D.LGS 231/01 – La natura pubblica di una società non la esonera da responsabilità amministrativa se l’ente svolge attività economica. Corte di Cassazione – Sezione II – Sentenza (emessa il 9 luglio) dep. 21 luglio 2010 n. 28699

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Corte di Cassazione – Sezione II – Sentenza (emessa il 9 luglio) dep. 21 luglio 2010 n. 28699

 

Con la pronuncia in esame il Supremo Collegio è stato chiamato ad esprimersi in merito alla delicata problematica delle tipologie di enti assoggettabili alla responsabilità amministrativa derivante da reato, è, infatti, notorio come la normativa di riferimento lasci ampie zone d’ombra sulle categorie di enti assoggettati alla medesima. Oltre a ciò la Suprema Corte ha tenuto a sottolineare come la classificazione di un ente tra quelli con finalità pubblicistica non sia di per sé esaustiva ai fini dell’esonero del medesimo dalla responsabilità ex delicto. Nel caso in esame pronuncia degli ermellini riposa sul dato testuale dell’art. 1, ult. co., ex d.lgs 231/01, il quale sancisce la riferibilità dell’impianto normativo anche agli enti pubblici economici che agiscono iure privatorum e che pertanto esclude l’applicabilità dalla normativa de qua solo nei confronti dello Stato, degli enti pubblici territoriali, degli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale e degli altri enti pubblici non economici. In punto i Supremi Giudici rilevano come la natura pubblicistica di un ente sia condizione necessaria, ma non sufficiente, all’esonero dall’inserimento del medesimo nel novero dei destinatari del sistema, dovendo altresì concorrere la condizione che l’ente non svolga attività economica. Così argomentando la S.C. ha riscontrato come sia in re ipsa la connotazione dell’economicità nelle società di capitali (s.p.a.), in quanto, come da disposto dell’art. 2247 c.c., sono costituite per l’esercizio di una attività economica al fine di dividerne gli utili (a nulla valendo quella che sarà –poi- la destinazione degli utili).

 

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Corte di Cassazione – Sezione II – Sentenza (emessa il 9 luglio) dep. 21 luglio 2010 n. 28699

 

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SECONDA SEZIONE PENALE

 

Composta dagli *************************:

Dott. **************** – Presidente

Dott. **************** – Consigliere

Dott. ************** – Consigliere

Dott. ************* – Consigliere

Dott. ******************* – Consigliere

 

Sul ricorso proposto dal PM presso il Tribunale di Belluno nel procedimento a carico di …

Attraverso l’ordinanza del 26.2.10 del Tribunale di Belluno, sezione riesame;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita in Camera di consiglio la relazione del Consigliere Dott. *************;

udito il Procuratore Generale nella persona del Dott. ************, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;

udito il difensore dell’ … e della … – Avv. … -, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nell’ambito del procedimento a carico di … e … indagati per il reato di truffa e, ai sensi del d.lgs n. 231/01, a carico dell’ … (struttura ospedaliera specializzata) e della … (partecipante alla prima), con decreto 28.1.10 il GIP del Tribunale di Belluno disponeva il sequestro preventivo di € 2.760.006,11 sul bilancio delle predette società.

Con ordinanza 26.2.10 il Tribunale di Belluno, sezione riesame, annullava la misura cautelare sul presupposto dell’inapplicabilità del cit. d.lgs 231/01 all’ … in qunato ente pubblico.

Ricorre il PM presso il Tribunale di Belluno contr la summenzionata ordinanza, di cui chiede l’annullamento per aver il Tribunale del riesame trascurato che l’ … pur riconoscendo con d.m. 31.1.95 come ospedale specializzato interregionale, operava comunque in forma di s.p.a. “mista”, in qunato partecipata al 49% da capitale privato (della …) e per la restante percentuale e capitale pubblico; ciò non poneva l’… al di fuori dell’ambito di operatività del cit. d.lgs, prevalendo la natura privatistica delle società miste alla stregua di quanto statuito dalle S.U. civili di questa S.C. con sentenza n. 4989/95. In contrario – proseguiva il P.M. ricorrente – non potevano valere gli argomenti spesi dall’impugnato provvedimento sulla natura di interesse pubblico dell’attività sanitaria dell’ … (atteso che essa era esercitata anche in forma puramente privata) e sui controlli svolti dalla Ulss n. 1 di Belluno, in realtà mancanti. Né il perseguimento di uno scopo di lucro era incompatibile con la gestione di servizi pubblici o comunque di interesse pubblicistico, tanto che la stessa Giunta regionale del Veneto, con delibera n. 3966/07, aveva invitato le società partecipate dalla Regione ad adottare modelli organizzativi ex art. 6 d.lgs 231/01. Infine –a riprova dell’applicabilità di tale normativa anche ad enti muniti di soggettività privata, ma che svolgevano pubblici servizi – doveva considerarsi che la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche era prevista in connessione anche con reati come la concussione, in cui la necessaria qualifica soggettiva del soggetto agente postulava la natura pubblicistica dell’attività espletata.

