Decreto liquidità 8 aprile 2020, n. 23 – disposizioni temporanee in materia di ricorsi e richieste per la dichiarazione di fallimento e dello stato di insolvenza: le procedure depositate nel periodo tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020 sono improcedibili

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COVID-19, Procedure Concorsuali, Decreto liquidità

 

Con il decreto – legge 8 aprile 2020, n. 23 (così detto “Decreto Liquidità”),  vengono emanate, al fine di contrastare  l’emergenza COVID-19, ulteriori misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali.

L’art. 10 del decreto impedisce di dichiarare lo stato di crisi di un’azienda fino alla fine dell’emergenza. Non è consentito alle aziende, finché l’emergenza sarà in atto, di avviare un procedimento finalizzato all’apertura del fallimento o di portare la propria realtà imprenditoriale verso lo stato di insolvenza. Con questa norma viene raggiunto un duplice obiettivo: il primo, impedire ulteriori pressioni sugli imprenditori e il ricorso in proprio in presenza di fattori straordinari, con il rischio annesso di dispersione del patrimonio produttivo. Il secondo, bloccare un aumento di istanze che potrebbero intasare i tribunali in situazioni di emergenza.

In pratica, Fallimenti e dichiarazioni di insolvenza bloccati fino alla fine dell’emergenza Covid-19.

In primo piano: EMERGENZA CORONAVIRUS

Dal comma 1 dell’art. 10 del decreto, si apprende che tutti i ricorsi ai sensi degli articoli 15 e 195 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (R.D. 16 marzo 1942 n. 267 – Legge Fallimentare) e articolo 3 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 (DL 8 luglio 1999n. 270 – La nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza) depositati nel periodo tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020 sono improcedibili.

Tali disposizioni non si applicano alla richiesta presentata dal pubblico ministero quando nella medesima è fatta domanda di emissione dei provvedimenti di cui all’art. 15, comma ottavo, del regio decreto del 16 marzo 1942, n. 267.

Quando alla dichiarazione di improcedibilità dei ricorsi (presentati nel periodo di cui al comma 1) fa seguito la dichiarazione di fallimento, il periodo di cui al comma 1 non viene computato nei termini di cui agli articoli 10 e 69 bis del regio decreto del 16 marzo 1942, n. 267 (Decadenza dall’azione e computo dei periodi: (“Le azioni revocatorie disciplinate nella presente sezione non possono essere promosse decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque decorsi cinque anni dal compimento dell’atto. Nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo segue la dichiarazione di fallimento, i periodi di cui agli articoli 64, 65, 67, primo e secondo comma, e 69 decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese”).

 

La presente norma si colloca nell’ambito dei provvedimenti adottati che hanno introdotto una serie di misure urgenti e straordinarie in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. In particolare si fa riferimento alle disposizioni attuative della decretazione di urgenza prodotta a partire dal decreto – legge 23 febbraio 2020 n. 6, ed inserite nei successivi D.P.C.M. e, da ultimo, al decreto–legge 17 marzo 2020, n.18, che intendono adottare misure a protezione della salute dei cittadini, a sostegno del sistema produttivo e a salvaguardia della forza lavoro. In particolare l’articolo in esame prevede al primo comma, che i ricorsi e le richieste per la dichiarazione di fallimento e dello stato di insolvenza, presentati nel periodo tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020, sono improcedibili, e al secondo comma una “sospensiva” nello stesso periodo dei termini di cui all’articolo 69 bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

Entrambe le disposizioni introducono misure eccezionali e temporanee con una durata limitata e sono tese, in ragione della straordinarietà della congiuntura sociale ed economica ad evitare procedure viziate da fattori estranei all’operato degli imprenditori e dei soggetti coinvolti ed interessati il cui svolgimento, oltretutto complesso in termini di accertamento delle dirette responsabilità, graverebbe sul funzionamento degli uffici giudiziari già compromesso dal protrarsi dello stato di emergenza.

Risulta indispensabile, per un periodo di tempo limitato sottrarre le imprese ai procedimenti finalizzati all’apertura del fallimento e di procedure anch’esse fondate sullo stato di insolvenza. Ciò per una duplice ragione: da un lato per evitare di sottoporre il ceto imprenditoriale alla pressione crescente delle istanze di fallimento di terzi e per sottrarre gli stessi imprenditori alla drammatica scelta di presentare istanza di fallimento in proprio in un quadro in cui lo stato di insolvenza può derivare da fattori esogeni e straordinari, con il correlato pericolo di dispersione del patrimonio produttivo, senza alcun correlato vantaggio per i creditori dato che la liquidazione dei beni avverrebbe in un mercato fortemente perturbato; dall’altro bloccare un altrimenti crescente flusso di istanze in una situazione in cui gli uffici giudiziari si trovano in fortissime difficoltà di funzionamento.

E’ stata quindi individuata una misura eccezionale e temporanea di durata ristretta ma a valenza generale alla luce della estrema difficoltà, nella situazione attuale, di subordinare la riconducibilità o meno dello stato di insolvenza all’emergenza epidemiologica determinata dal diffondersi del COVID-19. Un simile accertamento, invero, necessiterebbe di una procedura di accertamento che, nell’immediato e salvo il progressivo migliorarsi della situazione, determinerebbe un carico supplementare di lavoro per Tribunali già in situazione di emergenza.

Si è quindi optato per una previsione generale di improcedibilità di tutte quelle tipologie di istanze che coinvolgono imprese di dimensioni tali da non essere assoggettate alla disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese, mantenendo il blocco per un periodo limitato, scaduto il quale le istanze per dichiarazione dello stato di insolvenza potranno essere nuovamente presentate.

Il blocco si estende a tutte le ipotesi di ricorso, e quindi anche ai ricorsi presentati dagli imprenditori in proprio, in modo da dare anche a questi ultimi un lasso temporale in cui valutare con maggiore ponderazione la possibilità di ricorrere a strumenti alternativi alla soluzione della crisi di impresa senza essere esposti alle conseguenze civili e penali connesse ad un aggravamento dello stato di insolvenza che in ogni caso sarebbe in gran parte da ricondursi a fattori esogeni.

Allo scopo di evitare che tale blocco non venga a riverberarsi in senso negativo sulle forme di tutela della par condicio creditorum, il secondo comma della norma in commento prevede la sterilizzazione del periodo di blocco ai fini del calcolo dei termini stabiliti dall’articolo 69 bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 per la proposizione delle azioni revocatorie.

 

Allegato

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Giovanni Pasquariello

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