Diritto di abitazione: come si stabilisce il beneficiario?

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L’assegnazione della casa familiare è un provvedimento che può  essere adottato da un giudice esclusivamente in presenza di una coppia con figli minori, gravemente disabili o, se maggiorenni, non ancora autosufficienti, sia che si tratti di una coppia sposata, sia di conviventi.

In relazione all’assegnazione del diritto di abitazione in quello che un tempo era il tetto domestico non rileva il matrimonio.

Ci si chiede, in concreto, a chi vada la casa quando si divorzi e come faccia il giudice a stabilire se la stessa debba essere assegnata al padre o alla madre?

In questo articolo cercheremo di fare il punto della situazione.

    Indice

  1. In che cosa consiste il diritto di abitazione?
  2. Quando viene assegnata la casa familiare?
  3. A chi deve andare la casa familiare?
  4. La cessazione del diritto di abitazione
  5. Che cosa comporta il diritto di abitazione

1. In che cosa consiste il diritto di abitazione?

Quando si parla di assegnazione della casa familiare non s’intende di sicuro l’attribuzione della proprietà dell’immobile ma esclusivamente un diritto di abitazione, vale a dire, la possibilità di abitare all’interno dell’appartamento sino a quando durano i presupposti dell’assegnazione stessa.

Venendo meno questi presupposti, la casa ritorna al legittimo proprietario.

La casa familiare, in ambito giuridico, è il luogo nel quale i coniugi hanno stabilito la loro vita, prima coniugale, e poi familiare, intesa nel significato di famiglia come nucleo formato anche da figli, sino alla separazione.

Si parla della casa familiare all’articolo 337 sexies del codice civile, soprattutto in relazione all’assegnazione della stessa.

Si stabilisce che la casa verrà attribuita tenendo conto dell’interesse dei figli, perché è lì che gl sonoi stesso cresciuti e continueranno a crescere dopo la separazione.

Nella prassi, essendo l’affido dato alla madre in più del 90% dei casi, la casa familiare verrà occupata dalla stessa in qualità di tutrice dei figli, e dai figli stessi.

2. Quando viene assegnata la casa familiare?

L’assegnazione della casa familiare è uno strumento rivolto a tutelare i figli ancora incapaci di provvedere alle proprie necessità economiche.

Il provvedimento del giudice non ha come  finalità quella di offrire un altro contributo economico al genitore con il quale i figli vanno a vivere, ma serve per evitare che lo stesso possa subire altri traumi oltre a quello della disgregazione del nucleo familiare. Tanto è vero che il giudice non dispone l’assegnazione della casa familiare se i figli sono già autonomi e vivono da soli.

I presupposti per l’assegnazione della casa familiare sono:

  • Una coppia di coniugi o conviventi
  • Una coppia  con figli ancora minorenni, con grave handicap o, se maggiorenni, ancora non autonomi economicamente.

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3. A chi deve andare la casa familiare?

Il diritto di abitazione viene, dal giudice, accordato in favore del genitore con il quale i figli vanno a vivere materialmente, val a ride il cosiddetto genitore collocatario.

È il giudice stesso, considerando tenendo conto del superiore interesse dei minori e del parere da questi espresso, a decidere presso quale genitore collocarli.

Il giudice deve comunque sentire il minore se ha 12 anni e anche il bambino più piccolo se ritenuto capace di discernimento.

L’assegnazione della casa ha senso se il genitore collocatario non è quello proprietario dell’immobile.

In caso contrario non ci sarebbe ragione di concedere allo stesso anche il diritto di abitazione, essendo implicito nel diritto di proprietà.

I Presupposti per l’assegnazione della casa familiare sono:

  • La collocazione dei figli presso il genitore non proprietario dell’immobile
  • La permanenza dei figli presso il genitore collocatario
  • La permanenza del genitore collocatario presso la casa familiare.

4. La cessazione del diritto di abitazione

Il diritto di abitazione viene meno se:

  • Il figlio va a vivere da solo;
  • Il genitore, insieme ai figli, lascia l’immobile per andare a vivere altrove;
  • Il figlio perde il diritto al mantenimento per essere divenuto ormai economicamente indipendente;
  • Il figlio perde il diritto al mantenimento per non essersi preoccupato di trovare un lavoro o di formarsi.

5. Che cosa comporta il diritto di abitazione

Il genitore collocatario al quale sia stato assegnato il diritto di abitazione, se non previsto diversamente nella sentenza, deve:

  • Pagare le bollette e le spese condominiali ordinarie (non quelle straordinarie)
  • Pagare le imposte sulla casa (la Tari). Per l’Imu, sino a quando è abitazione principale, sussiste l’esenzione
  • Mantenere l’immobile in buono stato di manutenzione e provvedere alle riparazioni necessarie ad evitare che esso rovini

Rispettare il regolamento di condominio

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L’assegnazione della casa familiare in caso di separazione o divorzio

La casa coniugale è il teatro della vita familiare, fulcro degli interessi e delle abitudini in cui si realizza la vita della famiglia. La notevole complessità delle problematiche connesse all’abitazione si ripercuote inevitabilmente sulla sua assegnazione, in sede di separazione o divorzio.Non v’è dubbio, infatti, che, in occasione della crisi matrimoniale, l’assegnazione della casa adibita a residenza della famiglia rappresenti uno dei motivi di maggior conflitto, in quanto vengono a scontrarsi esigenze e diritti contrapposti, tutti oggetto di esplicita tutela costituzionale: da un lato, l’esigenza del coniuge, non proprietario, di continuare ad abitare nella casa che ha rappresentato il centro degli affetti e dell’organizzazione domestica; dall’altro, la necessità di tutelare il diritto, costituzionalmente garantito, alla proprietà privata.Il legislatore, nel regolamentare la materia – che non riesce a fornire un’apprezzabile soluzione a tutti i problemi sociali e giuridici –, ha spostato l’attenzione dai genitori alla famiglia, composta anche dai figli, i cui interessi devono essere prioritariamente privilegiati, all’evidente scopo di salvaguardare il bisogno dei minori (o anche dei figli maggiorenni non ancora economicamente autosufficienti o portatori di handicap) di mantenere inalterati i rapporti con l’ambiente in cui sono vissuti.Quindi solo l’interesse dei figli a non subire ulteriori cambiamenti dovuti alla crisi familiare e a conservare un minimo di continuità e regolarità di vita è l’unico motivo che può spingere a sacrificare (limitare) il diritto di proprietà.Giuseppe Bordolli, Consulente legale in Genova ed esperto di diritto immobiliare. Svolge attività di consulenza per amministrazioni condominiali e società di intermediazione immobiliare. È collaboratore del quotidiano Condominio 24 Ore on line e cartaceo e di varie riviste di diritto immobiliare. Autore di numerose pubblicazioni in materia di condominio, mediazione immobiliare, locazione, divisione ereditaria, privacy, nonché di articoli e note a sentenza. È mediatore e docente in corsi di formazione per le professioni immobiliari

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