Nelle more l’ … e la … hanno depositato memoria con cui hanno chiesto il rigetto dell’impugnazione.

 

1- Il ricorso è fondato.

Sono esonerati dall’applicazione del d.lgs 231/01 –avente ad oggetto la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica – soltanto lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale e gli “altri enti pubblici non economici” (cfr. art. 1 ult. co.).

Dunque, il tenore testuale della norma è inequivocabile nel senso che la natura pubblicistica di un ente è condizione necessaria, ma non sufficiente, all’esonero della disciplina in discorso, dovendo altresì concorrere la condizione che l’ente medesimo non svolga attività economica.

Nel caso di specie difetta –quanto meno- la prima condizione, vale a dire l’assenza di attività economica, contraddetta dalle veste stessa di società per azioni dell’ … ogni società, proprio in quanto tale, è costituita pur sempre per l’esercizio di un’attività economica al fine di dividerne gli utili (v. art. 2247 c.c.), a prescindere da quella che sarà –poi- la destinazione degli utili medesimi, se realizzati.

Ciò assorbe ogni altra considerazione sull’effettiva natura delle società “miste”, su cui, per altro, le Sezioni Unite civili di questa S.C. si sono pronunciate (cfr. sentenze 26.8.98 n. 8454 e 6.5.95 n. 4989) ravvisando natura privatistica nelle società costituite ex art. 22 legge n. 142/90 per la gestione di servizi pubblici attraverso società partecipate da capitale pubblico.

Nel richiedere il rigetto del ricorso la difesa dell’ … ha insistito, sia nella memoria depositata che nel corso della discussione, sull’inapplicabilità della disciplina del d.lgs n. 231/01 in quanto l’istituto medesimo sarebbe qualificabile non solo come ente pubblico, ma come ente chiamato a svolgere funzioni di rilievo costituzionale.

L’assunto osserva questa Suprema Corte, è manifestatamene infondato perché la ratio dell’esenzione è quella di preservare enti rispetto ai quali le misure cautelari e le sanzioni applicabili ai sensi del d.lgs n. 231/01 sortirebbero l’effetto di sospendere funzioni indefettibili negli equilibri costituzionali, il che non accade rispetto a mere attività d’impresa.

In realtà non può confondersi il valore –pur indubbiamente di spessore costituzionale- della tutela della salute con il rilievo costituzionale dell’ente o della relativa funzione, riservato esclusivamente a soggetti (almeno) menzionati nella Carta costituzionale (e su ciò dottrina costituzionalistica e giurisprudenza sono pacifiche); né si può qualificare come di rilievo costituzionale la funzione di una s.p.a., che è pur sempre quella di realizzare un utile economico.

D’altro canto, supporre che basti –per l’esonero dal d.lgs 231/01 – la mera rilevanza costituzionale di uno dei valori più o meno coinvolti nella funzione dell’ente è opzione interpretativa che condurrebbe all’aberrante conclusione di escludere dalla portata applicativa della disciplina un numero pressoché illimitato di enti operanti non solo nel settore sanitario, ma in quello dell’informazione, della sicurezza antinfortunistica e dell’igiene del lavoro, della tutela dell’ambiente e del patrimonio storico e artistico, dell’istruzione, della ricerca scientifica, del risparmio e via enumerando valori (e non “funzioni”) di rango costituzionale.

In conclusione, il ricorso merita accoglimento. Deve, dunque, annullarsi l’impugnato provvedimento con rinvio al Tribunale di Belluno per un nuovo esame. In quella sede verranno esaminati i profili, rimasti assorbiti nella decisione annullata, relativi alla legittimità del sequestro effettuato nei confronti della … (di cui si parla nella relativa memoria).

 

P.Q.M

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale,

annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Belluno per un nuovo esame.

Così deciso in Roma, in data 9.7.10.

Il Consigliere estensore

Dott. *************

 

Il Presidente

Dott. ****************

 

Dep. in Cancelleria il 21 luglio 2010

Cattadori Michele

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