Danno per occupazione temporanea non trasformata in espropriazione ed “accessione invertita” provocata da parte della P.A. – commento alle sentenze della II^ Sez. Centrale del 15 marzo 2005 e n. 801 – 2001 della Sezione Giurisdizionale per la Calabria.

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Nel primo grado di giudizio presso la Sezione Giurisdizionale Calabria, la Procura ha visto un comportamento improntato a colpa grave, nell?avere omesso di dare corso alla regolare conclusione del procedimento espropriativo di un terreno di propriet? del **********, sito in localit? ? omissis? del Comune di Mammola, in occasione della costruzione dell’ acquedotto comunale nella localit? anzidetta.

Il danno evidenziava la Procura che si sarebbe verificato con la sentenza n. 385 del 1995 del Tribunale di Locri.

Detto Tribunale a seguito di citazione in giudizio degli eredi del *******, riscontrata la illegittimit? della occupazione del suolo di propriet? degli attori, , dichiarato contumace il Comune di Mammola, condannava lo stesso al pagamento, per il valore del suolo occupato, della somma di 4.381.200, rivalutata al 31 dicembre 1984, con gli interessi legali sulla somma rivalutata dal 3 gennaio 1979 al soddisfo, della somma di ire 2.000.000 per spese di procedura (oltre *** e Cap), nonch? della somma di lire 500.000 ( oltre *** e Cap) per spese di consulenza tecnica.

La somma complessiva, a saldo dei diritti nascenti dalla sentenza predetta, ammonta a lire 22.514.550 che il Comune, riconoscendo il debito, liquidava con deliberazione della Giunta Municipale n. 315 del 2 ottobre 1996 e pagava con mandato n. 680 del 4 ottobre 1996.

Da tale somma, al fine di quantificare il danno erariale imputato alla parte convenuta, la Procura osservava che occorre detrarre il valore del suolo ablato, ormai acquisito al patrimonio pubblico mediante la c.d. accessione invertita verificatasi a seguito della irreversibile trasformazione del suolo medesimo.

Il danno, pertanto, si identifica – giusta peraltro quanto accertato dallo stesso giudice ordinario adito – nell’importo di lire 18.133.350 pari alla differenza tra la somma complessiva pagata ( lire 22.514.550) ed il valore del terreno acquisito dal Comune ( lire 4.381.200) e, quindi, in definitiva, nella somma di quanto sborsato dalla P.A. per interessi, spese giudiziali e tecniche.

La Procura riteneva responsabili per comportamento omissivo i Sindaci, Segretari Comunali e Responsabile dell’Ufficio tecnico in carica o in servizio all’epoca dei fatti e notificava loro l?invito.

All?origine della vicenda c?era un episodio di occupazione sine titulo da parte del Comune di Mammola, in quanto, intervenuta in data 3 gennaio 1979 l‘occupazione d’urgenza, decorreva inutilmente il termine massimo quinquennale previsto dalla legge, senza che si provvedesse, come appunto richiesto dalle norme in materia, a completare la procedura espropriativa con l’adozione del relativo decreto.

In conseguenza di detta omissione e dell’esecuzione di lavori nel frattempo realizzati, si verificava l’irreversibile trasformazione del bene, con relativa acquisizione del medesimo al patrimonio comunale, in base al noto fenomeno della c.d. ? accensione invertita?.

Nella specie, dunque, non solo non fu adempiuto l’obbligo di perfezionamento della procedura mediante l’emissione del decreto di esproprio, ma si provvide a realizzare l’opera pubblica durante il periodo di occupazione temporanea, stravolgendo cos? le finalit? dell’istituto stesso.

A seguito di ci? i privati proprietari, con atto del 3 febbraio 1989, adivano in giudizio il Comune il quale per? restava contumace e veniva quindi condannato nei termini di cui alla sentenza definitiva del Tribunale di Locri n. 385/95 sopra gi? citata.

La Procura imputa il danno innanzitutto ad F. A., sindaco in carica nel periodo in cui dovevano essere emessi gli atti della procedura espropriativa e nuovamente sindaco al momento della citazione in giudizio e della dichiarazione di contumacia del Comune stesso.

Costui non solo non ha chiesto l’adozione del decreto di esproprio n? la proroga del decreto di occupazione temporanea, ma non ha neppure disposto la resistenza in giudizio del Comune e n? tampoco adottata alcuna iniziativa per la bonaria composizione della vicenda.

Premessa la considerazione per cui l’espropriazione ? un istituto che incide in maniera profonda sulla libert? della persona, sottraendogli quello che ? il suo pi? esclusivo diritto nella sfera patrimoniale, il diritto di propriet? garantito dalla Costituzione, si appalesa abbastanza ovvio, percepibile cio? ad un livello elementare di cognizione e consapevolezza, come la procedura ablatoria debba essere effettuata nel pi? assoluto rispetto delle condizioni formali e sostanziali imposte dalla legge e debba quindi essere seguita con la dovuta diligenza ed attenzione da parte dei soggetti investiti di pubblici poteri.

Il sindaco ha colpa grave per la Procura anche perch? ? investito per legge di specifica e decisoria competenza in materia.

Quanto al Segretario D. S., la Procura ha posto in evidenza che lo stesso ha esercitato le funzioni di segretario del Comune di omissis continuativamente per oltre un decennio ( dal 28 ottobre 1985 al 30 novembre 1995), per cui se allo stesso non pu? essere contestato il mancato completamento della procedura espropriativa, che era gi? divenuta illegittima prima che egli assumesse l’incarico, ? certo per? che egli era in servizio sia alla data della diffida da parte dei proprietari del suolo, nel 1987, sia a quella dell’atto di citazione in giudizio, nel 1989, ma non risulta che si sia attivato in alcun modo per porre rimedio o impedire l’aggravarsi del danno.

Quanto al Tecnico comunale geom. Ra., costui ha sostenuto di essere stato esautorato delle funzioni, in relazione alla vicenda espropriativa in esame, da parte del Comune con attribuzione degli atti espropriativi ad altro soggetto esterno, Ing. C. L.. Detta affermazione, per?, ad avviso della Procura, non ? fondata, in quanto l’incarico al tecnico esterno era di natura parziale, lasciandosi che per i successivi adempimenti provvedesse il geom. Ra., responsabile del servizio.

Osservava la Procura, che devono ritenersi inaccoglibili le scusanti del tecnico comunale, circa il presunto vantaggio conseguito dal Comune per l’inerzia mantenuta per tutto il periodo interessato dagli amministratori e dai funzionari responsabili del Comune di Mammola, inattivit? che, avrebbe fatto perdurare il silenzio degli altri proprietari che non hanno cos? ottenuto alcun indennizzo.

Si evidenziava al contrario che tali giustificazioni, addirittura, costituiscono delle aggravanti, in considerazione del fatto che approfittare dei cittadini e addirittura compiacersi della loro ignoranza nel rivendicare diritti costituzionalmente garantiti, rappresenta un pessimo esempio di amministrazione che, invece di tendere alla stima e alla fiducia dei cittadini, adotta comportamenti in dispregio ed in violazione dei pi? elementari diritti, quali la propriet?.

La difesa del sindaco in particolare eccepiva oltre motivi procedurali legati al presunto superamento del termine di 120 gg. previsto dalla legge per effettuare la citazione superato per effetto della notifica e alla prescrizione dovendosi intendere il dies a quo per l?azione erariale quello della commissione del fatto risalente a ben oltre i cinque anni prima dell?invito a dedurre.

Nel merito il sindaco opponeva una propria incompetenza tecnica, una scelta discrezionale di non costituirsi per l?importo troppo tenue della questione ed evidenziava la gravit? della scelta di non impugnare la sentenza sfavorevole.

Il segretario comunale opponeva la propria incompetenza circa la decisione di resistere in giudizio e il tecnico comunale faceva presente la propria scarsa conoscenza della questione anche per essersene occupato altro tecnico incaricato esterno per conto del Comune.

La Sezione Giurisdizionale per la Calabria riteneva che il termine dei 120 gg. non fosse stato superato in quanto lo stesso? deve essere rispettato col deposito dell?atto di citazione da parte della Procura e non comprese altre attivit? estranee alla Procura come la fissazione dell?udienza (atto del Presidente di Sezione) e la notifica della citazione (atto dell?ufficiale giudiziario), diversamente da quanto accade per l?appello che deve essere depositato unitamente alle prove della sua notifica come prevede testualmente la norma di legge.

Del pari la Sezione calabrese respingeva l?eccezione della prescrizione ritenendo che solo a seguito del pagamento avvenuto dopo la sentenza di condanna del Tribunale e la delibera di riconoscimento del debito fuori bilancio il Procuratore della Corte dei conti poteva utilmente chiamare in giudizio i responsabili del danno altrimenti se lo avesse fatto prima la sua azione sarebbe stata inammissibile.?

Nel merito la Sezione calabrese affrontava le eccezioni circa una presunta comensatio lucri cum damno avanzate dai convenuti osserva subito, che non pu? accettarsi assolutamente la tesi difensiva avente il fine di escludere la sussistenza in s? di danno erariale, sulla base di una sorta di pretesa ?oggettivit? della legittimazione? dell’illecito arricchimento in favore della P.A.

L’agere licere, ? notorio, costituisce invero il contenuto essenziale del canone del buon andamento (e dunque anche del dovere di correttezza) facente capo alla P.A. e di cui all’art. 97 della Costituzione.

In sede di accertamento della responsabilit? per danno erariale, pur dopo la riforma del 1994/96, non pu? essere reclamata comunque compensazione alcuna, ogni qual volta il preteso vantaggio conseguito dalla P.A. derivi da attivit? contrassegnata da causa illecita, qual ? appunto quella di cui alla locupletazione in danno di cittadini lesi in un diritto peraltro costituzionalmente garantito com’? quello della propriet?.

L’illecito arricchimento resta sempre tale, anche quando, in base alle accidentalit? del singolo caso concreto, dovesse risultare ormai prescritta l’ ? actio de in rem verso? (impeditiva del consolidarsi dell’arricchimento per inutile decorso del tempo) e, dunque, seppure l’intervenuta prescrizione dell’esercizio del diritto al risarcimento del danno conseguente da illegittima espropriazione non dovesse consentire pi? l’azione di recupero in capo al cittadino poco solerte nella rivendicazione del suo diritto, ci? non potrebbe, in ogni caso, legittimare ?concettualmente? il ricorso da parte della P.A. alla violazione delle norme di azione e di relazione in sede di gestione della cosa pubblica.

