Con la sentenza numero 1274 del 9.5.24 il Tribunale di Foggia, nella persona del Giudice Alessio Marfè chiarisce i termini della legittimazione passiva, della normativa applicabile e dell’onere della prova in tema di danno provocato da cane randagio.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume il quale ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile: La Riforma Cartabia della giustizia civile
Indice
1. I fatti di causa e i giudizi di merito
Tizia subiva lesioni cagionate dall’aggressione di cani randagi in un tratto di strada cittadino e, per tale ragione, svolta infruttuosamente la fase stragiudiziale, proponeva azione giudiziale dinanzi al Giudice di Pace di Cerignola. Il giudizio veniva promosso in danno del Comune e dell’Asl territorialmente competente, atteso che nella fase stragiudiziale i due Enti si rimbalzavano la responsabilità.
In primo grado la domanda veniva rigettata in quanto, secondo il Giudice di pace non era provata la condotta negligente dell’Asl, o meglio la sua condotta colposa, poichè l’attore non aveva provato la conoscenza della presenza di cani randagi nel tratto di interesse, e la conseguente condotta omissiva dell’Asl che aveva mancato di provvedere all’accalappiamento dei cani.
La sentenza di primo grado, altresì, regolava la questione di legittimazione tra Asl e Comune in favore della prima.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume il quale ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile:
La Riforma Cartabia della giustizia civile
Aggiornata ai decreti attuativi pubblicati il 17 ottobre 2022, la presente opera, che si pone nell’immediatezza di questa varata “rivoluzione”, ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile. Analizzando tutti i punti toccati dalla riforma, il volume tratta delle ricadute pratiche che si avranno con l’introduzione delle nuove disposizioni in materia di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, nonché di processo di cognizione e impugnazioni, con uno sguardo particolare al processo di famiglia, quale settore particolarmente inciso dalle novità. Un focus è riservato anche al processo del lavoro, quale rito speciale e alle nuove applicazioni della mediazione e della negoziazione assistita, che il Legislatore pare voler nuovamente caldeggiare. Francesca SassanoAvvocato, è stata cultrice di diritto processuale penale presso l’Università degli studi di Bari. Ha svolto incarichi di docenza in numerosi corsi di formazione ed è legale accreditato presso enti pubblici e istituti di credito. Ha pubblicato: “La nuova disciplina sulla collaborazione di giustizia”; “Fiabe scritte da Giuristi”; “Il gratuito patrocinio”; “Le trattative prefallimentari”; “La tutela dell’incapace e l’amministrazione di sostegno”; “La tutela dei diritti della personalità”; “Manuale pratico per la protezione dell’incapace”; “Manuale pratico dell’esecuzione mobiliare e immobiliare”; “Manuale pratico delle notificazioni”; “Manuale pratico dell’amministrazione di sostegno”; “Notifiche telematiche. Problemi e soluzioni”.
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2. Danno da morso di cane randagio: la pronuncia di appello
La sentenza veniva impugnata da Tizio, il quale faceva quiescenza della pronuncia nella parte in cui dichiarava l’assenza di legittimazione in capo al Comune, e proponeva appello e richiesta di condanna in danno della sola Asl. L’Azienda si costituiva in giudizio, reiterava l’eccezione di carenza di legittimazione passiva in danno del Comune, senza tuttavia spiegare appello incidentale condizionato, e nel merito chiedeva il rigetto dell’appello.
Il Tribunale di Foggia, adito appunto in grado di appello, disponeva dapprima l’integrazione del contraddittorio in danno del Comune di Cerignola ex. art. 332 cpc, adempimento cui provvedeva l’appellante esplicitando che la notifica veniva formulata ai soli fini della litiscontestatio. Ricostruito il contraddittorio, il Tribunale di Foggia, nella persona del Giudice Alessio Marfè, accoglie il gravame e ricostruisce i termini della legittimazione passiva e dell’onere della prova incombente sulle parti in materia di danni cagionati da cani selvatici.
Il Tribunale dapprima conferma la legittimazione in capo all’Asl, e tanto in quanto si era determinato il giudicato interno sulla relativa pronuncia del giudice di pace, non avendo spiegato la suddetta appello incidentale sul punto.
Quindi il tribunale passa a qualificare la norma entro cui sussumere la responsabilità in esame, individuandola, in accordo con la giurisprudenza di legittimità sul punto (Cass. 17060/2018 e Cass. 18954/17) nell’art. 2043 cc.
Indi il tribunale rileva come la fattispecie in esame si atteggi come colpa omissiva, segnatamente la condotta illecita si palesa nel mancato assolvimento dell’obbligo di catturare il cane randagio da parte del soggetto legittimato e tenuto a tale compito.
Sulla scorta della normativa regionale pugliese (legge Regionale 12/95 e 26/06) la legittimazione si ripartisce nei termini che seguono.
Le Asl sono obbligate a provvedere all’accalappiamento del cane randagio e alla conduzione dello stesso presso il canile comunale. Il Comune, invece, è tenuto a custodire l’animale randagio all’interno del canile e a evitare che da qui evada.
Per tale motivo, nel caso di danno provocato da morso di cane randagio i due Enti saranno tenuti ad assolvere i rispettivi oneri probatori onde verificarne la legittimazione. Quindi l’Asl dovrà provare che il cane protagonista della condotta illecita fosse stato accalappiato e consegnato al canile comunale. In difetto di tale prova, la responsabilità non potrà che addossarsi alla stessa Asl.
Sul punto, e ragionando in termini generali, la circostanza che il Comune non abbia predisposto il canile comunale (ma non era il caso che occupa) è del tutto ininfluente ai fini della responsabilità in capo all’Asl nei confronti dei terzi, atteso che, ragionando diversamente “si verrebbe a creare un vero e proprio circolo vizioso con pregiudizio in danno dei terzi”, favorendo così prassi lassiste delle pubbliche amministrazioni (Cass. 17696/20).
Indi il Magistrato passa a trattare il caso specifico, premettendo che “la responsabilità per i danni causati dagli animali randagi alle regole generali di cui all’art. 2043 c.c., ne discende che spetta alla parte danneggiata dare la prova concreta di una condotta colposa ascrivibile all’ente e della riconducibilità allo stesso dell’evento dannoso, non potendo presumere tale responsabilità semplicemente sulla base degli oneri imposti dalle Leggi Regionali.”
Riformando la sentenza di primo grado, che aveva ritenuto non soddisfatto da parte dell’attore proprio questo onere probatorio, il Tribunale afferma che era in atti ampia prova della conoscenza della circolazione di cani randagi nella zona teatro dei fatti.
L’attore, infatti, aveva allegato pagine di siti web locali di notizie, con relativi forum, nei quali si dava atto della presenza di cani randagi nella zona ove Tizio fu morso, e del fatto che invano si erano chiamate le Autorità per risolvere il fenomeno.
La circostanza, poi, veniva anche confermata dai testi escussi, i quali, frequentatori abituali dei posti, confermavano sia la presenza di cani randagi in libertà che le segnalazioni rivolte all’Asl.
Provata la condotta colposa dell’Ente, quindi, e ancor prima dato per pacifico e incontestato il fatto, il danno e il nesso di causa, il tribunale accoglieva l’originaria domanda con il favore delle spese.
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