In difetto di specifiche contestazioni, il genitore non affidatario è tenuto al rimborso delle spese straordinarie rispondenti al maggior interesse della figlia, anche in assenza di preventivo interpello da parte del coniuge divorziato

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Separazione dei coniugi – Provvedimenti relativi ai figli

Riferimenti legislativi: art. 155 c.c.; l. n. 151 del 1975

Rigetto

In materia di concorso negli oneri il nuovo articolo 148 c.c., sostituito dall’art. 4, d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, dispone che i coniugi devono adempiere l’obbligo di cui all’articolo 147 c.c., secondo quanto previsto dall’articolo 316-bis c.c. sulla base del principio di proporzionalità e considerando: le attuali esigenze del figlio; il tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori; i tempi di permanenza presso ciascun genitore; le risorse economiche di entrambi i genitori; la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore, con compito del giudice, tanto nell’affido condiviso, quanto nell’affido esclusivo, di  fissare “la misura e il modo con cui ciascun genitore deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli” ex art. 337-ter c.c. (introdotto dal d.lgs. n. 154/2013).

Ed invero, tra le controversie che maggiormente sorgono trai genitori, successivamente al provvedimento con cui viene stabilito l’affidamento del minore e il suo mantenimento vi è la suddivisione delle c.d. spese straordinarie, ovvero di quelle spese che esulano dai bisogni quotidiani e che, connotate dal requisito della imprevedibilità, non possono essere inserite nell’assegno mensile, verificandosi spesso nella pratica giudiziaria, in tema di ripartizione e partecipazione alle suddette spese straordinarie che il genitore non collocatario (o non affidatario) contesti all’altro, innanzi ad una richiesta di rimborso, il fatto che la spesa effettuata non sia stata decisa concordemente, ma in modo unilaterale ed arbitrario, con conseguente rifiuto di addebito pro quota dei costi. Si discute, nella prassi, sulla natura e tipologia di tali spese, sul loro ammontare, nonché sulla necessità ai fini di un rimborso di un preventivo accordo tra i genitori[1].  Se in passato l’orientamento giurisprudenziale tradizionale richiedeva il previo accordo tra i genitori separati, l’attuale orientamento giurisprudenziale prevalente, facendo leva sulla valutazione dell’interesse del figlio, piuttosto che sulla condivisione delle spese, sostiene il principio secondo cui in caso di spese straordinarie necessarie che dovessero implicare decisioni di “maggiore interesse” per i figli, in assenza di eventi urgenti e straordinari, o di una eccezionale estensione da parte del giudice dell’obbligo di concertazione a tutte le spese straordinarie per limitare i conflitti tra i coniugi[2], il mancato preventivo interpello del coniuge divorziato che vive con la prole può essere sanzionato nei rapporti tra i coniugi, ma non comporta irripetibilità delle spese effettuate nel maggior interesse del minore e compatibili con il tenore di vita della famiglia[3], con conseguente obbligo di rimborso a carico del genitore non affidatario che non abbia adottato,  in via istruttoria, validi e fondati motivi di dissenso[4]. Pertanto, se il genitore opponente si rifiuta di provvedere al rimborso della quota di sua spettanza il giudice di merito è tenuto a verificare la rispondenza delle spese sostenute dal genitore affidatario al maggior interesse del minore, nonchè ad eseguire una valutazione della commisurazione dell’entità delle stesse rispetto alla utilità che ne derivi al minore e alla sostenibilità degli oneri, rapportata alle condizioni sociali ed economiche dei genitori (tenore di vita). Ne consegue che, nel nuovo contesto interpretativo, spetterà al coniuge convenuto in giudizio per il rimborso della spesa, a contestare, mediante una difesa articolata su specifici motivi di dissenso, la cui valutazione spetta al giudice di merito, la non rispondenza delle spese all’interesse del minore, ovvero la insostenibilità della spesa stessa se rapportata alle condizioni economiche dei genitori e all’utilità dei figli, con conseguente onere del genitore che ha sopportato tali costi di una allegazione maggiore e più complessa che connoti l’interesse e l’utilità del minore nel caso concreto, potendo anche sollecitare il ricorso a strumenti di indagine psicologica o ambientale, nonché all’ascolto del minore per consentire al giudicante di acquisire contezza dell’effettivo interesse del minore, dando una soluzione adeguata alle esigenze del nucleo familiare che viene in rilievo. Certamente, l’opposizione di un genitore non può paralizzare l’adozione di spese che riguardi un figlio minorenne, se di “rilevante interesse”; elemento che compete al giudice, ove richiesto, verificare[5]. Circostanze quest’ultime che, nel caso in esame, poiché presenti e verificate dal giudicante guidano gli Ermellini a dichiarare con sentenza del 21 settembre 2017 n. 22029 inammissibile il ricorso del padre che, rifiutandosi di rimborsare le spese scolastiche e mediche adottate solo dalla madre che dichiarava di essere stata costretta ad assumere da sola le scelte necessarie alla crescita e alla educazione delle figlie, comportanti oneri straordinari, a fronte di un comportamento del tutto assenteista del padre, ricorreva in Cassazione per ottenere la violazione o falsa applicazione degli artt. 315 bis, 316, 316 bis, 317 bis, 337 ter e 337 ter e 337 quater c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c e 360 c.p.c. n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, rilevando i giudici di legittimità che l’iscrizione alla scuola privata e il ricorso a ripetizioni private, decise ed effettuate dalla madre per venire incontro alle difficoltà nel percorso scolastico incontrate dalla figlia, poiché adottate nel superiore interesse della minore e compatibili con il livello sociale ed economico degli ex coniugi, così come le modestissime spese mediche oggetto della richiesta di rimborso, in assenza di un valido motivo di dissenso del padre, giustificano il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente alle spese di giudizio di cassazione.

Avv. Maria Grazia ZECCA

[1]    V. Cass. Civ., sez. VI, 27 ottobre 2017 n. 25698

[2]    Cfr. Cassazione Civile, sez. VI, 23.10.2017, n. 25055)

[3]    Cfr. Tribunale di Roma, sez. I, 06 luglio 2017 n. 13805

[4]    Cfr. Cass. Sez. 6 nn. 1960/11; 16175/15; 2127/16

[5]    Cfr. Cassazione civile, VI sezione, 15 febbraio 2017 n. 4060

Sentenza collegata

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Zecca Maria Grazia

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