La Sezione calabrese afferma che il funzionario responsabile dell’attivit? illecita della P.A., che incidentalmente abbia portato lucro alle finanze pubbliche, non pu? trarre giovamento dell?impossibilit? per prescrizione dell?azione di restituzione o risarcitoria? del terzo e tanto meno costui pu? invocare compensazione di sorta con le ulteriori conseguenze negative per l’erario prodotte invece dal suo comportamento antidoveroso e contra legem.

Rispetto all?elemento soggettivo su cui le eccezioni delle difese mettevano in evidenza l?assenza di elementi di conoscenza del diritto o tecnici nei convenuti, la Sezione Giurisdizionale fa una premessa di tipo logico generale:? ?L’assolutezza del diritto di propriet?, siccome emerge e trova riscontro sostanziale nell’art. 42 della Costituzione vigente, ? un valore del nostro ordinamento la cui comprensione non ? limitabile ai soli operatori del diritto.

La incompribilit? di tale diritto costituzionalmente garantito, sebbene nei limiti demandati al legislatore ordinario, non ? questione che possa sfuggire alla conoscenza del communis homo e, ancor di pi?, se investito del pubblico ufficio di sindaco, com’? appunto nel caso del F..

Certamente non potrebbe pretendersi una puntuale conoscenza del procedimento espropriativi nei suoi pi? dettagliati aspetti, ma ? pi? che ragionevole ritenere che anche alla percezione comune non possa sfuggire che a fronte della perdita del diritto di propriet? su un bene l’espropriato debba essere compensato del depauperamento subito.?

La Sezione Calabria condanna per? solo il sindaco che ? lo stesso in carica all?epoca della diffida dei soggetti su cui si effettua l?occupazione e all?epoca della loro citazione, ci? perch? ad egli imputa l’omessa attivit? di stimolo e di vigilanza che d? luogo alla sua responsabilit? funzionale e personale.

?Non ritiene invece che sussista responsabilit? nei confronti del segretario comunale? chiamato dalla Procura non essendo provato che esista una sua specifica omissione nella vicenda, n? ritiene che sussista responsabilit? del responsabile dell?ufficio tecnico in quanto era vera la circostanza eccepita da quest?ultimo che l?attivit? relativa alla vicenda era stata attribuita ad un tecnico diverso con incarico esterno e che lo stesso tecnico comunale aveva prodotto una nota sollecitatoria al sindaco senza per? che questo vi desse alcun seguito.

La Sezione evidenzia la possibile responsabilit? di altri due segretari comunali non chiamati in giudizio dall?accusa, senza per? ritenere necessario sospendere il giudizio o ordinare l?integrazione del contraddittorio iussu iudicis che ? consentita dalla normativa processuale.

In Appello suscitato dal ricorso del sindaco condannato, il Procuratore ******** elevava la percentuale dell?indennit? spettante in bonis agli occupati sine titulo al 10% e pertanto abbatteva in parte il danno da risarcire al Comune.

Poi per quanto concerne l’argomentazione della esimente politica, osservava che il fatto dannoso risale al 1979 e dunque la consumazione dello stesso si ? verificata sotto il regime della normativa preesistente che non contemplava nessun distinguo di responsabilit? di cui alla legge n. 142 del 1990.

Ma anche alla luce della nuova normativa sussiste la responsabilit? del Sindaco per non aver vigilato sull’operato della struttura burocratica.

Peraltro, in relazione al fatto che il Sig. A Fr non rivestiva la carica di sindaco n? al momento della diffida risarcitoria formulata dalla parte privata e neppure quando ? stata emessa la sentenza del Tribunale di Locri, il Procuratore Generale riteneva che tali circostanze insieme al fatto che non sono stati chiamati altri soggetti, possono essere considerate nell’ambito del potere riduttivo per una imputazione pari al 50% del danno effettivamente accertato e di conseguenza sulla relativa somma di L. 7.971.375 esprimendo? parere favorevole. Concludeva quindi per il rigetto dell’appello, la condanna alle spese, salvo la rideterminazione dell’entit? del danno.

La Sezione d?Appello confermava la condanna del sindaco riducendo il danno come osservato anche dal P.G. ed esercitando il potere riduttivo, ma respingendo le eccezioni della difesa che ricalcavano quelle del primo grado di giudizio.

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Il danno erariale da risarcimento per occupazione acquisitiva o dalla c.d. accessione invertita.

L?istituto dell?accessione invertita non ? certo sparito dal nostro ordinamento a causa della previsione dell?art. 43 del T.U. dell?edilizia (dpr 327/2001) quando questo prevede, che l?Autorit? che utilizza senza titolo un bene per scopi di interesse pubblico, possa disporne l?acquisizione al proprio patrimonio indisponibile, risarcendo i danni al legittimo proprietario.

L?atto di acquisizione previsto dall?art. 43 T.U. non pu? essere considerato un atto di espropriazione in sanatoria, giacch? si limita ad adeguare formalmente lo stato di diritto allo stato di fatto posto in essere indebitamente dalla P.A. senza ricostruire un corretto procedimento espropriativo, che non pu? prescindere dalla dichiarazione di pubblica utilit?.

In ogni caso, per tornare al danno erariale, non sono sparite le conseguenze negative che derivano dall?uso illegittimo e arbitrario dei poteri espropriativi da parte degli enti pubblici che conducono alla condanna degli stessi da parte del giudice ordinario, cui recentemente le SS.UU. della Cassazione hanno ribadito che spetta giudicare in materia, essendosi fuori dell?ambito dei pubblici poteri ma su un piano di ?fatto illecito? sia pure compiuto da una P.A. nell?ambito di un procedimento amministrativo.

Le due sentenze che qui si commentano riguardano un classico caso di occupazione sine titulo effettuata da una P.A. nel corso di un?opera pubblica che porta i soggetti lesi nel loro diritto di propriet? ad ottenere il risarcimento dei danni attraverso il giudice ordinario.

Peraltro nella specie il Comune non solo ha dovuto subire una condanna del giudice ordinario ma si ? reso immotivatamente contumace nello stesso giudizio civile.

Appare pertanto pi? che giustificato il rigore della sentenza della sezione di primo grado confermato dalla sentenza della sezione d?appello nel non dare alcuna valenza ai presunti vantaggi acquisiti dal metodo dell?espropriazione occulta attraverso l?occupazione illegittima non impugnata nel caso degli altri privati interessati all?intervento pubblico.

Questa tesi difensiva attribuisce un significato puramente algebrico alla norma della legge 639/1996 che afferma il dovere del giudice contabile di sottrarre le utilitas determinate dall?atto illecito che ha prodotto il danno all?ente.

Ma ? una tesi che trasforma la P.A. in un soggetto privato sottratto all?obbligo di rispetto del principio di legalit? che deve essere ritenuto vincolante come quelli del buon andamento e dell?imparzialit? della P.A. (cfr. art. 97).

La norma sulla detrazione dei vantaggi provocati non ? una norma? che ha abolito il principio di legalit? che ha una valenza costituzionale ed ? sempre vincolante per la P.A.

Se questo ? vero appaiono del tutto giustificabili le parole usate dalla Sezione Calabria sull?importanza del rispetto del diritto di propriet? da parte della P.A. quando opera delle espropriazioni per p.u.: ?Premessa la considerazione per cui l’espropriazione ? un istituto che incide in maniera profonda sulla libert? della persona, sottraendogli quello che ? il suo pi? esclusivo diritto nella sfera patrimoniale, il diritto di propriet? garantito dalla Costituzione, si appalesa abbastanza ovvio, percepibile cio? ad un livello elementare di cognizione e consapevolezza, come la procedura ablatoria debba essere effettuata nel pi? assoluto rispetto delle condizioni formali e sostanziali imposte dalla legge e debba quindi essere seguita con la dovuta diligenza ed attenzione da parte dei soggetti investiti di pubblici poteri?.

Appare congruente con la visione delle sezioni della Corte dei conti, la Corte Europea dei diritti dell’uomo, nella sentenza del 30 maggio 2000 sul ricorso n? 31524/96, quando ha stabilito che l’occupazione acquisitiva (o accessione invertita), compiuta da una istituzione pubblica, ? illegittima, poich? viola l’art. 1 della Convenzione Europea Prot. 1 (tutela della propriet? ). Nella realt? giuridica italiana, l’occupazione acquisitiva era infatti diventato un vero istituto, che consentiva all’autorit? pubblica occupante di acquisire la propriet? dell’immobile privato, qualora l’opera di pubblica utilit? sia stata realizzata, nonostante la mancata adozione del provvedimento di espropriazione nel termine quinquennale, decorrente dall’occupazione d’urgenza ( v. l. n? 85 del 22 ottobre 1971 ).

La irreversibile trasformazione del bene occupato ( id est la realizzazione dell’opera pubblica) rende impossibile la restituzione del medesimo al legittimo titolare, il quale potr? azionare il diritto al risarcimento del danno, per la perdita del bene stesso a causa del "comportamento illecito" dell’amministrazione pubblica.

L’illiceit? del comportamento consiste nell’aver protratto per oltre cinque anni l’occupazione d’urgenza, senza addivenire alla definizione della procedura ablativa.

L’occupazione, in tal caso, ? illegittima.

La Corte Europea ha stabilito che l’accessione invertita ? una palese violazione della Convenzione Europea, in particolare il par. 2 dell’art. 1 Prot. 1, che si riporta: " Nessuno pu? essere privato della sua propriet? se non per causa di utilit? pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale ". La disposizione in esame stabilisce il principio di legalit? nella tutela dei beni di ogni persona fisica o giuridica.

In conformit? al predetto principio, " l’ingerenza della pubblica autorit? " nella propriet? privata deve essere improntata al " giusto equilibrio " tra l’interesse generale della collettivit? e i diritti fondamentali della persona.

Il principio di legalit? (e, pertanto, della preminenza del diritto ) impone allo Stato e alla pubblica autorit? di " conformarsi ad una decisione o sentenza adottata nei loro confronti "; inoltre, le leggi interne devono essere " sufficientemente accessibili, precise e prevedibili ".

