La Consulta dichiara non illegittimo costituzionalmente l’art. 5, co. 8-bis, d.lgs. n. 286 del 1998: vediamo il perché. Per approfondimenti in materia, consigliamo il volume “Immigrazione, asilo e cittadinanza”, acquistabile sia su Shop Maggioli che su Amazon, un testo di riferimento in materia di diritto all’immigrazione. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon, e il Codice Penale e norme complementari 2026 – Aggiornato a Legge AI e Conversione dei decreti giustizia e terra dei fuochi, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
Indice
- 1. Il caso: imputazione ex art. 5, co. 8-bis, T.U. immigrazione nel giudizio abbreviato
- 2. L’ordinanza di rimessione: disparità sanzionatoria e parametri evocati (artt. 3 e 27 Cost.)
- 3. La risposta della Corte: continuità con la sentenza n. 27/2025 e ratio dell’equiparazione
- 4. Ricadute operative: perché resta unica la cornice edittale per falsificazione e uso
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1. Il caso: imputazione ex art. 5, co. 8-bis, T.U. immigrazione nel giudizio abbreviato
Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Santa Maria Capua Vetere era chiamato a statuire, con il rito abbreviato, sulla responsabilità penale di un imputato del delitto previsto dall’art. 5, co. 8-bis, d.lgs. n. 286 del 1998. Per approfondimenti in materia, consigliamo il volume “Immigrazione, asilo e cittadinanza”, acquistabile sia su Shop Maggioli che su Amazon, un testo di riferimento in materia di diritto all’immigrazione. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon, e il Codice Penale e norme complementari 2026 – Aggiornato a Legge AI e Conversione dei decreti giustizia e terra dei fuochi, acquistabile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
2. L’ordinanza di rimessione: disparità sanzionatoria e parametri evocati (artt. 3 e 27 Cost.)
Alla luce della situazione giudiziaria suesposta, il G.U.P. di Santa Maria Capua Vetere sollevava, con riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 8-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui prevede il medesimo trattamento sanzionatorio sia per il delitto di contraffazione o alterazione degli atti e dei documenti ivi indicati, sia per il delitto di utilizzo dei documenti stessi, finalizzati a ottenere il permesso di soggiorno, anziché trattamenti sanzionatori differenziati, in particolare non prevedendo che la pena per il delitto di utilizzo di atti e documenti contraffatti sia ridotta di un terzo, analogamente da quanto disposto dall’art. 489 del codice penale.
In particolare, siffatto organo giudicante prospettava il dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 8-bis, t.u. immigrazione sul rilievo che la disposizione si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost., in quanto equipara quoad poenam plurime e autonome fattispecie, differenti quanto a gravità, condotta e grado di lesione al bene interesse tutelato;
Più nel dettaglio, il giudice rimettente rammentava l’irragionevolezza da parte del legislatore di sanzionare con la pena della reclusione da uno a sei anni sia la fattispecie di falsificazione di un titolo abilitativo al soggiorno nel territorio dello Stato, sia quella di falsificazione di documenti utili al rilascio del permesso di soggiorno, sia, infine, quella dell’utilizzo di atti già falsificati, finalizzata al medesimo scopo, dal momento che le fattispecie di contraffazione/alterazione, sempre a suo parere, implicherebbero di regola un’organizzazione sia pure rudimentale di mezzi e risorse, risultando comunque espressive di maggiore capacità criminale rispetto al solo uso di atti falsificati da altri, facendosene conseguire da ciò che la previsione del medesimo trattamento sanzionatorio fosse in contrasto per l’appunto con il principio di ragionevolezza, in funzione della proporzionalità della pena alla gravità del fatto, e quindi della finalità rieducativa della pena;
Oltre a ciò, era per di più ravvisato un ulteriore profilo di contrasto con i parametri evocati dal raffronto tra la sanzione prevista nella disposizione censurata per le diverse condotte ivi configurate e la disciplina codicistica dei reati di falso documentale, che è caratterizzata, invece, da una marcata differenziazione del trattamento sanzionatorio delle condotte di falsificazione rispetto a quella di utilizzo di atti falsi dato che l’art. 482 cod. pen. sanziona la falsificazione materiale di un atto pubblico o di un certificato o di un’autorizzazione amministrativa, ove commessa da soggetto privato, con le pene previste dagli artt. 476 e 477 cod. pen. (rispettivamente reclusione da uno a sei anni, e da sei mesi a tre anni) ridotte di un terzo, e l’art. 489 cod. pen. punisce l’uso di un atto falso – a condizione che non via sia stato concorso nella falsificazione – con le medesime pene ulteriormente ridotte di un terzo.
Ciò posto, quanto invece alla rilevanza delle questioni, il rimettente ribadiva come, nel giudizio principale, fosse in contestazione l’uso di falsa documentazione attestante un rapporto di lavoro domestico, finalizzato a ottenere il permesso di soggiorno e, quindi, si evidenziavano le ricadute dell’auspicato allineamento della disciplina prevista dalla norma censurata a quella codicistica richiamata in comparazione, rilevando oltre tutto che, ove fosse stata accertata la responsabilità penale dell’imputato per l’uso dell’atto falso, questi avrebbe potuto giovarsi della riduzione della pena, secondo il modello delineato dall’art. 489 cod. pen..
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3. La risposta della Corte: continuità con la sentenza n. 27/2025 e ratio dell’equiparazione
La Corte costituzionale – dopo avere ripercorso le argomentazioni sostenute nell’ordinanza di rimessione e stimato non meritevole di accoglimento l’eccezione prospettata da parte dell’Avvocatura dello Stato – reputava le questioni sollevate dal rimettente manifestatamente infondate.
