Determinazione del valore della controversia e tipologia di controllo funzionale alla corretta applicazione del contributo unificato alla luce delle circolari ministeriali.

Valboa Umberto 24/11/11
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L’introduzione del contributo unificato quale regime di tassazione giudiziaria per le cause civili, introdotto con il D.P.R. 115 del 2002, se da un lato, ha semplificato tutta una serie di adempimenti e controlli in merito alla tassazione degli atti giudiziari, dall’altro ha determinato notevoli problematiche in merito alla corretta individuazione del contributo unificato da applicare in funzione del valore della causa. Al riguardo si segnalano i punti fondamentali relativi ad un corretto sistema di determinazione del valore della causa con i relativi controlli a carico dell’ufficio giudiziario, alla luce delle circolari ministeriali che regolano la materia.

In primis occorre segnalare che la determinazione del valore della causa è disciplinata codicisticamente, atteso che ai sensi dell’art. 10 c.p.c. il valore della causa si determina dalla domanda in base agli artt. 11 e ss. c.p.c. Nel caso in cui vengano proposte più domande nello stesso processo contro la medesima persona le stesse si sommano tra loro (vedasi anche Cass. 04.10.2001 n.10612) Orbene, l’ art.14 del D. P. R. 30 maggio 2002 n. 115 (pubblicato nella  Gazzetta Ufficiale n. 139 del 15 giugno 2002 – S.O. n. 126) ha posto l’obbligo a carico della parteche per prima si costituisce in giudizio, che deposita il ricorso introduttivo, ovvero che, nei processi esecutivi di espropriazione forzata, fa istanza per l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati” di precisare “nelle conclusioni dell’atto introduttivo, anche nell’ipotesi di prenotazione a debito” il valore del processo, determinato ai sensi del codice di procedura civile. Analogo obbligo è posto per “La parte che modifica la domanda o propone domanda riconvenzionale o formula chiamata in causa o svolge intervento autonomo, cui consegue l’aumento del valore della causa, è tenuta a farne espressa dichiarazione e a procedere al contestuale pagamento integrativo”.

In merito ai controlli dell’ufficio giudiziario si rileva che l’art. 15 del D.P.R. 115/02, nella sua versione ante modifica, ha posto a carico del funzionario addetto all’ufficio i seguenti controlli “… verifica l’esistenza della dichiarazione della parte in ordine al valore della causa, della ricevuta di versamento e se l’importo risultante dalla stessa è diverso dall’importo del corrispondente scaglione, individuato sulla base della dichiarazione resa dalla parte in ordine al valore della causa.” Pertanto, il controllo dell’ufficio giudiziario era un controllo meramente formale, fino alle modifiche apportate dalla legge 17 agosto 2005, n. 168 (GU n. 194 del 22/08/2005), poiché si concretizzava nella verifica della corrispondenza tra l’importo del contributo versato e la fascia di valore dichiarato. Attesa la natura meramente formale del suindicato controllo gli uffici giudiziari, infatti, avevano più volte segnalato in passato che le dichiarazioni di valore rese nell’atto introduttivo indicano, non di rado, un valore manifestamente inferiore al petitum. In tali casi la cancelleria non aveva alcun potere di intervento, in quanto la precedente formulazione dell’art. 14 T.U. limitava il controllo sulla dichiarazione alla mera verifica formale della corrispondenza tra l’importo del contributo versato e la fascia di valore dichiarato. A seguito delle suindicate segnalazioni il Ministero della Giustizia ha precisato quanto segue: (con la circolare del Dipartimento degli affari giustizia del 15.03.2006 (punto 8.1) e successiva risposta a quesito, del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli Affari di giustizia – Direzione Generale della Giustizia civile – ufficio I, datata 10.03.2008) “La modifica dell’art. 15 del T.U., in particolare la soppressione dell’inciso contenuto nell’ultima parte del secondo comma, “individuato sulla base della dichiarazione resa dalla parte in ordine al valore della causa”, ha, quindi, la finalità di consentire al funzionario di cancelleria anche un controllo in ordine all’effettivo valore della causa ed al corrispondente contributo da versare. Peraltro, al fine di agevolare la quantificazione del valore della causa, si è escluso l’importo degli interessi dal computo del valore della causa (art. 14, comma 2, T.U.). La modifica dell’art. 248 T.U. è una conseguenza della modifica introdotta all’art. 15 T.U.; qualora l’importo versato risulterà inferiore a quello dovuto, la cancelleria provvederà ad inviare l’invito al pagamento dell’importo dovuto, quale risulta dal raffronto tra il valore della causa, determinato ai sensi dell’art. 10 c.p.c., ed il corrispondente scaglione dell’art. 13, con l’espressa avvertenza che si procederà ad iscrizione a ruolo, con addebito degli interessi al saggio legale, in caso di mancato pagamento entro un mese.” Invero, si rappresenta come l’intervento del Ministero della Giustizia sia stato successivo e pienamente coerente alle modifiche, apportate dalle legge 17 agosto 2005, n. 168 (GU n. 194 del 22/08/2005) conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione, all’art. 15 il cui testo è sostituito dal seguente: “Art. 15 (L). – (Controllo in ordine alla dichiarazione di valore ed al pagamento del contributo unificato).- 1. Il funzionario verifica l’esistenza della dichiarazione della parte in ordine al valore della causa oggetto della domanda e della ricevuta di versamento; verifica inoltre se l’importo risultante dalla stessa è diverso dal corrispondente scaglione di valore della causa.
2. Il funzionario procede, altresì, alla verifica di cui al comma 1 ogni volta che viene introdotta nel processo una domanda idonea a modificare il valore della causa;”