Non minore ? l?importanza che al fenomeno dell?occupazione sine titulo ha dato una recente sentenza della II^ Sez. d?appello della Corte dei conti (n. 132-2004) ?che ha osservato:

??Secondo una giurisprudenza da tempo consolidata, condivisa anche dalla dottrina, la dichiarazione della pubblica utilit? dell’opera affievolisce il diritto di propriet? sui beni compresi nel piano particellare di esproprio, annesso al progetto approvato, e conferisce al soggetto espropriante il potere di dare corso alla procedura ablatoria. L’esercizio di tale potere, tuttavia, ? rigorosamente circoscritto dal limite temporale indicato nella dichiarazione, oltre il quale il diritto di propriet? riacquista la sua piena ampiezza e l’occupazione dei beni, eventualmente disposta con il provvedimento d’urgenza, diviene detenzione ?sine titulo?. Se la dichiarazione di pubblica utilit?, o altro? provvedimento, dalla quale essa, implicitamente, scaturisce, non contiene il termine finale di esecuzione degli espropri, non produce l’affievolimento del diritto dominicale, perch? il complesso di adempimenti, limiti, termini e formalit?, fissate dalla legge n. 2359 del 1865, ? diretto a preservare la propriet? privata dall’abuso delle pubbliche autorit?. Per questa ragione, sin dall’origine, la giurisprudenza consider? inefficace, sia la dichiarazione di pubblica utilit? sfornita del termine finale, sia la pronuncia dell’esproprio emessa dopo la scadenza del detto termine?.

Quanto alla ripartizione della responsabilit? che ha visto punito dalle due sezioni della Corte dei conti il solo sindaco, va tenuto conto che all?epoca dei fatti non esisteva una precisa distinzione delle competenze tra amministratori politici e dirigenti- funzionari, non risulta che vi fosse un responsabile del procedimento. In un contesto del genere la responsabilit? ? stata individuata in concreto nel soggetto che aveva il maggior numero di potest? e che aveva un?indubbia conoscenza della vicenda, ossia il sindaco non dimostrata per altri soggetti che pertanto non sono stati chiamati in causa.

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REPUBBLICA ITALIANA???????????? 801/2001

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA

composta dai seguenti magistrati :

Dott. ************?????????????????????????? Presidente relatore

Dottssa ***************??????????????????? Referendario

Dott *****************??????????????????? Referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nel giudizio di responsabilit? patrimoniale, iscritto al n. 472/EL del registro di Segreteria, promosso dalla Procura Regionale di questa Corte nei confronti dei Sigg.: F.A., **** e R.Gustavo, nella qualit?, rispettivamente, di Sindaco pro – tempore del Comune di omissis(RC), di Segretario Comunale e di Tecnico Comunale del medesimo Comune;

Visti l’atto introduttivo del giudizio, le memorie difensive prodotte dai convenuti e, pi? precisamente, dal Sindaco F., rappresentato e difeso dall’Avv. *******************, dal Segretario Comunale dott. S. che non ha provveduto alla nomina di alcuno avvocato, dal Tecnico Comunale geom. R. rappresentato e difeso dall’Avv. ***************, nonch? tutti gli atti e documenti di causa;

Uditi, alla pubblica udienza del 16.6.1999, la relazione del Presidente dott. *********** e uditi, altres?, i due sopra citati difensori, nell’interesse ciascuno del proprio patrocinato, nonch? il P.M. nella persona del S.P.G. dott.ssa ******* ;

Ritenuto in

FATTO

Con atto di citazione ritualmente notificato, la Procura Reg.le presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Calabria ha convenuto in giudizio il sig. F.A., sindaco pro-tempore del Comune di Mammola (RC), il dott. ****, ******************* e, infine, il Geom. R.G, Tecnico comunale, per sentirli condannare in favore dell’Erario e, segnatamente, del Comune di Mammola, al pagamento della somma complessiva di lire 18.133.350 ( o di quella diversa somma che risulter? in corso di causa oltre a interessi legali e spese di giudizio), singolarmente cos? attribuita: lire 9.066.675 al F., ire 7.213.340 al geometra R., lire 1.813.335 al dott. S., salva, sempre, diversa attribuzione della responsabilit?, effettuata, anche con determinazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 del codice civile, dal Giudice.

La condanna dovrebbe essere comminata per avere, ciascuno nell’ambito delle rispettive attribuzioni di competenza funzionale, con comportamento improntato a colpa grave, omesso di dare corso alla regolare conclusione del procedimento espropriativo di un terreno di propriet? del **********, sito in localit? ? omissis? del Comune di Mammola, in occasione della costruzione dell’ acquedotto comunale nella localit? anzidetta.

L’organo requirente, infatti, ha acclarato che con sentenza n. 385 del 1995 del Tribunale di Locri, a seguito di citazione in giudizio degli eredi del *******, riscontrata la illegittimit? della occupazione del suolo di propriet? degli attori, il Comune di Mammola, dichiarato contumace, veniva condannato al pagamento, per il valore del suolo occupato, della somma di 4.381.200, rivalutata al 31 dicembre 1984, con gli interessi legali sulla somma rivalutata dal 3 gennaio 1979 al soddisfo, della somma di ire 2.000.000 per spese di procedura ( oltre *** e Cap), nonch? della somma di lire 500.000 ( oltre *** e Cap) per spese di consulenza tecnica.

La somma complessiva, a saldo dei diritti nascenti dalla sentenza predetta, ammonta a lire 22.514.550 che il Comune, riconoscendo il debito, liquidava con deliberazione della Giunta Municipale n. 315 del 2 ottobre 1996 e pagava con mandato n. 680 del 4 ottobre 1996.

Da tale somma, al fine di quantificare il danno erariale imputato alla parte convenuta, occorre detrarre il valore del suolo ablato, ormai acquisito al patrimonio pubblico mediante la c.d. accessione invertita verificatasi a seguito della irreversibile trasformazione del suolo medesimo.

Il danno, pertanto, si identifica – giusta peraltro quanto accertato dallo stesso giudice ordinario adito – nell’importo di lire 18.133.350 pari alla differenza tra la somma complessiva pagata ( lire 22.514.550) ed il valore del terreno acquisito dal Comune ( lire 4.381.200) e, quindi, in definitiva, nella somma di quanto sborsato dalla P.A. per interessi, spese giudiziali e tecniche.

Il requirente, ritenendo che il danno potesse essere ascrivibile al comportamento omissivo dei Sindaci, Segretari Comunali e Responsabile dell’Ufficio tecnico in carica o in servizio all’epoca dei fatti, ha emesso gli inviti di cui all’art. 5 del D.L. n. 453/1993 ( come convertito dalla legge n. 19/94) nei confronti dei signori anzidetti, quali tutti meglio identificati ed enumerati nell’atto di citazione cui, all’uopo, per brevit? espositiva, si fa debito rinvio.

All’esito dell’attivit? istruttoria, valutate le deduzioni in tale fase preliminare prodotte da tutti gli interessati ( tra cui il F. che ? stato peraltro l’unico a chiedere di essere sentito personalmente e della cui audizione ? stato redatto apposito verbale), il Requirente ha ritenuto di dover restringere la citazione in giudizio ai soli tre soggetti meglio specificati in epigrafe.

Secondo quanto riferisce la Procura Regionale, la vicenda origina da un episodio di occupazione sine titulo da parte del Comune di omissis, in quanto, intervenuta in data 3 gennaio 1979 l‘occupazione d’urgenza, decorreva inutilmente il termine massimo quinquennale previsto dalla legge, senza che si provvedesse, come appunto richiesto dalle norme in materia, a completare la procedura espropriativa con l’adozione del relativo decreto.

In conseguenza di detta omissione e dell’esecuzione di lavori nel frattempo realizzati, si verificava l’irreversibile trasformazione del bene, con relativa acquisizione del medesimo al patrimonio comunale, in base al noto fenomeno della c.d. ? accensione invertita?.

Nella specie, dunque, non solo non fu adempiuto l’obbligo di perfezionamento della procedura mediante l’emissione del decreto di esproprio, ma si provvide a realizzare l’opera pubblica durante il periodo di occupazione temporanea, stravolgendo cos? le finalit? dell’istituto stesso.

A seguito di ci? i privati proprietari, con atto del 3 febbraio 1989, adivano in giudizio il Comune il quale per? restava contumace e veniva quindi condannato nei termini di cui alla sentenza definitiva del Tribunale di Locri n. 385/95 sopra gi? citata.

Il danno, come determinato a conclusione del contenzioso civile che ha visto soccombente il prefato Comune, ? ascrivibile, afferma ancora la Procura regionale, innanzitutto al F. A., sindaco in carica nel periodo in cui dovevano essere emessi gli atti della procedura espropriativa e nuovamente sindaco al momento della citazione in giudizio e della dichiarazione di contumacia del Comune stesso.

Infatti, il convenuto non solo non ha chiesto l’adozione del decreto di esproprio n? la proroga del decreto di occupazione temporanea, ma non ha neppure disposto la resistenza in giudizio del Comune e n? tampoco adottata alcuna iniziativa per la bonaria composizione della vicenda.

Accertato in tal guisa, dunque, il nesso di causalit? tra il danno erariale e la condotta omissiva del F., il comportamento gravemente colposo dello stesso, sempre secondo parte attorea, emerge all’evidenza dalla pura osservazione dell’andamento storico dei fatti in esame.

Premessa la considerazione per cui l’espropriazione ? un istituto che incide in maniera profonda sulla libert? della persona, sottraendogli quello che ? il suo pi? esclusivo diritto nella sfera patrimoniale, il diritto di propriet? garantito dalla Costituzione, si appalesa abbastanza ovvio, percepibile cio? ad un livello elementare di cognizione e consapevolezza, come la procedura ablatoria debba essere effettuata nel pi? assoluto rispetto delle condizioni formali e sostanziali imposte dalla legge e debba quindi essere seguita con la dovuta diligenza ed attenzione da parte dei soggetti investiti di pubblici poteri ( ed in specie ove trattasi, come nel caso presente, del sindaco che non ? soltanto l’organo di vertice dell’Amm.ne locale ma che ? investito per legge di specifica e decisoria competenza in materia), di guisa che, in conclusione, ogni colpevole trascuratezza inerzia o superficialit? al riguardo finisce con? l’assumere gli ineludibili connotati della colpa grave.

Quanto al Segretario D. S., la Procura ha posto in evidenza che lo stesso ha esercitato le funzioni di segretario del Comune di omissis continuativamente per oltre un decennio ( dal 28 ottobre 1985 al 30 novembre 1995), per cui se allo stesso non pu? essere contestato il mancato completamento della procedura espropriativa, che era gi? divenuta illegittima prima che egli assumesse l’incarico, ? certo per? che egli era in servizio sia alla data della diffida da parte dei proprietari del suolo, nel 1987, sia a quella dell’atto di citazione in giudizio, nel 1989, ma non risulta che si sia attivato in alcun modo per porre rimedio o impedire l’aggravarsi del danno.