In particolare, il Giudice delle leggi osservava a tal proposito innanzitutto come la medesima Consulta abbia già deciso questioni analoghe a quelle ora in esame, con la sentenza n. 27 del 2025, depositata il 7 marzo 2025, e quindi sopravvenuta all’ordinanza di rimessione in scrutinio, deducendo al contempo che proprio codesta decisione aveva dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 8-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998, sollevate dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Vicenza, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., nelle quali parimenti si censurava la disposizione in esame per la mancata previsione di una cornice edittale differenziata per le singole fattispecie astratte ivi previste e, in particolare, la mancata previsione di una pena ridotta di un terzo per la fattispecie meno grave, individuata in quella di mera utilizzazione del documento da altri contraffatto o alterato, sul modello della disciplina dei delitti di falsità documentale previsti dal codice penale.
Oltre a ciò, si faceva oltre tutto presente come la citata sentenza n. 27 del 2025 abbia negato che la disposizione in questione comprenda fattispecie che, già nella loro dimensione astratta, siano all’evidenza connotate da disvalore tanto differente, da rendere necessaria la previsione di diverse cornici edittali;
Del resto, considerata la specifica tipologia di documenti cui la disposizione censurata si riferiva, si evidenziava per di più come la stessa Corte costituzionale abbia rilevato che l’utilizzazione del documento presuppone, nella generalità dei casi, un previo concorso, quanto meno morale, dell’utilizzatore nella falsificazione del documento stesso, che normalmente contiene i dati identificativi dello straniero e che soltanto lo stesso interessato è in grado di comunicare a chi compie la condotta materiale di falsificazione, facendosene discendere da ciò come non si appalesi come irragionevole che «il legislatore, muovendo da tale implicito presupposto, abbia ritenuto di sottoporre alla medesima cornice edittale tutte e tre le condotte descritte dalla disposizione censurata, consentendo così alla pubblica accusa di ottenere una condanna sulla base della prova, alternativamente, di una sola di esse» (punto 4.3. del Considerato in diritto), tenuto conto altresì del fatto che, sempre in sede di giustizia costituzionale, è stato ritenuto insussistente anche la violazione del principio di uguaglianza sotto il profilo della disparità di trattamento tra la disposizione censurata e i tertia comparationis evocati dal rimettente, e, in particolare, quello rappresentato dall’art. 489 cod. pen., notandosi, a tale riguardo, che la sentenza succitata ha evidenziato che «[l]e ragioni che hanno indotto il legislatore del 1930 a prevedere una generale riduzione di pena per chi abbia semplicemente usato l’atto falso, senza essere concorso nella sua falsità, non paiono […] necessariamente sussistenti anche con riferimento agli speciali documenti cui si riferisce la disposizione censurata, rispetto ai quali, come si è appena osservato, non è agevole ipotizzare, già sul piano fattuale, una loro utilizzazione in assenza di un previo concorso nella loro falsificazione; e rispetto ai quali, comunque, è proprio il momento dell’utilizzazione a creare un immediato pericolo per l’interesse che il legislatore intende tutelare» (punto 4.4. del Considerato in diritto);
Chiarito ciò, si notava infine come sia stata esclusa la fondatezza delle censure relative alla funzione rieducativa della pena, svolte peraltro in chiave (stimata) ancillare rispetto a quelle sollevate in riferimento al principio di uguaglianza, tanto più se si considera, sempre ad avviso del Giudice delle leggi, che l’ordinanza di rimessione in esame non apportava argomenti nuovi rispetto a quelli già esaminati nella citata sentenza n. 27 del 2025, o tali da indurre a una diversa conclusione.
I giudici di legittimità costituzionale, pertanto, alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, dichiaravano le questioni summenzionate manifestamente infondate (ex plurimis, ordinanze n. 50 del 2025, n. 97 e n. 78 del 2024, n. 214 del 2023).
4. Ricadute operative: perché resta unica la cornice edittale per falsificazione e uso
Fermo restando che l’art. 5, co. 8-bis, d.lgs., 25 luglio 1998, n. 286, com’è noto, prevede al primo comma che chiunque “contraffà o altera un visto di ingresso o reingresso, la comunicazione del rilascio di un’autorizzazione ai viaggi, una proroga del visto, un permesso di soggiorno, un contratto di soggiorno o una carta di soggiorno, ovvero contraffà o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, di un’autorizzazione ai viaggi, della proroga del visto, di un permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno oppure utilizza uno di tali documenti contraffatti o alterati, è punito con la reclusione da uno a sei anni”, con l’ordinanza qui in commento, la Consulta ha reputato tale precetto normativo non in contrasto con la Costituzione (e, segnatamente, gli articoli 3 e 27 Cost.), nella parte in cui prevede il medesimo trattamento sanzionatorio sia per il delitto di contraffazione o alterazione degli atti e dei documenti ivi indicati, sia per il delitto di utilizzo dei documenti stessi, finalizzati a ottenere il permesso di soggiorno, anziché trattamenti sanzionatori differenziati, in particolare non prevedendo che la pena per il delitto di utilizzo di atti e documenti contraffatti sia ridotta di un terzo, analogamente da quanto disposto dall’art. 489 del codice penale.
Di conseguenza, per effetto di questo provvedimento, continua a essere configurabile codesta norma incriminatrice, senza che a nulla rilevi il medesimo trattamento sanzionatorio (nei termini precisati nella summenzionata ordinanza di rimessione).
Questa è in sostanza le novità che connota il provvedimento qui in commento.
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