutto di una scelta motivata della stazione appaltante
 
 
Merita di essere riportato il seguente passaggio tratto dalla decisione numero 1310 del 28 marzo 2008, inviata per la pubblicazione in data 4 aprile 2008, emessa dal Consiglio di Stato
 
 
 
E poiché l’interruzione del rapporto ha provocato un danno ingiusto alla società appaltatrice, correttamente la sentenza di primo grado ne ha disposto il risarcimento e condannato le parti resistenti (in solido) alle relative conseguenze patrimoniali, con gli interessi e la rivalutazione>
 
Questo perché:
 
< D’altronde, sotto il profilo della colpa non è privo di significato il dato che la scelta di non proseguire nel rapporto è intervenuta successivamente alla decisione con la quale il Tribunale per il riesame di Potenza (depositata il 4 gennaio 2005, vale a dire circa dieci mesi prima della revoca del 28 ottobre 2005) aveva già rilevato che per quanto riguarda il legale rappresentante della ALFA s.p.a. il quadro accusatorio "appare allo stato più radicalmente sfornito di elementi idonei a sostenere un suo diretto coinvolgimento".>
 
 
Si legga anche
 
Se importanti valori costituzionali, (presunzione di innocenza e libertà di impresa) non escludono la predisposizione di mezzi di prevenzione, impongono che la “interpretazione della normativa in esame debba essere improntata a necessaria cautela” e fanno sì che quando determinati fatti risultino esaminati nella sede penale non è possibile pervenire ad una opposta valutazione nella sede amministrativa: ed in tali casi ben può il g.a. (questa essendo la sua funzione istituzionale), se domandato da una parte, rilevarne l’illegittimità
 
 
Il Consiglio di Stato con la decisione numero 2828 del 31 maggio 2007 ci insegna che:
 
<“il nostro sistema giuridico è fondato sul principio di legalità e sulla soggezione dell’Amministrazione alla legge, e dunque qualunque manifestazione dell’azione amministrativa è passibile del controllo da parte della competente giurisdizione per verificarne la conformità alla normativa, anche sotto il profilo della logicità e della ragionevolezza”>
 
appare inoltre importante segnalare il seguente passaggio:
 
< le informative prefettizie non possiedono efficacia direttamente caducante nei confronti dei rapporti intrattenuti dalla p.a., a tal fine essendo al contrario necessario l’esercizio dello specifico potere (di non aggiudicazione, di non stipulazione del contratto, di revoca, ecc.) da parte della stazione appaltante, nella specie appunto concretamente esercitato.>
 
 
Da ultimo:
 
Deve essere annullata un’informativa prefettizia che, a distanza di mesi dalla smentita in sede penale delle vicende che avevano riguardato l’amministratore di una Società., assume quelle stesse vicende quale presupposto per ritenere sussistente un attuale tentativo di infiltrazione mafiosa? Se a seguito dell’informativa antimafia (poi risultata illegittima), il contratto in essere viene revocato l’appalto, l’impresa esecutrice ha diritto al risarcimento del danno?ci può essere spazio per riconoscere anche alle imprese il danno esistenziale inteso come il diritto all’immagine?.
 
 
 
L’interesse pubblico al cui soddisfacimento è diretto l’insieme delle misure di prevenzione antimafia giustifica anche interventi basati sul mero sospetto e quindi privi di quell’accertamento rigoroso che il nostro ordinamento esige nella sede penale è, per converso, evidente che un fatto che ha trovato smentita all’esito di un procedimento penale non può esser richiamato per assumere capacità qualificatoria dal punto di vista dell’informativa antimafia._ In ossequio a principi di derivazione anche comunitaria va privilegiata, ove possibile (se del caso previa presa d’atto della caducazione di rapporti eventualmente costituiti per sostituire quello revocato ad ALFA), la reintegrazione in forma specifica._ Nell’ipotesi in cui ciò non sia possibile le Amministrazioni intimate saranno tenute in solido al risarcimento per equivalente (danno emergente; lucro cessante, a titolo di perdita di chance, legata alla impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico pari al valore dell’appalto non eseguito e per il mancato ammortamento di attrezzature e macchinari) nonché anche il danno esistenziale (conseguenze pregiudizievoli che un’informativa prefettizia negativa nonché la revoca di un appalto regolarmente aggiudicato sono suscettibili di arrecare alla sfera giuridica di un’impresa, dal punto di vista della sua esistenza e della sua capacità di operare sul mercato.).
 
 
merita di essere segnalato il seguente passaggio tratto dalla decisione numero 491 del 12 febbraio 2008 emessa dal Consiglio di Stato
 
< Una volta ribadito l’annullamento dell’informativa prefettizia n. 446/2005, analoga sorte tocca alla determinazione con la quale l’Azienda Ospedaliera San Martino di Genova (n. 3046 del 14.11.2005) ha disposto la revoca del rapporto in essere con l’appaltratice. E’ infatti nella stessa (annullata) informativa prefettizia che si esaurisce la motivazione della revoca del rapporto da parte dell’Azienda Ospedaliera.
 