Quanto al Tecnico comunale geom. Ra., costui ha sostenuto di essere stato esautorato delle funzioni, in relazione alla vicenda espropriativa in esame, da parte del Comune con attribuzione degli atti espropriativi ad altro soggetto esterno, Ing. C. L.. Detta affermazione, per?, ad avviso della Procura, non ? fondata, in quanto l’incarico al tecnico esterno era di natura parziale, lasciandosi che per i successivi adempimenti provvedesse il geom. Ra., responsabile del servizio.

A giudizio della Procura, la violazione della norma che obbliga a concludere entro certi termini la procedura espropriativa, considerate le conseguenze negative che pu? produrre e a carico dei cittadini lasciati in balia delle lungaggini burocratiche e del Comune per i danni che alle finanze del medesimo possono essere prodotti dal disinteresse per la cosa pubblica da parte degli amministratori e pubblici funzionari, costituisce condotta omissiva connotata da particolare gravit?.

Tanto pi? palese appare, ad avviso della Procura, la gravit? della colpa del geom. Ra, se si considera che lo stesso ha retto l’Ufficio Tecnico del Comune di Mammola per ben 10 anni, nel corso dei quali, tra l’altro, ha conseguito anche una notevole progressione di carriera.

Si aggiunga, inoltre, prosegue la Procura, che devono ritenersi inaccoglibili le scusanti del Ra., circa il presunto vantaggio conseguito dal Comune per l’inerzia mantenuta per tutto il periodo interessato dagli amministratori e dai funzionari responsabili del Comune di Mammola, inattivit? che, a parere del prefato tecnico, ha fatto perdurare il silenzio degli altri proprietari che non hanno cos? ottenuto alcun indennizzo ; anzi, tali giustificazioni, addirittura, costituiscono delle aggravanti, in considerazione del fatto che approfittare dei cittadini e addirittura compiacersi della loro ignoranza nel rivendicare diritti costituzionalmente garantiti, rappresenta un pessimo esempio di amministrazione che, invece di tendere alla stima e alla fiducia dei cittadini, adotta comportamenti in dispregio ed in violazione dei pi? elementari diritti, quali la propriet?.

Si sono costituiti in giudizio tutti e tre i convenuti a mezzo di memoria depositata dai rispettivi difensori, ad eccezione dello S. che ha prodotto una memoria in proprio e non ? comparso quindi in dibattimento.

In sede di memoria il difensore del F. ha preliminarmente eccepito sia l’inammissibilit? dell’atto di citazione per inosservanza, a suo dire, del termine di 120 giorni di cui all’art. 5 co. L, D.L. n. 453/1993, e sia, sebbene soltanto in fase conclusiva, l’intervenuta prescrizione dell’azione di responsabilit?, per essere trascorso inutilmente il termine quinquennale decorrente, a suo avviso, dal ? fatto dannoso? inteso questo come ? l’avveramento della condotta idonea a procurare di per s? l’evento dannoso? (ed anche se in ipotesi ancor non maturato quanto all’effettivo esborso).

In ordine al merito, la suddetta difesa assume che gi? in astratto non potrebbe imputarsi alcuna responsabilit? al F., in quanto non potrebbe in alcun caso farsi carico al Sindaco, organo politico e non burocratico, del mancato espletamento delle procedure di espropriazione per pubblica utilit?, a meno che non si dimostri che l’apparato amministrativo dell’ente abbia inutilmente sottoposto la pratica al Sindaco per l’emissione degli atti di propria competenza. E comunque nella fattispecie concreta il F. non era pi? sindaco quando si ? verificata la scadenza del decreto di occupazione temporanea.

Inoltre, anche se ? vero che l’atto di citazione in giudizio del Comune da parte degli Eredi F. ? intervenuto quando il concludente era di nuovo sindaco, non risulta per? che l’atto sia stato portato a sua conoscenza per la costituzione in giudizio e, comunque, la mancata costituzione dovendosi considerare una scelta discrezionale sensata, tenuto conto in particolare della modestia del danno liquidabile rispetto alle spese di costituzione.

Insensata invece si appalesa, sempre secondo il difensore del F., la mancata impugnazione della sentenza del tribunale, manifestamente errata per violazione di legge ed eccessiva in ordine al quantum.

Sotto il profilo soggettivo, la memoria difensiva eccepisce l’assenza di comportamento gravemente negligente imputabile all’ex Sindaco F. ( ? insegnante elementare e non certo esperto di diritto?) e dovendosi semmai ricondurre il nesso eziologico del danno subito dal Comune alla condotta omissiva di altri soggetti, tra cui il Sindaco subentrato, il Segretario Comunale ed il Tecnico comunale. E quindi conclude chiedendo l’accoglimento di tutte le eccezioni e richieste prodotte e, pertanto, il proscioglimento del proprio assistito.

Quanto al Tecnico Comunale geom. Ra., la memoria depositata dall’Avv. ******* evidenzia in primo luogo che all’epoca di avvio della vicenda espropriativi ( 1978/79) la qualifica di tecnico comunale rivestita dal proprio assistito fin dal 1? agosto 1968 ? non attribuiva al convenuto la preparazione necessaria per occuparsi di pratiche complesse quali quelle espropriative. Queste venivano svolte direttamente dal Segretario Comunale Capo, il quale si avvaleva dei dipendenti del suo ufficio e, quando lo richiedeva, anche del geometra comunale?.

? Non esisteva all’epoca una vera e propria articolazione di servizi e tutto faceva capo al Segretario Comunale ed agli Amministratori, che impartivano, a loro discrezione, le disposizioni ai singoli dipendenti comunali sulle pratiche da evadere e davano anche disposizioni sulla loro priorit??.

Il settimo livello richiamato dalla Procura nell’atto di citazione ? stato attribuito al convenuto il 14.4.1987 cio? dopo la conclusione della procedura espropriativi per cui ? causa e quindi non ? utilizzabile per fondare su di esso la responsabilit? del resistente.

Pi? specificamente, il geometra Ra. non ? stato incaricato di occuparsi della pratica in argomento in quanto, da un lato, la pratica? (deposito, pubblicazione e notifiche del decreto di occupazione dei suoli) ? stata curata esclusivamente dall’Ufficio di segreteria del Comune e, dall’altro, quanto ai compiti spettanti, in astratto, al Tecnico Comunale (redazione verbali di consistenza e di immissione in possesso), essi erano stati affidati ad un tecnico esterno. Peraltro, il Geom. Ra., con nota in data 25 ottobre 1980 prot. N. 5571, comunicava al Sindaco, e di conseguenza anche al Segretario Comunale, che non erano stati redatti i verbali di immissione in possesso dei terreni.

Epper?, il Sindaco in carica ( F.) non ha dato riscontro a detta nota, n? l’Amministrazione intese adottare il decreto definitivo di esproprio, di competenza del Sindaco, pur essendo ancora aperto il relativo termine (scadente il 3 gennaio 1984).

Conclude, poi, detta memoria con l’affermazione che –? pur restando comunque estraneo alla vicenda il Ra.? – in effetti nella fattispecie non si sarebbe verificato alcun danno erariale.

Infatti, grazie proprio al comportamento omissivo del Comune, soltanto due dei pur numerosi proprietari espropriati sono stati risarciti per l’occupazione illegittima, non avendo curato i propri diritti gli altri soggetti espropriati, con conseguente prescrizione di ogni pretesa e quindi con arricchimento del Comune.

Nella memoria prodotta personalmente il Segretario Comunale S.D. contesta la fondatezza della domanda attorea nei propri confronti, evidenziando la genericit? degli addebiti che gli vengono mossi, dal momento che il suo incarico presso il Comune di omissis ebbe inizio il 28 ottobre 1985 e quindi quando ormai era scaduto il termine per adottare la regolare e definitiva procedura di esproprio.

Sostiene, in ordine alla contumacia del Comune nel giudizio promosso dagli eredi F. nel 1989, che al segretario non spettava alcuna decisione al riguardo bens? esclusivamente agli Amministratori in carica ed in particolare al Sindaco pro-tempore,? sicch? non pu? sussistere alcun nesso di causalit? tra il suo comportamento e il danno subito dal Comune nella vicenda.

Il suo coinvolgimento appare, infine, tanto pi? ingiustificato ove si consideri che la Procura ha ritenuto di dover escludere dal rinvio a giudizio i Segretari comunali P. e P. in servizio prima di lui nel periodo di occupazione d’urgenza dei suoli di che trattasi. Insomma, continua lo S., appare stupefacente che il nesso eziologico venga trovato con riguardo ai comportamenti tenuti dopo l’avverarsi dell’accessione invertita, quando invece esso va individuato prima di tutto con riferimento ai comportamenti di tutti coloro che erano in servizio nell’arco di tempo in cui la procedura espropriativa era ancora legittima e quindi occorreva evitare che l’inutile trascorre del tempo producesse il danno.

Conclude, infine, il predetto funzionario con l’esposizione di un calcolo revisionale circa la durata del tempo ragionevolmente sufficiente (pari a 6 mesi circa) al fine di completare la procedura espropriativa e, dunque, pi? che agevolmente nell’arco dei cinque anni.

All’udienza odierna, entrambi i prefati difensori ( non comparso come gi? detto lo S.) hanno preso la parola, ciascuno in sostanza ribadendo, per conto del proprio assistito, tutte le eccezioni ed osservazioni di cui alle rispettive memorie depositate e quali pi? sopra compiutamente gi? riferite.

Anche il PM ? infine intervenuto per confermare sostanzialmente le ragioni del rinvio a giudizio gi? contenute nell’atto di citazione e inoltre evidenziando, quanto alla presuntiva questione della citazione intervenuta fuori termine e di cui all’eccezione difensiva prodotta in tal senso dal F., che il termine dei 120 giorni va riferito, giusta peraltro risoluzione di massima delle Sezioni riunite della Corte dei conti, al momento del deposito della citazione presso la Segreteria del Giudice adito e non gi? a quello della notificazione dell’atto agli interessati, in tal senso dovendosi intendere il termine ? emissione? usato al riguardo dal legislatore.

Considerato in

DIRITTO

La prima eccezione di carattere preliminare che il Collegio, innanzitutto, deve affrontare ? quella, costituita da un? fugace accenno contenuto nella memoria difensiva del convenuto F., concernente la presunta? ?emissione? fuori termine della citazione in giudizio, in violazione dell’art. 5 del decreto – legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994, n. 19.

Tale eccezione deve essere respinta in quanto manifestamente priva di pregio e fondamento alcuno.