In definitiva, a seguito delle suindicate modifiche normative ed alle conseguenti interpretazioni ministeriali, si è passati da un controllo meramente formale ad un controllo sull’effettivo valore della causa ed al corrispondente contributo da versare. E’ chiaro che una corretta dinamica dei rapporti tra personale amministrativo degli uffici giudiziari e l’utenza, con particolare riferimento agli avvocati, passa attraverso un filtro indispensabile degli stessi consigli dell’ ordine forense e allo loro attività di comunicazione e/o informazione agli iscritti. Al riguardo si segnala, che in tale ottica lo stesso Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Torino con nota del 27.04.2006 comunicava a tutti gli iscritti le novità introdotte dalla legge 168 del 17.08.2005, in materia di contributo unificato, tra cui “… anche il controllo dell’effettivo valore della stessa e dal corrispondente contributo da versare”.

In merito al rapporto tra dichiarazione di valore ex art. 14 e valore della causa si rappresenta che la dichiarazione di valore ha effetti solo fiscali non precludendo, la sua mancanza e/o un’ eventuale sua incoerenza rispetto al valore effettivo della controversia, la ricezione dell’atto da parte del funzionario giudiziario addetto né tantomeno lo svolgimento del processo. A tal fine il D.P.R. 115/02 ha disciplinato la procedura da seguire per l’integrazione del contributo unificato, prevedendo in una prima fase un invito bonario e in caso di mancata integrazione, in una fase successiva, una ulteriore procedura che prevede il passaggio degli atti all’ufficio recupero crediti. D’altra parte il giudice assegnatario della causa non è vincolato alla dichiarazione fiscale dell’attore/ricorrente bensì al petitum..In definitiva il valore della causa si determina in base al petitum e la dichiarazione di valore deve, ovviamente, corrispondere a quanto richiesto, in caso contrario si innesca la procedura dell’invito all’integrazione del C.U., essendosi superato il sistema di controllo meramente formale della dichiarazione di valore, come sopra rilevato, in base all’intervento normativo (legge 17 agosto 2005, n. 168 (GU n. 194 del 22/08/2005) e alla successiva circolare ministeriale del Dipartimento degli affari giustizia del 15.03.2006 (punto 8.1) e successiva risposta a quesito, del Ministero della Giustizia – Dipartimento per gli Affari di giustizia – Direzione Generale della Giustizia civile – ufficio I, datata 10.03.2008).

La problematica della dichiarazione del valore della causa successiva e/o sua precisazione è stata affrontata dal Ministero della Giustizia (Dipartimento per gli Affari di Giustizia – Direzione Generale della Giustizia Civile – Ufficio I) con nota del 29.09.2003 nella quale si evince che “la precisazione sul valore della causa formulata successivamente all’atto introduttivo, purché sottoscritta dal difensore e presentata al momento dell’iscrizione a ruolo, deve considerarsi come una formale integrazione dell’atto introduttivo del giudizio e, come tale, validamente preordinata ad individuare lo scaglione di valore del processo al fine di determinare l’importo del contributo unificato da versare. La predetta dichiarazione deve, ovviamente, essere inserita nel fascicolo d’ufficio (art. 168 c.p.c.).” Ancora la suddetta risposta a quesito precisa: “Orbene, deve ritenersi che, seppure l’art. 14 T.U. faccia espresso riferimento alla “dichiarazione resa nelle conclusioni dell’atto introduttivo”, possa considerarsi valida la dichiarazione di valore del procedimento resa al di fuori dell’atto introduttivo, purché la medesima sia antecedente all’iscrizione a ruolo della causa e sia sottoscritta dal difensore.” Pertanto, dalla suindicata nota del Ministero della giustizia emerge la possibilità di una precisazione del valore della causa formulata successivamente all’atto introduttivo del giudizio in presenza di due condizioni: a) sottoscrizione da parte del difensore; b) presentazione al momento dell’iscrizione a ruolo. Da ciò emerge che la dichiarazione di precisazione del valore della domanda successiva rispetto al momento dell’iscrizione a ruolo è irrilevante in base alla suindicata circolare ministeriale, dovendo, si ripete, la stessa essere “…presentata al momento dell’iscrizione a ruolo”.

Valboa Umberto

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