Quest’ultima, ancorché avrebbe dovuto, trattandosi di informativa prefettizia atipica (come è stato stabilito dalla sentenza confermata dalla Sezione con decisione n. 2828/07) , non ha invero compiuto alcuna autonoma valutazione e si è limitata all’acritico recepimento del punto di vista espresso nell’informativa prefettizia.>
 
E dunque viene anche riconosciuto il risarimento del danno:
 
< Da questo punto di vista va anzitutto precisato che l’importo della commessa da assumere a base del calcolo dell’entità del risarcimento va identificato nell’ (intero) importo del contratto per il terzo anno di servizio più il solo 80% dell’importo degli ulteriori tre anni previsti sia in sede di gara che dal contratto: a tale decurtazione equitativa il Collegio ritiene di poter pervenire tenuto conto del dato che la prosecuzione del rapporto per il triennio in questione, pur non essendo tecnicamente vincolata, era legata al verificarsi di presupposti che la rendevano pressoché scontata (id est, mantenimento del prezzo pattuito tre anni prima)>
 
Vediamo le singole voci di danno:
 
La prima voce consiste nel danno emergente, costituito dalle spese e dai costi sostenuti per la preparazione dell’offerta e per la partecipazione alla procedura. A questo titolo il Collegio ritiene equo fissare un risarcimento pari al 2% del valore dell’appalto, beninteso come sopra quantificato.
 
Al danno emergente si aggiunge il danno per lucro cessante, che la giurisprudenza ha ormai pacificamente individuato nel 10% del valore dell’appalto (anche in questo caso come sopra quantificato).
 
Come stabilito dalla Sezione, con precedente cui il Collegio ritiene di dover dare adesione, va poi riconosciuto un importo pari al 3% del valore dell’appalto (sempre come sopra quantificato) a titolo di perdita di chance, legata alla impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico pari al valore dell’appalto non eseguito
 
Ai fini dell’integrale ristoro della sfera patrimoniale va, da ultimo, riconosciuto un ulteriore importo, equitativamente individuato nel 3% del valore dell’appalto, per il mancato ammortamento di attrezzature e macchinari.
 
Attenzione però, esiste ora una nuova voce di danno, quello           ESISTENZIALE:
 
 
< Va inoltre risarcito, a prescindere dalla esecuzione in forma specifica, anche il cd. danno esistenziale. Sul punto il Collegio ritiene di poter condividere l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza 4 giugno 2007, n. 12929, dove si chiarisce che il diritto all’immagine, concretizzantesi nella considerazione che un soggetto ha di sé e nella reputazione di cui gode, non può essere considerato appannaggio esclusivo della persona fisica e va anzi riconosciuto anche alle persone giuridiche.
 
Tale diritto, traente fondamento dalla previsione dell’art. 2 Cost., è nella specie menomato sia dall’informativa del 20.10.2005, la quale risulta irragionevolmente adottata senza alcun riferimento alle opposte valutazioni provenienti dalla sede penale, che dalla revoca dell’appalto, che su quell’informativa si è appiattita.>
 