Come in proposito questa stessa Sezione ripetutamente ha avuto occasione di evidenziare ( ex plurimis : sent. del 16 dicembre 1998 – Procura regionale vs. Z.) – confortata peraltro dalle conformi risoluzioni di massima adottate sul punto dalle Sezioni riuniti della Corte dei conti e richiamate in sede di discussione dibattimentale dalla Procura regionale – il termine ? emettere? usato dal legislatore non pu? avere altro significato che quello di emanare, fare uscire, cio?, dalla propria disponibilit?, come avviene, appunto, quando l’atto di citazione ? depositato nella Segreteria della competente Sezione giudicante della Corte ed esprime, pertanto, un concetto ben diverso da quello di ?notificare? che giuridicamente indica, senza possibilit? alcuna di fraintendimenti n? tampoco di concessione a cavilli o anfibologie di carattere semantico, un’attivit? esterna al soggetto, propria dell’ufficiale giudiziario.

Qualsiasi altra argomentazione in contrario, basata sulla natura ricettizia della citazione in giudizio, nel tentativo di far ritenere la notificazione come elemento introneo alla perfezione dell’atto, resta affermazione del tutto peregrina, assolutamente estranea alla sistematica del processo contabile, cio? al diritto positivo che disciplina la materia e per il quale la chiamata in giudizio segue (a differenza dell’ordinario codice di rito) la diversa sequenza del deposito in segreteria dell’atto di citazione contenente, oltre alla vocativo in ius, l’istanza al Presidente della Sezione di fissazione dell’udienza di discussione (art. 45 Regol. di procedura per i giudizi dinanzi alla Corte dei conti, approvato co. R.D. 13 agosto 1933, n. 1038).

Ed ? alfine a seguito di tale istanza che il Presidente provvede con decreto in calce all’atto di citazione medesimo, stabilendo contestualmente il termine per l’eventuale produzione di documenti e comparse ( art. 46 Regol. citato).

Inoltre, non vi ? motivo alcuno di ritenere che il legislatore della riforma del 1994/1996 abbia inteso abrogare o comunque in qualche modo modificare la disciplina anzidetta, tanto pi? che quando ha ritenuto di stabilire una diversa sequenza procedimentale l’ha detto esplicitamente, come nel caso relativo all’appello alle Sezioni centrali, per il quale ? previsto il deposito dell’atto alla Segreteria unitamente alla prova delle avvenute notifiche.

Peraltro, e per concludere definitivamente sul punto, ? appena il caso di far notare come, diversamente opinando, si giungerebbe all’inaccettabile conseguenza di far dipendere il rispetto di un termine processuale imposto alla parte attrice – che agisce a tutela della legge – dall’attivit? di altri soggetti, quali il Presidente della Sezione e l’ufficiale giudiziario, sui quali non pu? esercitare alcun potere di impulso o controllo.

Nella presente fattispecie, e con riguardo a tutti e tre i convenuti odierni, la citazione risulta emanata nel rispetto dei termini di legge.

La seconda eccezione preliminare, anch’essa avanzata solo dalla difesa del F., concerne la presunta prescrizione dell’azione di responsabilit? patrimoniale per inutile decorso del termine quinquennale, secondo la prospettazione della memoria di costituzione, riepilogata in fatto.

Orbene, ritiene questo Giudice che anche tale eccezione debba essere respinta perch? palesemente infondata.

Infatti, se ? vero che il termine di decorrenza della prescrizione va riferito al momento del verificarsi del ? fatto dannoso? ( art. 1, comma 2, legge n. 20/1994), ? altrettanto vero, tuttavia, che esso invece non ? necessariamente coincidente con quello dei ? fatti e omissioni commessi? ( art. 1, commi 1 e 4, legge cit.), cio? di quei comportamenti che del medesimo danno costituiscano causa ( e/o concausa) efficiente, dovendo appunto il momento iniziale della prescrizione corrispondere con quello del concreto manifestarsi ( ?attualizzarsi?) di un pregiudizio economico certo e definitivo a carico dell’Erario.

In particolare, nella fattispecie di danno indiretto – qual ? quella che qui ne occupa – il momento iniziale della prescrizione deve essere individuato in quello in cui si verifica la situazione concretamente dannosa, costituente l’effettivo nocumento erariale : cio? il pagamento della spesa (evento dannoso) derivante da un comportamento ( il fatto commesso) doloso e/o gravemente colposo.

Infatti, affinch? venga integrata la fattispecie costitutiva dell’obbligazione risarcitoria ? necessario che sia stata posta in essere una condotta illecita (azione commissiva od omissiva) da parte del pubblico funzionario responsabile, ma anche che in conseguenza di ci? ( nesso di causalit?) si sia verificato l’evento – danno.

In mancanza, l’azione del PM contabile sarebbe – ovviamente – esposta ad un sicuro rigetto, data l’inammissibilit? di un’azione di risarcimento per danno temuto ( potenziale).

Come ben si vede, non pu? confondersi, insomma, la causa ( la condotta illecita – fatto commesso) con l’effetto ( il fatto dannoso) ed essendo, dunque, soltanto dal compiuto verificarsi del secondo che decorre il termine prescrizionale dell’azione di responsabilit?.

Nella fattispecie, la seriazione procedimentale dell’eventus? damni prende avvio dalla sentenza definitiva del Tribunale civile di Locri n. 385 del 1995, cui segue la debita delibera ricognitiva e di riconoscimento di debito del Consiglio Comunale n. 315 del 2 ottobre 1996 e si perfeziona, alfine, con? il mandato di pagamento del 4 ottobre 1996.

Risulta evidente, dunque, che l’azione risarcitoria ? stata esercitata dal PM contabile ben prima dello scadere del termine quinquennale di prescrizione ( peraltro ancora neppur decorso).

Giunto finalmente al merito, il Collegio deve verificare la presenza o meno, nella fattispecie, degli essenziali elementi costitutivi della responsabilit? per danno erariale e, cio?, la sussistenza di un danno per la P.A., economicamente valutabile, certo ed attuale, discendente (nesso eziologico) da un comportamento (commissivo od omissivo) antidoveroso ascrivibile al soggetto convenuto in giudizio nella qualit? di pubblico funzionario.

Orbene, la sussistenza del danno subito dal Comune di omissis risulta pacificamente allegata agli atti, trovando riscontro incontrovertibile, a seguito della pi? volte citata sentenza definitiva del Tribunale di Locri, nell’intervenuto esborso di lire 22.514.550, a fronte di un valore del suolo acquisito di lire 4.381.200 ed emergendo, cos?, la differenza di lire 18.133.350? come il nocumento patrimoniale certo e definitivo causato all’ente locale dall’omissione del regolare svolgimento e completamento del procedimento espropriativi a seguito di occupazione d’urgenza e relativa realizzazione dell’opera pubblica anzidetta.

Tali importi, configuranti l’ipotesi, per come gi? accennato sopra, del c.d. danno indiretto e derivanti quindi da pronuncia giurisdizionale passata in giudicato e dal computo degli interessi legali ed oneri accessori ulteriori sulla sorte capitale in detta sede determinata, non possono costituire oggetto di diversa determinazione nel presente procedimento.

Ancora sul punto, circa la possibilit? della lecita evocazione della c.d. ? compensatio lucri cum damno? , il Collegio osserva subito, al fine di fugare ogni equivoco od erronea interpretazione in materia, che non pu? accettarsi assolutamente la sopra gi? cennata tesi difensiva (particolarmente ribadita dalla difesa dello S.), avente il fine di escludere la sussistenza in s? di danno erariale, sulla base di una sorta di pretesa ? oggettivit? della legittimazione? dell’illecito arricchimento in favore della P.A.

L’agere licere, ? notorio, costituisce invero il contenuto essenziale del canone del buon andamento ( e dunque anche del dovere di correttezza) facente capo alla P.A. e di cui all’art. 97 della Costituzione.

In sede di accertamento della responsabilit? per danno erariale, pur dopo la riforma del 1994/96, non pu? essere reclamata comunque compensazione alcuna, ogni qual volta il preteso vantaggio conseguito dalla P.A. derivi da attivit? contrassegnata da causa illecita, qual ? appunto quella di cui alla locupletazione in danno di cittadini lesi in un diritto peraltro costituzionalmente garantito com’? quello della propriet?.

L’illecito arricchimento resta sempre tale, anche quando, in base alle accidentalit? del singolo caso concreto, dovesse risultare ormai prescritta l’ ? actio de in rem verso? (impeditiva del consolidarsi dell’arricchimento per inutile decorso del tempo) e, dunque, seppure l’intervenuta prescrizione dell’esercizio del diritto al risarcimento del danno conseguente da illegittima espropriazione non dovesse consentire pi? l’azione di recupero in capo al cittadino poco solerte nella rivendicazione del suo diritto, ci? non potrebbe, in ogni caso, legittimare ?concettualmente? il ricorso da parte della P.A. alla violazione delle norme di azione e di relazione in sede di gestione della cosa pubblica.

In altri termini, e per concludere, del vantaggio in ipotesi lucrato eventualmente dalle finanze erariali in conseguenza di un illecito arricchimento, ancorch? ormai escluso dall’alea dell’azione di restituzione o risarcitoria, questo Giudice ritiene ed afferma che comunque non pu? trarne giovamento alcuno il funzionario responsabile dell’attivit? illecita della P.A. e tanto meno costui pu? invocare compensazione di sorta con le ulteriori conseguenze negative per l’erario prodotte invece dal suo comportamento antidoveroso e contra legem.

A questo punto, l’ulteriore questione che si pone concerne l’indagine sull’antidoverosit? del comportamento tenuto dai soggetti convenuti nella vicenda e, in definitiva, sulla sussistenza dell’elemento soggettivo, doloso o gravemente colposo, caratterizzante il comportamento degli stessi.

In proposito, cominciando dall’esame della posizione dell’ex Sindaco F., occorre innanzitutto esaminare l’osservazione difensiva circa l’asserita ? buona fede? del F., ovvero, in altri termini, la effettiva ? percepibilit?? da parte del convenuto anzidetto dell’antidoverosit? in questione, alla luce anche delle ulteriori argomentazioni difensive che fanno riferimento, da un lato, alla sua estrazione professionale (?non esperto di diritto?) ed alla asserita imperfetta conoscenza delle disposizioni normative e dei meccanismi procedimentali caratterizzanti l’occupazione d’urgenza e l’espropriazione, nonch?, dall’altro, alla imputabilit? della responsabilit? in capo ad altri soggetti ( in particolare al Segretario e al Tecnico Comunale, oltre che all’ex ************* succeduto a fasi alterne al F. nella carica).

Siffatte argomentazioni difensive, tendenti al duplice scopo di escludere per il F. quantomeno l’elemento qualificativo della colpa quale richiesto dall’attuale normativa, e, infine, al trasferimento comunque della responsabilit? esclusivamente in capo ad altri soggetti della stessa Amm.ne interessata, non possono per? essere condivise dal Collegio, a conferma peraltro della ormai consolidata giurisprudenza propria sul punto e dalla quale non ha ragione in questa sede di discostarsi.

L’assolutezza del diritto di propriet?, siccome emerge e trova riscontro sostanziale nell’art. 42 della Costituzione vigente, ? un valore del nostro ordinamento la cui comprensione non ? limitabile ai soli operatori del diritto.

La incompribilit? di tale diritto costituzionalmente garantito, sebbene nei limiti demandati al legislatore ordinario, non ? questione che possa sfuggire alla conoscenza del communis homo e, ancor di pi?, se investito del pubblico ufficio di sindaco, com’? appunto nel caso del F..

Certamente non potrebbe pretendersi una puntuale conoscenza del procedimento espropriativi nei suoi pi? dettagliati aspetti, ma ? pi? che ragionevole ritenere che anche alla percezione comune non possa sfuggire che a fronte della perdita del diritto di propriet? su un bene l’espropriato debba essere compensato del depauperamento subito.

Nel caso in esame il convenuto – al contrario – non si ? preoccupato di verificare se tale compensazione fosse avvenuta, omettendo di svolgere, al contempo, sia l’attivit? propria ed esclusiva dell’ufficio che occupava e sia quella di vigilanza e di impulso nei confronti degli uffici ed organi interni interessati del Comune medesimo.

Alla luce, dunque, dei dati storici che precedono, risulta acclarato, gi? sotto un duplice profilo e sebbene ancora limitatamente alla prima parte della sindacatura F. interessata dalla presente vicenda (cio? fino al luglio del 1983), quel comportamento omissivo e noncurante dello stesso che del danno erariale di che ora trattasi costituisce essenziale quanto primigenia, ancorch? non esclusiva, causa genetica.

N? pu? costituire giustificazione alcuna il fatto che il F., nella seconda parte della sua sindacatura ( luglio 1988/giugno 1993), abbia creduto di poter ritenere esauriti i propri compiti e restare ? escluso? quindi da ogni responsabilit? per l’asserita mancata segnalazione da parte degli uffici comunali della vertenza giudiziaria avviata, durante la sua seconda sindacatura, dagli Eredi F..

Infatti, la specifica conoscenza antecedente che egli aveva avuto della questione nell’arco della prima sindacatura e le altrettanto specifiche omissioni che ne avevano gi? caratterizzato il comportamento precedente avrebbero dovuto indurlo, semmai, ad una pi? puntuale ed attenta cura nei riguardi della vicenda, tenuto conto che egli – insomma – non ? ereditava? la fattispecie ( siccome maldestramente invece espone sul punto in sede difensiva), bens? ? ritrovava?, forse ulteriormente compromessi, gli esiti del proprio comportamento gi? cos? gravemente negligente e costituente, siccome ampiamente gi? illustrato, la primigenia ed essenziale causa genetica dell’evento dannoso concretatosi compiutamente con la sentenza del Tribunale di Locri del 1995, la conseguente deliberazione comunale ricognitiva e alfine con il mandato di pagamento del 1996 e di cui meglio ancora pi? sopra.

Ordunque, dall’analisi della fattispecie in esame emerge con tutta evidenza la grave colposit? che ha contraddistinto il comportamento del convenuto, il quale – in spregio ai doveri impostigli dal proprio ufficio ed ad ogni pi? elementare cautela nella trattazione della cosa pubblica – ha omesso di adottare le iniziative necessarie, anche limitatamente al solo impulso non meramente formale – e comunque in questa sede non provato – agli uffici amministrativi e tecnici del Comune perch? dessero corso, nell’ambito della rispettiva attribuzione, al regolare e tempestivo compimento della procedura espropriativi ed infine al ristoro della ditta ablata.

Al riguardo, peraltro, va annotato che la giurisprudenza della Corte dei conti si ? prevalentemente espressa nel senso che agli amministratori possono essere contestate carenze e irregolarit? del modulo organizzativo quando risulti – come appunto nella presente fattispecie concreta – che essi non abbiano assunto le opportune e pi? elementari iniziative finalizzate all’ordinario regolare funzionamento dell’ente cui (volontariamente del resto) sono preposti.

Va ribadito ancora? che non pu? invero escludere la responsabilit? del sindaco il fatto che l’apparato amministrativo eventualmente non abbia operato appieno, essendo invece l’omessa attivit? di stimolo e di vigilanza da parte del Sindaco che d? luogo alla sua responsabilit? funzionale e personale.

E comunque, per concludere sul punto, deve farsi presente che l’assunto secondo cui il danno per il mancato perfezionamento della procedura espropriativa debba far carico principalmente al Sindaco che non si adoper? al fine di completare il procedimento ablativo, trova conferma nella ormai consolidata giurisprudenza della magistratura contabile (ex plurimis Sezioni Riunite, 4 febbraio 1998, n. 6/A).

In disparte, pertanto, il generale dovere di vigilanza e di sovrintendenza di tutti gli uffici comunali ex artt. 142 e 152 del R.D. n. 148/1915 all’epoca vigente, nella specie non risulta che il Sindaco F. abbia rispettato gli obblighi specifici che a questi erano imputati circa il compiuto e ? rapido disbrigo delle relative pratiche espropriative? secondo l’esplicito comando di cui al dispositivo della deliberazione del Consiglio Comunale n. 79 del 21 agosto 1978? (F. Presidente e relatore).

Merita un cenno a parte l’argomento difensivo ( v. Comparsa di risposta pag. 2) secondo cui ? ? vero che l’atto di citazione ? intervenuto quando il concludente era nuovamente Sindaco, ma non risulta che sia stato portato l’atto a sua conoscenza per la costituzione in giudizio e, comunque, la mancata costituzione devesi considerare una scelta discrezionale sensata? (per le ragioni di cui ? cenno in narrativa e in particolare per la modestia del danno liquidabile rispetto alle spese di costituzione), nel mentre, invece (sempre secondo l’assunto difensivo) ? insensata ? stata la mancata impugnazione della sentenza, manifestamente errata ed eccessiva?.

Orbene, – in disparte l’evidenza oggettiva del singolare dato per cui la difesa definisce come scelta discrezionale ? sensata? la mancata costituzione in giudizio (e quindi la contumacia) del Comune allorquando Sindaco era il qui ora convenuto F., laddove di converso altrettanto esplicitamente definisce come ? insensata? la mancata impugnazione della sentenza intervenuta quando invece non era pi? il F. ad esser Sindaco -, devesi comunque annotare la palese contraddittoriet? intrinseca di un siffatto argomentare difensivo, in quanto, da un lato, si invoca l’assoluta ignoranza di informativa del Sindaco F. (evenienza peraltro non solo assai improbabile gi? sul piano meramente logico quanto in ogni caso non provata ed anzi resistita sul punto specifico dalle deduzioni contrarie degli altri convenuti odierni), nonch? dall’altro, si ritiene invece di poter qualificare come (sensata) ? scelta discrezionale? la contumacia, cio? quella che semmai sarebbe il frutto meramente fattuale dell’ignoranza medesima quale pretesa ed invocata ( e non gi? quindi il risultato di una – pi? o meno sensata non rileva – ?scelta? effettuata).

Il Collegio deve esaminare adesso la posizione degli altri due convenuti : S. nella sua qualit? di ******************* e **************** comunale.

Quanto al primo, il dato storico porta ad escludere, in via preliminare, qualsiasi ipotesi di un suo coinvolgimento nella essenziale fase relativa alla occupazione temporanea conclusasi infine con l’accessione invertita e comunque con l’inutile decorso del termine quinquennale risalente al gennaio del 1984 : infatti ? soltanto nell’ottobre del 1985 che lo S. assume le funzioni di Segretario del Comune di omissis.

Vero ? che egli, cos? come pone in evidenza la Procura, ? senza dubbio in servizio allorquando nel dicembre del 1987 i privati proprietari rimasti insoddisfatti diffidano il Comune a pagare la spettante indennit? e lo ? ancora quando in data 3 febbraio 1989 gli anzidetti citano in giudizio l’ente locale che per? resta contumace.

Orbene, poich?, alla luce delle emergenze processuali, ? il Sindaco in carica nel 1987 ( A. N. qui non convenuto) che assume in prima persona la determinazione (giusta o meno che fosse) di non ritenere meritevole di accoglimento la diffida dei proprietari e poich?, inoltre, ? (nuovamente) il F. ad essere Sindaco al momento della successiva citazione in giudizio,? nonch? infine tenuto conto dell’elevato livello di negligenza che ha caratterizzato complessivamente il comportamento del F. primario protagonista ab origine della essenziale causa efficiente del danno, il Collegio non ravvisa, nell’ambito di questa seconda e complementare fase della vicenda dannosa, che le possibili disfunzioni dell’apparato burocratico (e dunque in primis dell’operato del Segretario Comunale abbiano comunque la valenza di cause concorsuali sopravvenute ( ex art. 41 c.p.), perlomeno sotto il profilo della insussistenza dell’elemento psicologico a quel qualificativo livello ( colpa grave) che ? invece richiesto dalla normativa vigente ai fini della valutazione della condotta e del relativo nesso eziologico con il danno erariale.

Per tale ragione, dunque, S.D. va mandato assolto.

Anche in ordine al Tecnico comunale Ra. il Collegio ritiene non provata la sussistenza degli elementi integrativi della corresponsabilit? dello stesso nella seriazione causale del danno di che trattasi, sebbene costui – a differenza dello S. – fosse in servizio fin dall’inizio e durante l’intero periodo quinquennale di occupazione dei suoli.

Ci? detto, questo Giudice deve precisare che tuttavia non ritiene utilmente conducente alla sicura esclusione di responsabilit? in capo al Ra. quella parte dell’argomentare difensivo, basata sulla ricostruzione storica dello sviluppo di carriera e quindi delle relative qualifiche e funzioni, tendente a dimostrare,? ancorch? a seguito dello spunto fornito in sede di motivazione della tesi accusatoria dalla Procura attrice, che soltanto dopo la conclusione della irregolare procedura espropriativa di cui ? causa il dipendente in questione avesse raggiunto quel livello funzionale ( e relative attribuzioni) ritenuto idoneo a qualificarlo come Tecnico Comunale in posizione di piena autonomia e competenza nel disbrigo delle pratiche espropriative.

Infatti, il suddetto dipendente ha svolto le funzioni di tecnico comunale fin dall’assunzione in servizio presso il Comune, anzi tali compiti ( e connesse responsabilit?) costituiscono propriamente la ragione ( unica) legittimamente la stessa assunzione, sicch?, a prescindere dalla progressiva evoluzione di carattere giuridico/economico, l’incarico specifico ricoperto e i relativi obblighi di servizio lo hanno posto ab imis nella posizione di responsabilit? propria del tecnico comunale e ci? quand’anche, in ipotesi, per le limitate dimensioni del Comune di omissis, del relativo ufficio fosse stato addirittura l’unico componente.

Ci? che rileva, invece, sono due circostanze ulteriori, addotte a giustificazione in sede difensiva e che, al di l? dei seppur parziali ma comunque sufficientemente indicativi riscontri documentali in atti, non sono state contestate dall’accusa e n? dagli altri convenuti sicch? possono considerarsi pacificamente acquisite : la prima ? quella per cui, con deliberazione del Consiglio Comunale n. 79 del 21.8.1978, ai fini dello svolgimento degli adempimenti tecnici iniziali nonch? propedeutici comunque al regolare successivo svolgimento dell’iter espropriativi, venne conferito specifico incarico ad un tecnico esterno, talch? dagli adempimenti suddetti venne estraniato il tecnico comunale e ci? per discrezionale determinazione del massimo organo deliberativo dell’ente locale ; la seconda consiste nel fatto che il suddetto tecnico comunale, avvedutosi dell’incompletezza degli adempimenti svolti dal tecnico esterno ( tra cui la mancata redazione, contestualmente a quelli di consistenza, dei verbali di immissione in possesso dei suoli), ebbe? a segnalare la questione al Sindaco con nota del 25.10.1980, rimasta senza riscontro.

Posto, dunque, che sia per quanto concerne l’elemento soggettivo (condotta gravemente colposa) e sia per il relativo nesso di causalit? con il danno erariale di che trattasi, il Collegio ritiene pienamente provata la imputabilit? del medesimo danno esclusivamente in ordine al F. tra i convenuti odierni, resta infine da verificare se nella fattispecie residuino o meno eventuali responsabilit? concorrenti di altri soggetti non convenuti nell’attuale giudizio e pi? precisamente i due Segretari Comunali predecessori dello S. e cio? P. S. in servizio dal 15.9.1976 al 30.11.1982 e P. V. in servizio dal 21.12.1982 all’8.9.1985 nonch? l’ex ************* in carica dal 23.7.1983 al 7.7.1988 e, in caso positivo, le possibili conseguenze relative, ai fini quantomeno della determinazione della misura del risarcimento da addebitare ai convenuti odierni che dovessero risultare alfine condannati.

In effetti, allo stato degli atti quali emergenti all’esito dell’istruttoria attorea, non pare doversi escludere in linea teorica l’ipotesi di un coinvolgimento concorsuale nell’iter causativo del danno da parte dei due Segretari anzidetti, il primo rimasto in servizio per circa sei anni, periodo nel quale ? ricompressa la essenziale fase iniziale conclusasi con la illegittima espropriazione di che trattasi ed il secondo per circa tre anni, periodo durante il quale ? spirato inutilmente il termine finale dell’occupazione provvisoria dei suoli ; quanto infine, all’ex *************, la posizione appare pi? marginale, in quanto pur se ? vero che egli era in servizio alla data del 4 gennaio 1984 in cui si venne a consumare il termine anzidetto, ? per? altrettanto vero che, succedendo al F., aveva assunto la carica di Sindaco appena cinque mesi prima.

A questo punto, premesso che la prevalente giurisprudenza della Corte dei conti, e di questa Sezione in particolare, ? nel senso di non ritenere quale necessario il ? simultaneus processus? allorquando si manifestino eventuali ulteriori responsabilit? concorrenti per? non evocate in giudizio dall’attore, devesi coerentemente concludere che anche nella presente fattispecie sussistono fondate ragioni di tutela dell’erario che inducono questo stesso Giudice a non sospendere il processo ai fini di una eventuale chiamata in causa ? iussu juidicis? di altri eventuali soggetti.

Anche dopo la riforma di cui alle leggi nn. 19 e 20 del 1994, modificate dalla legge n. 639 del 1996, si deve ritenere perfettamente sussistente il potere sindacatorio spettante al giudice contabile, il quale, quindi, pu? sia ordinare la integrazione del contraddittorio ex art.. 107 c.p.c. e 47 R.D. n. 1038 del 1933 ( cfr. ex plurimis Corte conti, Sezione II, n. 65 del 2.6.1997 , ID., Sez. I, n. 246 del 16.12.1997 ; ID., Sez. giurisdizionale Lazio, n. 93 del 24.9.1998) e sia invece definire il giudizio nell’ambito della domanda iniziale del P.M.

Il legislatore, con una disposizione che sembra avere pi? che il valore di una innovazione quello della interpretazione autentica, ha invero stabilito che ? la responsabilit? dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti ? personale? ( art. 1, co. 1, legge n. 20/1994) e, inoltre, ? noto pure come l’ulteriore deviazione dal modello civilistico costituita dal peculiare principio della c.d. responsabilit? ? ripartita? ( che esclude appunto, in deroga al generale principio di cui all’art. 1294 c.c., la solidariet? passiva) esca ulteriormente rafforzata dalla riforma, in quanto l’affermazione del principio della ? personalit?? della responsabilit? amministrativa fa sistema con l’art. 82 Legge cgs. ( R.D. 18 novembre 1923, n. 2440), in un’ottica che tende ad ?? individualizzare ? le singole posizioni, con conseguente esclusione, come test? ricordato, del vincolo solidale ; in tal modo la con testualit? del processo contabile, pur restando in ipotesi opportuna, perde il carattere di necessariet?, rendendo possibile l’esame distinto ed autonomo delle singole posizioni.

In tale situazione, come pure gi? ricordato, subentra il potere equitativo del giudice ( art. 1226 cod. civ.), il quale pu? ben tenere conto, in siffatto modo, delle ulteriori singole responsabilit? quali in ipotesi ravvisabili, senza, per?, che ci?, ripetesi, debba necessariamente andare a scapito del processo in corso.

Quel che preme, infine, evidenziare ancora sull’argomento ? che se il compiuto affermarsi del principio della personalit? costituisce la fondamentale ragione giuridica ( normativa) dell’orientamento ormai consolidato della Sezione in punto di integrazione ( facoltativa) del contraddittorio, l’aspetto meramente discretivo dell’indirizzo prescelto incontra un limite ( che questo Giudice si ? liberamente dato e che –? sulla scorta gi? dell’ampia ricostruzione e motivazione che fin qui precede – risulta rispettato pienamente anche nel presente giudizio), consistente nella esigenza di esaminare una medesima vicenda sempre nella sua complessit? ed unicit?, di guisa che le singole responsabilit? ( personali, per l’appunto) siano in ogni caso valutate in un quadro che, comunque, risulti organico ed esauriente per quanto pi? possibile.

Nell’ambito, dunque, della indefettibile (preliminare) osservanza dell’anzidetto criterio di equit? della funzione giudicante, il Collegio, altres?, reputa regressiva ogni eventuale ragione di economia processuale in genere a fronte della preminente esigenza di garantire, invece, la speditezza dei singoli processi gi? in atto e quindi l’efficacia sostanziale dell’azione di recupero del danno erariale (scopi che certamente, com’? ovvio, mal si conciliano con la sospensione del processo discendente dal pedissequo ricorso alla chiamata in causa ex art. 107 c.p.c.).

Naturalmente, siccome gi? enunciato, a fini di giustizia ed equit?, ma, del resto, per come prescritto, in sostanza, dall’art. 1, comma 1 quater della legge n. 20 del 1994, della parte, allo stato degli atti, verosimilmente avuta da altri soggetti concorrenti, ma non convenuti in giudizio dalla Procura attrice, questo Giudice ritiene di dover tenere debito conto nella determinazione della misura del danno attribuibile al convenuto **********, ritenuto comunque principale responsabile, e che, appunto per tali ragioni, determina nell’importo di lire 12.693.000 (dodici milioniseicentonovantatremila), pari cio? al 70% soltanto del danno complessivo di cui alla richiesta attorea, oltre interessi nella misura legale e spese di giudizio come da dispositivo.

P.Q.M.

?La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Calabria, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria eccezione e deduzione,

ACCOGLIE PARZIALMENTE

La domanda attrice e, per l’effetto:

ASSOLVE

S.D. e R.G ;

CONDANNA

F.A., come in epigrafe identificato, al pagamento della somma di lire 12.693.000 ( dodici milioniseicentonovantatremila), oltre interessi nella misura legale da computarsi a decorrere dalla data di emissione ( 4 ottobre 1996) del mandato di pagamento in favore degli Eredi F. e fino all’effettivo soddisfo in favore del Comune di omissis(RC), nonch? al pagamento delle spese di giudizio che vengono liquidate nella misura di lire

Manda alla Segreteria per le ulteriori incombenze.

Cos? deciso in Catanzaro nella Camera di Consiglio del 16.6.1999.

????????????????????????????????????????????????????????????????????????? IL RESIDENTE ESTENSORE

????????????????????????????????? ???????????????????????????????????? ???f.to?? dott. ************??????????????????????????????????????????

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Depositata in? segreteria il????? 18/09/2001????????????????????????????

????????????????????????????????????????????????????????????????????????? IL DIRIGENTE

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Fine modulo

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE

Composta dai seguenti Magistrati:

*******************??????????????????????? Presidente

**************????????????????????????????????????????????? Consigliere Relatore??

***************??????????????????????????????????????????? Consigliere

*******************????????????????????????????? Consigliere

Angelo ***************??????????????????? Consigliere

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sull’appello, iscritto al n. 16182 del Registro di Segreteria, proposto dal ***********************, avverso la sentenza n. 801/2001 emessa dalla Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la regione Calabria in data 16.1.1999.

Visti gli atti e i documenti di causa; uditi nella P.U. del 13 gennaio 2005 il Consigliere Relatore **************, l’Avv. *******************, in rappresentanza e difesa dell’appellante interessato, nonch? il P.M. nella persona del V.P.G. *********************.

F A T T O

In prime cure il P.M. con atto di citazione chiamava in giudizio i Signori A Fr, D Sp e G Ra, rispettivamente sindaco, segretario comunale e capo ufficio dell’ufficio tecnico del Comune di Mammola per sentirli condannare al pagamento della complessiva somma di L. 18.133.350 ripartita in L. 9.060.675 a carico di A Fr, L. 7.213.340 a carico di Ra e L. 1.813.335 a carico di Sp per il danno arrecato al Comune a seguito di una procedura espropriativa illegittima.

Il danno derivava da un’occupazione temporanea cui non aveva fatto seguito l’emanazione del decreto di esproprio. Di qui l’illegittima occupazione del suolo ed una vertenza davanti al Tribunale di Locri che si era conclusa con la condanna del Comune al pagamento di maggiori somme.

La Sezione della Calabria con la sentenza impugnata ha assolto il segretario comunale ed il responsabile dell’Ufficio tecnico ed ha condannato il sindaco A Fr al pagamento della somma di L. 12.693.000 oltre gli interessi legali a decorrere dal mandato di pagamento in favore dell’ex proprietario del suolo.

Avverso questa sentenza il Fr ha proposto appello per i seguenti motivi:

1.??? vi sarebbe stata la prescrizione in quanto il fatto dannoso dovrebbe risalire alla data dell’avvenuta occupazione e non da quella del mandato di pagamento;

2.??? ai sensi dell’art. 1 del comma 1 della legge 20/94 il sindaco non avrebbe responsabilit? in quanto organo politico;

3.??? lo stesso non era sindaco al momento della scadenza del decreto di occupazione, n? quando l’interessato privato ha chiesto il risarcimento dei danni e comunque non ha avuto conoscenza dell’atto di citazione promosso dal privato;

4.??? il Collegio di primo grado non avrebbe computato il periodo di occupazione legittima in relazione alla quale vi sarebbe stato comunque il pagamento dell’indennit? di occupazione;

5.??? non vi sarebbe stata colpa grave perch? il sindaco non avrebbe avuto quella cultura giuridica necessaria per risolvere i problemi connessi alla complessit? della materia della procedura espropriativa;

6.??? vi sarebbero stati vantaggi all’Amministrazione comunale, vantaggi che ai sensi dell’art. 1, comma 1.bis della legge 20/94 avrebbero dovuto comunque dar luogo ad una compensazione;

inoltre, considerata la normativa che soltanto nel 1995 ha risolto la problematica relativa alla misura dell’indennit? da corrispondere per l’espropriazione, il Comune non avrebbe avuto quelle somme necessarie da corrispondere al momento dell’occupazione.

Infine, l’appellante chiede l’applicazione del potere riduttivo.

Avverso tale appello il Procuratore Generale con le sue conclusioni del 23.10.2002 ha controdedotto partitamente rappresentando:

quanto all’eccezione di prescrizione: ? ben noto che il dies a quo per giurisprudenza ormai consolidata decorre dal fatto della diminuzione patrimoniale avvenuta con il mandato di pagamento, e cio? il 6.10.1996;

quanto al danno: ? pacifica la sua quantificazione perch? risulta agli atti che il valore del bene era di L. 4.381.200, mentre la somma pagata dal Comune ? stata di L. 22.514.514. La differenza costituisce per il P.M. il danno alle finanze dell’ente locale.

Con riferimento invece ai vantaggi conseguiti dall’ente, escluso ogni profilo di compensazione e considerato che comunque l’indennit? di occupazione temporanea doveva essere corrisposta, ? congruo per il P.M. valutare per i cinque anni della stessa occupazione temporanea l’indennit? pari al 10% annuo del valore del suolo. Di conseguenza dovrebbe essere computato quale vantaggio conseguito dall’ente una somma pari a L. 2.190.600 ed il danno risarcibile dovrebbe essere di L. 15.942.750.

Non ha senso poi n? pregio eccepire il difetto della colpa grave a causa di una non giuridica preparazione del sindaco perch? in ogni caso il Comune avrebbe dovuto vincere la propria inerzia e porre fine alla illegittima occupazione, mentre per quanto concerne l’argomentazione della esimente politica, siccome il fatto dannoso risale al 1979, la consumazione dello stesso si ? verificata sotto il regime della normativa preesistente che non contemplava nessun distinguo di responsabilit? di cui alla legge n. 142 del 1990.

Ma anche alla luce della nuova normativa sussiste la responsabilit? del Sindaco per non aver vigilato sull’operato della struttura burocratica.

Peraltro, in relazione al fatto che il Sig. A Fr non rivestiva la carica di sindaco n? al momento della diffida risarcitoria formulata dalla parte privata e neppure quando ? stata emessa la sentenza del Tribunale di Locri, il Procuratore Generale ritiene che tali circostanze insieme al fatto che non sono stati chiamati altri soggetti, possono essere considerate nell’ambito del potere riduttivo per una imputazione pari al 50% del danno effettivamente accertato e di conseguenza sulla relativa somma di L. 7.971.375 esprime parere favorevole. Conclude quindi per il rigetto dell’appello, la condanna alle spese, salvo la rideterminazione dell’entit? del danno.

Il 22.12.2004 ? stata depositata la memoria per l’appellante Fr da parte dell’Avvocato difensore **********, il quale in controdeduzione anche alle conclusioni del P.M. ha ribadito in ordine all’eccezione di prescrizione che l’indirizzo seguito dai giudici di primo grado ? errato, confidando in una revisione del fatto dannoso inteso come illecito amministrativo, cos? come richiesto dalla natura sanzionatoria e non risarcitoria della responsabilit? amministrativa; precisa altres? che ? erronea la sentenza quanto all’esistenza del danno ingiusto, perch? i giudici di primo grado non hanno tenuto conto del fatto che il Comune ha fruito della somma per il corso degli anni sino al pagamento e quindi degli interessi corrispondenti a quelli addebitati.

Quanto poi al comportamento dell’appellante, non solo il Fr aveva contestato l’ascrivibilit? in astratto alla responsabilit? dell’organo politico, ma ha puntualizzato che alla scadenza del decreto di occupazione egli non era pi? sindaco e che la diffida per il risarcimento era pervenuta quando non rivestiva pi? tale carica.

Infine, mancherebbe non solo il rapporto di causalit? ma anche la colpa grave, tant’? che lo stesso Procuratore Generale nel rassegnare le conclusioni ha chiesto la riduzione dell’addebito nella misura del 50% a riprova di voler correggere una sentenza che in realt? ? erronea ed ingiusta, per cui si impone il totale proscioglimento dell’appellante.

Nella pubblica udienza odierna ? intervenuto l’Avv. **********, il quale nel riportarsi alle conclusioni scritte ha insistito per l’assoluzione del Sig. A Fr da ogni addebito, soffermandosi partitamente su tutte le eccezioni ed i motivi esposti nell’atto d’appello e nella memoria da ultimo depositata.

Dal canto suo il P.M. ha concluso nei termini di cui agli atti scritti riconoscendo un abbattimento della contestazione del danno pari al 50% ed esprimendo quindi parere favorevole ad una condanna ridotta a L. 7.971.375.

D I R I T T O

E’ nota la giurisprudenza di questa Corte circa il dies a quo del termine di prescrizione quinquennale, ovverosia quando trattasi di danno indiretto bisogna prendere a riferimento il momento in cui ? diventato attuale, concreto ed azionabile il danno subito dall’Ente pubblico. La deminutio patrimoniale nella fattispecie si ? verificata il 6 ottobre 1996, data dell’emissione del mandato n. 680, mentre la notifica dell’atto di citazione ? avvenuta il 10.4.1999, quindi nel rispetto dei termini processuali. Sul punto la giurisprudenza ? uniforme.

Quanto al danno, questo ? costituito dalla differenza pari al valore del bene da espropriare – cio? L. 4.381.200 – e la somma pagata dal Comune – ossia L. 22.514.550.

La prospettazione della difesa circa un mancato riconoscimento dei vantaggi conseguiti dall’Ente ai sensi dell’art. 1, comma 1bis della legge 20/1994, vantaggi consistenti negli interessi che il Comune avrebbe locupletato in ragione del ritardo con cui ha fatto fronte ai suoi impegni, ? priva di fondamento giuridico in quanto la norma test? citata non si riferisce ad una formula generica di compensatio lucri cum damno in presenza di comportamenti illegittimi di agenti e funzionari delle PP.AA. o comunque degli enti soggetti alla giurisdizione di questa Corte. Viceversa pu? considerarsi congruo valutare l’indennit? di occupazione temporanea che comunque doveva essere corrisposta per i cinque anni, pari al 10% annuo del valore del suolo.

Quindi il vantaggio che l’Ente ha conseguito complessivamente viene ritenuto in L. 2.190.600, pari al 10% di L. 4.381.200 per il periodo di cinque anni ed in definitiva il danno complessivo ? pari a L. 15.942.750.

Con riferimento alla colpa grave, parimenti, sono da considerare infondate le argomentazioni della difesa perch? nel momento stesso in cui si ? verificato il comportamento dannoso non sussisteva il distinguo di responsabilit? di cui alla legge 142 del 1990; comunque, in ogni caso, sul capo dell’Amministrazione Comunale sussisteva la responsabilit? derivante dal mancato esercizio del potere di vigilare sull’operato della struttura burocratica. Ci? ? tanto vero che il sindaco Fr ha ricoperto tale carica per ben otto anni, periodo pi? che sufficiente perch? si possa escludere un esonero di responsabilit? totale; nondimeno, con riferimento alla ripartizione del danno, ? corretto valutare i periodi in cui il sig. Fr non ha ricoperto la carica di sindaco n? al momento della scadenza di occupazione temporanea, n? al momento della diffida risarcitoria, n? quando ? stata emessa la sentenza n. 385 del 1995 del Tribunale di Locri.

Il Collegio ritiene, pertanto, che tutte queste circostanze possono essere valutate al fine di un abbattimento della quantificazione del danno pari al 50% di quello effettivamente accertato e, quindi, in conclusione per una somma di L. 7.971.375.

Conclusivamente, l’appello del Sig. Fr va accolto parzialmente con un riconoscimento di responsabilit? che tuttavia, in riforma della sentenza impugnata, quanto alla somma da imputare porta ad una condanna di L. 7.971.375 pi? gli interessi, cos? come indicati nella sentenza di primo grado, oltre naturalmente le spese del secondo grado di giudizio.

P. Q. M.

definitivamente pronunciando, accoglie? parzialmente l’appello indicato in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza di prime cure condanna l’appellante alla somma di L. 7.971.375 – pari ad Euro 4.175 – oltre agli interessi cos? come stabiliti nella sentenza di primo grado ed alle spese di questo giudizio che sino al deposito di questa sentenza vengono liquidate in Euro 181,52______________________

(centottantuno/52).

Cos? deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 13 gennaio 2005.

Il Consigliere Relatore????????????????????????????????????????????? Il Presidente

F.to **************?????????????????????????? F.toTommaso ***********

Depositato nella Segreteria il 15 MAR. 2005

Il Direttore della Segreteria?? /?? F.to ***************

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Mingarelli Alberto , Brunelli Marco

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