A cura di *************
 
 
                REPUBBLICA ITALIANA                     N.1310/08 ********
            IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                 N. 4561      ********
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione)         ANNO 2007
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4561/2007 proposto dall’AZIENDA SANITARIA LOCALE NAPOLI 1, rappresentata e difesa dagli avv.ti **************** e *************** con domicilio eletto presso il primo in Roma, Via Barberini 47;
contro
ALFA S.P.A., in proprio e quale mandataria del gruppo ***;
e nei confronti di
MINISTERO DELL’INTERNO, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
*** s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. ***************, elettivamente domiciliata in Roma presso il dott. ***************, via Cosseria n. 2;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sede di Napoli, Sez. 1, n. 363/2007.
         Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
         Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte intimata;
         Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
         Visti gli atti tutti della causa;
Visto il dispositivo di decisione n. 553/07;
         Alla pubblica udienza del 27 novembre 2007 relatore il Consigliere ************;
         Uditi, altresì, gli avvocati ********* (avv. Stato) e *******;
         Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1. La vicenda concerne la revoca, da parte della ASL Napoli 1, dell’aggiudicazione del servizio di pulizia e sanificazione delle sue infrastrutture a seguito della informativa prefettizia prot. 446/Area 1 bis del 27.10.2005.
         L’aggiudicataria ALFA s.p.a. proponeva ricorso davanti al TAR Campania, Sez. I, e questo, con sentenza n. 363/07, annullava sia l’informativa antimafia che la conseguente revoca dell’aggiudicazione a partire dal rilievo che le vicende di natura penale che avevano giustificato l’informativa erano state dapprima smentite dal Tribunale del riesame di Potenza (sent. 7.12.2004) e poi definitivamente private di significatività dalla Corte di Cassazione (Sez. I penale, n. 17090/05 del 5.5.2005).
         La sentenza del TAR Campania veniva appellata dal Ministero dell’Interno il quale rivendicava la legittimità dell’informativa prefettizia. La causa veniva iscritta al r.g.n. 2302/07 ed assegnata alla V Sezione, la quale con sentenza n. 2828 del 31 maggio 2007 respingeva l’appello alla stregua del proprio precedente (27 giugno 2006, n. 4135) in base al quale non è dato attribuire capacità qualificatoria a vicende che in sede penale siano risultate prive di significatività.
2. Con atto notificato il 16-19 maggio 2007 ha sua volta proposto appello l’ASL Napoli la quale peraltro non appunta le sue censure sulla (già definita) questione della revoca dell’appalto a seguito dell’informativa antimafia ma contesta unicamente il capo della sentenza di primo grado concernente la condanna al risarcimento dei danni.
         Si è costituita in giudizio l’ALFA s.p.a. la quale eccepita l’inammissibilità del gravame (perché notificato ben oltre i trenta giorni dalla notifica della sentenza di primo grado), rileva che l’ingiustizia del danno subito per effetto della revoca non può esser messa in discussione sicché essa non può non aver diritto ad un corrispondente risarcimento.
         La causa è passata in decisione all’udienza del 27 novembre 2007 ed è stato pubblicato il dispositivo n. 553/07.
DIRITTO
         La manifesta infondatezza dell’appello consente di prescindere dall’esame dell’eccezione di irricevibilità per tardività sollevata dalla appellata (peraltro, ad una prima delibazione non priva di fondamento, visto che mentre la sentenza di primo grado risulta notificata presso il procuratore costituito in data 24.1.2007 l’appello è stato notificato il 16.5.2007, vale a dire ben oltre il termine di trenta giorni previsto dall’art. 23 bis, comma 7, l. 1034/71).
         Come è stato osservato dalla sentenza di primo grado, già confermata dalla Sezione con sentenza n. 2828 del 31 maggio 2007, si discute nella presente fattispecie di una "misura interdittiva atipica".
         La giurisprudenza ha chiarito che siffatta informativa, ancorché non sia priva di effetti nei confronti delle amministrazioni, non ne comprime integralmente le capacità di apprezzamento, con la conseguenza che i provvedimenti di mantenimento o di risoluzione del rapporto sono comunque il frutto di una scelta motivata della stazione appaltante (Sez. VI, 3 maggio 2007, n. 1948).
         Ciò vuol dire che, diversamente da quanto si sostiene nell’appello, la decisione di interrompere la prosecuzione dell’appalto in essere, nonostante che essa abbia assunto a presupposto il provvedimento di un’Amministrazione terza (la Prefettura di Napoli), va ascritta anche alla volontà della ASL Napoli 1. E poiché l’interruzione del rapporto ha provocato un danno ingiusto alla società appaltatrice, correttamente la sentenza di primo grado ne ha disposto il risarcimento e condannato le parti resistenti (in solido) alle relative conseguenze patrimoniali, con gli interessi e la rivalutazione (Sez. IV, 7 settembre 2007, n. 4722).
         D’altronde, sotto il profilo della colpa non è privo di significato il dato che la scelta di non proseguire nel rapporto è intervenuta successivamente alla decisione con la quale il Tribunale per il riesame di Potenza (depositata il 4 gennaio 2005, vale a dire circa dieci mesi prima della revoca del 28 ottobre 2005) aveva già rilevato che per quanto riguarda il legale rappresentante della ALFA s.p.a. il quadro accusatorio "appare allo stato più radicalmente sfornito di elementi idonei a sostenere un suo diretto coinvolgimento".
         La sentenza di primo grado merita dunque conferma.
         Le spese del grado, vista la particolarità del caso, possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunziando, respinge l’appello.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 27 Novembre 2007  con l’intervento dei Sigg.ri:
Pres. ******************** 
Cons. ************ 
Cons. *************** 
Cons. ****************.  
Cons. ************************ 
 
L’ESTENSORE                             IL PRESIDENTE
F.to ************                        *************************
IL SEGRETARIO
F.to *********************
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28 marzo 2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
p.IL DIRIGENTE
f.to *****************

Lazzini Sonia

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento